Antonietta Lupo
05 Marzo 2018

L'art. 123, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (che riproduce, con alcune modifiche, l'art. 245-quater, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, introdotto dal d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53, in attuazione della direttiva 2007/66/CE) introduce uno speciale sistema di sanzioni, comminabili dal giudice amministrativo in via alternativa o cumulativa, laddove all'accertamento delle gravi violazioni di cui all'art. 121, comma 1, lett. a), b), c), d), c.p.a., non faccia seguito la dichiarazione di i¬nefficacia del contratto o questa sia temporalmente limitata (artt. 121, comma 4, c.p.a., e art. 123, comma 1, c.p.a.), ovvero qualora non sia stato rispettato il termine dilatorio per la stipula del contratto (art. 123, comma 3, c.p.a.).
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

L'art. 123, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (che riproduce, con alcune modifiche, l'art. 245-quater, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, introdotto dal d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53, in attuazione della direttiva 2007/66/CE) introduce uno speciale sistema di sanzioni, comminabili dal giudice amministrativo in via alternativa o cumulativa, laddove all'accertamento delle gravi violazioni di cui all'art. 121, comma 1, lett. a), b), c), d), c.p.a., non faccia seguito la dichiarazione di inefficacia del contratto o questa sia temporalmente limitata (artt. 121, comma 4, c.p.a., e art. 123, comma 1, c.p.a.), ovvero qualora non sia stato rispettato il termine dilatorio per la stipula del contratto (art. 123, comma 3, c.p.a.).

La previsione di sanzioni alternative alla declaratoria di inefficacia del contratto rappresenta, a ben vedere, una significativa deroga alla logica sequenza procedimentale, che vede l'inefficacia del contratto strettamente connessa all'annullamento dell'aggiudicazione, e da questa dipendente, anche nella prospettiva delle esigenze di semplificazione e concentrazione delle tutele ai fini della loro effettività.

Trattasi di rimedi a carattere punitivo, la cui applicazione consegue all'apertura di una autonoma fase, diversa ed eventuale, del processo, in cui il giudice tutela, non già la situazione giuridica soggettiva del ricorrente, ma l'interesse pubblico sottostante alle norme che risultano violate.

L'apparato sanzionatorio “alternativo” è configurato attraverso una duplicità di misure afflittive: la prima prevede l'irrogabilità di una sanzione pecuniaria, nei confronti della stazione appaltante; la seconda dispone la riduzione della durata del contratto, «ove possibile».

Non hanno, invece, carattere alternativo le sanzioni applicate nelle ipotesi contemplate dal comma 3 dell'art. 123 c.p.a., che, come anticipato, sono disposte, non già in sostituzione di altra pronuncia (di inefficacia del contratto), ma a seguito della mera violazione del tempo di attesa per la sottoscrizione del contratto.

In entrambi i casi, l'applicazione delle sanzioni e la relativa commisurazione è imprescindibilmente legata, ai sensi del comma 2, ai criteri (tipici di commisurazione delle misure punitive) della effettività, dissuasività, proporzionalità al valore del contratto, alla gravità della condotta della stazione appaltante e all'opera svolta dalla medesima per eliminare o attenuare le conseguenze della violazione.

In evidenza

L'applicazione delle sanzioni alternative non è esclusa dall'eventuale condanna della stazione appaltante al risarcimento del danno per equivalente, che non è annoverabile fra le misure sanzionatorie e si cumula con esse.

Problemi applicativi

La Commissione Europea, nella Relazione al Parlamento Europeo ed al Consiglio del 24 gennaio 2017 (concernente l'efficacia della direttiva 2007/66/CE sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione di appalti pubblici), ha riscontrato che le sanzioni alternative sono usate sporadicamente negli Stati membri in quanto percepite come il rimedio meno efficace e pertinente.

La sanzione pecuniaria

La sanzione pecuniaria, il cui importo varia dallo 0,5% al 5% del prezzo di aggiudicazione, è irrogata nei confronti della stazione appaltante in favore del Ministero dell'economia e delle finanze. Il Codice prevede, infatti, che essa sia versata all'entrata del bilancio dello Stato, con imputazione al capitolo 2301, capo 8, «Multe, ammende e sanzioni amministrative inflitte dalle autorità giudiziarie ed amministrative», entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che la prevede.

Decorso infruttuosamente il predetto termine, si applica una maggiorazione pari a un decimo della sanzione per ogni semestre di ritardo.

Problemi applicativi

Il primo problema applicativo concerne l'identità tra il soggetto (collegio giudicante) che propone la sanzione (che può essere proposta anche direttamente in sede di appello) e quello che la dispone: problema aggravato dalla destinazione dei proventi alla copertura delle spese di cui all'art. 1, comma 309, l. 30 dicembre 2004, n. 311 (debiti pregressi, spese di funzionamento degli uffici giudiziari ed incentivi per lo smaltimento dell'arretrato ed il miglior funzionamento del processo amministrativo).

A ciò si aggiunga che, per le stazioni appaltanti statali o comunque finanziate dallo Stato, la sanzione pecuniaria perde evidentemente effetto dissuasivo.

L'esecuzione della sanzione è demandata al Ministero dell'economia e delle finanze, al quale è comunicata la sentenza che applica la misura sanzionatoria, a cura della segreteria del giudice, entro cinque giorni dalla sua pubblicazione.

Problemi applicativi

Non è chiaro se il Ministero dell'economia e delle finanze, che dovrebbe attivarsi per la soddisfazione del credito, possa attivare il giudizio di ottemperanza, pur non essendo parte del giudizio conclusosi con la sentenza passata in giudicato che irroga le sanzioni alternative.

Tale tipo di sanzione, non incidendo sull'efficacia del contratto, costituisce l'ipotesi classica per antonomasia di sanzione amministrativa a carattere afflittivo. Diversamente dall'altra misura alternativa prevista dall'art. 123 c.p.a., essa è invero esclusivamente rivolta a punire la stazione appaltante, responsabile della violazione delle norme poste a tutela della libera concorrenza e par condicio, attraverso l'irrogazione di una pena, che non mira alla soddisfazione diretta dell'interesse pregiudicato bensì alla riprovazione giuridica dell'illecito ed alla dissuasione di ulteriori violazioni, in un'ottica finalistica di tutela dell'ordine pubblico.

La riduzione della residua durata del contratto

La riduzione della durata del contratto, graduata da un minimo del 10% ad un massimo del 50% della durata residua alla data di pubblicazione del dispositivo, aggiunge al carattere afflittivo, legato ai criteri imposti dal comma 2 per l'irrogazione di entrambe le misure, un effetto, sia pure indirettamente, ripristinatorio. La misura dovrebbe, infatti, sortire l'effetto pratico di anticipare la data del nuovo bando di gara per la parte del contratto non eseguita, a vantaggio della concorrenza violata.

In concreto, tuttavia, essa potrebbe essere non utilmente praticabile o, addirittura, inattuabile.

A prescindere dall'ovvia ipotesi di negozi giuridici a breve scadenza, per i quali l'anticipata risoluzione con l'originario aggiudicatario potrebbe essere controproducente per l'interesse pubblico all'ultimazione dei lavori (oltre a non avvantaggiare il ricorrente, che potrebbe anche non avere interesse a subentrare nel contratto per un esiguo periodo di tempo), la decurtazione della permanenza del contratto risulta, indubbiamente, inapplicabile nell'ipotesi contemplata dall'art. 121, comma 2, c.p.a., laddove il contratto, al cospetto di esigenze imperative, resta efficace, nonostante le gravi violazioni di cui al precedente comma 1.

Poiché, difatti, il presupposto per l'irrogazione delle sanzioni alternative è la necessità di non privare, totalmente o parzialmente, il contratto dei propri effetti, se si ragionasse diversamente, dovrebbe ammettersi che il giudice possa paradossalmente, da un lato, mantenere inalterati gli effetti del contratto e, dall'altro, incidere ex nunc sulla sua efficacia, riducendone – a titolo sanzionatorio – la durata.

I presupposti di irrogazione delle sanzioni alternative

Le sanzioni alternative possono essere irrogate nei seguenti casi:

a) se si commettono le gravi violazioni indicate dall'art. 121, comma 1, c.p.a. e il contratto sia considerato efficace per esigenze imperative connesse alla tutela di un interesse generale.

L'identificazione di siffatte esigenze risulta totalmente svincolata da parametri predeterminati, limitandosi il Codice del processo amministrativo a prevedere, a titolo esemplificativo, ipotesi di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possano essere rispettati solo dall'esecutore attuale; nonché ipotesi in cui l'inefficacia del contratto conduca a conseguenze sproporzionate dal punto di vista economico, avuto anche riguardo alla mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto, nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporti l'obbligo di rinnovare la gara.

In evidenza

La sproporzione economica sussiste, ad esempio, nelle ipotesi in cui l'aggiudicazione venga annullata per vizi di invalidità derivata da altri atti di gara (quali, ad esempio, bando o esclusioni, o atto di nomina della commissione di gara), ovvero per vizi propri, ma l'offerta del ricorrente, ancorché collocata utilmente in graduatoria dopo quella dell'aggiudicatario, deve ancora passare il vaglio della verifica di anomalia.

In assenza di dirimenti elementi ermeneutici la “generalità” dell'interesse pare non coincidere con l'interesse meramente “pubblico”, contemplando piuttosto le posizioni giuridiche indifferenziatamente facenti capo alla collettività sostanziate, ad esempio, dall'interesse alla realizzazione di una particolare opera pubblica ovvero alla prestazione di un servizio.

L'interesse generale, che impone il mantenimento del contratto, sembra, in altri termini, coincidere con gli interessi superiori che, ai sensi dell'art. 2933, comma 2, c.c., si collegano alle esigenze della “economia nazionale”, tra le quali la realizzazione di tutte le opere pubbliche e private ritenute strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese.

In evidenza

L'art. 9, d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito in l. 11 novembre 2014, n. 164, statuisce che sono da intendersi esigenze imperative anche quelle connesse alla tutela dell'incolumità pubblica.

Non costituiscono, invece, ipotesi di esigenze imperative quelle legate ai meri interessi economici, ovvero agli eventuali costi derivanti dal ritardo nell'esecuzione del contratto, alla necessità di indire una nuova procedura di evidenza pubblica, al cambio dell'operatore ed agli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia.

b) se, nonostante le violazioni di cui al comma 1 dell'art. 121, l'inefficacia del contratto è temporalmente limitata.

Nell'esercizio del potere di declaratoria di inefficacia del contratto, il giudice può statuire in merito alla relativa decorrenza temporale, sulla scorta di un bilanciamento degli interessi in gioco effettuato in conformità ad una serie di criteri piuttosto elastici, che gli attribuiscono una discrezionalità assai ampia, pur se temperata dalle deduzioni delle parti processuali.

L'eventualità di una congiunta applicazione delle sanzioni di che trattasi si astringe, in questo caso, alla sola misura pecuniaria. Ed invero, poiché la sanzione alternativa scatta allorché il contratto non possa essere privato degli effetti (parzialmente o totalmente), la pronunzia del giudice, sostitutiva dell'inefficacia del contratto, non potrà essere dello stesso tipo di quella che si è deciso di non adottare.

c) se è stato violato il termine dilatorio di stipula del contratto, ovvero la regola dello stand still processuale.

Come anticipato, l'art. 123, comma 3, c.p.a., punisce la violazione dello stand still anche quando il ricorrente non sia stato privato della possibilità di ottenere l'affidamento e di avvalersi dei mezzi di tutela giurisdizionale.

Originariamente, lo schema del decreto legislativo adottato ai fini del recepimento della direttiva ricorsi prevedeva l'applicazione delle sanzioni alternative per il mancato rispetto del termine dilatorio, a condizione che l'aggiudicazione fosse risultata illegittima per vizi propri.

Il Consiglio di Stato(Cons. St., Comm. Spec., parere, 25 gennaio 2010, n. 368) ha, invece, suggerito di modificare il testo nella versione poi approvata, evidenziando che la soluzione prospettata si poneva in evidente contrasto con l'art. 2-sexies della direttiva ricorsi, il quale disciplina la sola violazione del termine dilatorio, anche in assenza di altri vizi dell'aggiudicazione e del concreto effetto della violazione sulle possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto.

Dunque, la violazione della clausola di stand still, in sé considerata, ovvero senza che concorrano vizi propri dell'aggiudicazione, non comporta l'annullamento dell'aggiudicazione o l'inefficacia del contratto, ma determina l'irrogazione delle sanzioni alternative (Cons. St., Sez. VI, 21 febbraio 2017, n. 775[.1] ; TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 18 aprile 2013, n. 363).

È da sottolineare che la disposizione dell'art. 123, comma 3, c.p.a., può riguardare anche casi nei quali la violazione del termine dilatorio (che non abbia neutralizzato la tutela giurisdizionale e la possibilità di ottenere l'affidamento) sia accompagnata da vizi propri dell'aggiudicazione. In tal caso, qualora il giudice disponga il mantenimento del contratto, troverà applicazione, oltre al già menzionato art. 123, comma 3, anche l'art. 122 c.p.a. (inefficacia del contratto negli altri casi).

Problemi applicativi

La disposizione in esame genera qualche perplessità sotto un duplice profilo.

Da un lato, si osserva che la violazione dello stand still implica sempre l'impossibilità per il ricorrente di avvalersi utilmente dei mezzi di ricorso prima della stipula del contratto; dall'altro, non può non rilevarsi che detta inosservanza non incide sulla possibilità di ottenere l'affidamento, poiché non vizia l'aggiudicazione, a cui invece si riferisce, nello specifico, l'art. 2-quinquies, par. 1, lett. b), direttiva 2007/66/UE.

[.1]Sentenza inserita in fase di aggiornamento della bussola.

Potere sanzionatorio e compatibilità costituzionale

L'identità tra il soggetto che propone le sanzioni alternative (che possono essere irrogate anche direttamente in sede di appello, rimanendo, dunque, non giustiziabili) e quello che la dispone ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale già in sede di primo commento al codice del processo amministrativo.

Orientamenti a confronto

Il Consiglio di Stato, in sede di parere, ha ritenuto coerente con la direttiva ricorsi la scelta di affidare l'applicazione delle sanzioni alternative al giudice amministrativo (Cons. St., Comm. Spec., 25 gennaio 2010, n. 368. In senso analogo, Cons. St., Sez. V, 29 febbraio 2012, n.1189).

Conformemente, parte della dottrina (E. Follieri, Le sanzioni alternative nelle controversie relative a procedure di affidamento di appalti pubblici, in F. Saitta (a cura di), Il contenzioso sui contratti pubblici un anno dopo il recepimento della direttiva ricorsi, Giuffrè, Milano, 2013, 79 e ss.) ritiene che la soluzione adottata dal legislatore sia questione di mera opportunità, dal momento che la direttiva ricorsi riserva agli Stati membri la possibilità di individuare l'organo di ricorso indipendente (giudice amministrativo o autorità amministrativa indipendente, come l'autorità di vigilanza sui contratti pubblici) cui affidare il potere sanzionatorio. Al riguardo, si afferma, inoltre, che:

a) manca nella Costituzione una riserva di amministrazione sull'irrogazione delle sanzioni amministrative;

b) non può invocarsi l'art. 13 Cost., che riserva alla giurisdizione l'applicazione delle sanzioni penali, per dedurne una equivalente riserva di amministrazione per le sanzioni amministrative;

c) non sono rare le disposizioni positive che accordano al giudice penale ed a quello civile il potere di irrogare sanzioni amministrative, per cui tale potere può essere attribuito anche al giudice amministrativo, che già quantifica l'ammontare delle sanzioni devolute alla sua giurisdizione, applicando i criteri di cui all'art. 11, l. 24 novembre 1981, n. 689.

Quanto alla non giustiziabilità delle sanzioni in sede di appello, la dottrina (R. De Nictolis, Il recepimento della direttiva ricorsi, in www.giustamm.it, 2010) osserva che il doppio grado di giudizio è costituzionalizzato, nel processo amministrativo, solo nel senso che se si pronuncia il giudice di primo grado non può essere precluso l'appello, ma non è impedito un giudizio in unico grado davanti al giudice superiore, ossia davanti al Consiglio di Stato.

Altra dottrina (M. Lipari, Dal recepimento della direttiva ricorsi al c.p.a.. Le sanzioni alternative alla inefficacia del contratto, Libro dell'anno del Diritto 2012, 2012, in www.treccani.it) ritiene che l'anomalia introdotta dall'art. 123c.p.a., sulla scorta della quale il giudice può cumulare il ruolo di soggetto irrogatore della sanzione e di organo che ne valuta in via definitiva la legittimità, resta evidente e non sembra superabile mediante la mera etichettatura dei suoi poteri nell'ambito della giurisdizione di merito.

Le modalità processuali per l'applicazione delle sanzioni alternative

Il giudice è tenuto ad applicare le sanzioni alternative nel rispetto del principio del contraddittorio. Ciò non implica, tuttavia, che egli debba necessariamente fissare un'ulteriore udienza pubblica.

Se, da un lato, la norma nulla specifica in ordine a detta possibilità, si deve, dall'altro, rilevare che lo stesso art. 123, comma 2, c.p.a., richiama l'applicazione dell'art. 73, comma 3, c.p.a.: in tale situazione, il giudice – nel caso di decisione di una questione rilevata d'ufficio che sia fondamentale per la soluzione della controversia – sembra, quindi, tenuto ad indicare la questione in udienza «dandone atto a verbale» e «se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice riserva quest'ultima e con ordinanza assegna alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie».

Pur nel silenzio del testo legislativo, imprescindibile risulta l'assegnazione di un “termine a difesa”, indipendentemente dal momento in cui l'applicabilità delle sanzioni venga in considerazione (prima o dopo che la controversia sia trattenuta in decisione). Ed invero, a meno di voler ammettere che – anteriormente alla definizione del giudizio – la tutela del contraddittorio si debba risolvere esclusivamente nell'enunciazione verbalizzata dell'intendimento di applicare le misure sanzionatorie di che trattasi, sembra necessario che il giudice, nel consentire la presentazione di scritti difensivi, assegni alle parti costituite il medesimo lasso temporale (trenta giorni) previsto nel caso in cui l'insorgenza della questione avvenga successivamente al momento in cui la controversia è stata trattenuta in decisione.

Problemi applicativi

Non è chiaro con chi occorra instaurare il contraddittorio.

A ben vedere, sembrerebbe che l'unico soggetto che possa essere considerato parte al fine del contraddittorio sia la stazione appaltante unica destinataria della sanzione pecuniaria; mentre, nella diversa ipotesi in cui si discuta circa l'applicazione della sanzione della riduzione della durata residua del contratto, il contraente originario verrebbe a trovarsi nella stessa posizione del resistente.

Come rilevato dalla dottrina (M. Lipari, Dal recepimento della direttiva ricorsi al c.p.a.. Le sanzioni alternative alla inefficacia del contratto, op. cit.; G. Greco, Illegittimo affidamento dell'appalto, sorte del contratto e sanzioni alternative nel d.lgs. n. 53/2010, in www.giustamm.it, 2010, p. 8 e ss.), in assenza della figura processuale dell'accusa, il contraddittorio si instaurerebbe, dunque, tra l'amministrazione e il giudice stesso, al quale verrebbe a mancare la posizione di terzietà, in palese violazione degli artt. 103 e 111 Cost..

A ciò si aggiunga che il cd. contraddittorio interno non garantisce, comunque, il diritto di difesa delle parti non costituite, alle quali dovrebbe essere consentito, quanto meno, l'esperimento del rimedio dell'opposizione di terzo.

Sul punto, si segnala la decisione del Cons. St., Sez. V,29 febbraio 2012, n.1189, secondo cui la produzione di memorie, ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a., rappresenta un presidio ulteriore e, comunque, sufficiente del principio del contraddittorio.

Il giudice irroga le sanzioni alternative parametrandole sulla personalità del trasgressore: oltre che effettive e dissuasive, le sanzioni devono, infatti, essere proporzionate al valore del contratto ed alla gravità della condotta dell'amministrazione aggiudicatrice, anche in relazione all'opera da essa svolta per l'eliminazione e/o attenuazione delle conseguenze della violazione.

Problemi applicativi

La gravità della condotta della stazione appaltante e la valutazione dell'opera da essa svolta per l'eliminazione o attenuazione degli effetti della violazione – al fine della conseguente commisurazione della sanzione – presenta profili interpretativi di non agevole soluzione, atteso che le sanzioni alternative exart. 123c.p.a., possono colpire anche condotte non esclusivamente “gravi” (le misure de quibus operano, come si è visto, anche in presenza di violazione dei termini dilatori).

Il che induce a ritenere necessario l'esperimento di una specifica attività istruttoria, diversa da quella condotta nella fase processuale tesa a sindacare la legittimità degli atti di aggiudicazione, che sia funzionale all'illustrazione della complessiva condotta della stazione appaltante e dell'eventuale suo ravvedimento operoso, sì da consentire una congrua quantificazione delle sanzioni.

Problemi applicativi

L'istruttoria ai fini della decisione sull'irrogazione delle sanzioni difficilmente potrà ispirarsi al principio dispositivo con metodo acquisitivo, tipico del giudizio di impugnazione ad istanza di parte.

La giurisdizione sulle sanzioni alternative

L'art. 133 c.p.a. conferma la giurisdizione esclusiva amministrativa sulle controversie in materia di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, con estensione a quelle sulla sorte del contratto e sulle sanzioni alternative.

Il decreto correttivo del codice del processo amministrativo (d.lgs. 15 novembre 2011, n. 195), a sua volta, ha incluso le controversie in materia di sanzioni alternative alla pronuncia di inefficacia del contratto nell'ambito della giurisdizione di merito del giudice amministrativo, provvedendo ad ampliare ed integrare la lettera c) dell'art. 134 c.p.a.

Problemi applicativi

La dottrina (M. Lipari, Dal recepimento della direttiva ricorsi al c.p.a.. Le sanzioni alternative alla inefficacia del contratto, op. cit.) ha osservato che la soluzione prospettata dal Codice non è idonea a sciogliere del tutto i dubbi in ordine alla fisionomia del giudizio concernente l'applicazione delle sanzioni alternative.

La previsione di una ipotesi di giurisdizione di merito presuppone che il giudice amministrativo si sostituisca all'amministrazione, effettuando in luogo di questa scelte discrezionali conformi a regole non giuridiche di buona amministrazione, ma pur sempre nel rispetto della terzietà e del principio della domanda. L'essenza della giurisdizione di merito mal si attaglia, tuttavia, alle controversie in materia di sanzioni alternative, ove il potere di irrogare le misure sanzionatorie prescinde da domande di parte ed il rapporto giuridico controverso intercorre direttamente tra il giudice e l'amministrazione aggiudicatrice.

Casistica: L'esimente della buona fede della stazione appaltante

TAR Piemonte, Sez. I, 5 novembre 2010, n. 4083: L'applicazione delle sanzioni alternative può essere esclusa dall'esimente della buona fede della stazione appaltante, anche laddove la stessa non abbia rispettato il termine di stand still prescritto dall'art. 32, c.c.p. Nel caso di specie, l'amministrazione aveva ritenuto di aver assolto l'obbligo di comunicazione dell'esito della gara, inviando irritualmente la relativa informazione alla sola mandante di un costituendo raggruppamento, ed aveva, pertanto, calcolato erroneamente lo stand still period.

(Segue). Casistica: La deroga legale allo stand still period

TAR Campania, Napoli, Sez. V, 06 ottobre 2017, n. 4689: La violazione della clausola di “stand still” non comporta l'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 123 c.p.a., se l'amministrazione, per ragioni d'urgenza, omette la fase delle comunicazioni di cui all'art. 76, comma 5, c.c.p. e procede all'immediata stipulazione del contratto ed alla contestuale esecuzione dello stesso.

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