Servizi (appalto pubblico di)

Michele Ricciardo Calderaro
07 Maggio 2020

L'appalto di servizi è il contratto avente per oggetto una prestazione di facere utile per il committente, suscettibile di valutazione economica, che non costituisca un'opera, nel senso che non vi deve essere alcuna elaborazione o trasformazione di materia.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

Gli appalti pubblici di servizi erano individuati dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 in via residuale, ovvero per esclusione rispetto a quelli di lavori e di forniture.

Ed invero, l'art. 3, co. 10, d.lgs. n. 163 del 2006 definiva appalti pubblici di servizi gli appalti pubblici diversi dagli appalti di lavori o di forniture, aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all'allegato II del codice, servizi che vanno dalla manutenzione alle telecomunicazioni (allegato IIA), nonché dai servizi legali a quelli di ristorazione (allegato IIB).

La normativa italiana ha recepito quanto statuito dalle direttive comunitarie del 2004, ed in particolare dall'art. 2, par. 1, lett. d), direttiva 2004/18/CE che definisce solamente per esclusione gli appalti di servizi.

Si è scelto, pertanto, una definizione generale ma proprio per questo maggiormente inclusiva, confermata dalla recente direttiva 2014/24/UE e dall'art. 3, co. 1, lett. ss), d.lgs. n. 50 del 2016, nuovo codice dei contratti pubblici.

Volendo comunque individuare una definizione, possiamo affermare che l'appalto di servizi è il contratto avente per oggetto una prestazione di facere utile per il committente, suscettibile di valutazione economica, che non costituisca un'opera, nel senso che non vi deve essere alcuna elaborazione o trasformazione di materia.

In evidenza

Ciò che distingue le tre tipologie di appalti pubblici è anzitutto la prestazione oggetto del contratto.

Ed infatti, se nelle forniture la prestazione consiste in un dare, negli appalti di lavori o di servizi la prestazione consiste in un facere, che comporterà una trasformazione materiale solamente per quanto concerne i lavori.

Ciò è confermato dall'art. 3, d.lgs. n. 50 del 2016 che, nel fornire le definizioni delle varie tipologie di appalto, definisce appalto pubblico di forniture il contratto tra una o più stazioni appaltanti ed uno o più operatori economici avente per oggetto l'acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l'acquisto a riscatto, con o senza opzione per l'acquisto, di prodotti (così il co. 1, lett. tt): gli appalti di forniture si distinguono pertanto nettamente dalle altre due tipologie di appalti pubblici al punto che, secondo una consolidata opinione, essi non costituirebbero neppure, a' sensi dell'art. 1655 cod. civ., dei veri e propri appalti, atteso che anche la qualificazione comunitaria in tali termini appare dettata dalla sola esigenza di ricondurre le forniture al genus dei contratti più importanti.

Per quanto concerne gli appalti pubblici di lavori, possono essere così definiti quelli aventi per oggetto l'esecuzione o, congiuntamente, la progettazione esecutiva e l'esecuzione, ovvero la realizzazione con qualsiasi mezzo, di un'opera rispondente alle esigenze specificate dalla amministrazione aggiudicatrice che esercita un'influenza determinante sul tipo o sulla progettazione dell'opera (così il co. 1, lett. ll), d.lgs. n. 50 del 2016).

Si tratta di definizioni che recepiscono integralmente quanto previsto dall'art. 2, par. 6 ss., direttiva 2014/24/UE.

La differenza tra appalto pubblico di servizi e concessione di servizi

La direttiva 2004/18/CE, all'art. 1, par. 4, ha fornito per la prima volta in un atto del diritto comunitario derivato una definizione della concessione di servizi, statuendo che questa è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste esclusivamente nel diritto di gestire i servizi o in questo diritto accompagnato da un prezzo.

Il previgente codice degli appalti all'art. 3 aveva recepito questa definizione, stabilendo al comma 15-ter del medesimo articolo che la concessione di servizi rappresenta un esempio di contratto di partenariato pubblico-privato e fornendo al successivo art. 30 una disciplina succinta ma propria delle stesse concessioni di servizi, che non sono soggette al codice se non per quanto espressamente previsto dallo stesso art. 30 e dalla parte IV relativa al contenzioso, che tra le varie disposizioni, come noto, riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di gare pubbliche, soluzione oggi confermata dall'art. 133, co. 1, lett. e), n. 1, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, codice del processo amministrativo.

In ogni caso, la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi europei desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità (aspetto ribadito, in giurisprudenza, da Cons. St., Sez. III, 11 gennaio 2018, n. 127, Cons. St., Sez. VI, 16 luglio 2015, n. 3571, Cons. St., Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2552 e T.A.R. Umbria, Sez. I, 20 novembre 2017, n. 715).

Si tratta di una scelta che ha recepito l'orientamento proprio della direttiva 2004/18/CE, che, pur avendo fornito per la prima volta la definizione della concessione di servizi, non ne ha previsto una compiuta disciplina, escludendola espressamente dal proprio ambito di applicazione (art. 17) e limitandosi ad imporre ai concessionari la regola di non discriminazione nei contratti di fornitura a valle della concessione.

Si è trattato di un primo passo, sicuramente incompleto, che è stato implementato dalle direttive del 26 febbraio 2014.

La scelta più interessante è stata sicuramente quella di adottare una direttiva specificatamente dedicata ai contratti di concessione, ed è la direttiva 2014/23/UE, al fine di superare l'incertezza giuridica che può essere derivata dall'assenza, sia nelle direttive del 1992 che in quelle del 2004, di una specifica normativa in materia di concessioni pubbliche.

Ne consegue che per la prima volta nel diritto europeo derivato è stata introdotta una disciplina precipua per le concessioni, le quali sono alla base di una quota significativa delle attività economiche nell'ambito dell'Unione europea, presenti specialmente nel settore delle imprese erogatrici di servizi a rete e nella fornitura di servizi di interesse economico generale.

L'art. 5, par. 1, n. 1, lett. b), conferma la tradizionale definizione della concessione di servizi – che dovrebbe essere temporalmente limitata al periodo necessario al concessionario affinché possa recuperare gli investimenti, così il considerando 52 della direttiva 2014/23/UE – quale contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più Amministrazioni aggiudicatrici affidano la fornitura e la gestione di servizi ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo.

Si conferma, pertanto, il criterio discretivo tra appalto e concessione, relativamente alla natura del corrispettivo ed al trasferimento dell'alea della prestazione oggetto del contratto.

Lo stesso art. 5 aggiunge, difatti, quale ulteriore elemento, che l'aggiudicazione di una concessione di servizi comporta il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla gestione dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda (e, dunque, il rischio sul versante dei ricavi) o sul lato dell'offerta (e, quindi, il rischio sul versante dei costi che dipendono dalle oscillazioni del mercato e come tali estranei al dominio delle parti), o entrambi.

Questa disposizione deve essere letta congiuntamente al considerando 18 della stessa direttiva secondo cui il carattere principale di una concessione di servizi, ossia il diritto di gestire un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche qualora una parte del rischio resti a carico dell'Amministrazione aggiudicatrice.

L'impostazione propria della direttiva 2014/23/UE è stata recepita integralmente dal nuovo codice dei contratti pubblici, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che, all'art. 3, co. 1, lett. vv), ribadisce la differenza tra appalto e concessione di servizi definendo quest'ultima come il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano ad uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall'esecuzione di lavori riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi.

Lo stesso art. 3, co. 1, alla lett. zz), come modificata dal primo decreto correttivo al codice dei contratti, d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, conferma che il rischio operativo, tipico di una concessione e non di un appalto di servizi, è il rischio legato alla gestione dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell'offerta o di entrambi, trasferito all'operatore economico. Si considera che l'operatore economico assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, per tali intendendosi l'insussistenza di eventi non prevedibili, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei servizi oggetto della concessione. Viene, pertanto, confermato il criterio discretivo tra appalto e concessione di servizi, che trova oggi una compiuta disciplina nella parte III del codice dei contratti pubblici, specificatamente agli articoli 164-178.

La parte del rischio trasferita al concessionario, chiarisce l'ANAC con determinazione n. 10 del 23 settembre 2015, deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita subita dal concessionario non sia meramente nominale o comunque trascurabile, perdita derivante dagli squilibri che si possono generare sia dal lato della domanda (domanda di mercato inferiore a quella stimata, così come chiarito anche da T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 9 febbraio 2018, n. 386) sia dal lato dell'offerta (fornitura di servizi non in linea con la domanda di mercato).

Così non è per l'appalto ove vi è unicamente il rischio imprenditoriale che può derivare da diversi fattori, quali una cattiva gestione, inadempimenti contrattuali dell'operatore economico o cause di forza maggiore.

Il recepimento della nozione europea di concessione di servizio pubblico - oramai consolidata in virtù della direttiva 2014/23/UE ed imperniata sul trasferimento in capo al concessionario di almeno una parte del rischio economico dell'attività (sul punto è concorde altresì l'opinione della giurisprudenza europea, si veda, per esempio, Corte giust., Sez. III, 10 marzo 2011, in causa C-274/09; Corte giust., Sez. III, 15 ottobre 2009, in causa C-196/08; Corte giust., Sez. III, 10 settembre 2009, in causa C-206/08; Corte giust., Sez. II, 18 luglio 2007, in causa C-382/05; Corte giust., Sez. III, 27 ottobre 2005, in causa C-234/03; si ricordi, inoltre, che questo profilo di differenziazione tra appalto e concessione di servizi era stato altresì evidenziato dalla Commissione europea con il libro verde sul partenariato pubblico-privato del 30 aprile 2004 e, precedentemente, con la comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario, in GUCE 29 aprile 2000, C-121/2) - nel nostro ordinamento giuridico comporta la necessità di abbandonare la tradizionale logica interna, propria anche di una parte della giurisprudenza amministrativa, che ravvisava la distinzione tra appalto e concessione di servizi nel beneficiario della prestazione, l'Amministrazione, che riceve servizi strumentali ai propri fini, in caso di appalto, la collettività in caso di concessione (così ancora, da ultimo, Cons. St., Sez. V, 11 ottobre 2013, n. 4979 e Cons. St., Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2531; l'ANAC, sulla base dell'impostazione sopraesposta che deriva dai concetti propri dell'ordinamento europeo, con la delibera n. 64 del 26 agosto 2015, ha qualificato come concessione di servizi e non come appalto, ad esempio, il servizio di gestione della sosta a pagamento senza custodia mediante parcometro ed ausiliari del traffico nel centro storico di un Comune; allo stesso modo il T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 4 dicembre 2017, n. 1408 e il T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 5 gennaio 2017, n. 21 hanno qualificato come concessione di servizi e non come appalto l'attività di gestione dei distributori automatici di bevande e snack).

Diversa, in ogni caso, rimane l'impostazione del rapporto giuridico: nel caso della concessione deve essere prospettato come trilaterale tra l'Amministrazione concedente, il concessionario e gli utenti, nel caso dell'appalto bilaterale tra stazione appaltante ed appaltatore, in cui il corrispettivo viene versato direttamente dalla prima a favore del secondo, mentre nella concessione il corrispettivo deriva dal pagamento eseguito dagli utenti del servizio a favore del prestatore dello stesso, ovvero il concessionario.

Sulla base di quanto sopra esposto, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha definitivamente chiarito gli elementi fondamentali che distinguono la concessione da un appalto pubblico di servizi: secondo Cons. Stato, Sez. V, 21 marzo 2018, n. 1811, che ribadisce quanto già affermato da Ad. Plen., 27 luglio 2016, n. 22, gli elementi caratterizzanti una concessione di servizi sono da individuarsi nella traslazione del rischio operativo della gestione e nella direzione del servizio, che è svolta nei confronti dell'utenza e non dell'Amministrazione concedente. In presenza di questi elementi non vi possono essere dubbi sulla qualificazione del contratto e sulla relativa disciplina applicabile.

In evidenza

L'orientamento che distingue solamente con riferimento al diverso beneficiario della prestazione è oramai isolato, del tutto superato anche dalla stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato.

Al riguardo, Cons. St., Sez. V, con la sentenza 6 giugno 2011, n. 3377 ha affermato che le concessioni si distinguono dagli appalti "non per il titolo provvedimentale dell'attività, né per il fatto che ci si trovi di fronte ad una vicenda di trasferimento di pubblici poteri o di ampliamento della sfera giuridica del privato, (che sarebbe un fenomeno tipico della concessione in una prospettiva coltivata da tradizionali orientamenti dottrinali), né per la loro natura autoritativa o provvedimentale rispetto alla natura contrattuale dell'appalto, ma per il fenomeno di traslazione dell'alea inerente una certa attività in capo al soggetto privato [...].Quando l'operatore privato si assume i rischi della gestione del servizio, rifacendosi sostanzialmente sull'utente mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone, tariffa o diritto, allora si ha concessione: è la modalità della remunerazione, quindi, il tratto distintivo della concessione dall'appalto di servizi.

Così, si avrà concessione quando l'operatore si assuma in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull'utenza, mentre si avrà appalto quando l'onere del servizio stesso venga a gravare sostanzialmente sull'amministrazione". Queste affermazioni che, sulla base dell'approccio proprio del diritto europeo, chiariscono la distinzione tra appalti e concessioni di servizi hanno trovato conferma, da ultimo, in Cons. St., Sez. VI, 16 luglio 2015, n. 3571; Cons. St., Sez. V, 18 giugno 2015, n. 3120; Cons. St., Sez. VI, 21 maggio 2014, n. 2624; Cons. St., Sez. VI, 4 settembre 2012, n. 4682; Cass. civ., Sez. VI, 6 maggio 2015, n. 9139; T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, 11 luglio 2016, n. 258; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 29 aprile 2015, n. 1041; T.A.R. Liguria, Sez. II, 19 novembre 2014, n. 1673.

Le direttive del 2014 ed il loro recepimento

Come detto, le direttive del 2014, ed in particolare la direttiva 2014/24/UE, hanno riscritto la disciplina europea in materia di appalti pubblici, ovviamente anche relativamente ai servizi, e il legislatore italiano è stato chiamato a procedere al loro recepimento entro il 18 aprile 2016.

Tra le novità introdotte dalle direttive del 2014 occorre segnalare l'abolizione della tradizionale distinzione tra i servizi prioritari e quelli che non possono essere così qualificati: si è correttamente ritenuto che non è più giustificabile limitare la piena applicazione della legislazione in materia di appalti ad un gruppo limitato di servizi, anche se è stato necessario prevedere opportune specificazioni in base al tipo di servizio prestato.

A livello nazionale, il 14 gennaio 2016 il Senato della Repubblica ha approvato definitivamente il disegno di legge S1678-B, pubblicato come legge 28 gennaio 2016, n. 11, recante deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio.

Il meccanismo di recepimento è quanto meno singolare essendo stato suddiviso in due momenti: ed infatti, si è delegato il Governo ad adottare un primo decreto legislativo di recepimento delle direttive entro il 18 aprile 2016 ed un secondo decreto di riordino dell'intera materia entro il 31 luglio 2016.

Si è, pertanto, immaginato un primo momento di recepimento automatico delle direttive, per procedere solo successivamente ad un riordino sostanziale della disciplina relativa agli appalti pubblici ed alle concessioni, salva la possibilità per il Governo di provvedere sia al primo che al secondo entro il 18 aprile 2016 (così l'art. 1, co. 1).

E così è stato fatto con l'adozione del nuovo codice dei contratti pubblici, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

Quanto agli appalti pubblici di servizi sono da segnalare alcune disposizioni specifiche previste dalla legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 sotto forma di principi e criteri direttivi cui il Governo si è dovuto attenere nell'adozione del nuovo codice dei contratti.

Si deve segnalare, ad esempio, la definizione "di una disciplina specifica per gli appalti pubblici di servizi, diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli ad alta intensità di manodopera, definiti come quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell'importo totale del contratto, prevedendo l'introduzione di «clausole sociali» volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prendendo a riferimento, per ciascun comparto merceologico o di attività, il contratto collettivo nazionale di lavoro che presenta le migliori condizioni per i lavoratori ed escludendo espressamente il ricorso al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d'asta, comunque nel rispetto del diritto dell'Unione europea" (così l'art. 1, co. 1, lett. fff).

Disposizioni di carattere analogo si ravvisano per gli appalti aventi per oggetto l'affidamento di servizi sociali o attinenti a prestazioni di ingegneria, architettura o comunque di carattere tecnico.

In evidenza

Da un lato, si prevede che l'aggiudicazione dei contratti pubblici relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica debba avvenire esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, escludendo in ogni caso l'applicazione del solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d'asta (così l'art. 1, co. 1, lett. gg). Sui servizi sociali si concentra anche la direttiva 2014/24/UE; ed infatti, il considerando 114 prevede che gli Stati membri sono liberi di "organizzare servizi sociali attraverso modalità che non comportino la conclusione di contratti pubblici, ad esempio tramite il semplice finanziamento di tali servizi o la concessione di licenze o autorizzazioni a tutti gli operatori economici che soddisfano le condizioni definite in precedenza dall'amministrazione aggiudicatrice, senza che vengano previsti limiti o quote, a condizione che tale sistema assicuri una pubblicità sufficiente e rispetti i principi di trasparenza e di non discriminazione".

Dall'altro, si esclude la possibilità, con riferimento all'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e di tutti i servizi di natura tecnica, del ricorso al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d'asta (così l'art. 1, co. 1, lett. oo).

Per queste tipologie di servizi la scelta del legislatore è quella di evitare che la loro aggiudicazione avvenga facendo applicazione esclusivamente del criterio del prezzo più basso, privilegiando invece quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, disciplinato dagli artt. 95 ss. del nuovo codice dei contratti pubblici, tramite il quale l'Amministrazione persegue l'obiettivo di raggiungere un equilibrio tra la convenienza del prezzo e la garanzia della qualità nell'esecuzione della prestazione.

Il criterio direttivo espresso dalla legge delega è stato fatto proprio dall'art. 95, co. 3, lett. a) e b), che ha previsto che l'aggiudicazione dei contratti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera, salvi sempre quelli soggetti ad affidamento diretto, e dei contratti relativi all'affidamento dei servizi di ingegneria ed architettura e degli altri servizi di natura tecnica ed intellettuale di importo pari o superiore a 40.000 euro debba avvenire esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (sul tema si rinvia alle Linee Guida n. 1 dell'ANAC, “Indirizzi generali sull'affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria, adottate con delibera 14 settembre 2016, n. 973, aggiornate al primo decreto correttivo del codice dei contratti con delibera 21 febbraio 2018, n. 138).

Si tratta di una scelta che conferma la preferenza espressa sul punto anche dal legislatore europeo, in particolare all'art. 67, par. 1, direttiva 2014/24/UE ove si stabilisce che "le amministrazioni aggiudicatrici procedono all'aggiudicazione degli appalti sulla base dell'offerta economicamente più vantaggiosa".

Ciò ribadisce quanto già previsto nel considerando 89 ove si afferma la preferenza per il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, atteso che le Amministrazioni dovrebbero sempre scegliere la migliore soluzione economica tra quelle offerte. Si specifica, tuttavia, che questo criterio dovrebbe assumere una nuova denominazione rispetto a quanto previsto dalle direttive del 2004, dovendosi preferire la denominazione di “miglior rapporto qualità/prezzo” che trova puntuale disciplina, con riferimento agli aspetti che debbono essere oggetto di valutazione, quali quelli valutativi, ambientali e/o sociali, nel successivo art. 67, par. 2.

Questa scelta è stata confermata dal legislatore italiano che, all'art. 1, co. 1, lett. ff) della legge 28 gennaio 2016, n. 11 ha previsto quale criterio di aggiudicazione degli appalti quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, basato sull'approccio costo/efficacia, superando pertanto il criterio del prezzo più basso (sul criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa si rimanda alle Linee Guida n. 2 dell'ANAC, adottate con delibera 21 settembre 2016, n. 1005 e aggiornate al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 con delibera 2 maggio 2018, n. 424).

Criterio del prezzo più basso o del minor prezzo che, a' sensi dell'art. 95, co. 4, d.lgs. n. 50 del 2016, rimane però per l'aggiudicazione di una serie di contratti quali quelli aventi ad oggetto i lavori di importo pari o inferiore a 2.000.000 euro, quando l'affidamento dei lavori avviene con procedure ordinarie, sulla base del progetto esecutivo, nonché i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato. Il criterio del prezzo più basso non è pertanto del tutto venuto meno dal quadro giuridico del nostro ordinamento.

Gli appalti pubblici di servizi esclusi dall'ambito di applicazione della direttiva 2014/24/UE

L'art. 10 della direttiva 2014/24/UE esclude, in via espressa, dal proprio ambito di applicazione tutta una serie di appalti di servizi riguardanti settori di diverso genere che si aggiungono ai settori esclusi (ovvero relativi alla materia dell'acqua, energia, trasporti e servizi postali) precipuamente disciplinati dalla direttiva 2014/25/UE.

I servizi considerati dal citato art. 10, e rispetto ai quali si è reso necessario apprestare una apposita disciplina in sede di recepimento, riguardano diversi ambiti di attività ed in particolare quelli:

a) aventi per oggetto l'acquisto o la locazione di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti - reali o personali – esistenti su tali beni;

b) aventi per oggetto l'acquisto, lo sviluppo, la produzione o coproduzione di programmi destinati ai servizi di media audiovisivi o radiofonici che sono aggiudicati da fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici, o appalti concernenti il tempo di trasmissione o la fornitura di programmi aggiudicati ai fornitori di servizi audiovisivi o radiofonici;

c) concernenti i servizi d'arbitrato e di conciliazione;

d) concernenti uno qualsiasi dei seguenti servizi legali:

i) rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato ai sensi dell'articolo 1 della direttiva 77/249/CEE del Consiglio, che è volta a facilitare l'esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati:

— in un arbitrato o in una conciliazione tenuti in uno Stato membro, un Paese terzo o dinnanzi a un'istanza arbitrale o conciliativa internazionale;

— in procedimenti giudiziari dinnanzi a organi giurisdizionali o autorità pubbliche di uno Stato membro o un Paese terzo o dinanzi a organi giurisdizionali o istituzioni internazionali;

ii) consulenza legale fornita in preparazione di uno dei procedimenti sopra elencati o qualora vi sia un indizio concreto e una probabilità elevata che la questione su cui verte la consulenza divenga oggetto del procedimento in questione, sempre che la consulenza sia fornita da un avvocato a' sensi dell'articolo 1 della direttiva 77/249/CEE;

iii) servizi di certificazione e autenticazione di documenti che devono essere prestati da notai;

iv) servizi legali prestati da fiduciari o tutori designati o altri servizi legali i cui fornitori sono designati da un organo giurisdizionale nello Stato membro interessato o sono designati per legge per svolgere specifici compiti sotto la vigilanza di detti organi giurisdizionali;

v) altri servizi legali che, nello Stato membro interessato, sono connessi, anche occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri;

In evidenza

Con riferimento ai servizi legali, il considerando 25 della medesima direttiva prevede che "taluni servizi legali sono forniti da prestatori di servizi designati da un organo giurisdizionale di uno Stato membro, comportano la rappresentanza dei clienti in procedimenti giudiziari da parte di avvocati, devono essere prestati da notai o sono connessi all'esercizio di pubblici poteri. Tali servizi legali sono di solito prestati da organismi o persone selezionate o designate secondo modalità che non possono essere disciplinate da norme di aggiudicazione degli appalti, come può succedere ad esempio per la designazione dei pubblici ministeri in taluni Stati membri. Tali servizi legali dovrebbero pertanto essere esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva".

e) concernenti servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari a' sensi della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio nonché servizi forniti da banche centrali e operazioni concluse con il Fondo europeo di stabilità finanziaria e il meccanismo europeo di stabilità;

f) concernenti i prestiti, a prescindere dal fatto che siano correlati all'emissione, alla vendita, all'acquisto o al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari;

g) concernenti i contratti di lavoro;

h) concernenti i servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro;

i) concernenti i servizi di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia o metropolitana;

j) concernenti servizi connessi a campagne politiche, se aggiudicati da un partito politico nel contesto di una campagna elettorale.

Si tratta, pertanto, di appalti che hanno per oggetto settori di attività molto diversi tra di loro ma che presentano tutti delle caratteristiche così peculiari (si pensi ai servizi legali, ove è determinante il carattere fiduciario dell'incarico affidato e quello intellettuale dell'opera prestata) da aver fatto ritenere al legislatore europeo di non poterli assoggettare alla disciplina generale degli appalti pubblici di servizi.

Tale scelta è stata recepita dall'art. 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 che ha escluso dall'ambito di applicazione del codice gli appalti e le concessioni di servizi aventi per oggetto le prestazioni di cui al citato art. 10 della direttiva 2014/24/UE.

Nel precedente contesto normativo, l'art. 20, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, assoggettava solamente i servizi elencati nell'allegato IIA a tutte le disposizioni del codice, mentre per i servizi di cui all'allegato IIB (tra cui, ad esempio, i servizi legali) disponeva che essi fossero disciplinati esclusivamente dall'articolo 68 relativo alle specifiche tecniche, dall'articolo 65 concernente l'avviso sui risultati della procedura di affidamento e dall'art. 225 relativo agli avvisi sugli appalti aggiudicati.

Se l'appalto aveva per oggetto servizi sia dell'allegato IIA che dell'allegato IIB, doveva trovare applicazione la disciplina prevista per questi ultimi se il valore dei servizi elencati nell'allegato IIB superava quello dei servizi di cui all'allegato IIA (così l'art. 21, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163).

Occorre, in ogni caso, ricordare che gli appalti pubblici di servizi, all'interno del previgente codice dei contratti pubblici, ricevevano molto spesso una disciplina diversa e specifica rispetto a quella dettata per gli appalti di lavori, che di norma costituisce la disciplina di base.

In tal senso è sufficiente ricordare quanto previsto dagli articoli 41 e 42 del d.lgs. n. 163 del 2006, che prevedevano una disciplina precipua relativamente ai requisiti di capacità economica e finanziaria ed ai requisiti di capacità tecnica e professionale dei fornitori e dei prestatori di servizi (sul punto, ad esempio, Cons. St., Sez. V, 9 marzo 2015, n. 1168; Cons. St., Sez. III, 10 dicembre 2014, n. 6078 e, da ultimo, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 2 febbraio 2016, n. 1429 sulla possibilità di richiedere il comprovato svolgimento di servizi analoghi a quello che è oggetto di gara). Si ricordi, inoltre, che, con riferimento agli appalti di servizi (ma anche a quelli di forniture), l'art. 87, co. 4, secondo periodo, d.lgs. n. 163 del 2006, nel dettare i criteri di verifica delle offerte anormalmente basse, prevedeva che nella valutazione dell'anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell'offerta e risultare congrui rispetto all'entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture (con disposizione estesa ai lavori dall'art. 97, co. 5, lett. c), nuovo codice dei contratti; in tema, Cons. St., Ad. Plen., 20 marzo 2015, n. 3 ha statuito il principio di diritto secondo cui anche negli appalti pubblici di lavori i partecipanti alla gara devono indicare nell'offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, pena l'esclusione dell'offerta dalla procedura anche se non prevista nel bando di gara).

Oggi, l'art. 4 del nuovo codice dei contratti prevede che l'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi in tutto o in parte dall'ambito di applicazione oggettiva del codice, e quindi anche quelli elencati nell'art. 17, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica. Da tali principi non si può pertanto mai prescindere.

Anche il nuovo codice prevede disposizioni precipue per l'affidamento di contratti aventi ad oggetto alcune particolari tipologie di servizi.

L'art. 140, ad esempio, detta regole specifiche per l'affidamento di alcune tipologie di servizi quali i servizi sociali: in specie, vengono dettate regole che disciplinano le modalità con cui le Amministrazioni debbono rendere nota l'intenzione di procedere all'affidamento di questi servizi, che possono concretizzarsi in un avviso di gara, in un avviso periodico indicativo, o in un avviso sull'esistenza di un sistema di qualificazione che deve essere pubblicato in maniera continuativa.

Servizi legali

Con riferimento all'attività prestata da un avvocato a favore di un'Amministrazione, si è posto, in particolare nella vigenza del precedente quadro normativo, il problema di quando la prestazione resa si configuri come appalto e se quindi debba essere affidato mediante le relative procedure previste dalle direttive europee e dalle disposizioni italiane di recepimento.

Ed infatti, Corte conti, Sardegna, Sez. giurisd., ha statuito, con la sentenza 9 ottobre 2014, n. 203, che i servizi legali esclusi dalla necessità di una procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente, di cui all'allegato IIB del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, afferiscono all'attività di patrocinio legale esercitata dall'avvocato in giudizio ed alla consulenza giuridica in senso stretto (che si esplichi, ad esempio, in un parere pro veritate), non ricomprendendo al contrario altre attività, quali ad esempio quelle che si concretizzano nel servizio di predisposizione degli atti propedeutici all'approvazione di una variante urbanistica.

Da ultimo, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 28 maggio 2015, n. 1197, ha affermato che va ricondotto all'ambito dei servizi legali solo l'incarico che si sostanzia in un complesso di attività variegate, diverse dal solo patrocinio dell'ente o dalla episodica assistenza o consulenza con conseguente necessità di applicazione delle regole (sia pure attenuate) della selezione concorrenziale solamente per la prima tipologia di attività.

In altri termini, gli incarichi occasionali di patrocinio o di consulenza legale ad avvocati esterni non costituiscono servizi legali sottoposti alla disciplina delle direttive e del codice degli appalti (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 11 dicembre 2017, n. 1289; in ogni caso, l'individuazione del legale da parte dell'Amministrazione non può avvenire attraverso il criterio del massimo ribasso: T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 31 maggio 2017, n. 875). In senso contrario si è però espressa ancora Corte conti, Emilia Romagna, Sez. controllo, deliberazione n. 105/2018/VSGO del 22 maggio 2018, secondo cui anche il singolo incarico di patrocinio legale affidamento dall'Amministrazione deve essere qualificato come appalto di servizi e quindi assoggettato alla medesima disciplina, in quanto non connotato da carattere fiduciario.

Nel senso del primo orientamento si è espresso T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 13 gennaio 2016, n. 38, secondo cui svolgere servizi legali (come tali da affidare a' sensi del codice dei contratti) a favore di un ente pubblico non può voler dire soltanto accettare mandati ad litem per un dato periodo, nei casi ritenuti opportuni dall'Amministrazione da patrocinare. In tal caso, difatti, difetta in radice quell'organizzazione di uomini e mezzi che la giurisprudenza indica quale primo requisito necessario per potersi parlare di servizio legale; organizzazione che fa evidentemente il paio con la ricorrente affermazione per cui è all'uopo necessario che al patrocinio si affianchi l'attività di consulenza. Comune denominatore di siffatti requisiti appare la volontà dell'ente di affidare ad un esterno la cura complessiva dei propri interessi giuridici, cura che non si risolve nell'instaurazione di o nella resistenza in singoli giudizi, seppur ripetuti nel tempo, bensì nella valutazione globale e complessiva degli interessi dell'ente, in una visione unitaria che comprende non solo, come è indefettibile, il quomodo della difesa, ma anche l'an di qualsivoglia iniziativa, sia giudiziale che stragiudiziale; nonché l'organizzazione materiale del servizio, che deve essere tale da non risultare sporadica, bensì idonea, per così dire, a consentire all'amministrazione di affidare all'esterno ogni incombente materiale legato alla tutela giudiziale e stragiudiziale.

Questa impostazione conferma l'orientamento di Cons. St., Sez. V, 11 maggio 2012, n. 2730, che, amplius, ha inteso porre una netta distinzione nell'ambito degli incarichi legali al fine di individuare il campo di applicazione delle norme in materia di appalti di servizi.

Secondo il Consiglio di Stato, le norme in tema di appalti vengono in rilievo solamente allorquando il professionista sia chiamato ad organizzare e strutturare una prestazione da adeguare alle utilità indicate dall'Amministrazione, per un determinato arco temporale e per un corrispettivo determinato.

In altri termini, deve trattarsi di un'attività strutturata nel tempo e nelle risorse, anche di personale, che debbono essere utilizzate per l'erogazione del servizio.

Al contrario, il contratto di conferimento del singolo e puntuale incarico legale, presidiato dalle specifiche disposizioni comunitarie volte a tutelare la libertà di stabilimento del prestatore in quanto lavoratore, non può soggiacere ad una procedura concorsuale di stampo selettivo, la quale è incompatibile con la struttura della fattispecie contrattuale (che è d'opera professionale), qualificata, alla luce dell'aleatorietà dell'iter del giudizio, dalla non predeterminabilità degli aspetti temporali, economici e sostanziali delle prestazioni e dalla conseguente assenza di basi oggettive sulla scorta delle quali fissare i criteri di valutazione necessari in forza della disciplina recata dal codice dei contratti pubblici.

Al riguardo, l'AVCP, le cui funzioni oggi sono state assorbite dall'ANAC, con la determinazione 7 luglio 2011, n. 4, ha affermato che il patrocinio legale, il quale si concretizza nel contratto volto a soddisfare il solo e circoscritto bisogno di difesa giudiziale del cliente, è inquadrabile nell'ambito della prestazione d'opera intellettuale, in base alla considerazione per cui il servizio legale, per essere oggetto di appalto, richiede qualcosa in più, un quid pluris per la natura della prestazione fornita o per modalità organizzative. Sul punto occorre ricordare il documento di consultazione adottato dall'ANAC contenente le indicazioni per l'affidamento dei servizi legali, non ancora sfociato però in un vero e proprio atto di regolazione dell'Autorità (L. Seccia, In consultazione le indicazioni dell'ANAC sull'affidamento dei servizi legali, in l'Amministrativista, 12 aprile 2017).

Casistica: servizi di manutenzione

"Il concetto di manutenzione va fatto rientrare nei lavori pubblici qualora l'attività dell'appaltatore comporti un'attività prevalente ed essenziale di modificazione della realtà fisica, con l'utilizzazione, la manipolazione e l'installazione di materiali aggiuntivi e sostitutivi non inconsistenti sul piano strutturale e funzionale.

Non a caso l'allegato IIA al codice dei contratti pubblici annovera, fra le categorie dei servizi, quelli di "manutenzione e riparazione", "pulizia degli edifici e gestioni immobiliari" ed "eliminazione di scarichi di fogna ... e servizi analoghi", che costituiscono il nucleo essenziale delle prestazioni richieste.

Ne discende che la manutenzione stradale rientra nelle categorie oggetto degli appalti di servizi". Così T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 3 aprile 2012, n. 1549, che conferma l'orientamento, quanto a differenza tra lavori e servizi con riferimento alla manutenzione, di Cons. St., Sez. VI, 16 dicembre 1998, n. 1680; Cons. St., Sez. V, 4 maggio 2001, n. 2518 e la tesi di Cons. St., Sez. IV, 21 febbraio 2005 n. 537.

L'orientamento che si è affermato nella giurisprudenza amministrativa, sia del Consiglio di Stato che dei giudici di primo grado, è pertanto basato su un criterio che rimane ancorato a dati oggettivi di sostanza e non a parametri puramente formalistici di interpretazione, come potrebbe risultare quello basato sulla distinzione tra manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria (per una conferma dell'orientamento che qualifica come appalto di lavori l'attività di manutenzione consistente in una prestazione essenziale di modificazione della realtà materiale cfr. Cons. St., Sez. VI, 18 settembre 2009, n. 5626).

Da ultimo, il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza 14 ottobre 2014, n. 5079, ha statuito che è qualificabile come appalto pubblico di servizi il contratto avente ad oggetto non solo la fornitura del calore necessario per il riscaldamento degli immobili di un'Amministrazione, ma anche la gestione, la manutenzione - purché non configurabile come una prestazione essenziale di modificazione della realtà materiale - e riqualificazione degli stessi impianti termici.

Casistica

Il T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, con la sentenza 12 settembre 2011, n. 2204, ha qualificato appalto di servizi il contratto riguardante prestazioni di ossigenoterapia a domicilio; così anche per il servizio di ristorazione per i pazienti ricoverati presso i presidi ospedalieri della Asl (in questo senso T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, Sez. I, 22 ottobre 2015, n. 703).

Per quanto concerne i servizi sociali, il Consiglio di Stato, Sez. III, con la sentenza 28 settembre 2015, n. 4537, ha qualificato come appalto pubblico di servizi l'affidamento del servizio di assistenza domiciliare alle persone anziane; in tema anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 27 luglio 2015, n. 3942.

Appalto pubblico di servizi è altresì quello relativo al servizio di pulizia delle aree esterne nonché delle aree a basso, medio, alto ed altissimo rischio di un'Azienda ospedaliera (così Cons. St., Sez. III, 2 luglio 2015, n. 3285). Affidamento del servizio di pulizia che deve avvenire in conformità al Bando Tipo ANAC n. 2 del 10 gennaio 2018.

In questo senso può essere qualificato anche l'appalto avente per oggetto il servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale e di reintegra delle matrici ambientali compromesse dal verificarsi di incidenti stradali (così Cons. St., Sez. V, 14 aprile 2015, n. 1874).

A' sensi dell'art. 1, par. 2, lett. a), della direttiva 2004/18/CE, non può essere qualificato come appalto pubblico di servizi l'accordo concluso tra due enti territoriali sulla base del quale questi ultimi adottano uno statuto che istituisce un consorzio intercomunale, persona giuridica di diritto pubblico, e trasferisce a tale nuovo ente pubblico talune competenze di cui gli originari enti erano investiti fino ad allora e che sono ormai proprie di tale consorzio intercomunale (così Corte giust. UE, Sez. III, 21 dicembre 2016, causa C-51/15, con nota di G. Befani, La riattribuzione di competenze pubbliche non soddisfa l'insieme delle condizioni poste dalla definizione della nozione di appalto pubblico di “servizio”, in l'Amministrativista, 14 aprile 2017; sul punto già Corte giust. UE, 12 giugno 2014, causa C-156/13, Corte giust. UE, 25 marzo 2010, causa C-451/08).

Configura una somministrazione di personale, e non un appalto di servizi, il contratto che, esaminato in concreto, abbia come oggetto principale la fornitura di lavoratori e che non attribuisca alcun rilievo, neppure sul piano remunerativo, al risultato conseguito mediante lo svolgimento delle prestazioni lavorative: così Cons. Stato, Sez. III, 12 marzo 2018, n. 1571, con nota di E. Tedeschi, Non è ammessa l'integrazione del personale tramite appalto di servizi invece che con contratto di somministrazione di lavoro, in l'Amministrativista, 16 marzo 2018.

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