Carmine Nuzzo
02 Maggio 2016

La sponsorizzazione è il contratto in forza del quale un soggetto (c.d. sponsee) si obbliga, dietro corrispettivo, ad associare alla propria immagine o attività il nome, il marchio o altro segno distintivo di un altro soggetto (c.d. sponsor), accrescendo il prestigio di questi presso il pubblico.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

La sponsorizzazione è il contratto in forza del quale un soggetto (c.d. sponsee) si obbliga, dietro corrispettivo, ad associare alla propria immagine o attività il nome, il marchio o altro segno distintivo di un altro soggetto (c.d. sponsor), accrescendo il prestigio di questi presso il pubblico. Si tratta, per giurisprudenza consolidata, di un contratto atipico (Cons. St., Sez.VI, 12 novembre 2013, n. 5378; Cons. St., Sez. IV, 4 dicembre 2001, n. 6073; Cass. civ., Sez. I, 09 settembre 2004, n. 18193), ma “socialmente tipico”. Esso fa sorgere un'obbligazione di mezzi e non di risultato. In passato, la dottrina ha cercato di inquadrare il contratto di sponsorizzazione in altre categorie quali l'appalto di servizi, il contratto d'opera, il mandato, la donazione modale, il contratto di patrocinio, il contratto pubblicitario etc.

Si tratta, inoltre, di un contratto consensuale, oneroso e a prestazioni corrispettive. La sponsorizzazione assume notevole rilevanza quando una delle parti del contratto è una P.A. Essa s'inquadra nelle forme di partenariato pubblico-privato. L'utilizzo di tale contratto da parte della P.A., in veste di soggetto sponsorizzato, consente alla stessa di reperire fondi per l'espletamento delle attività istituzionali e così sopperire alle ormai patologiche deficienze di bilancio. Allo stesso tempo, il privato ne ricava un ritorno d'immagine.

Tipologie di sponsorizzazione

Anzitutto, occorre distinguere la sponsorizzazione da altre figure affini, ed, in particolare:

a) dal mecenatismo, che presuppone l'erogazione di liberalità, senza alcun corrispettivo da parte del beneficiario e in assenza dell'obbligo, per la P.A., di tenere determinati comportamenti volti a divulgare i segni distintivi del finanziatore. In tal caso, si è al cospetto di un contratto a titolo gratuito, in cui l'unico beneficio per il privato è costituito dalla possibilità, in alcuni casi, di usufruire di agevolazioni fiscali. Pertanto, si ritiene che la P.A. possa concludere accordi di mecenatismo senza particolari formalità e procedure concorrenziali.

b) dal contratto di patrocinio, in quanto il patrocinatore non è un imprenditore commerciale ed il contratto non è diretto alla pubblicizzazione della sua figura di patrocinatore. L'accordo di patrocinio viene qualificato, di conseguenza, come una donazione modale.

c) dal contratto pubblicitario, in quanto i due contratti hanno una causa differente. La sponsorizzazione trova la sua causa nel legame strettissimo tra l'attività o l'evento posto in essere dallo sponsee e l'abbinamento a questo dell'immagine o del nome dello sponsor. La pubblicità ottenuta attraverso una sponsorizzazione è soltanto indiretta e non si identifica con la sua ragion pratica. Nel contratto di pubblicità vi è la veicolazione di un messaggio, che di solito è di breve durata, mentre nel contratto in esame l'accreditamento dell'immagine dello sponsor è legata all'attività o all'evento organizzato dallo sponsee.

d) dal project financing, che, nonostante l'identità di “ratio”, differisce dalla sponsorizzazione per il ruolo attivo che assume il promotore. Questi, infatti, si occupa non soltanto della progettazione e realizzazione, ma anche della gestione dell'opera pubblica e viene remunerato secondo lo schema delle concessioni.

In base al ruolo rivestito dalla P.A. nel contratto di sponsorizzazione, si distingue tra:

a) sponsorizzazioni “attive”, ossia quelle sponsorizzazioni in cui la P.A. riveste la qualità di sponsor e, per ciò, finanzia l'attività di un soggetto terzo. Si tratta di contratti passivi in quanto determinano un esborso di denaro da parte della P.A. che ricade sulle finanze pubbliche;

b) sponsorizzazioni “passive”, ossia quelle in cui la P.A. assume la veste di soggetto sponsorizzato e che costituiscono una forma indiretta di finanziamento. Queste sponsorizzazioni non gravano sulla spesa pubblica, traducendosi in un ricavo, in caso di corrispettivo in denaro, ovvero in un risparmio di spesa, in caso di corrispettivo pagato in lavori, beni o servizi;

Il legislatore, inoltre, confermando quanto già evidenziato dalla (oggi soppressa) Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (cfr. Parere sulla normativa n. AG/10 dell'11 marzo 2010), ha introdotto espressamente, con il c.d. “decreto semplificazioni” (d.l. n. 5 del 2012, conv. in l. 4 aprile 2012, n. 35), un'ulteriore distinzione all'interno della categoria delle sponsorizzazioni passive (cfr. Deliber. AVCP, 8 febbraio 2012, n. 9), tra:

a) sponsorizzazioni “pure” o di “puro finanziamento”, in cui la parte privata che opera come sponsor si obbliga a corrispondere alla P.A. unicamente un finanziamento in denaro o ad accollarsi le obbligazioni di pagamento dei corrispettivi di un appalto dovuti dalla p.a;

b) sponsorizzazioni “tecniche”, in cui il privato sponsor si impegna a progettare e realizzare, in tutto o in parte, le prestazioni richieste dalla P.A. interamente a sua cura e a sue spese. Lo sponsor non conferisce alla P.A. un finanziamento in denaro tout court, ma si obbliga ad effettuare in favore della stessa determinate prestazioni, che possono consistere nell'esecuzioni di lavori o nella fornitura di beni e servizi strumentali, ponendo le necessarie spese a proprio carico e curando direttamente le fasi di progettazione ed esecuzione;

c) sponsorizzazioni “miste”, ossia che risultano dalla combinazione di una sponsorizzazione pura e tecnica (es. lo sponsor si obbliga a curare solo la parte della progettazione ed erogare i fondi per la realizzazione dei lavori previsti). Vi sono elementi delle une e delle altre, in forza dei quali lo sponsor potrà finanziare l'iniziativa pubblica, totalmente o parzialmente, e pure offrire un contributo magari anche solo limitato ad una fase.

La disciplina ante riforma. La P.A. sponsorizzata: attività oggetto del contratto e scelta dello sponsor

Il principale ostacolo che poneva dubbi circa l'ammissibilità di contratti di sponsorizzazione “pubblici” era rappresentato dalla necessità di garantire il rispetto del principio di imparzialità della P.A. di cui all'art. 97 Cost., del principio di legalità e dei principi euro-unitari a tutela della concorrenza.

Si evidenziava la mancanza di norme che disciplinassero l'an e il quomodo del ricorso al contratto di sponsorizzazione. Allo stesso tempo, si dubitava della compatibilità del contratto in esame con il principio di tipicità e, dunque, della stessa utilizzabilità, da parte di una P.A., di un contratto atipico. Quest'ultima perplessità è stata oggi superata, essendo ormai stato chiarito che il principio di tipicità si riferisce all'attività provvedimentale autoritativa e che la P.A., ai sensi dell'art. 1, co. mma 1-bis, l. n. 241 del 1990, è dotata di capacità giuridica generale di diritto privato, in forza della quale può concludere anche contratti atipici, purché diretti a soddisfare interessi meritevoli di tutela ex art. 1322, comma 2, c.c.

In ordine cronologico, una prima disciplina del fenomeno si è avuta con la l. 6 agosto 1990, n. 223, che ha previsto la possibilità di avvalersi di contratti di sponsorizzazione per il finanziamento di programmi radiotelevisivi e radiofonici. Successivamente, la l. 27 dicembre 1997, n. 449, ha autorizzato il ricorso al contratto di sponsorizzazione in via generalizzata da parte di tutte le pp.aa. a condizione che, mediante il contratto, si realizzassero: lo sviluppo dell'organizzazione amministrativa, risparmi di spesa e miglioramento della qualità dei servizi ai cittadini. Con il d.lgs. n. 267 del 2000 (c.d. T.U. Enti Locali), si è altresì consentito, all'art. 119, l'utilizzo della sponsorizzazione da parte di Comuni, Province e altri enti locali, con il vincolo di scopo del miglioramento della qualità dei servizi. Con il d.lgs. n. 42 del 2004 (c.d. Codice dei Beni Culturali), il legislatore, seppure in una norma speciale, fornisce, per la prima e unica volta, una definizione normativa del contratto di sponsorizzazione e detta una disciplina speciale di tale strumento ai soli fini della tutela dei beni culturali.

Art. 120, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei Beni Culturali): «È sponsorizzazione di beni culturali ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato per la progettazione o l'attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l'immagine, l'attività o il prodotto dell'attività del soggetto erogante. Possono essere oggetto di sponsorizzazione iniziative del Ministero, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali nonché di altri soggetti pubblici o di persone giuridiche private senza fine di lucro, ovvero iniziative di soggetti privati su beni culturali di loro proprietà».

Un importante snodo è, poi, rappresentato dagli artt. 26 e 27, d.lgs. n. 163 del 2006 (c.d. Codice dei contratti pubblici, di seguito c.c.p.) e dal sopra citato “decreto semplificazioni” n. 5 del 2012, conv. in l. 4 aprile 2012, n. 35.

L'art. 26 c.c.p. fa rientrare il contratto di sponsorizzazione – e i contratti a questo assimilabili –- in cui sono parti un'amministrazione aggiudicatrice e un soggetto diverso dalle amministrazioni in qualità di sponsor, tra i c.d. contratti esclusi. Si prevede che le PP.AA. possano stipulare sponsorizzazioni, aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, ma, qualora queste abbiano un valore superiore a quarantamila Euro (soglia introdotta dal decreto semplificazioni), esse sono tenute a rispettare, nella scelta dello sponsor:

a) i principi euro-unitari del Trattato;

b) le disposizioni in materia di requisiti di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto, cioè le norme che disciplinano i requisiti di capacità tecnica e professionale, nonché quelle sul possesso dell'attestazione SOA;

La sponsorizzazione superiore a quarantamila Euro che non riguardi beni culturali (soggetti ad una disciplina speciale), rientra nell'alveo di applicazione dell'art. 27 c.c.p. Tale norma prescrive:

a) il rispetto dei principi di economicità, efficienza, trasparenza, imparzialità, parità di trattamento e proporzionalità.

b) l'individuazione dello sponsor mediante una procedura di gara semplificata con invito di almeno cinque concorrenti.

Al di sotto della soglia di quarantamila Euro, invece, l'amministrazione può procedere alla stipula di contratti di sponsorizzazione mediante l'espletamento di una procedura, anche negoziata, che rispetti:

a) i principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento della P.A.;

b) le disposizioni in materia di qualificazione delle imprese esecutrici del contratto;

Maggiori difficoltà ermeneutiche sorgono in ordine alla individuazione dell'ambito di applicazione della suesposta disciplina in relazione alle diverse tipologie di sponsorizzazioni passive, ossia le sponsorizzazioni tecniche, di puro finanziamento e miste. La sponsorizzazione “culturale”, invece, è oggetto di una disciplina speciale che merita una trattazione a parte.

Le differenze tra sponsorizzazione tecnica e di puro finanziamento, infatti, non consentono di trattare i due fenomeni allo stesso modo. La prima, infatti, comporta la scelta di un soggetto che non si limita ad un mero finanziamento, ma s'impegna a dare esecuzione all'oggetto del contratto, a sue cure e a sue spese. La seconda, al contrario, è un vero e proprio contratto attivo in cui la P.A. beneficiaria del finanziamento indirettamente consegue un ricavo o un risparmio di spesa.

È possibile individuare un diverso regime giuridico e diverse modalità di scelta dello sponsor a seconda che si tratti di una sponsorizzazione tecnica ovvero di una di puro finanziamento.

L'interpretazione costituzionalmente orientata delle norme anzidette conduce a ritenere che, in virtù del principio di ragionevolezza, esse trovino applicazione limitatamente alle cc.dd. sponsorizzazioni tecniche, in cui la controprestazione dell'operatore privato sponsor della P.A. consiste nell'esecuzione di lavori o nella fornitura di beni e servizi interamente a propria cura e a proprie spese.

In caso di sponsorizzazione di puro finanziamento, invece, trovano applicazione le norme dettate dalla legge di contabilità di stato (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440), le quali richiedono, per la stipula di contratti attivi, comunque l'espletamento di procedure di gara ispirate ai principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento della P.A. Ciò comporta, però, l'inoperatività dell'obbligo di invito di almeno cinque concorrenti e la possibilità di espletare una gara semplificata e senza particolari formalità seppure rispettosa dei suddetti principi generali.

Per quanto concerne le sponsorizzazioni “miste”, per ciascuna parte del contratto la P.A. è tenuta a rispettare il regime proprio della sponsorizzazione tecnica ovvero di quella pura, seguendo la disciplina in parte dell'una e in parte dell'altra per ciascuna delle prestazioni previste.

TIPO DI SPONSORIZZAZIONE

DISCIPLINA

Sponsorizzazione tecnica (non culturale) oltre i 40.000 Euro

Artt. 26 e 27, d.lgs. n. 163 del 2006:

- principi euro-unitari dei Trattati (T.U.E. e T.F.U.E.);

- disposizioni in materia di requisiti di qualificazioni dei progettisti e degli esecutori del contratto, cioè le norme che disciplinano i requisiti di capacità tecnica e professionale, nonché quelle sul possesso dell'attestazione SOA;

- principi di economicità, efficienza, trasparenza, imparzialità, parità di trattamento e proporzionalità;

- pubblicazione del bando di gara;

- individuazione dello sponsor mediante una procedura di gara con invito di almeno cinque concorrenti.

Sponsorizzazione tecnica (non culturale) al di sotto dei 40.000 Euro

- principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento della P.A.;

- disposizioni in materia di qualificazione delle imprese esecutrici del contratto.

Sponsorizzazione pura o di puro finanziamento (non culturale)

r.D., 18 novembre 1923, n. 2440:

- procedure di gara ispirate ai principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento della P.A.;

- inoperatività dell'obbligo di invito di almeno cinque concorrenti;

- gara semplificata e senza particolari formalità seppure rispettosa dei suddetti principi generali

Sponsorizzazione mista (non culturale)

Parte del contratto qualificabile come sponsorizzazione tecnica à disciplina sponsorizzazioni tecniche a seconda del valore del contratto;

Parte del contratto qualificabile come sponsorizzazione pura à disciplina sponsorizzazioni pure.

IN EVIDENZA

Secondo quanto affermato dall'ANAC nella citata deliberazione n. 9 dell'8 febbraio 2012, in caso di mutata volontà della stazione appaltante di concludere un contratto di sponsorizzazione di puro finanziamento anziché una sponsorizzazione tecnica, è legittima e compatibile con i principi generali dell'evidenza pubblica l'indizione di una procedura negoziata con gli stessi operatori che avevano partecipato alla precedente procedura di gara.

Il collegamento appalti-sponsorizzazione: la clausola di sponsorizzazione

Sovente, all'interno dei bandi di gara per appalti di lavori, servizi e forniture, è contenuta una c.d. clausola “sponsor” o di sponsorizzazione, ossia una clausola accessoria secondo cui il partecipante alla gara può o deve dichiarare la propria disponibilità a versare contributi in denaro a sostegno dell'attività istituzionale dell'ente. Come corrispettivo, il logo, il nome o il segno distintivo dello sponsor sono abbinati e associati all'attività o agli eventi organizzati dall'amministrazione. In base alla disponibilità del privato concorrente a sponsorizzare la stazione appaltante, si prevede l'attribuzione di un punteggio. Il fenomeno ricorreva, soprattutto, nell'affidamento dei contratti di tesoreria da parte degli enti locali, i quali si servivano della clausola accessoria di sponsorizzazione in virtù dell'art. 119 T.U.E.L.

Da più parti è stato sollevato il problema della legittimità di tali clausole contrattuali. Sul punto, si registrava un netto contrasto giurisprudenziale.

L'orientamento dominante della giurisprudenza amministrativa aveva concluso per l'illegittimità di una clausola di sponsorizzazione in base alla quale è attribuito un punteggio necessario per l'aggiudicazione di un appalto di lavori, servizi o forniture. Si deduceva che tale clausola comportava un'alterazione della concorrenza, costringeva l'imprenditore a finanziare la P.A. al di fuori di ogni regola, rendeva il rapporto oneroso per l'appaltatore, era del tutto fuorviante rispetto all'oggetto principale del contratto e privilegiava non tanto chi formulava l'offerta migliore e più vantaggiosa per la P.A., quanto piuttosto chi era in grado di finanziare maggiormente la stessa (cfr. Cons. St., Sez. V, 20 agosto 1996, n. 937; TAR Veneto, 23 gennaio 1998, n. 59).

La giurisprudenza minoritaria, criticando la suddetta tesi, sosteneva la legittimità della clausola accessoria di sponsorizzazione sul presupposto che tale clausola fosse inserita nel bando di gara, fosse attributiva di un punteggio predeterminato e che le procedure di gara si svolgessero in modo trasparente e rispettoso della par condicio tra i partecipanti (Cons. St., Sez. V, 21 novembre 2000, n. 5896; Cons. St., Sez. VI, 4 dicembre 2001, n. 6073; Cons. St., Sez.V, ord., 15 maggio-9 novembre, n. 5773).

La questione è stata sottoposta all'esame dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, la quale si è espressa in favore della legittimità della clausola di sponsorizzazione, a condizione che ricorrano due presupposti: che il corrispettivo in denaro per la sponsorizzazione e i criteri di attribuzione dei punteggi siano predeterminati nel bando e nella lettera d'invito; che il punteggio conferibile per la sponsorizzazione non sia determinante per l'iter concorsuale, ma abbia carattere residuale (Cons. St., Ad. plen., 18 luglio 2002, n. 6). Allo stato, la giurisprudenza ha confermato unanimemente tale indirizzo (Cons. St., Sez. V., 6 giugno 2011, n. 3377; Cons. St., Sez. V, 15 dicembre 2010, n. 8933;TAR Campania, Salerno, Sez. I, 2 febbraio 2010, n. 1016; TAR Lombardia, Sez. III, 19 aprile 2007, n. 1874).

La P.A. sponsor: il divieto di sponsorizzazione attiva non risolve i contrasti

L'utilizzo del contratto di sponsorizzazione ha posto e pone ancora oggi la questione dell'ammissibilità delle c.d. sponsorizzazioni attive, in cui la P.A. assume il ruolo di sponsor di un privato.

Fino al 2011, parte della dottrina e della giurisprudenza riteneva ammissibile che una P.A. fosse essa stessa sponsor di un soggetto privato. Ciò in quanto una sponsorizzazione attiva poteva comunque determinare un risparmio di spesa e un positivo ritorno d'immagine. Allo stesso tempo, l'operazione non era considerata compromissiva della posizione di imparzialità della P.A. (CGA, Sez. Giur., 16 settembre 1998, n. 495).

Altra parte della dottrina, invece, escludeva la possibilità di una P.A. sponsor, obiettando che la ratio che giustificava il ricorso alle sponsorizzazioni da parte della stessa era quella di reperire nuove fonti di finanziamento e non di consentire nuovi esborsi di denaro pubblico. Parimenti, si poneva il forte rischio di un pregiudizio all'imparzialità della P.A. (si pensi alla sponsorizzazione da parte di enti locali di associazioni sportive).

Con l'entrata in vigore (dal 1 gennaio 2011) dell'art. 6, comma 9, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. in l. 30 luglio 2010, n. 122, il legislatore ha posto un divieto generalizzato di sponsorizzazioni attive.

Art. 6, comma 9, d.l. 31 maggio 2010, n. 78: “A decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazione di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'art. 1, l. 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per sponsorizzazioni”.

La norma, tuttavia, non ha sopito il dibattito, avendo determinato la proliferazione di contratti che, con un “nomen juris” diverso, realizzano gli stessi effetti e risultati di una sponsorizzazione attiva. L'elusione del divieto è infatti facilmente realizzabile utilizzando figure contrattuali affini alla sponsorizzazione come il contratto di patrocinio, il contratto pubblicitario etc. Il dibattito dottrinale e giurisprudenziale si è spostato sui criteri per distinguere ciò che è sponsorizzazione attiva e, quindi, ricade nel divieto anzidetto e ciò che non lo è.

LA PORTATA DEL DIVIETO DI SPONSORIZZAZIONI ATTIVE: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

L'art. 6, comma 9, d.l. n. 78 del 2010 vieta qualsiasi forma di contribuzioni a terzi da parte delle pp.aa. intesa a valorizzare e promuovere l'ente locale, con conseguente nullità di un accordo di tal genere.

La convenzione risulta viziata di nullità per il contrasto con la norma imperativa di cui al citato art. 6, comma 9, che - imponendo il divieto di effettuare spese per sponsorizzazioni - implica anche il divieto di adottare provvedimenti amministrativi o stipulare accordi o contratti che comportino spese del tipo di quelle vietate. (TAR Sardegna, Cagliari, Sez. I., 26 giugno 2015, n. 883; TAR Sardegna, Cagliari, Sez. I, 23 settembre 2015, n. 1023; Corte Conti, Liguria, Sez. Contr., 15 febbraio 2011 n. 6 ).

Non rientra nel divieto di cui all'art. 6, comma 9, d.l. n. 78 del 2010 , il sostegno d'iniziative ed attività di un soggetto privato riconducibili alle competenze istituzionali dell'ente locale. (fattispecie di finanziamenti comunali a scuole dell'infanzia private)

Non si configura quale sponsorizzazione il sostegno d'iniziative di un soggetto terzo, riconducibili ai fini istituzionali dell'ente pubblico. L'attività, dunque, che rientra nelle competenze dell'ente locale ed è esercitata, in via mediata, da soggetti privati destinatari di risorse pubbliche piuttosto che (direttamente) da parte di Comuni/Province, costituisce una modalità alternativa d'erogazione del servizio pubblico e non una forma di promozione dell'immagine dell'amministrazione (Corte Conti, Lombardia, Sez. contr., 23 febbraio 2015, n. 79; Corte Conti, Lombardia, Sez. contr., 2 ottobre 2014, n. 254).

Il divieto di sponsorizzazione attiva non include l'erogazione di finanziamenti a soggetti privati esercenti un servizio pubblico, però copre ogni altra forma indistinta di erogazioni a privati tra cui il patrocinio.

Con riferimento all' art. 6, comma 9, d.l. n. 78 del 2010 ed al relativo divieto di spese di sponsorizzazione è stato statuito che “La disposizione citata utilizza il termine “sponsorizzazioni” in senso atecnico, risultando chiaro dal contesto normativo che è vietata qualsiasi forma di contribuzione intesa a valorizzare il nome o caratteristica del comune ovvero eventi di interesse per la collettività locale. Non rientra invece nella nozione di “sponsorizzazione” la spesa sostenuta dall'ente al fine di erogare o ampliare un servizio pubblico, costituendo in tal caso il contributo erogato a terzi una modalità di svolgimento del servizio. Inoltre, ad essere vietati sarebbero in generale gli accordi di patrocinio comportanti spese; ciò che la norma tende ad evitare sarebbe dunque proprio la concessione del patrocinio – che preveda oneri, da parte delle amministrazioni pubbliche – ad iniziative organizzate da soggetti terzi, ad esempio la sponsorizzazione di una squadra di calcio; resterebbero invece consentite, salvi naturalmente ulteriori specifici divieti di legge, le iniziative organizzate dalle amministrazioni pubbliche, sia in via diretta, sia indirettamente, purché per il tramite di soggetti istituzionalmente preposti allo svolgimento di attività di valorizzazione del territorio (Corte Conti, Marche, Sez. contr., parere, 4 dicembre 2014, n. 133).

La sponsorizzazione dei beni culturali ante riforma: cenni

La materia è disciplinata dal d.lgs. n. 42 del 2004 (c.d. Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), in cui si rinviene una disciplina speciale delle cc.dd. sponsorizzazioni “culturali”.

In particolare, l'art. 120 Cod. beni culturali, sopra riportato, contiene la definizione normativa di sponsorizzazione “culturale”. Fino al decreto semplificazioni del 2012, si applicava la disciplina di portata generale prevista dagli artt. 26 e 27 c.c.p. sopra illustrata, con tutte le differenze di regime nella scelta dello sponsor previste per le diverse tipologie di contratti.

Il decreto semplificazioni ha introdotto, all'interno del codice dei contratti pubblici, l'art. 199-bis, espressamente dedicato alla procedura di scelta dello sponsor in caso di sponsorizzazione culturale.

L'art. 199-bis, c.c.p., è strutturato sulla distinzione tra sponsorizzazioni tecniche, pure e miste. Anzitutto, si prevede l'obbligo, per le amministrazioni aggiudicatrici, di predisporre un programma triennale di interventi (lavori, servizi e forniture) destinati alla tutela dei beni culturali mediante sponsorizzazioni che può essere successivamente integrato e che è affiancato da studi di fattibilità e progetti preliminari relativi ai singoli interventi previsti. Lo studio di fattibilità rappresenta un onere minimo per poter inserire l'intervento nel programma dei lavori. E' possibile inserire in tale programma anche gli interventi oggetto di dichiarazioni spontanee d'interesse pervenute all'amministrazione, anche se non accompagnate da studi di fattibilità.

Tale obbligo vale, in assenza di una specificazione normativa, sia per le sponsorizzazioni pure che per quelle tecniche.

Nella scelta dello sponsor l'amministrazione deve procedere mediante gara con pubblicazione del bando sul proprio sito istituzionale e su almeno due quotidiani nazionali, specificando il tipo di sponsorizzazione richiesta (pura, tecnica o mista), i requisiti necessari, i criteri di valutazione delle offerte e il termine per farle pervenire.

Una volta stilata la graduatoria delle offerte, l'amministrazione deve aprire un'ulteriore fase di acquisizione di cc.dd. offerte migliorative e, alla scadenza del termine, procedere alla stipula del contratto. Per le sponsorizzazioni di puro finanziamento, il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta di finanziamento maggiore; per le sponsorizzazioni tecniche, invece, è quello della “migliore offerta realizzativa”.

Nel caso in cui nessuna offerta risulti appropriata o ammissibile ovvero in caso di nessuna offerta, l'amministrazione può, in alternativa: individuare lo sponsor attraverso una procedura negoziata comunque rispettosa dei requisiti tecnici e di professionalità richiesti nel bando originario oppure reinserire l'intervento nel programma degli anni successivi.

IN EVIDENZA

La giurisprudenza amministrativa, sulla scorta delle perplessità evidenziate dalla dottrina, ha interpretato l'art. 199-bis c.c.p. come norma speciale che pone una deroga alla disciplina degli artt. 26 e 27 c.c.p., prevedendo, per le sponsorizzazioni culturali, due tipi di procedure ad hoc che si applicano sia alle sponsorizzazioni tecniche che a quelle di puro finanziamento e indifferentemente dal loro valore. Pertanto, per tutte le sponsorizzazioni culturali – anche quelle di puro finanziamento - la P.A. deve seguire le due procedure (una principale, l'altra sussidiaria) previste dall'art. 199-bis c.c.p., anche per importi inferiori ai quarantamila Euro.

L'AMBITO OGGETTIVO DI APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 26,27 E 199-bis, D.LGS. N.163 del 2006 NEL SETTORE BENI CULTURALI: ORIENTAMENTI A CONFRONTO (ANTE RIFORMA)

L'art. 199-bis c.c.p. si applica a tutte le sponsorizzazioni di beni culturali indipendentemente dal tipo e dal valore.

L'art. 199-bis c.c.p., prevedendo una disciplina apposita, pare porsi in linea di continuità con quanto si è detto sopra circa la peculiarità dei contratti di sponsorizzazione aventi ad oggetto i beni culturali e in particolare gli interventi di valorizzazione su di essi, rispetto alle altre forme di sponsorizzazione, con conseguente obbligo di procedere alla selezione dello sponsor mediante procedura aperta anche per importi inferiori ai 40.000 Euro (TAR Lazio, Roma, Sez. II-quater, 25 luglio 2012, n. 6921).

L'art. 199-bis c.c.p. non si applica alle sponsorizzazioni tecniche di importo inferiore a quarantamila Euro, soggette soltanto all'art. 27 c.c.p., e alle sponsorizzazioni di puro finanziamento, soggette alle sole norme di contabilità di Stato.

L'art. 199-bis c.c.p. s'inserisce nel solco dell'art. 26 c.c.p. e, pertanto, le procedure particolari ivi previste sono ritenute obbligatorie solo in relazione alle sponsorizzazioni tecniche che superino la soglia dei quarantamila Euro. Si ritiene, dunque, che il legislatore del 2012 abbia voluto escludere dall'applicazione dell'art. 199-bis c.c.p. le sponsorizzazioni di puro finanziamento. Ne discende, che le sponsorizzazioni tecniche al di sotto dei quarantamila Euro continuerebbero a seguire solo la disciplina dell'art. 27 c.c.p., mentre le sponsorizzazioni di puro finanziamento sarebbero soggette ai principi e alle norme di contabilità pubblica.

(ANAC, Deliberazione, 8 febbraio 2012, n. 9; MIBACT, D.M., 19 dicembre 2012, n. 67128, All. I e II, Approvazione norme tecniche e linee guida in materia di sponsorizzazioni di beni culturali)

La sponsorizzazione passiva ordinaria nel nuovo codice appalti

La riforma degli appalti pubblici avviata con l'entrata in vigore del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (c.d. Nuovo Codice dei contratti pubblici) ha toccato altresì il contratto di sponsorizzazione in cui è parte una p.a. In particolare, la disciplina novellata è quella riguardante le sponsorizzazioni c.d. passive, in cui la p.a. è soggetto sponsorizzato. Giova premettere che la Direttiva europea n. 24 del 2014, in attuazione della quale è stato adottato il d.lgs. n. 50 del 2016, non contiene alcuna previsione in ordine ai contratti di sponsorizzazione.

Come illustrato nei precedenti paragrafi, la materia delle sponsorizzazioni passive era disciplinata dal Codice del 2006 attraverso una molteplicità di norme stratificate e poco coordinate. Pertanto, il legislatore ha ritenuto opportuno intervenire anche sulla materia sponsorizzazioni, al dichiarato fine di semplificare le procedure di scelta dello sponsor della p.a.

Il nuovo Codice disciplina i contratti di sponsorizzazione passiva ordinaria, cioè al di fuori del settore speciale dei beni culturali, all'art. 19, il quale è collocato nella parte I, titolo II dedicato ai contratti esclusi in tutto o in parte dall'applicazione del codice. La norma ha una portata estremamente innovativa rispetto alla precedente versione.

Art. 19, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 - (Contratti di sponsorizzazione):

«1. L'affidamento di contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture per importi superiori a quarantamila euro, mediante dazione di danaro o accollo del debito, o altre modalita' di assunzione del pagamento dei corrispettivi dovuti, è soggetto esclusivamente alla previa pubblicazione sul sito internet della stazione appaltante, per almeno trenta giorni, di apposito avviso, con il quale si rende nota la ricerca di sponsor per specifici interventi, ovvero si comunica l'avvenuto ricevimento di una proposta di sponsorizzazione, indicando sinteticamente il contenuto del contratto proposto. Trascorso il periodo di pubblicazione dell'avviso, il contratto puo' essere liberamente negoziato, purche' nel rispetto dei principi di imparzialita' e di parita' di trattamento fra gli operatori che abbiano manifestato interesse, fermo restando il rispetto dell'articolo 80.

2. Nel caso in cui lo sponsor intenda realizzare i lavori, prestare i servizi o le forniture direttamente a sua cura e spese, resta ferma la necessita' di verificare il possesso dei requisiti degli esecutori, nel rispetto dei principi e dei limiti europei in materia e non trovano applicazione le disposizioni nazionali e regionali in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ad eccezione di quelle sulla qualificazione dei progettisti e degli esecutori. La stazione appaltante impartisce opportune prescrizioni in ordine alla progettazione, all'esecuzione delle opere o forniture e alla direzione dei lavori e collaudo degli stessi.»

La nuova disciplina mantiene la soglia dei quarantamila Euro come discrimine tra una tipologia di procedura per la scelta dello sponsor e un'altra.

In estrema sintesi, si prevede, al di sopra dei quarantamila Euro, un obbligo di pubblicazione di apposito avviso sul sito internet dell'amministrazione per almeno trenta giorni. Con l'avviso, la p.a. fa conoscere pubblicamente la volontà di cercare uno sponsor o di aver ricevuto una proposta di sponsorizzazione. Decorso il termine di trenta giorni, si ha una libera negoziazione del contratto nel rispetto dei principi generali di imparzialità e par condicio. E' importante sottolineare che la norma non richiama tutti i principi generali europei dei Trattati a tutela della concorrenza. Si fa riferimento espresso ai soli principi di imparzialità e par condicio.

La nuova norma, sebbene a primissima lettura, tradisce una serie di novità insieme con altrettante questioni ermeneutiche.

La prima novità risiede nella chiarezza dell'ambito di applicazione dell'art. 19 cit.: esso trova applicazione per tutte le tipologie di sponsorizzazione ordinaria, siano esse di lavori, servizi e forniture.

Altra importante novità sembrerebbe essere l'equiparazione delle procedure di scelta dello sponsor sia per le sponsorizzazioni cc.dd. pure o di finanziamento, sia per quelle cc.dd. tecniche. Diviene irrilevante il fatto che lo sponsor sia tenuto all'esborso di denaro, all'assunzione di un debito della p.a., ad eseguire direttamente i lavori, a prestare i servizi o le forniture a proprie spese. La natura tecnica della sponsorizzazione determina soltanto la necessità di osservare le norme pubblicistiche sulla qualificazione dei progettisti e degli esecutori. L'art. 19 cit. afferma, infatti, che alle sponsorizzazioni tecniche non si applicano le disposizioni nazionali e regionali in materia di contratti pubblici.

Corre, tuttavia, l'obbligo di segnalare, a fronte di una lettura primissima della norma, un'anomalia che porterebbe a conclusioni ben diverse da quelle appena esposte.

Inoltre, rispetto alla formulazione dell'art. 26 del Codice Appalti del 2006, l'art. 19 cit. non si pronuncia sulle procedure da seguire per le sponsorizzazioni di valore inferiore a quarantamila Euro.

E', dunque, legittimo chiedersi quali regole o principi debbano applicarsi e, prima ancora, se vi siano.

Se, infatti, alle sponsorizzazioni sopra i quarantamila Euro si applica una procedura semplificata con pubblicazione di avviso on line ispirata a imparzialità e par condicio, alle sponsorizzazioni inferiori a quarantamila Euro dovrebbe applicarsi un regime ancora più informale e snello oppure non dovrebbe applicarsi alcuna regola pubblicistica in un'ottica di liberalizzazione pura o “deregulation” alquanto rara nel nostro ordinamento. In ambedue i casi, il risultato sarebbe concretamente lo stesso: al di sotto dei quarantamila Euro le sponsorizzazioni si negoziano individualmente e informalmente.

Queste considerazioni portano ad un'ulteriore conclusione.

Il nuovo Codice Appalti, almeno in materia sponsorizzazioni, introduce una gradualità nell'applicazione dei principi europei a tutela di concorrenza e legalità. Se prima il livello minimo di tutela era rappresentato dall'applicazione dei principi dei Trattati, il nuovo art. 19 cit. sembrerebbe introdurre un'ulteriore graduazione al ribasso attraverso l'applicazione di solo alcuni (e non tutti) dei principi europei.

Altra importante novità è rappresentata dall'inciso contenuto nel primo comma dell'art. 19 cit. “fermo restando il rispetto dell'art. 80”. A proposito della procedura semplificata-negoziata di scelta dello sponsor, si chiarisce che trova applicazione la norma relativa alle cause di esclusione dalla gara (che diventano di fatto motivi ostativi alla stipulazione di contratti con la p.a.)

Infine, si prevede che, in caso di sponsorizzazioni tecniche, la p.a. ha il potere di impartire prescrizioni in ordine alla progettazione, esecuzione delle opere o delle forniture, direzione dei lavori e collaudo degli stessi.

La sponsorizzazione dei beni culturali secondo il nuovo codice appalti

Il nuovo Codice Appalti (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) contiene anche una serie di previsioni riguardanti l'affidamento di appalti pubblici nel settore dei beni culturali, agli artt. 145 a 151.

Per la parte d'interesse, la procedura di scelta dello sponsor della p.a. nel settore speciale in esame è regolata dall'art. 151 cit.

Art. 151, d.lgs., 18 aprile 2016, n. 50 - (Sponsorizzazioni e forme speciali di partenariato):

«1. La disciplina di cui all'articolo 19 del presente codice si applica ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture relativi a beni culturali di cui al presente capo, nonche' ai contratti di sponsorizzazione finalizzati al sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura, di cui all'articolo 101 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione.

2. L'amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali impartisce opportune prescrizioni in ordine alla progettazione, all'esecuzione delle opere e/o forniture e alla direzione dei lavori e collaudo degli stessi.

3. Per assicurare la fruizione del patrimonio culturale della Nazione e favorire altresi' la ricerca scientifica applicata alla tutela, il Ministero dei beni e delle attivita' culturali e del turismo puo' attivare forme speciali di partenariato con enti e organismi pubblici e con soggetti privati, dirette a consentire il recupero, il restauro, la manutenzione programmata, la gestione, l'apertura alla pubblica fruizione e la valorizzazione di beni culturali immobili, attraverso procedure semplificate di individuazione del partner privato analoghe o ulteriori ulteriori rispetto a quelle previste dal comma 1.»

In prima battuta, va evidenziata la nuova scelta strategica del legislatore, ossia la scelta di equiparare il regime di affidamento delle sponsorizzazioni culturali a quello previsto per le sponsorizzazioni ordinarie. Come illustrato nel paragrafo precedente, si tratta di procedure snelle e informali, con avviso pubblicato on line e libera negoziazione.

Ma allora ci si deve domandare perché il Codice Appalti del 2006 prevedesse una disciplina differenziata (art. 199-bis). La “ratio” della distinzione era ricostruita dalla giurisprudenza e risiedeva tutta nella peculiarità dei contratti di sponsorizzazione culturale, nell'esigenza di evitare a tutti i costi la strumentalizzazione e lo sfruttamento a meri fini commerciali privati dei beni culturali.

A seguito della riforma, pare che questa esigenza di distinzione sia definitivamente venuta meno. Il primo comma dell'art. 151, d.lgs., 18 aprile 2016, n. 50, fa espresso rinvio alla disciplina dell'art. 19, medesimo dec. lgs. Si tratta, dunque, di un rinvio dinamico, in quanto si fa riferimento alla disciplina ivi contenuta. L'equiparazione di regime trova conferma nell'espressa previsione delle “rationes” della disciplina: assicurare la fruizione del patrimonio culturale della Nazione e favorire la ricerca scientifica applicata alla tutela.

L'art. 151 cit. si coordina con le norme del Codice Dei Beni Culturali (d.lgs. n. 42 del 2004) attraverso un richiamo interno in virtù del quale anche i contratti di sponsorizzazione di cui al presente testo normativo sono assoggettati alla disciplina dell'art. 19 cit.

Inoltre, il terzo comma dell'art. 151 cit. riconosce al MIBACT il potere di attivare forme speciali di partenariato pubblico-pubblico o pubblico-privato per il recupero, il restauro, la manutenzione, la gestione, l'apertura alla pubblica fruizione e la valorizzazione dei beni culturali immobili. Anche in questo caso, le procedure da seguire sono quelle dell'art. 19 cit.

E', infine, opportuno evidenziare che, a differenza dell'art. 199-bis del Codice del 2006, il nuovo art. 151 cit., richiamando in tutto e per tutto l'art. 19 cit., si applica solo alle sponsorizzazioni culturali di valore superiore a quarantamila Euro. Inoltre, le procedure ivi disciplinate trovano applicazione indipendentemente dalla natura tecnica o di puro finanziamento della sponsorizzazione.

In tal modo, si è posto fine ad una situazione di incertezza perdurante (cfr. par. La sponsorizzazione dei beni culturali ante riforma: cenni).

Aspetti processuali

Quanto al riparto di giurisdizione, si ritiene che possa comunque sussistere la giurisdizione del g.a. nei casi in cui il contratto di sponsorizzazione afferisca ad una concessione di beni o servizi, nonché ad un rapporto convenzionale sussumibile nell'ambito degli accordi ex art. 11, l. 241 del 1990 (TAR Lazio, Roma, Sez. II, 25 luglio 2012, n. 6921).

Quando la sponsorizzazione non comporti alcun onere finanziario per l'Amministrazione stessa, l'accordo – non qualificabile come contratto passivo – non è assoggettato alla disciplina comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici, pur restando applicabili i principi del trattato, in materia di scelta della controparte e più in generale in tema di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, appunto per i contratti sottratti all'ambito di applicazione delle direttive comunitarie sugli appalti, ma non anche ai principi posti a tutela della concorrenza dai Trattati dell'Unione Europea (cfr. in tal senso Corte Cost., 10.2.2010, n. 45; Cons. St., sez. VI, 10.10.2002, n. 5442; Cons. St., sez. III, 17.10.2011, n. 5547; Cons. St., Ad. Plen., 1.8.2011, n. 16). Ai contratti in questione, pertanto, non risulta applicabile il rito abbreviato, di cui all'art. 119 c.p.a. (d.lgs. n. 104/2010), stante la tassativa elencazione delle fattispecie ivi previste, che appaiono riferite sotto il profilo in esame all'affidamento di lavori, servizi e forniture, implicanti prestazioni di natura onerosa per l'Amministrazione, con impiego di risorse pubbliche fornite dai contribuenti. Con la sponsorizzazione, infatti, l'Amministrazione acquisisce una indubbia utilità finanziaria, controbilanciata da vantaggi di ordine pubblicitario per il soggetto finanziatore. (Cons. St., Sez. VI, 31 luglio 2013, n. 4034).

Le associazioni di protezione ambientale, inoltre, non sono legittimate a ricorrere avverso gli atti delle procedure di gara per sponsorizzazioni quando si tratti del restauro di un bene culturale che non implica un fatto rientrante nella funzione di tutela dell'ambiente (Cons. St., Sez. VI, 31 luglio 2013, n. 4034, caso Tod's, confermata da Cass., Sez. Un., 12 ottobre 2015, n. 20413).

Casistica

Sponsorizzazioni sportive.

Procedura di gara bandita dalla Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC) per la scelta dello “Sponsor ufficiale” e “Fornitore ufficiale” delle squadre nazionali di calcio.

Le federazioni sportive, pur sorgendo come soggetti privati (associazioni non riconosciute), in presenza di determinati presupposti assumono la qualifica di “organi del Coni” e partecipano alla natura pubblica di questo.

Quando l'attività è finalizzata alla realizzazione di interessi fondamentali ed istituzionali dell'attività sportiva, devono essere considerate organi del Coni. Solo gli atti di quest'ultimo tipo posti in essere dalle federazioni in qualità di organi del Coni sono esplicazione di poteri pubblici, partecipano della natura pubblicistica e sono soggetti alla giurisdizione del giudice amministrativo allorchè incidano su posizioni di interesse legittimo. La scelta del contraente di un contratto atipico di sponsorizzazione della squadra nazionale di calcio non costituisce una fase della c.d. vita interna della Federazione italiana gioco calcio (Figc), ma rappresenta il momento in cui questa, quale organo del Coni, disciplina interessi fondamentali, strettamente connessi con l'attività sportiva; pertanto, in tal caso, la suddetta Federazione è obbligata ad operare la scelta del contraente del menzionato contratto atipico di sponsorizzazione attraverso una procedura ad evidenza pubblica e nel rispetto delle disposizioni relative alla stipula dei contratti da parte dei soggetti pubblici (Cons. St., Sez. VI, 10 ottobre 2002, n. 5442).

Sponsorizzazione delle istituzioni scolastiche

- D.M., 1 febbraio 2001, n. 44,

Art. 33,

2. Al Consiglio di Circolo/Istituto spettano le deliberazioni relative alla determinazione dei criteri e dei limiti per lo svolgimento, da parte del Dirigente, delle attività negoziali relative ai contratti di sponsorizzazione.

Art.41,

1. Le istituzioni scolastiche possono concludere accordi di sponsorizzazione con soggetti pubblici o privati.

2. È accordata la preferenza a soggetti che, per finalità statutarie, per le attività svolte ovvero per altre circostanze abbiano in concreto dimostrato particolare attenzione e sensibilità nei confronti dei problemi dell'infanzia e della adolescenza.

3. È fatto divieto di concludere accordi di sponsorizzazione con soggetti le cui finalità ed attività siano in contrasto, anche di fatto, con la funzione educativa e culturale della scuola.

- L'Ente locale può provvedere alla fornitura di banchi e sedie alle scuole anche tramite le sponsorizzazioni. E se le Organizzazioni sindacali e dalle Associazioni di genitori e studenti, in assenza di lesione immediata ed attuale, impugnano davanti al Tar l'avviso emanato dall'Ente per avviare la procedura, il ricorso va rigettato per carenza di interesse e di legittimazione ad causam. In forza di quanto previsto dagli artt. 43, l. n. 449 del 1997 e art. 119, d.lgs. n. 267 del 2000 (T.U.E.L.), non può ex se ritenersi illegittimo, non essendo in particolare in contrasto con il principio di neutralità che deve ispirare l'agire della P.A., un bando di gara per l'affidamento di un appalto di forniture di arredi scolastici, che - al fine di abbattere i costi - preveda la possibilità di sponsorizzazioni su tali arredi, nel caso in cui il medesimo bando contempli, altresì, una apposita clausola finale di salvaguardia che impedisca le sponsorizzazioni “vietate” (riguardanti propaganda di natura politica, sindacale, filosofica o religiosa, pubblicità diretta o collegata alla produzione o distribuzione di tabacco, prodotti alcoolici, materiale pornografico o a sfondo sessuale, messaggi offensivi incluse le espressioni di fanatismo, razzismo odio o minaccia). (TAR Puglia, Bari, Sez. II, 28 dicembre 2010 n. 4312).

Accesso agli atti relativi ai contratti di sponsorizzazione per Expo 2015

E' legittimo il rigetto, da parte di Expo 2015 s.P.A., dell'istanza di accesso presentata dal Codacons al fine di prendere visione ed estrarre copia dei documenti afferenti le procedure per la selezione dei partner e degli sponsor di Expo 2015, atteso che gli atti richiesti in ostensione non sono ex se tali da denotare un collegamento con gli interessi dei quali l'associazione è portatrice. Tali atti, infatti, attengono a singole procedure di scelta di uno o più contraenti con un soggetto pubblico, e, dunque, non tali da rappresentare, in via immediata e diretta, una tutela dei più ampi interessi dei consumatori e, comunque, di quegli interessi dei quali l'associazione richiedente è portatrice. (Cons. St., Sez. IV, 6 ottobre 2015, n. 4644)

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