Requisiti: Assenza di condanne penali
31 Gennaio 2017
Inquadramento
Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione
Il requisito dell'assenza di condanne penali per la partecipazione alle gare pubbliche è attualmente disciplinato dall'art. 80 del nuovo “Codice dei contratti pubblici” (di cui al d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50), rubricato “Motivi di esclusione”, che ha recepito l'art. 57 della direttiva 2014/24/UE. Il requisito era già contemplato dall'art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che inibiva la partecipazione alle gare pubbliche a coloro gravati da una condanna definitiva (a cui erano espressamente equiparati la c.d. sentenza di patteggiamento e il decreto penale irrevocabile) per reati gravi incidenti sulla moralità professionale. Alla misura ivi prevista è stata attribuita natura cautelare (in aggiunta a quanto già disposto dall'art. 32-ter c.p., che prevede, per alcuni reati di particolare gravità, la pena accessoria dell'incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione) avente lo scopo di evitare la stipulazione di contratti con soggetti inaffidabili poiché responsabili di condotte illecite, reputate incompatibili con la realizzazione di progetti d'interesse collettivo e con l'esborso di denaro pubblico (cfr. AVCP, determinazione 12 gennaio 2010, n. 1). Le condanne precedentemente integranti l'assenza del requisito di moralità erano di due tipi: (i) quelle per uno o più reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all'articolo 45, paragrafo 1, direttiva 2004/18/CE, determinanti l'esclusione automatica dalla procedura di evidenza pubblica, senza alcun margine di valutazione della stazione appaltante; e (ii) quelle per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità incidenti sulla moralità professionale, la cui rilevanza ai fini dell'esclusione era rimessa al giudizio discrezionale dell'amministrazione aggiudicatrice [art. 45, paragrafo 2, lett. c)]. Nel recepire le disposizioni comunitarie allora vigenti, il legislatore nazionale ha seguito un criterio più rigoroso, inserendo come causa di esclusione obbligatoria non solo le condanne definitive per reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio (tale anche nell'art. 45, paragrafo 1), ma anche quelle per reati incidenti sulla moralità professionale [disposta come facoltativa dall'art. 45, paragrafo 2, lett. c)]. In relazione ai settori speciali, invece, l'art. 54 della direttiva 2004/17/CE aveva previsto che gli enti aggiudicatori erano tenuti a fissare criteri di selezione oggettivi e resi disponibili agli operatori economici interessati; tali criteri potevano comprendere quelli di esclusione elencati all'art. 45 della direttiva 2004/18/CE, ma dovevano includere le cause di esclusione obbligatorie ivi previste se l'ente aggiudicatore era un'amministrazione pubblica. In attuazione del suddetto art. 54, l'art. 206, d.lgs. n. 163 del 2006 disponeva l'applicazione dell'art. 38 del medesimo d.lgs. ai soggetti indicati al successivo art. 207 come destinatari della normativa sui settori speciali (ossia amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche svolgenti una delle attività di cui agli artt. da 208 a 213 e soggetti che, non essendo amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche, annoveravano tra le loro attività una tra quelle di cui agli artt. da 208 a 213 e operanti in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall'autorità competente). I tracciati riferimenti eurounitari sono mutati per effetto dell'entrata in vigore della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici (che abroga la direttiva 2004/18/CE), della direttiva 2014/25/UE sulle c.d. utilities (che abroga la direttiva 2004/17/CE) e della direttiva 2014/23/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione.
In merito all'assenza di condanne penali, l'art. 57 della direttiva 2014/24/UE(appalti nei settori ordinari) indica tra le condanne definitive che determinano l'esclusione dalle gare pubbliche, oltre a quelle per reati di partecipazione a un'organizzazione criminale, corruzione, frode, riciclaggio, quali definiti dagli atti ivi citati, anche quelle per «corruzione come definita nel diritto nazionale dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'operatore economico», per reati terroristici o connessi alle attività terroristiche (inclusi il finanziamento del terrorismo) e per reati riguardanti il lavoro minorile e altre forme di tratta di esseri umani. L'obbligo di escludere un operatore economico si applica anche nel caso in cui la persona condannata definitivamente è un membro del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza o è un soggetto con poteri di rappresentanza, di decisione o di controllo. L'esclusione è obbligatoria, ma (art. 57, paragrafo 3) gli Stati membri possono prevedere, in via eccezionale, una deroga per esigenze imperative connesse a un interesse generale, quale la salute pubblica o la tutela dell'ambiente. Inoltre, l'operatore economico può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l'esistenza di un motivo di esclusione e, se dette prove sono ritenute sufficienti, non essere escluso dalla gara (art. 57, paragrafo 6). A tal fine, l'operatore economico dimostra di avere risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato, di avere chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di avere adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale, idonei a prevenire ulteriori reati. Le misure adottate dagli operatori economici sono valutate considerando la gravità e le particolari circostanze del reato e, se ritenute insufficienti, l'amministrazione deve motivare le ragioni della sua scelta. Sulle descritte misure e sulla loro valutazione, il considerando n. 102 della direttiva afferma che occorre lasciare agli Stati membri la facoltà di determinare le esatte condizioni sostanziali e procedurali applicabili e che essi dovrebbero essere liberi, in particolare, di decidere se consentire alle singole amministrazioni aggiudicatrici di effettuare le pertinenti valutazioni o affidare tale compito ad altre autorità a livello centrale o decentrato. Un operatore economico escluso con sentenza definitiva dalla partecipazione alle procedure di appalto o di aggiudicazione delle concessioni non è autorizzato ad avvalersi di tale possibilità nel corso del periodo di esclusione derivante dalla pronuncia negli Stati membri in cui essa è effettiva. Gli Stati membri, infine, determinano il periodo massimo di esclusione nel caso in cui l'operatore economico non adotti nessuna misura di cui al citato paragrafo 6 per dimostrare la sua affidabilità e, se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza passata in giudicato, esso non supera i cinque anni dalla data della condanna definitiva. Analoghe disposizioni sono previste dalla direttiva 2014/23/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione (art. 38, ma vedi anche considerando nn. 69 e 71). Ai sensi dell'art. 38, comma 4, la causa di esclusione de qua è obbligatoria per le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori di cui all'art. 7, paragrafo 1, lett. a) (ossia lo Stato, le autorità regionali o locali, gli organismi di diritto pubblico o le associazioni costituite da uno o più di tali autorità o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico), mentre per gli enti aggiudicatori diversi [ossia, ai sensi dell'art. 7, paragrafo 1, lett. b) e c), le imprese pubbliche e gli enti diversi operanti sulla base di diritti speciali o esclusivi ai fini dell'esercizio di una delle attività di cui all'allegato II] è facoltativa. La direttiva 2014/25/UE sulle c.d. utilities (settori speciali) dispone, invece, che il criterio di esclusione dell'assenza di condanne penali, come disciplinato dall'art. 57, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE è imposto se l'ente aggiudicatore è un'amministrazione aggiudicatrice. Nei casi in cui gli enti aggiudicatori sono tenuti ad applicare o scelgono di applicare i criteri di esclusione di cui alla direttiva sugli appalti pubblici, devono rispettare le condizioni ivi indicate, inclusa la possibilità che gli operatori economici adottino misure volte a porre rimedio alle conseguenze di reato e a impedire che si verifichino di nuovo (cfr. considerando nn. 105 e 107 e art. 80 della direttiva 2014/25/UE). La disciplina del nuovo codice
L'art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, nel recepire l'art. 57 della direttiva 2014/24/UE, disciplina attualmente, tra le varie cause di esclusione, anche quella relativa all'assenza di condanne penali. La disposizione tiene conto, oltre che della menzionata direttiva, anche della normativa nazionale in materia, con particolare riguardo all'art. 39 d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito nella l. 11 agosto 2014, n. 114 e al codice delle leggi antimafia, di cui al d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Il comma 1 dell'art. 80 dispone che costituisce motivo di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d'appalto o di concessione la condanna con sentenza definitiva ovvero con decreto penale di condanna divenuto irrevocabile ovvero ancora con sentenza di applicazione della pena su richiesta della parti, ai sensi dell'art. 444 c.p.p., anche riferita a un suo subappaltatore (nei casi di necessaria indicazione della terna di subappaltatori di cui all'art. 105, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016) per una serie di reati specificati nell'elenco sub lettere dalla a) alla g). Volendo semplificare l'elenco di reati indicati, il codice richiama:- delitti di stampo associativo [lett. a)]; - numerosi delitti contro la pubblica amministrazione relativi a fenomeni di concussione, corruzione e frode [lett. b)]; - frode ai sensi dell'art. 1 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee [lett. c)]; - delitti terroristici o connessi ad attività terroristiche [lett. d)]; - delitti di riciclaggio [lett. e)]; - reati in materia di lavoro minorile e altre forme di tratta di esseri umani, definite con d.lgs. 4 marzo 2014, n. 24 [lett. f)]; - ogni altro delitto da cui derivi, quale pena accessoria, l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione [lett. g)].
La causa di esclusione, al pari delle altre previste nell'art. 80, non si applica alle aziende o società sottoposte a sequestro o confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, nella l. 7 agosto 1992, n. 356 o degli artt. 20 e 24 del d.lgs. n. 159 del 2011, ed affidate ad un custode o amministratore giudiziario o finanziario, limitatamente a quelle riferite al periodo precedente al predetto affidamento. Si tratta, nel primo caso, della speciale ipotesi di cd. confisca allargata o per sproporzione, misura di sicurezza atipica connessa all'accertamento dell'esistenza di una sproporzione tra il valore economico dei beni di cui il condannato (per i reati ivi elencati) ha la disponibilità e il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica, laddove non risulti una plausibile giustificazione sulla lecita provenienza dei beni; nel secondo caso, del sequestro e della confisca incluse nelle speciali misure di prevenzione patrimoniali del codice delle leggi antimafia. Il comma 14 prevede, infine, che non possono essere affidatari di subappalti né stipulare i relativi contratti i soggetti per i quali ricorrano i motivi di esclusione previsti dall'art. 80. Per quanto riguarda gli appalti nei settori speciali, l'art. 133 d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce che per la selezione dei partecipanti e delle offerte si applicano, per quanto compatibili, anche le disposizioni di cui all'art. 80, mentre l'art. 136 d.lgs. n. 50 del 2016 precisa che le norme e i criteri oggettivi per l'esclusione e la selezione degli operatori economici che richiedono di essere qualificati in un sistema di qualificazione e le norme e i criteri oggettivi per l'esclusione e la selezione dei candidati e degli offerenti nelle procedure aperte, ristrette o negoziate, nei dialoghi competitivi oppure nei partenariati per l'innovazione possono includere i motivi di esclusione di cui all'art. 80 alle condizioni stabilite in detto articolo; laddove l'ente aggiudicatore sia un'amministrazione aggiudicatrice, tali criteri e norme comprendono i criteri di esclusione di cui all'art. 80 alle condizioni stabilite in detto articolo. Ambito soggettivo di applicazione della norma
L'art. 80 indica i soggetti che devono possedere il requisito de quo per la partecipazione dell'operatore economico alle gare pubbliche. Ai sensi del comma 3, l'esclusione deve essere disposta allorché la sentenza o il decreto siano stati emessi nei confronti: del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; di un socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico, se si tratta di società in accomandita semplice; dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. Secondo la giurisprudenza, l'espressione “socio di maggioranza” [già contenuta nell'art. 38, comma 1, lett. c)] deve intendersi riferita anche al socio persona giuridica (Cons. St., Sez. V, 23 giugno 2016, n. 2813). Al fine di garantire che il requisito di moralità sussista in capo al soggetto che, in ragione della quota, è in grado di incidere sulla gestione societaria, l'Adunanza plenaria, 6 novembre 2013, n. 24 ha specificato che nel caso di società costituita da due soci, ciascuno detentore del 50% del capitale sociale, entrambi devono possederlo, atteso che il socio paritario è comunque in grado di paralizzare le scelte dell'altro socio e di condizionare così la gestione sociale. Diversamente, nell'ipotesi di società con tre soci, di cui uno almeno al 50%, soltanto per esso va resa la dichiarazione, in quanto unico soggetto in grado di influenzare le decisioni della società. L'obbligo di rendere la dichiarazione non è invece configurabile per i tre soci se il capitale sociale è ripartito in quote uguali o comunque in maniera tale che nessuno eserciti un potere condizionante, in quanto imprescindibile per l'assunzione delle decisioni.
La nuova formulazione della disposizione, intesa come indicato dall'ANAC, potrebbe quindi condurre al superamento delle incertezze interpretative riguardanti la figura del procuratore ad negotia su cui a lungo ha discusso la giurisprudenza.
La persistente validità dell'orientamento dell'Adunanza plenaria sarà essenzialmente legata al rilievo che verrà attribuito al riferimento ai “soggetti” muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, che, se inteso nel senso di includere anche i procuratori, comporterà l'obbligo ex lege per gli stessi di possedere il requisito, a prescindere da una espressa previsione nel bando di gara.
In merito alle modalità della dichiarazione, nel citato comunicato ANAC è chiarito che il possesso del requisito deve essere dichiarato dal legale rappresentante dell'impresa concorrente mediante utilizzo del modello di DGUE. La dichiarazione deve essere riferita a tutti i soggetti di cui al comma 3 dell'art. 80, senza prevedere l'indicazione del nominativo, e le stazioni appaltanti ne richiedono l'indicazione alle imprese concorrenti solo al momento della verifica delle dichiarazioni rese. In ogni caso l'esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara. L'impresa concorrente può però evitare l'esclusione dimostrando la “completa ed effettiva dissociazione” dalla condotta di reato. L'espressione è la medesima utilizzata nell'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, nella versione risultante dalle modifiche apportate dal d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito nella l. 12 luglio 2011, n. 106, mentre in precedenza la disposizione faceva, invece, riferimento all'«adozione di atti o misure di completa dissociazione». Secondo l'AVCP (determinazione del 16 maggio 2012, n. 1) la diversa formulazione della norma sarebbe sintomatica della volontà del legislatore di distinguere, in un'ottica sostanzialista, tra la prova dell'intervenuta, effettiva e completa, dissociazione e la formale adozione di atti e misure a ciò destinati. L'onere di fornire la prova grava sull'operatore economico e, a titolo esemplificativo, possono essere considerati indici rivelatori dell'effettività della dissociazione: l'estromissione del soggetto dalla compagine sociale e/o da tutte le cariche sociali con la prova concreta che non vi sono collaborazioni in corso, il licenziamento e il conseguente avvio di un'azione risarcitoria, la denuncia penale. Tuttavia, secondo la richiamata visione sostanzialista, in relazione allo specifico caso concreto, l'avvio di un'azione risarcitoria o la denuncia penale potrebbero non essere necessari per dimostrare l'effettiva dissociazione, ma, al contrario, potrebbero non essere sufficienti qualora ne emerga un carattere meramente formale.
Secondo l'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, in disparte le condanne per determinate fattispecie di reato a cui era automaticamente ricollegata l'esclusione dalla procedura di evidenza pubblica, in ogni altra ipotesi la stazione appaltante doveva procedere alla valutazione della gravità del reato e della sua incidenza sulla moralità professionale. Tale verifica era intesa quale espressione di un potere discrezionale della stazione appaltante (cfr. Cons. St., Sez. V, 10 agosto 2016, n. 3578). Secondo le indicazioni pervenute dall'AVCP (det. n. 1 del 2010), ai fini del giudizio di gravità del reato, occorreva esaminare tutti gli elementi che potevano incidere negativamente sul vincolo fiduciario con l'amministrazione quali, ad esempio, l'elemento psicologico, l'epoca e le circostanze del fatto, il tempo trascorso dalla condanna, le eventuali recidive, il bene leso dal comportamento delittuoso, in relazione anche all'oggetto e alle caratteristiche dell'appalto. Invece, con l'espressione moralità professionale, si intendeva fare riferimento non solo alle competenze professionali ma, in senso più ampio e articolato, alla condotta e alla gestione di tutta l'attività professionale. Infine, doveva trattarsi di reati idonei a ledere, anche mediatamente, interessi di natura pubblicistica. La stazione appaltante, nell'affermare l'idoneità del reato a integrare la causa di esclusione de qua, doveva fornire adeguata e congrua motivazione. Secondo la giurisprudenza (Cons. St., Sez. III, 3 dicembre 2015, n. 5481), la ragione della scelta dell'ente aggiudicatore poteva desumersi per relationem dai documenti versati in atti, non richiedendosi l'assolvimento di un particolare onere motivazionale, «o con il richiamo implicito al titolo penale acquisito al procedimento amministrativo, attraverso il quale il giudice è comunque posto nelle condizioni di esercitare il controllo nei limiti del sindacato di legittimità estrinseco operabile su valutazioni fiduciarie riservate alla pubblica amministrazione». Come già evidenziato, nell'art. 80 non è più presente il riferimento ai reati gravi in danno dello Stato o della Comunità incidenti sulla moralità professionale.
Ai fini dell'esclusione dalle gare, non rilevano i reati per i quali sia intervenuta la riabilitazione, l'estinzione o la depenalizzazione del reato o la revoca della condanna. Pertanto, dopo la pronuncia di riabilitazione del condannato (che ai sensi dell'art. 178 c.p. comporta l'estinzione delle pene accessorie e di ogni altro effetto penale della condanna), ovvero dichiarata l'estinzione del reato o revocata dal giudice dell'esecuzione la sentenza di condanna o il decreto penale, o, infine, intervenuta la depenalizzazione del reato, il concorrente non deve più menzionare le relative condanne nella dichiarazione.
L'obbligo dichiarativo è imposto anche per le condanne per cui l'interessato abbia beneficiato della non menzione (v. TAR Lazio, Roma, Sez. I, 31 maggio 2016, n. 6399). Oltre alle descritte cause estintive, si deve, infine, ricordare che, ai sensi del comma 10 dell'art. 80, se la sentenza di condanna definitiva che dispone la sanzione accessoria dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione non fissa la durata della pena accessoria ovvero non sia intervenuta riabilitazione, tale durata è pari a cinque anni, salvo che la pena principale sia di durata inferiore, e in tale caso è pari alla durata della pena principale.
L'art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 introduce, tra gli elementi di novità, ai commi 7 e 8, l'istituto del c.d. “self-cleaning”, che consente all'operatore economico o al subappaltatore di dimostrare alla stazione appaltante di essere affidabile, nonostante l'esistenza di motivi di esclusione. In particolare, qualora la sentenza definitiva abbia imposto una pena detentiva non superiore a diciotto mesi ovvero abbia riconosciuto l'attenuante della collaborazione come definita per le singole fattispecie di reato, i predetti soggetti possono provare di aver risarcito o di essersi impegnati a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti. In tale caso, se la stazione appaltante ritiene che le misure siano sufficienti, l'operatore economico non è escluso della procedura d'appalto; viceversa, dell'esclusione deve essere data motivata comunicazione all'operatore economico. In ogni caso, ai sensi del comma 9, l'operatore economico escluso con sentenza definitiva dalla partecipazione alle procedure di appalto non può avvalersi di detto istituto nel corso del periodo di esclusione derivante dalla sentenza. Secondo l'ANAC (cfr. “Linee guida n. 6, di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50”, approvate con delibera del Consiglio dell'Autorità n. 1293 del 16 novembre 2016, punto 7.3) possono essere considerati idonei a evitare l'esclusione, oltre alla dimostrazione di aver risarcito o essersi impegnato formalmente e concretamente a risarcire il danno causato dall'illecito: - l'adozione di provvedimenti volti a garantire adeguata capacità professionale dei dipendenti, anche attraverso la previsione di specifiche attività formative; - l'adozione di misure finalizzate a migliorare la qualità delle prestazioni attraverso interventi di carattere organizzativo, strutturale e/o strumentale; - la rinnovazione degli organi societari; - l'adozione e l'efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi e l'affidamento a un organismo dell'ente, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, del compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento; - la dimostrazione che il fatto è stato commesso nell'esclusivo interesse dell'agente oppure eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione o che non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di controllo. Casistica: Omessa dichiarazione
L'orientamento dell'Autorità
Le posizioni espresse dalla giurisprudenza
Il motivo di esclusione per l'esistenza di condanne penali opera soltanto in caso di sentenze passate in giudicato. Tuttavia, secondo la posizione espressa dall'ANAC nelle Linee guida n. 6, di attuazione del d.lgs. n. 50 del 2016, anche condanne non definitive concernenti talune fattispecie di reato potrebbero rilevare quale motivo di esclusione qualora integranti un grave illecito professionale ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c).
Riferimenti normativiRiferimenti giurisprudenziali |