Requisiti: Assenza di misure di prevenzione

Viviana Di Iorio
10 Gennaio 2017

L'art. 38, comma 1, lett. b, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 prevedeva come motivo di esclusione dalle gare pubbliche la pendenza di un procedimento per l'applicazione di misure di prevenzione o l'irrogazione delle stesse, comportante l'incapacità a stipulare contratti pubblici, in seguito all'accertamento della violazione della legislazione antimafia.
Inquadramento

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L'art. 38, comma 1, lett. b, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 prevedeva come motivo di esclusione dalle gare pubbliche la pendenza di un procedimento per l'applicazione di misure di prevenzione o l'irrogazione delle stesse, comportante l'incapacità a stipulare contratti pubblici, in seguito all'accertamento della violazione della legislazione antimafia. In tal senso, la lett. b indicava espressamente le misure di prevenzione di cui all'art. 3 della l. 27 dicembre 1956, n. 1423 e le cause ostative di cui all'art. 10 della l. 31 maggio 1965, n. 575, ma dopo l'approvazione del nuovo codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, di seguito anche “codice antimafia”) i suddetti richiami dovevano intendersi, rispettivamente, riferiti agli artt. 6 (“Tipologia delle misure e loro presupposti”) e 67 (“Effetti delle misure di prevenzione”) deld.lgs. n. 159 del 2011 (cfr. AVCP, determinazione 16 maggio 2012, n. 1).

La causa di esclusione operava, quindi, a partire dalla sola pendenza del procedimento di applicazione delle misure di prevenzione, secondo una logica di forte anticipazione di tutela dell'ordine pubblico avverso fenomeni criminali di particolare gravità. Il requisito in oggetto, vigente nell'ordinamento interno sin dall'art. 75, comma 1, lett. b, d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, non è previsto dalle fonti eurounitarie, ma è connesso all'esigenza interna di evitare infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti pubblici.

La disciplina di riferimento nel nuovo codice

Il requisito dell'assenza di misure di prevenzione è attualmente disciplinato dall'art. 80, comma 2, del nuovo “Codice dei contratti pubblici”, di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

In base all'art. 80, comma 2, costituisce motivo di esclusione la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall'art. 67 del codice antimafia ovvero di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all'art. 84, comma 4, dello stesso; ciò fermo restando quanto previsto dagli artt. 88, comma 4-bis, e 92, commi 2 e 3, del medesimo codice in relazione, rispettivamente, alle comunicazioni e alle informazioni antimafia.

I divieti e le decadenze disposti dall'art. 67 del codice antimafia (rubricato “Effetti delle misure di prevenzione”) in conseguenza di un provvedimento definitivo di applicazione di una misura di prevenzione concernono licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni precisate al comma 1, nonché il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera (comma 2).

Ai sensi dell'art. 67, comma 3, se sussistono motivi di particolare gravità, già dalla pendenza del procedimento di prevenzione, il tribunale può disporre in via provvisoria i divieti di cui ai commi 1 e 2 e sospendere l'efficacia delle iscrizioni, delle erogazioni e degli altri provvedimenti ed atti di cui ai medesimi commi. Il provvedimento del tribunale può essere in qualunque momento revocato dal giudice procedente e perde efficacia se non è confermato con il decreto che applica la misura di prevenzione. Per tale motivo, ai sensi del successivo comma 6, la conclusione dei contratti o subcontratti indicati nel comma 2 non può essere consentita a favore di persone nei cui confronti è in corso il procedimento di prevenzione senza che sia data preventiva comunicazione al giudice competente, il quale può disporre, ricorrendone i presupposti, i divieti e le sospensioni in via provvisoria. A tal fine, i relativi procedimenti amministrativi restano sospesi fino a quando il giudice non provvede e, comunque, per un periodo non superiore a venti giorni dalla data in cui la pubblica amministrazione ha proceduto alla comunicazione.

La causa di esclusione può essere estesa, ai sensi dell'art. 67, comma 4, anche nei confronti di chiunque conviva con il destinatario della misura nonché nei confronti di imprese, associazioni, società e consorzi di cui egli sia amministratore o determini in qualsiasi modo scelte e indirizzi. L'estensione, efficace per un periodo di cinque anni, non è automatica ma opera per effetto di un'apposita pronuncia del tribunale.

Le disposizioni dei commi 1, 2 e 4 si applicano anche nei confronti delle persone condannate con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per uno dei delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis,c.p.p. (art. 67, comma 8).

Quanto alle circostanze che denotano tentativi di infiltrazione mafiosa, l'art. 84, comma 4, codice antimafia indica: - i provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluni dei delitti di cui agli artt. 353, 353-bis, 629, 640-bis, 644, 648-bis, 648-ter c.p., dei delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p. e di cui all'art. 12-quinquies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, nella l. 7 agosto 1992, n.356; - la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione; - l'omessa denuncia all'autorità giudiziaria dei reati di cui agli artt. 317 e 629 c.p., aggravati dal metodo mafioso, salvo che ricorra l'esimente di cui all'art. 4 della l. 24 novembre 1981, n. 689; - accertamenti del prefetto secondo la normativa di settore; - sostituzioni negli organi sociali, nella rappresentanza legale della società nonché nella titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote societarie, effettuate da chiunque conviva stabilmente con i soggetti destinatari dei provvedimenti di cui sopra, con modalità che, per i tempi in cui vengono realizzati, il valore economico delle transazioni, il reddito dei soggetti coinvolti nonché le qualità professionali dei subentranti, denotino l'intento di eludere la normativa sulla documentazione antimafia.

L'art. 80, comma 6, del nuovo codice dei contratti pubblici prevede che le stazioni appaltanti possono escludere un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che esso si trovi nella predetta situazione a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura.

La causa di esclusione, al pari delle altre previste nell'art. 80, non si applica alle aziende o società sottoposte a sequestro o confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies del d.l. n. 306 del 1992 o degli artt. 20 e 24 del d.lgs. n. 159 del 2011, ed affidate ad un custode o amministratore giudiziario o finanziario, limitatamente a quelle riferite al periodo precedente al predetto affidamento. Si tratta, nel primo caso, della speciale ipotesi di cd. confisca allargata o per sproporzione, misura di sicurezza atipica connessa all'accertamento dell'esistenza di una sproporzione tra il valore economico dei beni di cui il condannato (per i reati ivi elencati) ha la disponibilità e il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica, laddove non risulti una plausibile giustificazione sulla lecita provenienza dei beni; nel secondo caso, del sequestro e della confisca incluse nelle speciali misure di prevenzione patrimoniali del codice antimafia.

Il comma 14 prevede, infine, che non possono essere affidatari di subappalti né stipulare i relativi contratti i soggetti per i quali ricorrano i motivi di esclusione previsti dall'art. 80.

Per quanto riguarda gli appalti nei settori speciali, l'art. 133 d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce che per la selezione dei partecipanti e delle offerte si applicano, per quanto compatibili, anche le disposizioni di cui all'art. 80, mentre l'art. 136 d.lgs. n. 50 del 2016 precisa che le norme e i criteri oggettivi per l'esclusione e la selezione degli operatori economici che richiedono di essere qualificati in un sistema di qualificazione e le norme e i criteri oggettivi per l'esclusione e la selezione dei candidati e degli offerenti nelle procedure aperte, ristrette o negoziate, nei dialoghi competitivi oppure nei partenariati per l'innovazione possono includere i motivi di esclusione di cui all'art. 80 alle condizioni stabilite in detto articolo; laddove l'ente aggiudicatore sia un'amministrazione aggiudicatrice, tali criteri e norme comprendono i criteri di esclusione di cui all'art. 80 alle condizioni stabilite in detto articolo.

L'ambito soggettivo di applicazione

L'insussistenza della causa di esclusione doveva in precedenza essere accertata nei confronti dei medesimi soggetti indicati all'art. 38, comma 1, lett. c, del d.lgs. n. 163 del 2006, relativo all'assenza di condanne penali.

Diversamente, l'art. 80, comma 2, del nuovo codice dei contratti pubblici non delinea l'ambito soggettivo di applicazione della causa di esclusione. Secondo l'ANAC (v. comunicato del Presidente ANAC del 26 ottobre 2016), in assenza di specifiche indicazioni, il motivo di esclusione deve essere riferito ai soggetti che sono sottoposti alla verifica antimafia ai sensi dell'art. 85 del d.lgs. n. 159 del 2011.

Il soggetto nei cui confronti è stata irrogata una misura di prevenzione può ottenere l'eliminazione degli effetti pregiudizievoli da essa derivanti, incluso il divieto di stipulare contratti pubblici, chiedendo la riabilitazione, ex art. 70 del d.lgs. n. 159 del 2011, dopo tre anni dalla sua cessazione (o cinque anni se si tratta di soggetti indiziati di appartenere alle associazioni di tipo mafioso, di cui all'art. 416-bis c.p., o di uno dei reati previsti dall'art. 51, comma 3-bis, c.p.p. o del delitto di trasferimento fraudolento di valori, di cui all'art. 12-quinquies, comma 1, del d.l. n. 306 del 1992). La riabilitazione è concessa – dalla corte di appello nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria che dispone l'applicazione della misura di prevenzione o dell'ultima misura di prevenzione – se il soggetto ha dato prova costante ed effettiva di buona condotta.

Cenni sul procedimento per l'irrogazione delle misure di prevenzione

Il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione è autonomo e distinto rispetto al procedimento penale. Pertanto, la valutazione della pericolosità sociale, sottesa all'irrogazione delle misure, non implica necessariamente l'esistenza di un'eventuale condanna.

La causa di esclusione, stante il richiamo all'art. 84, comma 4, codice antimafia, potrebbe operare già per la sola pendenza del procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione ed è perciò fondamentale individuare il momento in cui lo stesso può dirsi avviato.

In evidenza

L'AVCP ha fornito chiarimenti circa la definizione del momento in cui il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione può dirsi pendente. Il procedimento prende avvio dalla proposta di applicazione della misura, personale o patrimoniale, formulata da uno dei soggetti legittimati (procuratore nazionale antimafia, procuratore della repubblica, direttore della direzione investigativa antimafia, questore) formulata al tribunale, cui segue l'iscrizione nei registri istituiti presso le segreterie delle procure della Repubblica e presso la cancelleria dei tribunali ai sensi dell'art. 81 del d.lgs. n. 159 del 2011. Ai fini dell'operatività della causa di esclusione, pertanto, il procedimento deve ritenersi pendente da quando sia avvenuta l'annotazione della richiesta di applicazione della misura nei menzionati registri (AVCP, determinazione 12 gennaio 2010, n. 1). Per quanto riguarda, invece, gli strumenti che le stazioni appaltanti possono utilizzare per effettuare i riscontri necessari, esse possono indirizzare la richiesta di verifica del possesso del requisito al tribunale del luogo di residenza/dimora del soggetto persona fisica che rilascia la dichiarazione di insussistenza delle circostanze ostative, secondo le indicazioni fornite dal Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia, Direzione Generale della Giustizia Penale, nella nota circolare, riferimento 027.002.003-20, del 9 dicembre 2011 (AVCP, det. n. 1 del 2012).

Casistica: Effetti dell'entrata in vigore del codice antimafia sull'applicazione del combinato disposto dell'art. 38, comma 1, lett. b, con l'art. 78 del regolamento esecutivo (d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207)

Determinazione ANAC 2 settembre 2014, n. 2

Con l'indicata determinazione, l'ANAC ha fatto chiarezza su alcune criticità emerse in seguito all'entrata in vigore del codice antimafia per ciò che riguarda i requisiti di carattere generale occorrenti per il conseguimento dell'attestato di qualificazione di cui all'art. 40 del d.lgs. n. 163 del 2006, tra cui rientravano quelli dell'art. 38, comma 1, lett. b, espressamente richiamato dall'art. 78 del regolamento. Le criticità all'interno del sistema di qualificazione sono sorte in considerazione della circostanza che le disposizioni del codice antimafia (e in particolare, per gli aspetti che qui rilevano, quelle del Libro II, entrate in vigore il 13 febbraio 2013 a seguito della pubblicazione del d.lgs. 15 novembre 2012, n. 218 nella G.U. del 13 dicembre 2012) costituivano ius superveniens rispetto al codice dei contratti pubblici e alla relativa disciplina attuativa (recata dal regolamento). Esse, inoltre, non si limitavano a una mera ricognizione del contenuto delle norme che hanno sostituito ma lo innovavano, ritenendosi di conseguenza modificata anche la correlata disciplina del d.lgs. n. 163 del 2006. In proposito, l'ANAC ha puntualizzato che, ai fini della verifica dei requisiti di carattere generale dei concorrenti in sede di gara, continuava a trovare applicazione esclusivamente l'art. 38, comma 1, lett. b, del codice dei contratti pubblici, trattandosi di disposizione normativa sulla quale non incidevano – in relazione a tale fase della procedura – le norme dettate dal codice antimafia. Invece, ai fini del conseguimento dell'attestato di qualificazione, la norma doveva intendersi innovata dal codice antimafia. In particolare, si è ritenuto che ai fini del conseguimento del predetto attestato, le verifiche circa l'assenza delle cause ostative antimafia dovevano essere eseguite non solo sui soggetti individuati dall'art. 38, comma 1, lett. b, espressamente richiamato dall'art. 78 del regolamento, ma anche sui soggetti indicati dall'art. 85 del codice antimafia, il cui elenco è più ampio e include, ad esempio, i membri del collegio sindacale e i soggetti che svolgono compiti di vigilanza ex d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, quale ulteriore garanzia dell'affidabilità morale dell'impresa che intende ottenere l'attestato di qualificazione. Inoltre, mentre ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. b, costituiva causa ostativa alla stipula del contratto d'appalto la mera pendenza del procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione, l'art. 67 del Codice antimafia prevede invece, ai commi 3 e 6, che sia il giudice a poter disporre in via provvisoria l'operatività dei divieti di stipula dei contratti e di rilascio dell'attestazione SOA durante il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione. Ne consegue che il suddetto divieto, in relazione al rilascio dell'attestato di qualificazione operava – non più sulla base della mera pendenza del procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione – ma sulla base di un provvedimento espresso del giudice con il quale fosse disposta in via provvisoria l'operatività del divieto de quo durante il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione.

Sommario