Requisiti: Assenza di procedure concorsuali

Paolo Provenzano
23 Giugno 2016

Analogamente a quanto era previsto dall'art. 45 della previgente direttiva n. 2004/18/CE, l'art. 57 della nuova direttiva n. 2014/24/UE riconosce agli Stati membri la facoltà di prevedere nelle proprie legislazioni l'esclusione dalla partecipazione alle gare degli operatori economici che siano stati assoggettati a una procedura concorsuale e di quelli nei confronti dei quali sia pendente una di siffatte procedure.
Inquadramento

Analogamente a quanto era previsto dall'art. 45 della previgente direttiva n. 2004/18/CE, l'art. 57 della nuova direttiva n. 2014/24/UE riconosce agli Stati membri la facoltà di prevedere nelle proprie legislazioni l'esclusione dalla partecipazione alle gare degli operatori economici che siano stati assoggettati a una procedura concorsuale e di quelli nei confronti dei quali sia pendente una di siffatte procedure.

Il tutto al chiaro fine di evitare che le Stazioni appaltanti possano correre il rischio di trovarsi, quale controparte contrattuale, un soggetto che non dia più alcuna garanzia di affidabilità per via delle avverse condizioni economico/finanziarie in cui si trova, le quali potrebbero inficiare la corretta e completa esecuzione del contratto (Cons. St., Sez. VI, 16 maggio 2013, n. 2661). E si tratta di un rischio sì tanto grave d'aver indotto ad anticipare la “soglia d'allarme”, considerando idonea a giustificare l'esclusione anche la mera pendenza di una procedura concorsuale.

Com'è ampiamente noto, tale causa di esclusione è espressamente contemplata sia dal d.lgs. n. 163 del 2006 (che è ancora in vigore per le gare indette prima del 19 aprile 2016), sia dal recente d.lgs. n. 50 del 2016 (che trova, a sua volta, applicazione nelle gare bandite dopo il 19 aprile 2016 – sul punto cfr. combinato disposto degli artt. 216 e 220 d.lgs. n. 50 del 2016 –).

La lett. a) del comma 1 dell'art. 38 del codice del 2006 e la lettera b) del comma 5 dell'art. 80 del codice del 2016, infatti, stabiliscono all'unisono che vanno esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, servizi e forniture i soggetti che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo (liquidatorio) o nei cui riguardi sia pendente un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni.

La sostanziale identità tra tali previsioni, entrambe – lo si ripete – attualmente in vigore, ci consente qui di seguito di trattare delle stesse in modo pressoché unitario, estendendo alla seconda buona parte dei principi giurisprudenziali formatisi con riferimento alla prima. Il che, si badi bene, non significa però che la nuova disciplina non presenti alcun elemento di discontinuità rispetto al passato. Come vedremo, infatti, innovando notevolmente la disciplina del 2006, il Legislatore del 2016 ha previsto che le imprese assoggettate alle procedure concorsuali non vadano comunque escluse qualora sussistano determinate condizioni espressamente indicate dall'art. 110 del nuovo codice, sul quale più volte torneremo infra, evidenziando, anche, le modifiche ad esso apportate dal d.lgs. n. 56 del 2017 e, cioè, dal sedicente “correttivo”.

Sul quando possa ritenersi “in corso” un procedimento per la dichiarazione di una delle situazioni che comportano l'esclusione ex artt. 38, comma 1, lett. a), d,lgs. n. 163 del 2006 e 80, comma 5, lett, b), d.lgs. n. 50 del 2016

Mentre non desta particolari difficoltà l'individuazione delle ipotesi in cui un operatore economico è da considerarsi in stato di fallimento, di liquidazione coatta e di concordato preventivo, lo stesso non può dirsi con riguardo all'individuazione del momento temporale a partire dal quale è da ritenersi “in corso” un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni.

Occorre, anzitutto, chiarire che è da escludersi che la mera presentazione di un'istanza da parte di un creditore finalizzata a sollecitare l'avvio di una procedura concorsuale possa ritenersi di per sé bastevole ad integrare la causa di esclusione in argomento.

Del resto, se così non fosse, si correrebbe il rischio di sollecitare la presentazione di istanze formulate in modo strumentale al solo fine di far escludere determinati imprenditori dalle pubbliche gare o, comunque, di far conseguire in modo automatico la causa di esclusione di cui ai richiamati artt. 38 del Codice del 2006 e 80 del Codice del 2016 anche da istanze creditorie che si appalesino, prima facie, infondate.

Affinché la procedura possa ritenersi pendente, con ogni conseguenza che ne deriva, è dunque necessario che vi sia quantomeno un pronunciamento, sia pur interinale, da parte dell'Autorità adita che accerti oggettivamente la sussistenza dei requisiti per dar seguito alla domanda presentata dal creditore (Cons. St., Sez. IV, 8 giugno 1999, n. 516).

In tale ottica, è ad esempio da considerarsi «in corso» una procedura di fallimento solo successivamente alla notifica al debitore insolvente del decreto di convocazione dell'udienza camerale disciplinata dall'art. 15, R.d. 16 marzo 1942, n. 267e non, viceversa, anche prima di tale momento (CGA, Sez. II, 23 aprile 2015, n. 363, in tal senso si veda anche, con riferimento alla liquidazione coatta amministrativa, Cons. St., Sez. V, 29 gennaio 2018, n. 591).

Detta regola generale non vale tuttavia nel caso del concordato preventivo, che, come testimoniato dalla cospicua giurisprudenza formatasi sul punto, rappresenta la procedura concorsuale più problematica.

Infatti, essendo siffatta procedura concorsuale avviata necessariamente su impulso del medesimo debitore, si ritiene che la stessa domanda di ammissione al concordato attesti, in modo "confessorio", la sussistenza di uno stato di dissesto economico-finanziario che, come tale, è incompatibile con la partecipazione alle pubbliche gare (Cons. St., Ad. plen., 15 aprile 2010, n. 2155).

Pertanto, ai sensi della normativa in commento il concordato preventivo può ritenersi «in corso» già successivamente al deposito della domanda di ammissione allo stesso. Già a partire da tale momento è dunque da ritenersi integrata la causa di esclusione di cui si discorre.

Va, però, sin d'ora precisato, come meglio vedremo a breve, che detta ricostruzione trova eccezione nelle ipotesi di concordato preventivo «con continuità aziendale» e in quelle in cui venga presentata una domanda di concordato "in bianco".

In evidenza

Si consideri che il soprarichiamato orientamento dell'Adunanza Plenaria, secondo cui il deposito della domanda di concordato integra di per sé la causa di esclusione de qua è stato oggetto recentemente di un rinvio pregiudiziale da parte della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, col quale si è chiesto alla Corte di giustizia, che sul punto non si è ancora pronunciata, «se sia compatibile con l'art. 45, comma 3, lett. a) e b), direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, considerare “procedimento in corso” la mera istanza, presentata all'Organo giudiziario competente, di concordato preventivo da parte del debitore» (Cons. St., Sez. V, ord. 4 giugno 2015, n. 2737).

Le procedure escluse dal campo di applicazione degli artt. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006 e 80, comma 5, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016

Per espressa previsione normativa, le procedure d'insolvenza che vanno (di regola) punite con l'esclusione sono solamente il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa e il c.d. concordato preventivo “liquidatorio”. Esorbitano, viceversa, dal cono d'ombra dei citati artt. 38 (Codice 2006) e 80 (Codice 2016) - i quali di certo non sono passibili di applicazione analogica - non solo, com'è dagli stessi espressamente chiarito, il c.d. concordato preventivo «con continuità aziendale» (ex art. 186-bis, R.d. n. 267 del 1942), ma anche la c.d. liquidazione ordinaria (di cui agli artt. 2484 ss. c.c.), l'amministrazione controllata (prevista dagli ormai abrogati artt. 187 ss. del R.d. n. 267 del 1942) e l'amministrazione straordinaria (disciplinata dal d.lgs. n. 270 del 1999) (AVCP, determinazione 12 gennaio 2010, n. 1).

Il motivo per cui il Legislatore ha deciso, anche da ultimo, di non includere tali ultime procedure tra quelle che comportano l'esclusione dalle pubbliche gare è da individuarsi, da un lato, nel fatto che la liquidazione ordinaria non presuppone necessariamente uno stato d'insolvenza e che essa è comunque compatibile con la prosecuzione dell'attività d'impresa (art. 2490 c.c.) (Cons. St., Sez, IV, 21 agosto 2002, n. 4268; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 24 novembre 2011, n. 543) e, dall'altro, nella circostanza che l'amministrazione controllata e quella straordinaria rappresentano degli istituti volti a consentire, tramite la continuazione dell'attività d'impresa, il risanamento delle aziende che si trovino in una situazione di momentanea difficoltà (Cons. St., Sez. VI, 21 maggio 2010, n. 3222 e AVCP, comunicato 29 novembre 2011, n. 68; TAR Basilicata, Sez. I, 29 gennaio 2016, n. 56, su cui v. News "L'amministrazione straordinaria non integra una causa di esclusione delle pubbliche gara: in claris non fit interpretatio", di P. Provenzano). Per per tali medesime ragioni, con la legge n. 134 del 2012, è stata introdotta nell'art. 38 d.lgs. 163 del 2006, e poi confermata anche nell'art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016, una specifica (e tassativa) eccezione alla regola generale relativa alla portata escludente delle procedure di concordato preventivo

(sul punto TAR Lazio, Roma, 5 dicembre 2016, n. 12115, su cui v. NewsLa sottoposizione a concordato preventivo non determina l'esclusione dalla gara” di P. Martinello).

Infatti, come si è già anticipato, entrambe dette norme prevedono testualmente che non vanno escluse dalle gare le imprese che siano soggette al c.d. concordato preventivo «con continuità aziendale», il quale consente all'azienda concordataria la prosecuzione dell'attività imprenditoriale (sul punto v. Focus “Gli effetti del concordato preventivo in continuità aziendale sulla partecipazione dell'impresa alle gare pubbliche” di M. Mascolo).

Determinano l'esclusione ex art. 38, comma 1, lett. a)

Non determinano l'esclusione ex art. 38, comma 1, lett. a)

i) il fallimento

ii) la liquidazione coatta amministrativa

iii) il concordato preventivo liquidatorio

i) la liquidazione ordinaria

ii) l'amministrazione controllata

iii) l'amministrazione straordinaria

iv) il concordato preventivo «con continuità aziendale.

Il c.d. concordato preventivo «con continuità aziendale»

Al fine di limitare per quanto possibile gli effetti nefasti che la crisi economica ha generato (e continua a generare) sul tessuto imprenditoriale nazionale, si è introdotta nella legge fallimentare una nuova species di concordato preventivo, detto con continuità aziendale. Il quale, come anticipato, è finalizzato alla continuazione dell'attività imprenditoriale di quegli operatori il cui il dissesto economico non risulti essere insuperabile.

Siffatta procedura concorsuale, analiticamente disciplinata all'art. 186-bis, R.d. n. 267 del 1942, presuppone la presentazione di un piano di concordato che preveda, alternativamente, la prosecuzione dell'attività d'impresa da parte dello stesso debitore ovvero la cessione dell'azienda in esercizio o il conferimento di essa in una o più società, anche di nuova costituzione.

Relativamente al concordato preventivo "con continuità aziendale" occorre operare un distinguo tra la disciplina riservata a tale istituto dal codice del 2006 e quella riservata ad esso dal nuovo codice del 2016. Di tali due discipline passiamo quindi partitamente a trattare.

(Segue). Sulla disciplina del c.d. concordato preventivo "con continuità aziendale" ante riforma del 2016

Successivamente alla novella del 2012, l'art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2016 prevede un rinvio al già citato art. 186-bis. Il quale, a sua volta, stabilisce che le aziende assoggettate alla disciplina ivi trattata potranno continuare a eseguire i contratti pubblici in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso e, successivamente a tale momento – e prima dell'adozione del provvedimento di ammissione al concordato –, le stesse potranno, previa autorizzazione del tribunale e dopo aver acquisito il parere del commissario giudiziale (ove già nominato), partecipare anche a nuove procedure di affidamento (AVCP, determinazione 23 aprile 2014, n. 3, sul punto v. Focus "Gli effetti del concordato preventivo con continuità aziendale sulla partecipazione dell'impresa alle gare pubbliche", di A. Mascolo).

Dunque, in base a tale ultima precisazione, che è stata inserita nel testo dell'art. 186-bis con la l. n. 9 del 2014, sussiste, in capo agli operatori economici, sia pur alle condizioni sopra ricordate, la facoltà di partecipare alle gare per l'affidamento dei pubblici contratti anche nello iato temporale compreso tra il deposito della domanda di concordato e la successiva ammissione allo stesso (Cons. St., Sez. III, 4 dicembre 2015, n. 5519; Cons. St., Sez. IV, 3 luglio 2014, n. 3344).

Può così ritenersi superato il contrasto giurisprudenziale che si è formato sul punto già all'indomani dell'introduzione della disciplina derogatoria di cui si discorre (in tal senso Cons. St., Sez. V, 16 agosto 2016, n. 3639, su cui v. News “Partecipazione alle pubbliche gare in pendenza del ricorso per la dichiarazione del concordato con continuità aziendale” di F. Aperio Bella).

Orientamenti a confronto

Per un primo orientamento, nel silenzio della legge, non bastava la mera presentazione della domanda di concordato preventivo «con continuità aziendale» per evitare che un'impresa incorresse nella causa di esclusione relativa all'assenza di procedure concorsuali, essendo imprescindibile a tali fini anche l'adozione del provvedimento di ammissione a tale tipologia di concordato da parte del tribunale.

Dunque, per tale ricostruzione, solamente i soggetti formalmente ammessi alla procedura de qua potevano beneficiare della disciplina di favore risultante dal combinato disposto degli artt. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006 e 186-bis, R.d. n. 267 del 1942 (T.A.R. Valle d'Aosta, Sez. Unica, 18 aprile 2013, n. 23; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 4 giugno 2014, n. 5901; Cons. St., Sez. III, 14 gennaio 2014, n. 101; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 9 ottobre 2014, n. 2636).

Per un secondo orientamento, viceversa, l'interpretazione restrittiva testé analizzata sarebbe incompatibile con la finalità della disciplina di cui all'art. 186-bis, che, come detto, è volta a preservare la capacità dell'impresa e a soddisfare al meglio i creditori attraverso l'acquisizione di nuovi appalti. Da qui, la ritenuta ammissibilità delle offerte formulate nelle more tra il deposito della domanda e l'ammissione del concorrente al concordato preventivo «con continuità aziendale» (T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 6 marzo 2013, n. 146; Cons. St., Sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6272).

Com'è chiarito dal più volte citato art. 186-bis, successivamente all'adozione del decreto di ammissione al concordato in parola, la partecipazione alle gare dei debitori concordatari necessita della presentazione, da parte di essi, di alcuni specifici documenti. In particolare, al fine di garantire le ragioni tanto dei creditori, quanto della stessa stazione appaltante, il concorrente sottoposto alla procedura concorsuale in parola è tenuto a produrre in sede di gara:

i) da un lato, una relazione redatta da un revisore contabile in cui si attesti sia la conformità del contratto oggetto di gara con il piano di concordato, sia la ragionevole capacità dell'aspirante affidatario di eseguire il contratto stesso;

ii) dall'altro, una dichiarazione di un altro operatore economico, in possesso di tutti i requisiti previsti per la partecipazione alla gara, che, analogamente alle ipotesi di avvalimento, s'impegni, nei confronti del concorrente e della stazione appaltante, a mettere a loro disposizione per tutta la durata dell'appalto i propri requisiti e le risorse necessarie per l'esecuzione dello stesso. Siffatto operatore economico si deve altresì impegnare, con tale dichiarazione, a subentrare al concorrente nel caso in cui quest'ultimo non sia più in grado di eseguire la commessa o fallisca nel corso dell'esecuzione della medesima .

Concordato preventivo «con continuità aziendale»: condizioni per la partecipazione alle gare

prima dell'adozione del provvedimento di ammissione al concordato

dopo l'adozione del provvedimento di ammissione al concordato

«la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato; in mancanza di tale nomina, provvede il tribunale» (art. 186-bis, comma 4, R.d. n. 267 del 1942).

«l'impresa [è tenuta a ] presenta(re) in gara:


a) una relazione di un professionista (...) che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto;


b) la dichiarazione di altro operatore (...) [che] si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione (...) le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata» (art. 186-bis, comma 5, R.d. n. 267 del 1942).

La procedura di concordato preventivo «con continuità aziendale» consente, infine, alle imprese che versino in tale stato di concorrere all'affidamento di pubblici appalti quali componenti di un raggruppamento di imprese. In tali ipotesi, però, com'è precisato dal sesto comma dell'art. 186-bis, è necessario:

- per un verso, che le imprese in concordato non assumano la qualità di mandatarie del raggruppamento cui partecipano (sul punto Cons. St., Sez. V, 11 luglio 2017, n. 3405 su cui News L'ammissione alla procedura di concordato preventivo dell'impresa capogruppo di un RTI impedisce la stipula del contratto” di E. Santoro);

- e, per altro verso, che nessun altro componente del raggruppamento sia assoggettato ad una procedura concorsuale.

(Segue). Casistica: Sull'applicabilità ratione temporis della disciplina derogatoria sul concordato preventivo «con continuità aziendale»

Quanto stabilito dell'art. 186-bis, R.d. n. 267 del 1942 non trova applicazione nelle gare indette in epoca precedente alla sua entrata in vigore, e cioè alle gare i cui bandi siano stati pubblicati in un periodo in cui «l'ammissione al concordato preventivo era sempre preclusiv(a) della partecipazione alle gare pubbliche» (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-ter, 11 maggio 2015, n. 6781).

Si è, altresì, giudicato che dalla «natura eccezionale» della disciplina di cui all'art. 186-bis, consegue «(l') applicazione dei criteri di irretroattività tipici di tali innovazioni ordinamentali» (Cons. St., Sez. IV, 11 dicembre 2014, n. 6085).

Dunque, secondo tale impostazione, alla norma eccezionale relativa al concordato preventivo «con continuità aziendale» «non va riconosciuto valore retroattivo» (T.A.R., Lombardia, Brescia, Sez. I, 9 ottobre 2013, n. 838).

(Segue). Casistica: Sull'equiparazione della domanda di concordato preventivo «in bianco» a quella di concordato con «continuità aziendale»

Orientamenti a confronto

Secondo un primo e sempre più diffuso orientamento la domanda di concordato «in bianco» sarebbe quoad effectum assimilabile a quella di concordato preventivo «con continuità aziendale». Anche a tale prima domanda sarebbe, quindi, applicabile la disciplina di favore prevista dall'art. 186-bis, l. fall.

«La disposizione relativa al concordato preventivo con continuità aziendale di cui all'art. 186-bis, comma 4, l. fall., che ammette la partecipazione a procedure di gara, da espresso riferimento al parere del commissario giudiziale, se nominato; l'unica ipotesi in cui il commissario giudiziale può essere nominato anticipatamente rispetto all'ipotesi classica del concordato preventivo - in cui la nomina avviene con il decreto di ammissione ex art. 163 comma 2, n. 3 della citata legge – è quella del c.d. concordato «in bianco» di cui all'art. 163, comma 2, n. 3.

Ne deriva che (...) la norma che consente il concordato con continuità aziendale (...), nel menzionare il citato parere, non fa altro che riferirsi all'ipotesi in cui sia stata presentata domanda di concordato (...) con riserva di produrre l'ulteriore documentazione, ivi compreso il piano di continuità aziendale.

In altri termini (...) le imprese [sono] autorizzate alla partecipazione alla gara non solo in caso di presentazione della domanda di concordato preventivo con «continuità aziendale» ma anche in caso di presentazione della domanda di concordato «in bianco» (ANAC, determinazione 8 aprile 2015, n. 5).

«Laddove venga presentata una domanda di concordato “in bianco” (...) con effetti prenotativi di un concordato con continuità aziendale, non potrà ritenersi pendente un procedimento per l'ammissione al concordato liquidatorio tout court» (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 30 dicembre 2015, n. 2877).

«Nelle more tra il deposito della domanda e l'ammissione al concordato con continuità aziendale, l'impresa che abbia fatto domanda di concordato preventivo “con continuità aziendale”, conserva la facoltà di partecipare alle gare di affidamento dei pubblici contratti (...) e tale principio vale anche nell'ipotesi, consentita dall'art. 161, comma sesto, l. fall., (...) in cui l'impresa abbia inizialmente proposto una domanda di ammissione “in bianco”» (Cons. St., Sez. III, 4 dicembre 2015, n. 5519; in tal senso v. TAR Lazio, Roma, Sez. I, 21 marzo 2016, n. 3421).

A siffatto orientamento, se ne contrappone un altro per il quale, di contro, «la presentazione della domanda di concordato in bianco determin(a) inequivocabilmente la situazione di pendenza del procedimento ostativa alla stipula» (TAR Lazio, Roma, Sez. I, 12 marzo 2015, n. 4068).

In evidenza

La questione interpretativa relativa alla valenza del c.d. “concordato in bianco” è stata, da ultimo, oggetto di un rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE. Con la già citata ordinanza n. 2737 del 4 giugno 2015 la Sezione Quinta del Consiglio di Stato ha, tra l'altro, richiesto alla Corte del Lussemburgo «se sia compatibile con [l'art. 45, direttiva 2004/18/CE] considerare la confessione del debitore di trovarsi in stato di insolvenza e di volere presentare istanza di concordato preventivo “in bianco” (...) quale causa di esclusione dalla procedura d'appalto» (Cons. St., V, ord. n. 2737 del 2015).

(Segue). Sulla disciplina del c.d. concordato preventivo «con continuità aziendale» post riforma del 2016

Meno articolata di quella testé descritta è viceversa la disciplina riservata al concordato preventivo "con continuità aziendale" dal già richiamato art. 110 d.lgs. n. 50 del 2016. Tale norma, giova sin d'ora precisarlo, ha subito talune lievi modiche da parte del d.lgs. n. 56/2017. Pertanto, qui di seguito, dapprima si analizzerà la versione originaria di tale norma, per poi passare a indicare le modifiche ad essa apportate dal “correttivo”.

Senza operare alcun rinvio all'art. 186-bis R.d. n. 267 del 1942 (che tuttavia continua ad essere vigente e quindi a recare specifiche previsioni che devono essere tenute in considerazione), il citato art. 110, nella sua originaria formulazione, si limita(va) sic et simpliciter a stabilire che, su autorizzazione del Giudice delegato e sentita l'ANAC (e qui la prima novità apportata dal nuovo codice), l'impresa ammessa al concordato "con continuità aziendale" possa:

a) sia partecipare a procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi ovvero essere affidataria di subappalto;

b) sia eseguire i contratti già stipulati.

Ma l'aspetto che maggiormente distingue la nuova disciplina rispetto a quella prevista dal combinato disposto degli artt. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e 186-bis del R.d. n. 267 del 1942 è data dal fatto che è ora espressamente chiarito che «l'impresa ammessa al concordato con continuità aziendale non necessita di avvalimento di requisiti di altri soggetti».

Viene dunque così meno una delle due condizioni che, ex art. 186-bis, consente alle imprese in concordato "con continuità aziendale" di prendere parte a nuove procedure di gara.

Sotto aspetto quindi la citate previsione della legge fallimentare è, in un'ottica pro futuro, da ritersi implicitamente abrogata. Lo stesso non può dirsi con riferimento alla necessità (anch'essa prescritta dall'art. 186-bis) che gli operatori economici già ammessi a tale tipologia di concordato preventivo producano in sede di gara (anche) la relazione di un professionista che attesti la conformità del piano di concordato con il contratto oggetto di gara e la ragionevole capacità dell'impresa di adempiere a quest'ultimo.

Il fatto che sul punto l'art. 110 del codice del 2016 non dica nulla e la circostanza che l'art. 186-bis continui ad essere vigente porta infatti a ritenere che siffatto ulteriore adempimento non sia stato superato, continuando quindi ad essere necessaria la presentazione di tale relazione.

Venendo alle modifiche apportate al citato art. 110 dal correttivo, occorre sottolineare che le stesse, per quanto qui interessa, consistono e si esauriscono nella soppressione della necessità, introdotta dal Codice del 2016, di acquisire il parere dell'ANAC quale condizione per consentire alle imprese in concordato con continuità di operare nel settore dei contratti pubblici.

In tal modo il legislatore del “correttivo” ha in parte seguito le sollecitazioni critiche avanzate in giurisprudenza in merito all'effettiva necessità del parere dell'ANAC. Prima del d.lgs. n. 56/2017, si era, infatti, evidenziato che siffatto parere, ove ritenuto necessario ai fini della partecipazione alla gara delle imprese in concordato, sarebbe risultato di dubbia compatibilità con le «prerogative giurisdizionali attribuite al giudice delegato, il cui operato sarebbe stato condizionato dal parere di una Pubblica amministrazione» (TAR Lombardia, Milano, sez. I, 18 aprile 2017, n. 891).

Le varie eccezioni alla regola dell'esclusione contemplate dall'art. 110 del codice del 2016, come modificato dal correttivo

La lettera vv) dell'art. 1 della legge delega da cui è scaturito il codice del 2016, esortava il legislatore delegato a estendere, con le differenze di cui si dirà, la disciplina di favore precedentemente riservata alle sole imprese in concordato preventivo "con continuità aziendale", sia alle imprese ammesse al concordato "con cessione di beni" (c.d. concordato liquidatorio) (n. 5), sia a quelle fallite (nn. 2 e 3).

Al punto 6) di tale previsione, infatti, s'invitava il Governo a disciplinare i casi in cui l'ANAC può autorizzare, sentito il giudice delegato e acquisito il parere del curatore fallimentare o del commissario giudiziale, dette imprese a partecipare alle gare e a stipulare i relativi contratti.

Sulla base di tali criteri direttivi il Legislatore delegato ha redatto il già citato art. 110, al quale rinvia espressamente l'art. 80 del nuovo codice che stabilisce testualmente che la causa di esclusione ivi disciplinata trova applicazione «fermo restando quanto previsto dall'art.110».

Ebbene, tale ultima disposizione:

i) prevede (al comma 3) che su autorizzazione del Giudice delegato e sentita l'ANAC (tale parere è rimasto immutato anche in seguito al correttivo), il curatore del fallimento autorizzato all'esercizio provvisorio può (a) non solo partecipare a nuove procedure di affidamento ed essere affidatario di subappalto, (b) ma anche eseguire i contratti già stipulati dall'impresa fallita;

ii) chiarisce (al già richiamato comma 4) che l'impresa ammessa al concordato liquidatorio o quella che abbia presentato domanda di concordato a norma dell'art. 161, comma 6, R.d., n. 267 del 1942 (c.d. concordato in bianco) può eseguire i contratti già stipulati su autorizzazione del giudice delegato (senza che sia necessario acquisire anche il parere dell'ANAC);

iii) e precisa, infine, (al comma 5) che l'ANAC, sentito il giudice delegato, può subordinare la partecipazione alle gare e la stipulazione dei relativi contratti alla necessità che il curatore fallimentare e l'impresa in concordato (liquidatorio o in bianco) si avvalgano di un altro operatore economico in possesso dei requisiti necessari per eseguire l'appalto, il quale si impegni (nei confronti dell'impresa e della stazione appaltante) a subentrare all'impresa ausiliata qualora questa non sia più in grado, «per qualsiasi ragione», di eseguire regolarmente il contratto che sta eseguendo o al cui affidamento anela.

Sotto tale ultimo profilo occorre precisare che sebbene la norma, da un lato, faccia riferimento a «qualsiasi ragione» impeditiva della regolare esecuzione del contratto, dall'altro, contempli a tali fini due specifiche fattispecie, e cioè:

a) il caso in cui l'impresa non sia in regola con i pagamenti delle retribuzioni e dei contributi dei lavoratori dipendenti;

b) l'ipotesi in cui l'impresa non è in possesso dei requisiti aggiuntivi che l'ANAC individuerà con apposite linee guida.

Casistica generale: Procedure concorsuali e avvalimento nella disciplina del Codice del 2006

Com'è noto, ai sensi dell'art. 49 c.c.p., in caso di avvalimento l'impresa deve essere in possesso «dei requisiti generali di cui all'art. 38». Ne consegue, dunque, che «la sanzione dell'esclusione [ex art. 38, co. 1, lett. a)] si estende (...) anche all'ipotesi in cui lo stato di fallimento riguardi l'impresa ausiliaria, in quanto il contratto di avvalimento costituisce elemento che integra i requisiti di partecipazione alla gara. Tra l'altro non sarebbe affatto ragionevole (...) ipotizzare che la stazione appaltante possa ritenersi garantita da una ditta ausiliaria in stato di fallimento» (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 29 giugno 2015, n. 3452).

Al riguardo è stato, altresì, giudicato che «la richiesta di sostituzione dell'ausiliaria fallita in fase di gara è incompatibile con il divieto di partecipazione alla gara di imprese che hanno in corso una procedura per la dichiarazione di fallimento o comunque si presta ad un facile aggiramento del divieto medesimo» (TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 29 dicembre 2014, n. 3212).

Casistica generale: Procedure concorsuali e raggruppamento di imprese nella disciplina del Codice del 2006

Nel dettare la disciplina sui raggruppamenti temporanei, l'art. 37, d.lgs. n. 163 del 2006 stabilisce:

- al comma 18 che, «in caso di fallimento» della mandataria, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario, a condizione che quest'ultimo sia in possesso di tutti i requisiti necessari per l'esecuzione dell'appalto medesimo;

- e, al successivo comma 19, che «in caso di fallimento» di una delle mandanti, la mandataria può, alternativamente, indicare un altro operatore economico che subentri a quello fallito ovvero eseguire direttamente, o a mezzo delle altre mandanti, le prestazioni contrattuali ancora da eseguire.

Tali previsioni consentono, quindi, di sostituire i componenti di un raggruppamento di imprese (mandanti o mandatari che siano) nel caso in cui gli stessi siano falliti successivamente alla costituzione del raggruppamento.

Occorre, però, tener presente che secondo consolidata giurisprudenza «l'esame testuale dei due commi [testè citati] denota con chiarezza che le regole da essi poste riguardano (…) unicamente le vicende successive alla stipula del contratto». Da qui, «la non condivisibilità di un'interpretazione diretta ad estendere la disciplina derogatoria in esame al caso in cui vicende come quelle indicate dai due commi abbiano colpito un a.t.i. che, ancorché aggiudicataria, non aveva ancora stipulato il relativo contratto» (Cons. St., Sez. V, 17 giugno 2014, n. 3073).

Dunque, «se taluno dei partecipanti [ad un] A.T.I. è privo dei requisiti, la conseguenza è l'esclusione del raggruppamento, e la esclusione non può essere aggirata eliminando dal raggruppamento il membro privo dei requisiti» (Cons. St, Sez. VI, 4 gennaio 2002, n. 35).

Sicché, qualora una componente di un raggruppamento di imprese sia sottoposta ad una procedura concorsuale nel corso della procedura di gara, vale il principio generale per cui «il recesso [di essa dal raggruppamento] (...) non vale a sanare ex post una situazione di preclusione all'ammissione alla procedura (...), pena la violazione della par condicio tra i concorrenti» (TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, 4 giugno 2014, n. 5901).

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