Requisiti: Grave negligenza o malafede ed errore grave

03 Giugno 2020

La necessità di preservare l'elemento fiduciario, posto alla base del rapporto tra le parti nella contrattualistica pubblica, ha spinto l'ordinamento a prevedere una causa di esclusione per il concorrente che abbia adottato condotte lesive di tale elemento e della sua affidabilità.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

La necessità di preservare l'elemento fiduciario, posto alla base del rapporto tra le parti nella contrattualistica pubblica, ha spinto l'ordinamento a prevedere una causa di esclusione per il concorrente che abbia adottato condotte lesive di tale elemento e della sua affidabilità. Infatti, proprio per evitare l'instaurazione di rapporti contrattuali con soggetti inaffidabili e, in quanto tali, inidonei a garantire il corretto adempimento degli obblighi derivanti dall'appalto, l'art. 38, comma 1, lett. f), Codice del 2006, ha conferito alla stazione appaltante il potere di escludere i soggetti che hanno commesso una «grave negligenza o mala fede» nell'ambito di un pregresso rapporto negoziale intercorso con la stessa stazione appaltante che indice la gara; ovvero che si sono macchiati di un «errore grave» nell'esercizio della loro attività professionale.

Sebbene la disposizione si sia presentata quale fonte di recepimento dell'art. 45, par. 2, lett. d), direttiva 2004/18/CE (per il quale l'esclusione interviene quando l'operatore economico, nell'esercizio della propria attività professionale, commette un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall'amministrazione aggiudicatrice), è evidente come, diversamente da quest'ultima, la norma nazionale del Codice del 2006 abbia aggiunto ulteriori elementi laddove ha ancorato il potere espulsivo non solo alla fattispecie dell'errore grave, ma anche a quella della grave negligenza o malafede, creando così problemi interpretativi e dubbi di compatibilità comunitaria.

In evidenza

La tesi dell'incompatibilità comunitaria tra le due predette disposizioni non è stata comunque accolta dalla giurisprudenza la quale – dopo aver ravvisato una corrispondenza tra il citato art. 45, par. 2, lett. d) e la seconda parte del menzionato art. 38, comma 1, lett. f) – ha affermato che «in via generale la normativa comunitaria consente di qualificare come ostativo qualsiasi episodio di errore che caratterizzi la storia professionale degli aspiranti concorrenti, purché sia abbastanza grave da metterne in dubbio l'affidabilità» e quella nazionale (nel riprodurre la disposizione comunitaria) «rende rilevanti tutti gli errori professionali commessi» (Cons. St., Sez. V, 20 novembre 2015, n. 5299).

La direttiva 2004/18/CE è stata tuttavia «superata» dalla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici. Da un lato la nuova direttiva, da un lato ha richiamato i concetti di affidabilità e integrità dell'operatore economico, evocando le nozioni di grave violazione dei doveri professionali, di gravi illeciti professionali e di significative carenze; dall'altro ha rimarcato l'importanza del principio di proporzionalità mettendo, altresì, in evidenza la possibile rilevanza del carattere lieve delle irregolarità, nonché dei profili temporali e dello strumento del c.d. self-cleaning (cfr. considerando nn. 101 e 102; art. 57, par. 4, lett. c) e g); art. 57, par. 6, direttiva 2014/24/UE).

Il Governo italiano, a sua volta, è stato delegato con legge 28 gennaio 2016, n. 11, ad attuare la nuova direttiva e, a tal fine, ha predisposto uno schema di decreto legislativo in cui ha previsto l'esclusione dell'operatore economico che si sia «reso colpevole di gravi comportamenti illeciti, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità» e ha precisato che «tra questi rientrano: le carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero [che] hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni…» (art. 80, comma 5, lett. c)).

Su detta disposizione normativa il Consiglio di Stato, con parere del 1° aprile 2016, n. 855, ha suggerito di sostituire le parole «gravi comportamenti illeciti» con l'espressione comunitaria «gravi illeciti professionali», nonché di sostituire le parole «tra questi rientrano» con l'espressione «tra questi, a titolo esemplificativo, rientrano» e, ancora, le parole «le carenze nell'esecuzione di un precedente contratto», anteponendo al temine «carenze» l'aggettivo «significative»; ciò «al fine di armonizzare tale causa di esclusione con quella contemplata dall'art. 57, § 4, lett. g), direttiva 2014/24/UE». Inoltre, nello stesso parere si è proposto «di chiarire che le carenze nell'esecuzione di un precedente contratto che causano l'esclusione sono sia quelle in cui la risoluzione anticipata [non sia] contestata in giudizio, sia quelle in cui l'esclusione sia stata confermata all'esito di un giudizio», con la conseguenza che dopo la locuzione «non contestata in giudizio» occorrerebbe aggiungere l'espressione «ovvero confermata all'esito di un giudizio» (Cons. St., Comm. spec., 1° aprile 2016, n. 855).

Il Consiglio dei Ministri – in accoglimento delle predette richieste formulate dal Consiglio di Stato (tranne quella relativa all'inserimento della locuzione «a titolo esemplificativo» dal momento che «l'uso dell'espressione “Tra questi rientrano..” rende chiaro che l'elencazione non è tassativa», cfr. Relazione illustrativa del 16 aprile 2016) – ha approvato, nella seduta del 15 aprile 2016 il testo del decreto legislativo recante l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE e, con d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (pubblicato nella G.U. n. 91 del 19 aprile 2016, Suppl. Ord. n. 10), ha approvato il nuovo Codice dei contratti pubblici nel quale viene configurata, come specifico motivo di esclusione, l'ipotesi in cui «la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità»; si precisa, poi, che «Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero [che] hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni…» (art. 80, comma 5, lett. c).

La nuova disposizione normativa di cui al citato art. 80 del Codice del 2016, pur mostrando una certa continuità con la ratio sottesa al meccanismo precedente previsto dal menzionato art. 38 del Codice del 2006, apporta una serie di importanti ritocchi all'impianto del motivo di esclusione in esame il cui effettivo impatto, nelle procedure di gara, potrà realmente comprendersi soltanto quando sarà messo a regime dalle stazioni appaltanti e collaudato dall'attività ermeneutica della giurisprudenza e, prima ancora, dell'ANAC.

Analisi della disciplina contenuta nel Codice del 2006

In attesa che l'attività interpretativa dia quindi forma ai nuovi concetti giuridici indeterminati contemplati dal legislatore («gravi illeciti professionali», «significative carenze», ecc..), sembra opportuno soffermarsi sull'esame dell'art. 38, comma 1, lett. f) del Codice del 2006 e ripercorrere le relative (e peraltro ancora attuali) problematiche applicative, onde consentire una migliore comprensione della causa di esclusione in questione nella sua versione ante e post riforma.

Le fattispecie espulsive contemplate dall'art. 38, comma 1, lett. f), del Codice del 2006.

Le fattispecie espulsive contemplate nella disposizione normativa de qua possono essere distinte a seconda della tipologia della violazione commessa e dell'amministrazione coinvolta. La lettera della norma induce invero a distinguere l'ipotesi (più specifica) dell'esclusione della «grave negligenza o malafede» collegata espressamente a casi di violazioni compiute contro la medesima amministrazione che bandisce la gara, da quella (più generica) dell'«errore grave»la cui operatività non viene esplicitamente circoscritta ai soli rapporti intercorsi con la stessa stazione appaltante (sulla «mera funzione di specificazione» assolta dalla «più ristretta» ipotesi della prima parte dell'art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163; cfr. TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 23 giugno 2011, n. 925).

In particolare, il concetto di malafede si traduce nella presenza di una volontà fraudolenta volta a violare i principi di correttezza e buona fede a cui sempre devono ispirarsi le condotte delle parti, mentre la nozione di negligenza richiama quella dell'imperizia professionale che pregiudica l'esecuzione a regola d'arte del contratto (Cons. St., Sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8913; TAR Puglia, Sez. I, 14 maggio 2003, n. 1928). Pertanto, secondo un certo indirizzo, ai fini della configurabilità della negligenza o malafede per le finalità espulsive della norma in questione è necessario che l'appaltatore abbia violato il dovere di diligenza con un atteggiamento psicologico e doloso o comunque gravemente colposo, laddove per il perfezionamento dell'errore grave occorre riscontrare la violazioni del relativo dovere tecnico-professionale, così da dimostrare l'incapacità e l'inidoneità dell'impresa a fornire determinate prestazioni (AVCP, determinazione 12 gennaio 2010, n. 1).

Tanto premesso, occorre verificare – per una più precisa individuazione del perimetro applicativo della normativa in esame – se l'esclusione possa essere disposta (i) in considerazione di un errore grave commesso nei riguardi di un'amministrazione diversa da quella che bandisce la gara, ovvero (ii) in forza di violazioni imputate ad un soggetto giuridico formalmente distinto dal partecipante alla gara.

Sul primo profilo si evidenziano le seguenti posizioni giurisprudenziali.

Orientamenti a confronto

Secondo un certo indirizzo sembra ammettersi l'operatività della causa di esclusione del grave errore professionale anche nel caso in cui esso sia stato commesso in occasione di un rapporto contrattuale intercorso con una stazione appaltante diversa da quella che dispone l'esclusione (Cons. St., Sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4455; Cons. St., Sez. V, 14 maggio 2013, n. 2610; Cons. St., Sez. V, 15 marzo 2010, n. 1550).

Secondo l'orientamento contrario la causa di esclusione «si applica solo alle negligenze, alla malafede o ai gravi errori commessi in occasione di un precedente rapporto contrattuale con la stessa amministrazione che indice l'appalto». In particolare, tale orientamento unifica il regime regolatorio tra le diverse fattispecie contemplate nel citato art. 38, comma 1, lett. f), in quanto assimila le ipotesi di «grave negligenza o malafede» e quelle di «errore grave», entrambe inquadrate come dati rilevanti nel solo rapporto tra le medesime parti. Del resto, precisa la giurisprudenza, ove si consentisse di estendere la valutazione sull'inaffidabilità del concorrente anche ai pregressi rapporti con «terze» stazioni appaltanti, si configurerebbe un'ipotesi di «incapacità a contrarre indeterminata» suscettibile di applicazioni non uniformi dalle singole stazioni appaltanti e come tale non rispondente ai «principi comunitari e nazionali della più ampia partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti pubblici e con i principi costituzionali a tutela della libertà di iniziativa economica» (TAR Piemonte, Sez. I, 3 aprile 2015, n. 580, che richiama anche l'indirizzo contrario; TAR Piemonte, 22 dicembre 2014, n. 2087; TAR Piemonte, 29 luglio 2014, n. 1032; Cons. St, Sez. III, 14 gennaio 2013, n. 149; Cons. St, Sez. III, 19 aprile 2011, n. 2403; Cons. St, Sez. V, 19 giugno 2006, n. 3591; Cons. St, Sez. V, 20 ottobre 2005, n. 5892).

Con il concetto di «stazione appaltante che bandisce la gara» deve, in ogni caso, intendersi non solo la singola Amministrazione interessata dalla procedura, ma anche le sue articolazioni territoriali in quanto facenti parte della stessa struttura della Amministrazione pubblica considerata nella sua interezza (AVCP, determinazione 12 maggio 2004, n. 8). Ne consegue che le violazioni inerenti all'esecuzione di prestazioni rese in favore di una articolazione territoriale dell'Amministrazione rilevano, ai fini della causa di esclusione de qua, anche nelle gare bandite da altre articolazioni della stessa Amministrazione (TAR Piemonte, Sez. II, 5 marzo 2012, n. 303).

Sul secondo profilo, merita invece segnalare come, in base alla casistica sotto riportata, l'amministrazione possa escludere un concorrente anche quando la violazione nell'esecuzione di un contratto pubblico sia imputabile ad un soggetto giuridico formalmente «diverso» dal concorrente stesso, soprattutto ove si dimostri che lo «schermo societario» del nuovo (e distinto) soggetto sia stato appositamente frapposto al fine di eludere l'applicazione delle norma sui requisiti di partecipazione.

In evidenza

Ne sono riprova le seguenti sentenze che valorizzano una interpretazione teleologica della norma in esame: (i) Cons. St., Sez. III, 21 gennaio 2016, n. 210, per un concorrente che aveva cambiato la denominazione e la sede, nonché alcuni organi societari rispetto alla società che precedentemente aveva subito una revoca di aggiudicazione per un analogo servizio e detta circostanza aveva generato una indagine giudiziaria per truffa; (ii) TAR Piemonte, Sez. I, 5 aprile 2013, n. 425, per un concorrente le cui quote societarie erano detenute da persone fisiche precedentemente imputate, all'interno di altra società appaltatrice, di gravi reati commessi in danno dell'amministrazione e nei cui confronti quest'ultima si era costituita parte civile nel procedimento penale; (iii) TAR Sicilia, Catania, Sez. IV, 7 dicembre 2011, n. 2932, per un concorrente cessionario del ramo di un'azienda precedentemente oggetto di una rescissione contrattuale da parte dell'amministrazione.

Puntualizza comunque il Cons. St., Sez., V, 23 marzo 2015, n. 1557, che poiché la norma in esame è «riferita … al singolo operatore economico responsabile di gravi inadempimenti contrattuali in precedenti appalti o nell'esercizio della propria attività professionale», detta responsabilità non può essere imputata ad altri soggetti sebbene tra di essi vi siano rapporti di carattere giuridico «quantomeno nei casi in cui non sia configurabile un abuso della personalità giuridica», ossia quando non si dimostri «che lo schermo societario sia stato appositamente frapposto al fine di eludere l'applicazione delle norme sui requisiti di partecipazione»; diversamente, si determinerebbe «una estensione in malam partem delle norme sui requisiti di partecipazione a procedure di affidamento di appalti pubblici, le quali [invece] sono tassative». Nella specie la sentenza ha quindi ritenuto di non poter escludere un soggetto per fatti (astrattamente inquadrabili nella grave negligenza o malafede) riguardanti una precedente gara che si era aggiudicato come impresa individuale ove lo stesso soggetto (titolare della ditta individuale e responsabile di tali fatti) – intervenuta una «scissione giuridica» tra «socio» e «società» – partecipi ad una nuova gara con un'impresa s.r.l. di cui detiene il 60% del capitale sociale e le cui quote sono suddivise tra i figli di questo, uno dei quali assume la carica di amministratore unico. Invero, precisa il Collegio, l'apparente «indistinguibilità» – desumibile tanto dai legami familiariquanto dalle modalità con le quali il soggetto economico si presenta dal punto di vista commerciale – tra la s.r.l. partecipante alla nuova procedura di gara e il responsabile per la condotta gravemente negligente, rappresenta al più «un mero indizio» sull'inaffidabilità della partecipante, inidoneo, in assenza di altri elementi, a dimostrare che la «scissione giuridica» rappresenti uno «schermo societario» preordinato «al fine di eludere l'applicazione delle norme sui requisiti di partecipazione».

La natura non sanzionatoria, ma preventiva del potere espulsivo

Il potere escludente in esame non ha natura sanzionatoria, ma preventivo/cautelare giacché, come si è visto, è posto a garanzia del requisito di affidabilità collocato alla base del rapporto committente pubblico-appaltatore (Cons. St., Sez. III, 13 maggio 2015, n. 2389) ed è diretto ad evitare la situazione di pericolo e di allarme sociale potenzialmente derivante dalla stipulazione di un contratto pubblico con il soggetto che abbia dimostrato la sua inettitudine organizzativa o aziendale (Cons. St., Sez. IV, 25 agosto 2006, n. 4999).

L'assenza del carattere sanzionatorio consente alla stazione appaltante di azionare l'esclusione anche senza un preventivo accertamento definitivo della violazione, essendo a tal fine sufficiente una valutazione motivata sulla gravità dei fatti riscontrati in capo all'impresa tali da pregiudicare il necessario rapporto fiduciario.

In evidenza

In tal senso si è affermato che non è necessaria una precedente risoluzione del rapporto formalmente pronunciata ai sensi dell'art.136 c.c.p., né occorre il definitivo accertamento giudiziale in ordine all'inadempimento contrattuale, poiché è sufficiente la valutazione in concreto operata in sede amministrativa dalla stazione appaltante sui fatti imputabili all'impresa (AVCP, determinazione 12 gennaio 2010, n. 1).

Del resto, nel ribadire un simile assunto (TAR Piemonte, Sez. I, 10 luglio 2015, n. 1175; Cons. St.,Sez. V, 25 febbraio 2015, n. 943), la giurisprudenza ha più volte precisato che la natura definitiva dell'accertamento della violazione non appartiene alla causa di esclusione in questione, ma solo ad altre ipotesi contemplate da diverse lettere dell'art. 38, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006, come ad esempio la lettera g) e c), che richiedono rispettivamente un definitivo accertamento per le violazioni gravi rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, ovvero una sentenza passata in giudicato per i reati gravi, commessi in danno dello Stato o della Comunità, che incidono sulla moralità professionale (Cons. St., Sez. III, 13 maggio 2015, n. 2389). Diversamente opinando, ossia limitando l'operatività dell'esclusione ad un accertamento definitivo, si consentirebbe al privato di paralizzare il potere espulsivo attraverso la mera presentazione di azioni giurisdizionali volte a contestare l'accertamento stesso, con conseguente pregiudizio alla speditezza dell'azione amministrativa e all'efficacia della disposizione normativa di riferimento (Cons. St., Sez. V, 21 gennaio 2011, n. 409). Ciò è stato espressamente escluso da quelle pronunce nelle quali si è affermata la legittimità dell'esclusione fondata su una risoluzione oggetto di contestazione giurisdizionale in sede civile (TAR Puglia, Sez. I, 11 gennaio 2012, n. 82), ovvero su una risoluzione definita consensualmente con un atto transattivo (Cons. St., Sez. V, 25 maggio 2012, n. 3078; AVCP, parere 8 marzo 2012, n. 37), oppure ancora su fatti relativi ad un procedimento penale – manifestanti un grave errore professionale o una grave negligenza o malafede – non ancora concluso con una sentenza passata in giudicato (Cons. St., Sez. V, 20 novembre 2015, n. 5299).

In evidenza

Secondo una recente sentenza «pur essendo indiscutibile che il sistema normativo non presuppone il necessario accertamento in sede giurisdizionale del comportamento di grave negligenza o malafede tenuto dall'aspirante partecipante, deve però reputarsi indeclinabile la valutazione che la stessa amministrazione abbia fatto, in sede per l'appunto amministrativa, del comportamento tenuto in altri e precedenti rapporti contrattuali dal soggetto che chiede di partecipare alla nuova procedura selettiva, donde la necessità che in sede amministrativa siano state già definitivamente accertate le condotte integranti la grave negligenza o malafede del contraente». Pertanto «affinché la causa di esclusione in discussione possa dirsi integrata,.. occorre che anche il grave errore nell'esercizio dell'attività professionale sia stato preventivamente accertato in sede amministrativa, non essendo sufficiente, al riguardo, la mera pendenza di un procedimento amministrativo che in un simile accertamento potrebbe sfociare nel futuro». Nella specie il Consiglio di Stato non ha dunque ravvisato un obbligo dichiarativo rispetto ad un procedimento sanzionatorio attivato dall'AEEG successivamente al termine di presentazione della domanda per la partecipazione ad una gara – per l'affidamento del servizio di distribuzione e misura del gas naturale – e sfociato nella sanzione lo stesso giorno dell'aggiudicazione. Ad avviso del Collegio, la possibilità che il procedimento dell'AEEG si concretizzi, come nella specie, nell'irrogazione di una sanzione, costituisce un fatto «sopravvenuto», con la conseguenza che, fino a tale momento, l'impresa può «ragionevolmente» confidare nell'archiviazione del procedimento stesso in accoglimento delle proprie deduzioni difensive (Cons. St., Sez. V, 23 marzo 2015, n. 1567).

Per completezza si ricorda, inoltre, una pronuncia (TAR Puglia, Lecce, Sez. III, 21 febbraio 2009, n. 249), poi riformata in secondo grado (Cons. St., Sez. V, 27 gennaio 2010, n. 296), per la quale il concetto di definitività dell'accertamento sembrava aver assunto una certa rilevanza ai fini espulsivi avendo il TAR ravvisato l'illegittimità dell'esclusione per gravi inadempimenti dell'appaltatore, giacché alla data dell'esclusione l'impresa risultava aver notificato all'Amministrazione la domanda di arbitrato, con la quale chiedeva, inoltre, di dichiarare la risoluzione del contratto stipulato con l'ente per esclusiva responsabilità del committente pubblico.

La natura discrezionale del potere espulsivo e il relativo onere motivazionale

Il potere in questione ha carattere spiccatamente discrezionale (Cons. St., Sez. V, 27 marzo 2015, n. 1619), essendo lasciato alla stazione appaltante, come a qualsiasi contraente dell'ordinamento, il potere di non trattare e di non contrattare con soggetti con i quali risulta intaccato il rapporto fiduciario (Cons. St., Sez. VI, 15 maggio 2012, n. 2761).

Conseguentemente, come è dato riscontrare dal corpo della relativa disposizione normativa, dove il legislatore ha usato la locuzione «secondo motivata valutazione», l'esercizio del potere espulsivo richiede di esternare le ragioni sottese, indicando in maniera puntuale e analitica la gravità della negligenza o dell'errore professionale con cui l'operatore economico ha effettivamente leso l'elemento fiduciario (Cons. St., Sez. III, 26 gennaio 2012, n. 349).

Scopo dell'onere motivazionale è evidentemente quello di evitare che, per fatti di non grave entità, il denunciato deficit di fiducia venga strumentalizzato per determinare l'esclusione dell'impresa dal mercato degli appalti pubblici. Del resto l'esercizio del potere espulsivo dovrà rispettare i canoni di ragionevolezza e proporzionalità (quest'ultimo pure richiamato, per quanto qui interessa, dal considerando n. 101 della direttiva 2014/24/UE), contemperando il principio di «buon andamento» (art. 97 Cost.) e di «libera iniziativa privata» (art. 41 Cost.).

In quest'ottica, è ragionevole ritenere (almeno in linea teorica) che più sarà risalente la violazione evocata nel provvedimento di esclusione e più dovrà essere robusta l'impalcatura motivazionale del provvedimento stesso, non potendosi ipotizzare che, per analogia con la lett. h) dell'art. 38, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006, le fattispecie espulsive di cui alla lett. f) possano assumere una rilevanza a tempo determinato (di un anno), decorso il quale il rapporto fiduciario precedentemente leso si ricostituisca (e venga a sanarsi) automaticamente in modo da precludere l'esercizio del potere espulsivo per violazioni commesse prima dell'anno precedente alla gara. Invero, la differenza ontologica tra le due predette lettere e la tassatività delle cause di esclusione hanno spinto la giurisprudenza a precisare che, nel silenzio della legge, non si possano precludere esclusioni basate su violazioni risalenti (nel tempo, a più di un anno prima), sempre che le stesse siano in grado di minare il rapporto fiduciario tra stazione appaltante e appaltatore (in questi termini cfr. Cons. St., Sez. VI, 15 maggio 2012, n. 2761, il quale ha confermato la legittimità di un'esclusione del 2006 basata su una risoluzione per grave inadempimento del 2002, nonché TAR Campania, Napoli, Sez. I, 1° febbraio 2013, n. 695, che, in presenza di una serie di dati fattuali, ha dichiarato l'illegittimità di un'esclusione basata su un'errore grave avvenuto dieci anni prima).

Ad ogni modo la giurisprudenza ha ritenuto che l'onere motivazionale del provvedimento di esclusione possa essere assolto anche per relationem richiamando precedenti atti di risoluzione (Cons. St., Sez. III, 13 maggio 2015, n. 2389; Cons. St.,Sez. V, 25 maggio 2012, n. 3078; Cons. St., Sez. V, 21 gennaio 2011, n. 409), ovvero note di contestazioni, relazioni di consulenti e relazioni predisposte dagli uffici della medesima stazione appaltante (Cons. St., Sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8913), oppure ancora evocando fatti di rilevanza penale inquadrabili nella fattispecie dell'errore professionale (TAR Campania, Sez. I, 10 settembre 2013, n. 4210, sentenza appellata e risultante ancora sub iudice), connotato anche della grave negligenza e malafede (Cons. St., Sez. V, 20 novembre 2015, n. 5299, per una caso in cui il relativo procedimento penale era, tra l'altro, sfociato in una sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto).

Il sindacato giurisdizionale sul potere

La valutazione della gravità delle violazioni è rimessa al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo per irragionevolezza, travisamento e illogicità in quanto trattasi di valutazione riservata al giudizio discrezionale della stazione appaltantealla quale il legislatore riserva la individuazione del punto di rottura dell'affidamento nel contraente.

La Cassazione ha infatti ritenuto che il sindacato operato dal giudice amministrativo sulla motivazione della stazione appaltante, nell'ambito dell'accertamento della mala fede o grave negligenza nell'esecuzione delle prestazioni contrattuali, debba essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto che l'amministrazione adduce come ragione del rifiuto, senza poter sfociare in un giudizio di mera non condivisibilità delle scelte dell'amministrazione (Cass. Sez. un., 17 febbraio 2012, n. 2312 e n. 2313).

La valutazione della P.A. può essere dunque annullata solo laddove l'impresa riesca a dimostrare che l'amministrazione, nella valutazione circa la sussistenza o meno della violazione, abbia debordato dai limiti della propria discrezionalità, configurando un vizio di eccesso di potere, sotto il profilo della manifesta illogicità o sproporzionalità (Cons. St., Sez. VI, 14 agosto 2013, n. 4174; Cons. St., Sez. V, 25 febbraio 2015, n. 943; TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 9 aprile 2015, n. 911).

La disciplina contenuta nel Codice del 2016

Come anticipato, la riferita disciplina contenuta nel Codice del 2006 è stata sostituita da quella contemplata nel Codice del 2016 sub art. 80 che, ispirandosi alla direttiva 2014/24/UE, configura come motivo di esclusione l'ipotesi in cui «la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità» andando poi a precisare che «Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero [che] hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni…» (art. 80, comma 5, lett. c).

Inoltre, secondo i commi successivi del medesimo articolo, l'operatore che si trovi in una delle anzidette situazioni «è ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti» e «se la stazione appaltante ritiene che le misure sono sufficienti, l'operatore economico non è escluso dalla procedura d'appalto; viceversa dell'esclusione viene data motivata comunicazione all'operatore economico» (art. 80, commi 7 e 8).

Tale disciplina – sulla quale si attende l'intervento dell'ANAC anche per individuare «quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5, lettera c)» (art. 80, comma 13) – troverà applicazione alle procedure selettive avviate a seguito dell'entrata in vigore del Codice del 2016 così come disposto dal relativo art. 216 e successivamente ribadito da una comunicazione del 22 aprile 2016 firmata dai vertici del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell'ANAC proprio in riferimento alle modalità di entrata in vigore del Codice stesso.

Casistica: Il controllo giurisdizionale sulla mancata esclusione

Il giudice amministrativo non può sostituirsi all'amministrazione compiendo direttamente la valutazione circa la sussistenza della causa espulsiva di cui al cennato art. 38, comma 1, lett. f), c.c.p. ove l'amministrazione abbia invece optato per l'insussistenza della stessa provvedendo all'aggiudicazione dell'appalto.

Il sindacato del giudice amministrativo si sostanzia in un «controllo parametrico esterno» sulla valutazione compiuta dall'amministrazione, sotto il profilo della logicità e ragionevolezza. D'altra parte, le situazioni contemplate nel menzionato art. 38, comma 1, lett. f), «risultando il frutto di valutazione di determinate vicende, non sono fattispecie oggettivamente rilevanti e, come tali, direttamente accertabili dal giudice» (Cons. St., Sez. IV, 14 gennaio 2016, n. 85).

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