La qualificazione della centrale di committenza come “amministrazione aggiudicatrice” e, nel caso in cui presenti particolari requisiti, come “soggetto aggregatore” ai fini dell'inserimento nell'elenco dei soggetti aggregatori, istituito presso l'ANAC ai sensi dell'art. 9, d.l. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla l. 23 giugno 2014, n. 89, presuppone, già sul piano definitorio, un concetto relazionale che si esplica rapportandosi, per differenza o per analogia, ad altri istituti giuridici e fattispecie.
Inquadramento
Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione
La qualificazione della centrale di committenza come “amministrazione aggiudicatrice” e, nel caso in cui presenti particolari requisiti, come “soggetto aggregatore” ai fini dell'inserimento nell'elenco dei soggetti aggregatori, istituito presso l'ANAC ai sensi dell'art. 9, d.l. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla l. 23 giugno 2014, n. 89, presuppone, già sul piano definitorio, un concetto relazionale che si esplica rapportandosi, per differenza o per analogia, ad altri istituti giuridici e fattispecie. Sul piano sistematico, l'istituto si è presentato in costante evoluzione in quanto strettamente correlato, oltre che alla materia dei contratti pubblici, anche al complesso sistema di riforma delle pubbliche amministrazioni preordinate agli obiettivi di finanza pubblica di salvaguardia degli equilibri di bilancio e di rientro nel debito, in coerenza ai quali il legislatore ha mostrato particolare attenzione verso formule procedurali e moduli organizzativi “performanti” rispetto ai principi di razionalizzazione, trasparenza e semplificazione. Il tema è, altresì, interessato dalle nuove direttive in materia di appalti pubblici nn. 2014/23/UE,2014/24/UE e2014/25/UE del 26 febbraio 2014 e dal recepimento nell'ordinamento italiano in attuazione della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11. Per quanto attiene all'istituto in esame, la ratio delle nuove norme è plausibilmente quella di attualizzarne la funzione, riorganizzandone la disciplina. L'indicazione dei requisiti soggettivi ed oggettivi che identificano tali enti è in linea con l'evoluzione normativa segnata dall'incalzare di numerosi interventi legislativi di riforma e modifica che hanno caratterizzato l'ultimo decennio sia nell'impianto del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ss.mm.ii.), sia nell'ambito delle leggi finanziarie dello Stato. Il sistema delle fonti è completato, inoltre, come si illustrerà nei paragrafi successivi, dalla disciplina di rango regolamentare e dagli interventi regolatori dell'Autorità di vigilanza, che non hanno risolto tutti i dubbi interpretativi ed operativi sul campo.
In evidenza
La “centrale di committenza” è una “amministrazione aggiudicatrice”, qualificabile come “soggetto aggregatore” qualora presenti gli ulteriori requisiti utili ai fini dell'inserimento nell'elenco dei soggetti aggregatori, istituito presso l'ANAC ai sensi dell'art. 9, d.l. n. 66 del 2014, conv in l. n. 89 del 2014.
Ai fini della qualificazione dell'istituto, sul piano soggettivo e oggettivo, occorre rapportarsi ad altri istituti e fattispecie fondamentali.
Dalla centralizzazione delle acquisizioni di beni e servizi nel modello Consip a quello del codice dei contratti pubblici esteso anche alle acquisizioni di lavori. Le finalità: tra "efficientamento" e prevenzione della corruzione.
Nell'ambito della politica economica contemporanea, il public procurement ha assunto un ruolo strategico sempre più rilevante non solo nel funzionamento della pubblica amministrazione, ma anche rispetto alla capacità dei governi di perseguire politiche di razionalizzazione della spesa, crescita, sostenibilità e innovazione. L'attenta conduzione dell'intero processo di approvvigionamento ed il monitoraggio delle diverse fasi, dalla definizione dei fabbisogni alla progettazione della gara e delle procedure di evidenza pubblica sino all'aggiudicazione alla migliore offerta ed all'esecuzione del contratto sono strumenti normativo procedurali indispensabili al fine di garantire efficienza ed efficacia della gestione delle risorse pubbliche nell'acquisizione di beni e servizi e nella realizzazione di lavori. In quanto strumenti ed elementi di cd. compliance gestionale,nell'ambito del ciclo della performance, consentono di misurare il risultato in ragione degli obiettivi assegnati rispetto alla soddisfazione degli utenti. Inoltre, proprio con riferimento al più ampio panorama dell'anticorruzione dedicato a questa area sensibile degli “affari amministrativi”, tali strumenti di gestione sono qualificati come misure ed azioni obbligatorie di prevenzione ed in quanto tali imprescindibili ai fini della trasparenza e prevenzione di casi di maladministration e dei rischi da reato.
L'evoluzione continua degli strumenti a disposizione, in termini sia normativi sia informatici e procedurali, esercita un ulteriore stimolo alla funzione innovativa originariamente svolta da Consip S.p.a. a favore dell'intera pubblica amministrazione e dalle altre centrali di committenza e soggetti aggregatori.
In evidenza
Il public procurement ha un ruolo strategico nel funzionamento della pubblica amministrazione e rispetto alla capacità dei governi di perseguire politiche di razionalizzazione della spesa, crescita, sostenibilità e innovazione. La centralizzazione degli acquisti contempla questa funzione ed è aderente alla ratio di prevenzione della corruzione e di ottimizzazione della compliance nel ciclo della perfomance
(Segue). Il sistema a rete di pubblic procurement di Consip SPA e delle centrali di committenza regionali
La figura della centrale di committenza è stata introdotta nell'ordinamento interno con il modello delle centrali uniche di committenza sviluppato da Consip S.p.a. per le acquisizioni di beni e servizi (artt. 26 e ss. l. 23 dicembre 1999,n. 488) e rafforzata nei compiti con il sistema delle convenzioni-quadro e del MePa mercato elettronico (art. 1, comma 449 e ss., l. 27 dicembre 2006, n. 296), ulteriormente ampliate rispetto a tutte le altre pubbliche amministrazioni (compresi le regioni e gli enti territoriali) con le funzioni introdotte dalle disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica dell'estate 2012 (d.l. 7 maggio 2012, n. 52, conv. in l.6 luglio 2012, n. 94, che ha modificato in parte qua la finanziaria del 2007).
Consip S.p.a. è una società per azioni del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che ne è l'azionista unico, ed opera secondo i suoi indirizzi strategici, lavorando al servizio esclusivo della pubblica amministrazione. In qualità di centrale di committenza nazionale, realizza il Programma di razionalizzazione degli acquisti nella pubblica amministrazione e, sulla base di specifiche convenzioni, supporta singole amministrazioni in tutti gli aspetti del processo di approvvigionamento. Essa si prefigge l'obiettivo di rendere più efficiente e trasparente l'utilizzo delle risorse pubbliche, fornendo alle amministrazioni strumenti e competenze per gestire i propri acquisti di beni e servizi, stimolando le Imprese al confronto competitivo con il sistema pubblico. Questi obiettivi vengono realizzati attraverso un modello organizzativo del tutto innovativo nella realtà italiana, che coniuga le esigenze delle amministrazioni con l'attenzione alle dinamiche del mercato, in un'ottica di massima trasparenza ed efficacia delle iniziative.
In considerazione della natura della società e degli scopi, Consip si è dotata di un modello di organizzazione, gestione e controllo conforme al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 («Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche») sui sistemi di responsabilità amministrativa delle società e di altri enti per reati contro la pubblica amministrazione, nonché reati societari commessi da propri amministratori e dipendenti. Alla stregua delle società partecipate in controllo pubblico (società a partecipazione pubblica ovvero società controllata o collegata a una società a partecipazione pubblica, ai sensi dell'art. 2359c.c.), Consip S.p.a è, altresì, sottoposta agli obblighi di trasparenza e di prevenzione della corruzione per i quali si è dotata degli strumenti di trasparenza e delle misure gestionali di analisi e prevenzione del rischio di corruzione, anche in materia di appalti, in quanto settore sensibile. In conseguenza dei profili soggettivi ed oggettivi che connotano l'inquadramento di Consip S.p.a, per il ruolo assunto quale centrale di committenza ovverosia amministrazione aggiudicatrice, qualificata nell'ambito dei Soggetti aggregatori, essa è tenuta, dunque, a dare attuazione al corpus normativo individuato dalla l. 6 novembre 2012, n. 190, dai decreti delegati14 marzo 2013, n. 33 e 8 aprile 2013 n. 39, nonché dal Piano Nazionale Anticorruzione dell'11 settembre 2013 e dall'aggiornamento al PNA 2015, approvato dall'ANAC con determinazione 28 ottobre 2015,n. 2, in ragione degli indirizzi ministeriali per le società controllate o partecipate dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, emanati con direttiva del 25 agosto 2015 e recepite nell'ambito delle «Linee guida per l'attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici» (ANAC, determinazione 17 giugno 2015,n. 8).
Accanto alla centrale di committenza di livello nazionale rappresentata da Consip S.p.a., la legge finanziaria 2007 ha, poi, previsto l'istituzione di centrali di committenza regionali, che, unitamente alla prima, costituiscono un "sistema a rete" per il perseguimento dei piani di razionalizzazione della spesa pubblica e per la realizzazione di sinergie nell'utilizzo di strumenti informatici per l'acquisto di beni e servizi (art. 1, comma 457, l. n. 296 del 2006). Alle amministrazioni regionali è fatto obbligo di utilizzare le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro stipulate da Consip S.p.A. (art. 1, comma 449, l. n. 296 del 2006, così come modificato dall'art. 7, comma 1, d.l. n. 52 del 2012, conv. in l. n. 296 del 2012). Fermi restando gli obblighi previsti dall'art. 1, comma 449 l. n. 296 del 2006, tutte le altre amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, d.l. 30 marzo 2001, n. 165, per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero ad altri mercati elettronici istituiti ai sensi dell'art. 328,d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207.
(Segue). Le centrali di committenza nel codice dei contratti pubblici ed alla luce delle norme di stabilità
La direttiva appalti del 2004, nel rilevare che «in alcuni Stati si sono sviluppate tecniche di centralizzazione delle committenze», che «diverse amministrazioni aggiudicatrici sono incaricate di procedere ad acquisti o di aggiudicare appalti pubblici/stipulareaccordi quadro destinati ad altre amministrazioni aggiudicatrici» e che «tali tecniche consentono, dato il volume degli acquisti, un aumento della concorrenza e dell'efficacia», da atto che «occorre pertanto prevedere una definizione comunitaria di centrale di committenza destinata alle amministrazioni aggiudicatrici. Occorre altresì fissare le condizioni in base alle quali, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento, le amministrazioni aggiudicatrici che acquistano lavori, forniture e/oservizi facendo ricorso ad una centrale di committenza possono essere considerate come aventi rispettato le disposizioni della presente direttiva» (considerando n. 15, direttiva n. 2004/18/CE; sul piano della successione delle leggi nel tempo, giova evidenziare che tale direttiva è entrata in vigore l'1 maggio 2004, è stata recepita dal codice dei contratti pubblici e risulta abrogata dall'art. 91 della nuova direttiva appalti2014/24/UE con decorrenza dal 18 aprile 2016).
Il modello organizzativo improntato alla centralizzazione della gestione di una pluralità di commesse nell'interesse di diverse e molteplici amministrazioni aggiudicatrici, introdotto con Consip S.p.a., è stato confermato nell'ambito del codice dei contratti pubblici, che, nel far salva con espressa clausola la normativa vigente riferita a Consip (art. 252, comma 1), la completa con previsioni di carattere generale (art. 3, comma 34, e 33), che estendono la portata dell'istituto attraverso l'implementazione di un sistema di centralizzazione, oltre che ai beni e servizi (già tipici del sistema Consip S.p.a. degli acquisti), anche alle acquisizioni di lavori.
Una «centrale di committenza» è definita come un'amministrazione aggiudicatrice che:
- acquista forniture e/o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici, o
- aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici (art. 1, comma 10, direttiva n. 2004/18/CE sostanzialmente riprodotto dall'art. 3, comma 34, c.c.p.).
Si considerano «amministrazioni aggiudicatrici» lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico (art.1, comma 9, direttiva n. 2004/18/CE).
Più precisamente, gli Stati membri possono prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di acquistare lavori, forniture e/o servizi facendo ricorso ad una centrale di committenza, a condizione che detta centrale sia in linea con la direttiva comunitaria (art. 11,direttiva n. 2004/18/CE ).
In via generale, dunque, le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi (art. 33, comma 1, c.c.p.), osservando prescrizioni e divieti.
In quanto «amministrazione aggiudicatrice», la centrale di committenza è tenuta all'osservanza del (art. 33, comma 2, c.c.p.).
È fatto divieto alle amministrazioni aggiudicatrici nonché ai concessionari di lavori pubblici, alle società con capitale pubblico ed ai concessionari di servizi (combinato disposto artt. 33, comma 3, ed art. 32, comma 1 lett. b), c), f) c.c.p.) di affidare a soggetti pubblici o privati l'espletamento delle funzioni e delle attività di stazione appaltante di lavori pubblici.
La medesima norma, tuttavia, assegna alle medesime amministrazioni aggiudicatrici la facoltà di affidare le funzioni di stazione appaltante di lavori pubblici ai provveditorati interregionali per le opere pubbliche (già Servizi Integrati Infrastrutture e Trasporti - SIIT) o alle amministrazioni provinciali, sulla base ai apposito disciplinare (che preveda altresì il rimborso dei costi sostenuti dagli stessi per le attività espletate), nonché a centrali di committenza (art. 33, comma 3, secondo inciso, c.c.p.).
Su piano operativo si è reso necessario, innanzitutto, attuare tali norme procedurali organizzative integrandole con quelle (precedenti e successive) di finanza pubblica finalizzate alla razionalizzazione degli acquisti attraverso l'implementazione di strumenti di centralizzazione delle procedure di gara per gli enti locali (a livello comunale, provinciale e regionale) (cfr. infra par. Le centrali di committenza nel c.c.p. dopo il decreto cd. Salva Italia). In secondo luogo il panorama si è ben presto articolato di nuovi soggetti istituzionali, ovverossia le stazioni uniche appaltanti in ambito regionale (SUA), ai quali il «Piano straordinario contro le mafie» (l.13 agosto 2010, n. 136) assegna lo scopo di garantire trasparenza, regolarità ed economicità nella gestione degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, oltre che prevenire, in tal modo, le infiltrazioni di natura malavitosa [cfr. infra par. L'intervento regolatore dell'ANAC (determinazione n. 3 del 25 febbraio 2015) sugli obblighi di cui al nuovo art. 33, comma 3-bis, d.lgs. 163 del 2006 ed sui rapporti tra gli istituti della centrale unica di committenza (CUC) e la stazione unica appaltante (SUA)]
(Segue). Le centrali di committenza nel codice dei contratti pubblici dopo il decreto cd. Salva Italia
Il sistema delle fonti comunitarie e nazionali, legislative, regolamentari ed amministrative, che inquadrano le centrali di committenza (meglio definite come Centrali Uniche di Committenza cd. CUC) è stato reso più complesso dalle leggi finanziarie dello Stato, che per la salvaguardia obiettivi di contenimento della spesa pubblica, con interventi pedissequi hanno puntato a valorizzare la funzione di questo istituto nel voler assicurare la razionalizzazione dei fabbisogni e delle risorse finanziarie dedicate al sostentamento delle pubbliche amministrazioni, all'erogazione dei servizi ed all'ottimizzazione delle procedure di realizzazione di opere e lavori pubblici. Tali interventi normativi hanno progressivamente esteso, sul piano soggettivo ed oggettivo, l'obbligo degli acquisti centralizzati, tipici del sistema Consip S.p.a, alle stazioni appaltanti ed agli enti aggiudicatori delle amministrazioni centrali e – non senza difficoltà esegetiche ed applicative – anche alle regioni ed agli enti territoriali, precludendo alle stazioni appaltanti altre modalità di approvvigionamento, ad eccezione delle ipotesi espressamente disciplinate.
L'avvio del sistema per le amministrazioni regionali e territoriali si è scontrato con le reticenze correlate agli ambiti di autonomia costituzionalmente garantita ed alle difficoltà di contesto nel fare rete, specie dei piccoli comuni, che hanno rallentato l'implementazione dei sistemi di centralizzazione degli acquisiti sino al punto in cui il taglio dei trasferimenti erariali non li ha costretti ad implementare tali forme di razionalizzazione organizzativa e gestionale.
Il cd. “decreto Salva Italia” (d.l. 6 dicembre 2011,n. 201, conv. con modif. in l. 22 dicembre 2011, n. 214) ha prescritto il ricorso alle centrali uniche di committenza per i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti ricadenti nel territorio di ciascuna provincia per l'acquisizione di lavori, servizi e forniture. Il comma 3-bis dell'art. 33 c.c.p. (aggiunto dall'art. 23. comma 4, d.l. n. 201 del 2011 ha disposto, per i piccoli comuni, l'obbligo di concentrare la gestione delle procedure di acquisizione di lavori, beni e servizi nell'ambito dei contesti territoriali ed organizzativi ivi individuati.
La misura è stata rafforzata poi con l'art. 9, d.l. 24 aprile 2014, n. 66, conv. in l. 23 giugno 2014, n. 89, che ha novellato il citato comma 3-bis, disponendo che i comuni non capoluogo di provincia procedano all'acquisizione di lavori, beni e servizi con le seguenti modalità:
- nell'ambito delle unioni dei comuni di cui all'art. 32 del TUEL (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), ove esistenti,
- ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi anche dei competenti uffici anche delle province,
- ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province stesse, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56.
La ratio della norma – rafforzata dai successivi interventi di riforma sopra descritti – è quella di contenimento della spesa pubblica, con la riduzione della frammentazione del sistema degli appalti pubblici, mediante l'accorpamento della domanda di lavori, beni e servizi da parte dei comuni, il doveroso utilizzo di forme di aggregazione (unioni, accordi consortili, soggetti aggregatori e province) ai fini dell'affidamento dei contratti pubblici. Lo scopo è quello di canalizzare la domanda di lavori, beni e servizi proveniente da una miriade di comuni, anche di dimensioni estremamente ridotte (si pensi ai cosiddetti “comuni polvere”), verso strutture aggregatrici, con l'effetto di concentrare le procedure di acquisto, aumentare, di conseguenza, i volumi messi a gara e ridurre le spese ed i rischi connessi alla gestione delle procedure, così garantendo al contempo, l'accrescimento della specializzazione nella gestione delle procedure di procurement in capo ai soggetti più qualificati,
La concentrazione delle procedure di evidenza pubblica per ridurre i costi di gestione produce il moltiplicarsi in economie di scala con la messa in qualità di innumerevoli realtà amministrative locali e consente di prevenire i fattori di rischio di corruzione.
La norma citata faceva salva la facoltà, per i comuni non capoluogo di provincia con popolazione non inferiore a 10.000 abitanti, per i lavori o gli acquisti in economia d'importo inferiore a 40.000 euro, di procedere ad acquisiti autonomi mediante le procedure di affidamento diretto da parte del RUP ai sensi dell'art. 125, commi 8 e 11, del Codice.
A seguito dell'entrata in vigore della legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 501, l. 28 dicembre 2015, n. 208) tale facoltà è stata estesa anche ai comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti.
L'inadempienza delle stazioni appaltanti – che per le categorie di beni e servizi individuate non ricorrano a Consip S.p.a o ad altro soggetto aggregatore – è indirettamente sanzionata col divieto all'ANAC di rilasciare il codice identificativo gara (cd. CIG), ai sensi dell'art. 9, comma 3, secondo periodo, d.l. n. 66 del 2014 . (sul punto cfr par. Le indicazioni dell'ANAC sulla sanzione del mancato rilascio del codice CIG e sulle modalità di acquisizione)
Sui termini di messa a regime, occorre evidenziare che l'obbligo di attuazione della nuova disciplina è stato in un primo momento differito (artt. 23-bis e 23-ter, d.l. n. 90 del 2014 conv. in l. n. 114 del 2014) in base alle diverse seguenti ipotesi:
I) per gli acquisti centralizzati dei Comuni istituiti a seguito di fusione, al terzo anno successivo a quello della loro nascita;
II) per i restanti enti:
a)al 1° gennaio 2015 per gli appalti di beni e servizi;
b) ed al 1° luglio 2015 per gli appalti di lavori;
III) facendo salve le procedure in itinere alla data di entrata in vigore della legge di conversione medesima.
Tali termini, infine, sono stati ulteriormente differiti al 1° novembre 2015 dall' art. 1, comma 169, l. 13 luglio 2015, n. 107.
Le uniche deroghe all'obbligo di procedere agli acquisti in forma aggregata sono riconosciute a favore degli enti pubblici impegnati nella ricostruzione delle località colpite da eventi sismici (Regione Abruzzo e province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo) e dei comuni che non siano capoluogo di provincia per acquisti di lavori, servizi e forniture di valore inferiore a 40.000 euro (art. 23-ter, commi 2 e 3, d.l. n. 90 del 2014).
In evidenza
Le uniche deroghe all'obbligo di procedere agli acquisti in forma aggregata sono riconosciute a favore degli enti pubblici impegnati nella ricostruzione delle località colpite da eventi sismici (Regione Abruzzo e Province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo) e dei comuni che non siano capoluogo di provincia per acquisti di lavori, servizi e forniture di valore inferiore a 40.000 euro (art. 23-ter, commi 2 e 3, d.l. n. 90 del 2014).
(Segue). L'istituzione dell'Elenco dei soggetti aggregatori nell'ambito dell'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti operante presso l'ANAC ed il contesto socio-giuridico di riferimento
Per comprendere meglio la portata degli interventi di riforma che hanno inciso sulla regolamentazione del ricorso a sistemi di centralizzazione degli acquisti e dei lavori, occorre avere a mente il contesto socio-politico di riferimento e di riforma della pubblica amministrazione varato con il disegno di legge recante “Delega al Governo per la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” (d.l. 24 giugno 2014, n. 90, conv. con modif. dalla l. 11 agosto 2014, n. 114). Tra le altre novità, l'art. 19 d.l. n. 90 del 2014 in particolare, sopprimeva l'Autorita' di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, trasferendone compiti e funzioni all'Autorita' nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza (ANAC), ridenominata Autorita' nazionale anticorruzione, con poteri rafforzati.
Nel medesimo contesto storico e socio-giuridico si collocano le “Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale” del d.l. 24 aprile 2014, n. 66, conv. con modificazioni, dalla l. 23 giugno 2014, n. 89 che al titolo II “Risparmi ed efficienza della spesa pubblica”, Capo I “Razionalizzazione della spesa pubblica per beni e servizi “, inserisce la disciplina su “Acquisizione di beni e servizi attraverso soggetti aggregatori e prezzi di riferimento” (art. 9).
La citata normativa istituisce, nell'ambito dell'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, operante presso l'Autorità nazionale anticorruzione, l'Elenco dei soggetti aggregatori di cui fanno parte Consip Spa ed una centrale di committenza per ciascuna regione, qualora costituita ai sensi dell'art. 1, comma 455, l. n. 296 del 2006 (art.9, comma 1, d.l. n. 66 del 2014).
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, previa intesa con la Conferenza unificata, ai sensi dell'art. 9, comma 2, d.l. n. 66 del 2014, sono definiti i requisiti per l'iscrizione nell'Elenco dei soggetti aggregatori di soggetti diversi da quelli di cui all'art. 9, comma 1, che svolgono attività di centrale di committenza, nonché i valori di spesa ritenuti significativi per le acquisizioni di beni e servizi, con riferimento ad ambiti, anche territoriali, da ritenersi ottimali ai fini dell'aggregazione e della centralizzazione della domanda.
È stato, altresì, istituito il Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori, coordinato dal Ministro dell'Economia e delle Finanze, stabilendone compiti, attività e modalità operative (d.p.c.m. 14 novembre 2014)
Entro il 31 dicembre di ogni anno con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, sentita l'ANAC, sulla base di analisi del Tavolo dei soggetti aggregatori e in ragione delle risorse messe a disposizione dal Fondo per l'aggregazione degli acquisti di beni e servizi, sono individuate le categorie di beni e di servizi, nonché le soglie al superamento delle quali le amministrazioni statali, centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, nonché le regioni e gli Enti regionali, oltre che i loro consorzi e associazioni, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, ricorrono a Consip Spa o ad altro soggetto aggregatore per lo svolgimento delle relative procedure (art. 9, comma 3, primo periodo, d.l. n. 66 del 2014).
Si tratta di fonti normative di carattere secondario e regolamentare al cui mancato rispetto, però, sono segnatamente verificati i presupposti che fanno scattare le relative sanzioni (ad es: il divieto di rilasciare il codice Cig ex art. art. 9, comma 3, secondo periodo, d.l. 66 del 2014, conv. con modificazioni, dalla l. n. 89 del 2014.
In quest'ambito e per le medesime finalità di garantire la razionalizzazione della spesa pubblica mediante l'aggregazione delle procedure di acquisti di beni e servizi, per categorie e soglie, è stato altresì istituito il Fondo per l'aggregazione degli acquisti di beni e servizi, destinato al finanziamento delle attività svolte dai soggetti aggregatori, con la dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2015 e di 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016, ripartito in base ai criteri fissati da “decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze (art. 9, comma 9, d.l. 66 del 2014).
(Segue). I requisiti dei soggetti aggregatori ai fini della iscrizione nell'Elenco (ANAC, determinazione 11 febbraio 2015, n. 2) e la sua costituzione (ANAC, deliberazione 22 luglio 2015, n. 58)
Con d.p.c.m. 11 novembre 2014 (in GU n. 15 del 20 gennaio 2015) il Governo ha individuato i requisiti di massima richiesti per l'abilitazione dei soggetti interessati a gestire le procedure d'acquisto e, dunque, parametri stringenti per l'iscrizione e l'inserimento nel relativo elenco dei soggetti aggregatori, a cura dell'ANAC. A quest'ultima autorità è stata rimessa la predisposizione della modulistica e delle autocertificazioni necessarie a corredo delle istanze degli aspiranti e fissandone le modalità (telematiche) di inoltro (art. 9, comma 2, d.l. 66 del 2014).
L'inserimento nell'elenco è stato riservato solo a coloro che, innanzitutto, svolgano attività di centrale di committenza ai sensi dell'art. 33 c.c.p., con carattere di stabilità e mediante un'organizzazione a tanto deputata, per il soddisfacimento di tutti i fabbisogni di beni e servizi delle città metropolitane e delle associazioni, unioni e consorzi di enti locali, anche in convenzione tra loro. Tali soggetti devono qualificarsi ulteriormente per valori di spesa significativi per le acquisizioni di beni e di servizi con riferimento ad ambiti, anche territoriali, da ritenersi ottimali ai fini dell'aggregazione e della centralizzazione della domanda. Più precisamente si chiede che, nel triennio precedente, questi ultimi soggetti abbiano pubblicato bandi e/o inviato lettera di invito per procedure finalizzate all'acquisizione di beni e servizi per i predetti Enti locali con importo a base di gara pari o superiore alla soglia comunitaria, il cui valore complessivo sia superiore ad € 200.000.000 nel triennio e comunque con un valore minimo di € 50.000.000 per ciascun anno.
In applicazione dell'art. 3, comma 1, d.p.c.m. 11 novembre 2014, l'ANAC ha diramato le istruzioni operative per l'accreditamento riservate alle centrali di committenza di maggior rilievo, interessate all'iscrizione nell'Elenco dei Soggetti aggregatori (art. 9,comma 1, d.l. n. 66 del 2014, conv in l. n. 89 del 2014) che ne abbiano fatto formale istanza entro il termine perentorio del 16 aprile 2015. Con il medesimo atto l'ANAC ha approvato la modulistica necessaria per la presentazione delle istanze di inserimento nell'Elenco dei soggetti aggregatori, definendo la relativa modalità e tempistica
Affinchè le centrali di committenza siano iscritte tra i Soggetti aggregatori di cui all'art.2, comma 1, d.p.c.m. 11 novembre 2014 è necessario che essi o i soggetti da loro costituiti «svolgano attività di centrale di committenza ai sensi dell'art. 33, d.lgs. n. 163 del 06 con carattere di stabilità, mediante un'organizzazione dedicata allo svolgimento dell'attività di centrale di committenza, per il soddisfacimento di tutti i fabbisogni di beni e servizi dei relativi enti locali». È altresì rilevante che i detti soggetti abbiano pubblicato bandi o inviato lettere di invito per beni e servizi per almeno 200 milioni di euro nel triennio 2011-2013 e almeno 50 milioni di euro per ogni anno. Le Centrali di Committenza già costituite sono state ammesse a proseguire l'attività svolta finora anche dopo la costituzione di detto elenco, con la limitazione relativa alle categorie di beni e servizi e alle soglie di importo definite con il d.p.c.m. da adottarsi entro il 31 dicembre di ogni anno.
Con deliberazione 22 luglio 2015, n. 58, l'ANAC ha disposto l'iscrizione nell'elenco ex art. 9,comma 1, d.l. 66 del 2014, dei soggetti in possesso dei requisiti indicati dal citato d.p.c.m. nonché dei soggetti individuati nel sopra menzionato art. 9, comma 1. Compaiono nell'elenco, allo stato, n. 34 enti: oltre a Consip Spa, anche le SUA regionali, le Agenzie provinciali per gli appalti e contratti delle Province autonome di Bolzano e Trento ed altri soggetti ivi individuati.
(Segue). L'intervento regolatore dell'ANAC (determinazione n. 3 del 25 febbraio 2015) sugli obblighi di cui al nuovo art. 33, comma 3-bis, d.lgs. 163 del 2006 e sui rapporti tra gli istituti della centrale unica di committenza (CUC) e la stazione unica appaltante (SUA).
L'art. 33, comma 3-bis, in argomento impone ai comuni non capoluogo di provincia di centralizzare i procedimenti di acquisto di beni, servizi e lavori secondo precise modalità: in particolare, i comuni possono accorpare i procedimenti presso un'unica struttura nell'ambito delle unioni dei comuni, ove esistenti, oppure attraverso la costituzione di un accordo consortile, mediante gli uffici, anche delle province, o ricorrendo ad un soggetto aggregatore. La ratio della norma, specifica l'ANAC, è quella di ridurre il numero dei soggetti che generano domanda di lavori, beni e servizi. Essa, però, pone un momento di necessaria riflessione rispetto all'istituzione, in ambito regionale, delle stazioni uniche appaltanti (SUA) (art. 13, comma 1, l. n. 136 del 2010). Più precisamente, si tratta di enti, entrambi deputati allo svolgimento di attività e servizi qualificabili nell'ambito dell'art. 33 c.c.p. (art. 13, comma 2, lett. b), l. n. 136 del 2010). Sembrerebbe, cioè, emergere una sorta di contrasto nei rapporti tra gli istituti della centrale unica di committenza (CUC) e la stazione unica appaltante (SUA), ovverosia una sovrapposizione rispetto agli ambiti applicativi e di operatività dei “soggetti aggregatori” individuati dalle due norme sopracitate che l'ANAC risolve nel senso di una antinomia apparente. Sul punto l'Autorità è intervenuta con un atto regolatore (determinazione25 febbraio 2015, n. 3), chiarendo che l'obbligo prescritto dall'art. 33, comma 3-bis, c.c.p. è correttamente adempiuto qualora i comuni affidino, convenzionandosi tra loro, le funzioni di centrali di committenza alla stazione unica appaltante già individuata nel provveditorato alle opere pubbliche, soddisfacendo, così, contemporaneamente sia le finalità per cui, ai sensi dell'art. 13, l. n. 136 del 2010, è istituita la SUA, sia le finalità di contenimento della spesa pubblica, sottese alla disposizione di cui al citato comma 3-bis. Orbene, a tal proposito, l'ANAC ha ricordato che il d.p.c.m. 30 giugno 2011, all'art. 2, comma 2, ha espressamente riconosciuto alla SUA la natura di centrale di committenza. Ne discende che SUA e soggetti aggregatori godono di un comune denominatore – l'essere, appunto, centrali di committenza – con l'unica differenza che, come chiarito dall'Autorità, il soggetto aggregatore è una centrale di committenza “qualificata” ed “abilitata” (ex lege o tramite valutazione dell'ANAC) all'approvvigionamento di lavori, beni e servizi per conto dei soggetti che se ne avvalgano. Dal momento che l'art. 33, comma 3, prevede che le amministrazioni aggiudicatrici possano affidare le funzioni di stazione appaltante per l'acquisizione di lavori o ad una centrale di committenza o ai provveditorati, ne consegue che l'obbligo previsto al comma 3-bis può intendersi validamente adempiuto nel caso in cui un'unione di comuni o un accordo consortile tra comuni conferisca le funzioni di stazione appaltante al provveditorato, eventualmente già individuato anche come soggetto che svolge le funzioni di SUA.
L'indirizzo chiarificatore manifestato dall'ANAC rispetto alla conciliabilità degli adempimenti prescritti dall'art. 33, comma 3 bis con il convenzionamento delle stazioni appaltanti con le SUA per i servizi di approvvigionamento di beni, servizi e lavori, è altresì coerente con quanto disciplinato in via generale con la precedente determinazione dell'11 febbraio 2015,n. 2.
Gli ulteriori indirizzi interpretativi sugli adempimenti ex art. 33, comma 3-bis, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 e ss.mm.ii. (ANAC, determinazione 23 settembre 2015, n. 11)
Nonostante le prime indicazioni interpretative già diramate con la sopracitata determinazione n. 3 del 2015 a seguito dell'entrata in vigore del d.l. n. 66 del 2014, convertito con modificazioni dalla l. n. 89 del 2014, e del successivo art. 23-bis della legge 11 agosto 2014, n.114, l'applicazione della disposizione in parolaha portato all'attenzione dell'Autorità ulteriori dubbi interpretativi in merito ai quali è parso necessario fornire ulteriori chiarimenti e orientamenti interpretativi.
(Segue). L'ambito soggettivo di applicazione
Con la determinazione 23 settembre 2015 n. 11, l'ANAC ha inteso garantire la corretta ed uniforme applicazione delle disposizioni di riferimento ai soggetti destinatari della nuova disciplina in materia di acquisti aggregati/centralizzati ed il coordinamento con quelle già vigenti in tema di spending review, con disamina del regime di eventuale deroga.
Una prima serie di quesiti riguarda, dunque, l'ambito soggettivo di applicazione della novella normativa, reso incerto dal proliferare di società partecipate dai comuni (specialmente le società c.d. in house) e dal rischio che esse possano rappresentare un mezzo per eludere l'applicazione della norma in esame.
L'inserimento dell'obbligo di acquisto dei comuni in forma aggregata nell'ambito dell'art. 33 c.c.p., dedicato alla disciplina delle centrali di committenza, pone, infatti, un problema di relazione tra i soggetti deputati ad attrarre la domanda di lavori, beni e servizi dei comuni, in particolare i “soggetti aggregatori”, e le centrali di committenza di cui al comma 1 dell'art. 33.
Il legislatore nazionale ha introdotto con l'art. 33 (in recepimento dell'art. 11, direttiva 2004/18/CE) la possibilità, per stazioni appaltanti ed enti aggiudicatori, di fare ricorso alle centrali di committenza (con ciò riconoscendo a livello normativo un fenomeno che con Consip S.p.A. e altre centrali d'acquisto regionali, in Italia aveva già trovato attuazione).
Ciò che è espresso in termini di facoltà nel comma 1 dell'art. 33 a vantaggio di ogni stazione appaltante ed ente aggiudicatore, come visto, è espresso in termini di obbligo nei confronti dei comuni non capoluogo di provincia nel comma 3-bis, dove sono altresì elencati, si ritiene in modo tassativo, i soggetti destinati ad esercitare tali funzioni di acquisto centralizzato.
Non ogni centrale di committenza può, infatti, legittimamente svolgere procedure di gara in forma aggregata per i comuni ma solo quelle individuate nel comma 3-bis: oltre ad unioni di comuni, accordi consortili e province, i soggetti aggregatori; per questi ultimi, deve ritenersi, nei limiti delle competenze loro assegnate dalla normativa (spesso regionale) di riferimento.
I soggetti aggregatori (previsti in un numero massimo totale di 35, ex art. 9, comma 5, d.l. n. 66 del 2014) sono centrali di committenza iscritte in un elenco tenuto dall'Autorità nell'ambito dell'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, di cui fanno parte Consip S.p.A., una centrale di committenza per ogni Regione, qualora costituita, ed altri soggetti che svolgono attività di centrale di committenza e che abbiano ottenuto l'iscrizione nell'elenco (art. 9, commi 1 e 2, d.l. n. 66 del 2014).
I soggetti aggregatori sono, pertanto, centrali di committenza “qualificate” tramite l'iscrizione all'elenco tenuto dall'Autorità (istituito con la delibera n. 58 del 2015).
I soggetti aggregatori, oltre ad essere centrali uniche di committenza per i comuni non capoluogo di provincia (art. 9, comma 3, d.l. n. 66 del 2014), svolgono naturalmente anche la funzione di centrali di acquisto di beni e servizi per altre amministrazioni. Infatti, per le categorie di beni e di servizi, individuate con d.p.c.m. da adottarsi entro il 31 dicembre di ogni anno, che superano le soglie fissate dal medesimo d.p.c.m., le amministrazioni statali centrali e periferiche, le regioni, gli enti regionali e i loro consorzi e associazioni, e gli enti del servizio sanitario nazionale ricorrono a Consip S.p.A. o agli altri soggetti aggregatori di cui ai commi 1 e 2 del citato art. 9, per lo svolgimento delle relative procedure. Sono esclusi dall'obbligo gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie. Non risultano soggetti a tale obbligo i comuni capoluogo di provincia, già esenti dall'obbligo di acquisto in forma aggregata di cui al comma 3-bis (che, invece, è rivolto ai comuni non capoluogo di provincia).
È plausibile che i comuni capoluogo di provincia costituiscano o partecipino ad accordi consortili, associazioni, unioni di comuni cui già prendono parte comuni non capoluogo di provincia (questi ultimi in adempimento dell'obbligo loro imposto dal comma 3-bis); ciò, soprattutto, nell'ottica di realizzare una concentrazione delle procedure di acquisto e di accrescere i livelli di specializzazione nella gestione delle gare d'appalto, nonché di dar vita a centrali di committenza diverse dalle forme aggregative e di centralizzazione contemplate nell'art. 33, comma 3-bis, fermo restando quanto disposto dall'art. 9, commi 1 e 2, d.l. n. 66 del 2014 sul numero e le caratteristiche dei soggetti aggregatori.
In evidenza
Per l'adempimento dell'obbligo imposto dal comma 3-bis dell'art. 33 c.c.p., oltre alle unioni di comuni, accordi consortili e province, i comuni non capoluogo di provincia ricorrono ai soggetti aggregatori di cui all'elenco tenuto dall'Autorità, istituito con la deliberazione del 22 luglio 2015, n. 58 e non a qualsiasi centrale di committenza; resta salvo, nei limiti previsti dalla relativa disciplina, l'utilizzo di sistemi elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento. I comuni capoluoghi di provincia possono procedere ad acquisti tramite i moduli organizzativi ed operativi individuati dal citato comma 3-bis.
In relazione al rapporto tra il nuovo regime introdotto dal comma 3-bis ed i previgenti obblighi di acquisto tramite mercato elettronico, si è posto un problema di coordinamento tra le diverse fonti normative, per individuare i reali adempimenti cui sarebbero soggette le pubbliche amministrazioni già tenute all'obbligo di procedere ad acquisti sotto soglia tramite Mepa (mercato elettronico della pubblica amministrazione, art. 328, comma 1, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207) o altri mercati elettronici. Già da prima della novella del comma 3-bis, per gli acquisti sotto la soglia di rilevanza comunitaria, i comuni (tutti, indipendentemente dal numero di residenti e dalla funzione di capoluogo di provincia) erano tenuti a ricorrere a sistemi basati su piattaforme elettroniche sulle quali i fornitori presentano i loro cataloghi di prodotti e/o servizi (Mepa, mercati elettronici o diversi sistemi telematici regionali).
Si è posto il problema, quindi, del rapporto tra la facoltà di ricorso agli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento previsti dal medesimo comma e l'obbligo imposto anche ai comuni (dal comma 450 dell'art. 1, l. n. 296 del 2006), per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, di fare ricorso al Mepa, ad altri mercati elettronici istituiti (art. 328, d.P.R.n. 207 del 2010) ovvero al sistema telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento per lo svolgimento delle relative procedure.
Essendo il mercato elettronico della p.a. uno strumento per l'acquisizione di beni e servizi di valore inferiore alla soglia di rilievo comunitario, si prevedono forme di pubblicità che non sono quelle delle procedure sopra soglia, poiché «i bandi di abilitazione sono pubblicati in conformità della disciplina applicabile per le procedure sotto soglia di cui all'art. 124, comma 5, del codice» art. 328,d.P.R. n. 207 del 2010). Neppure le due modalità procedurali di acquisto sul mercato elettronico (RdO e OdA) sono compatibili con le procedure previste per l'affidamento di contratti sopra soglia, sicchè il regime di cui al comma 3-bis non può considerarsi come estensione dell'utilizzo del mercato elettronico, in regime di facoltà, anche agli acquisti sopra soglia, in quanto si porrebbe in violazione con la normativa comunitaria di riferimento.
Anche secondo l'Autorità, resta il dubbio se l'obbligo di cui all'art. 1, comma 450 debba ritenersi superato dal regime facoltativo (in quanto alternativo al nuovo sistema di acquisti in forma aggregata) del comma 3-bis. A tal proposito, va osservato che quest'ultima norma ammette il ricorso agli strumenti elettronici di acquisto gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento, come alternativa alle altre forme di acquisto centralizzato/aggregato da effettuarsi con i moduli associativi degli enti locali, senza che ciò comporti l'introduzione di un regime giuridico speciale rispetto alla disciplina generale sull'utilizzo degli strumenti elettronici né il superamento del regime di obbligatorietà imposto dall'art. 1, comma 450, l. n. 296 del 2006, che continua ad essere riferito anche ai comuni non capoluogo di provincia.
La previsione del comma 3-bis in ordine alla facoltà per i comuni non capoluogo di procedere agli acquisiti in economia ai sensi dell'art. 125 c.c.p. per i contratti di valore inferiore ai 40.000,00 euro pone una questione circa il rapporto intercorrente tra le ultime norme citate che si qualifica nel senso di species a genus. Conseguentemente, il ricorso alle procedure exart. 125 c.c.p. è giustificato solo per i comuni non capoluogo che possono procedere ad acquisti autonomi, secondo le regole dettate per la soglia inferiore all'importo di 40.000 euro.
Per la concessione di lavori, pur esistendo un rinvio formale anche all'art. 33, operato dall'art. 142, comma 3, c.c.p., tenuto conto del fatto che il comma 3-bis costituisce una sopravvenienza normativa rispetto al richiamato rinvio, nonché delle difficoltà applicative connesse alle specificità del modulo concessorio – anche se attivato sotto forma di project financing – i comuni non capoluogo di provincia devono valutare la possibilità di porre in essere strutture specializzate nella gestione delle suddette procedure, in possesso del know how tecnico più adeguato
Con riferimento all'affidamento a società partecipate/controllate dai comuni (ivi comprese le ipotesi di in house), l'ANAC osserva che alle società in house strumentali dei comuni non capoluogo di provincia nonché a quelle preposte allo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di competenza dei medesimi, stante il regime più stringente di operatività cui sono sottoposte dall'art. 13, comma 1, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, si applica lo stesso regime giuridico dei comuni controllanti, dettato dal comma 3-bis dell'art. 33 c.c.p.
Altra problematica correlata all'ambito soggettivo di applicazione della norma in parola si è posta in relazione ai comuni non capoluogo di provincia delle regioni a statuto speciale. In base al combinato disposto degli artt.4, comma 5, e 33 c.c.p., è esclusa l'applicazione di quest'ultima norma alle regioni a statuto speciale, ergo l'obbligo di aggregazione/centralizzazione di cui al comma 3-bis del medesimo articolo.
(Segue). Ambito oggettivo di applicazione
In merito all'ambito oggettivo di applicazione della medesima novella normativa (di cui in parte si è già trattato nella determinazione n. 3 del 2015 l'ANAC ha precisato se debbano o meno essere ricondotte nel perimetro delle fattispecie soggette all'obbligo di acquisto aggregato/centralizzato anche i servizi cui all'Allegato IIB ovvero eventuali contributi integrazioni concessi dai comuni (per es., l'acquisto dei libri di testo per gli alunni frequentanti le scuole dell'obbligo, il servizio di visura delle targhe offerto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Direzione Generale della Motorizzazione).
L'ambito oggettivo di applicazione dell'art. 33, comma 3-bis, c.c.p. è riferito ai contratti di appalto pubblico di lavori (art. 3, comma 7), forniture (art. 3, comma 9) e servizi (art. 3, comma 10), ivi compresi i servizi tecnici, pienamente assoggettati alle disposizioni del Codice dei contratti. Sono sottratti all'obbligo di acquisizione in forma aggregata gli appalti esclusi in tutto o in parte dall'applicazione del Codice (artt. 19-26), tra cui i servizi dell'Allegato IIB, nonché la concessione di servizi, a cui si applica solo l'art. 30.
(Segue). Sulle forme di aggregazione preesistenti
L'Autorità si occupa anche dell'idoneità di forme di aggregazione preesistenti all'entrata in vigore del comma 3-bis a soddisfare l'obbligo introdotto dalla norma. Il riferimento del comma 3-bis all'unione di comuni «ove esistenti» non può intendersi come volto a stabilire un primato delle unioni rispetto alle altre modalità di aggregazione. A conferma di tale lettura risulta determinante la previsione dell'art. 2, comma 28, l. 24 dicembre 2007 n. 244 (finanziaria 2008), che consente ad ogni amministrazione comunale l'adesione ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli artt. 31, 32 e 33: ciò consente non solo di evitare un dispendioso utilizzo di «moduli aggregativi di scopo», ma, altresì, di favorire la specializzazione del buyer pubblico, con conseguente efficientamento del sistema.
Esclusivamente ai fini di cui all'art. 33, comma 3-bis, anche le società interamente pubbliche istituite quale soggetto operativo di associazioni di comuni o di accordi consortili tra i medesimi ovvero costituite dalle unioni, in rapporto di stretta strumentalità rispetto all'associazione, all'unione e all'accordo consortile, possono svolgere le funzioni di relativo ufficio competente per l'espletamento delle procedure di affidamento dei contratti pubblici.
(Segue). Modalità organizzative della centralizzazione degli acquisiti
Circa le modalità organizzative da adottare al fine di dare corretta attuazione al disposto normativo (individuazione del RUP in capo alla centrale di committenza o ai singoli comuni e del personale dipendente) ed agli eventuali adempimenti necessari per certificare la nuova funzione di stazione appaltante del soggetto cui sono affidate le funzioni di centrale di committenza, l'Autorità chiarisce che ciascuna fase del procedimento di acquisto può risultare affidata a diverse amministrazioni: singolo comune e modulo associativo prescelto.
In tal caso, ogni struttura amministrativa coinvolta nel procedimento di acquisto, in quanto competente ex lege per la fase sub-procedimentale alla stessa affidata, dovrà individuare la propria unità organizzativa preposta alla gestione della relativa fase e procedere alla nomina del relativo responsabile, salva l'ipotesi in cui tutte le diverse fasi procedimentali siano gestite dal modulo associativo prescelto, nel qual caso quest'ultimo nominerà un responsabile unico dell'intero procedimento.
(Segue). Deroghe.
L'ANAC si sofferma sulle deroghe (ad esempio, appalti dei comuni delle zone terremotate che possono considerarsi esenti dall'obbligo di centralizzazione), sulla possibilità di prorogare i contratti in corso nelle more dell'adesione ad una convenzione in via di perfezionamento, come pure sul rapporto tra il nuovo regime introdotto dal comma 3-bis e i previgenti obblighi di acquisto tramite mercato elettronico ovvero ancora circa l'idoneità di forme di aggregazione preesistenti all'entrata in vigore del comma 3-bis a soddisfare l'obbligo introdotto dalla norma
Secondo le indicazioni dell'ANAC, l'unica deroga ammessa al regime della centralizzazione/aggregazione prevista dal comma 3-bis dell'art. 33 c.c.p. è quella prevista dal comma 2 dell'art. 23-ter, d.l. n. 90 del 2014 convertito con modificazioni dalla l. n. 114 del 2014. Stante l'ulteriore proroga del termine di applicazione della disposizione del comma 3-bis, che ha, di fatto, fornito più ampi margini di adeguamento alla novella normativa in parola, non si ritengono giustificate proroghe dei contratti in essere al fine di dare piena attuazione all'obbligo contemplato dalla citata disposizione.
Le novità della legge di stabilità 2016 sugli acquisti centralizzati di beni e servizi
Anche la legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 501,l. 28 dicembre 2015, n. 208) interviene significativamente sul sistema degli acquisti di beni e servizi per gli enti della pubblica amministrazione, prescrivendo nuovi obblighi ai fini del ricorso agli acquisti centralizzati e di programmazione; contestualmente, si prevede un rafforzamento delle misure per l'informatizzazione degli enti e per gli appalti nell'ICT.
La riforma rafforza la funzione degli acquisti centralizzati ed il ruolo delle centrali di committenza e degli strumenti di acquisto telematico nella P. A. attraverso le seguenti direttrici di intervento.
La soglia di sconto al di sotto della quale le stazioni appaltanti possono acquistare autonomamente servizi di telefonia, fissa e mobile, rispetto ai migliori corrispettivi delle convenzioni e accordi quadro vigenti, è elevata al 10%, fermo restando l'obbligo della motivazione per gli acquisti autonomi. Per carburanti extra-rete, carburanti rete, energia elettrica, gas e combustibili per il riscaldamento, la soglia di sconto è del 3%.
L'obbligo di acquisto centralizzato è esteso a tutte le amministrazioni e società pubbliche, tra cui anche gli enti nazionali di previdenza ed assistenza sociale e le agenzie fiscali (es. INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate, Agenzia del Demanio, Monopoli).
La legge di stabilità 2016 interviene anche sui lavori e gli acquisiti in economia d'importo inferiore a 40.000 euro da parte dei comuni non capoluogo di provincia per i quali si fa salva la facoltà di affidamento diretto da parte del RUP ai sensi dell'art. 125, commi 8 e 11, c.c.p..
La novella prevede invece l'esenzione di tutti i Comuni non capoluogo di provincia, (anche quelli con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti, che costituivano la precedente soglia di esenzione), dall'obbligo di aderire alle convenzioni vigenti per acquisti al di sotto dei 40.000 euro, fermo restando il ricorso al MEPA e/o agli altri strumenti telematici di acquisto della P.A. per gli acquisti sopra i 1000 euro.
Proprio per i c.d. "micro-acquisti", cioè quelli d'importo inferiore ai 1.000 euro, si prevede che le amministrazione statali, centrali e periferiche, nonchè gli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale pubblici, le agenzie fiscali, gli enti del SSN e le regioni e province autonome di Trento e Bolzano non hanno più l'obbligo di ricorrere al MEPA e agli altri strumenti telematici Consip.
In considerazione dell'importo esiguo, nell'ottica di una razionalizzazione attraverso la semplificazione delle procedure, tali acquisti possono avvenire anche mediante negoziazione ed affidamento diretto con un unico fornitore, in base all'art. 125 c.c.p. (acquisti in economia).
Sempre per gli acquisti di importo superiore a 1.000.000 di euro, è stabilito, inoltre, che tutte le pubbliche amministrazioni predispongano un apposito programma (almeno) biennale, che dovrà essere aggiornato periodicamente, in base ai contratti via via stipulati. Tale adempimento è sottoposto agli obblighi di trasparenza, in quanto dovrà essere pubblicato sul profilo internet del committente e sul sito web dell'Osservatorio dei contratti pubblici.
La legge di stabilità 2016 punta, inoltre, a rafforzare la programmazione degli acquisti di beni e servizi in materia informatica e di connettività (ICT), prevedendo l'adozione, da parte dell'AGID (Agenzia per l'Italia Digitale), di un Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, contenente criteri uniformi per gli acquisti ed un elenco analitico delle spese programmate (sia per l'innovazione che per la gestione corrente).
Le indicazioni dell'ANAC in merito all'obbligo per i comuni non capoluogo di ricorrere alle centrali di committenza per gli acquisti di lavori, servizi e forniture, in vigore dal 1 novembre 2015
L'attuale art. 33, comma 3-bis, d.lgs n. 163 del 2006 e ss.mm.ii, prevede che i comuni non capoluogo di provincia procedano all'acquisizione di lavori, beni e servizi nell'ambito delle unioni dei comuni di cui all'art. 32, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ove esistenti, ovvero costituendo un apposito accordo consortile tra i comuni medesimi e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore o alle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. In alternativa, gli stessi comuni possono procedere attraverso gli strumenti elettronici di acquisto per beni e servizi gestiti da Consip S.p.A. o da altro soggetto aggregatore di riferimento.
Le «Indicazioni operative sugli adempimenti ex art. 33, comma 3-bis, d.lgs 12 aprile 2006 n. 163 e ss.mm.ii.» diramate dall'ANAC (comun. pres. ANAC 8 gennaio 2016 e 10 novembre 2015) stabiliscono che, dalla data di entrata in vigore dell'art. 33, comma 3-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, fissata il 1° novembre 2015 (l. n. 107 del 2015) i comuni non capoluogo di provincia devono espletare le procedure di acquisizione di lavori servizi e forniture, attraverso le unioni di comuni, sottoscrivendo accordi consortili e avvalendosi dei competenti uffici anche delle province, ovvero ricorrendo agli strumenti elettronici di acquisto gestiti dalla Consip o da altro soggetto aggregatore di riferimento.
Nel comunicato si legge che, secondo quanto emerso dalle attività di rilascio dei C.I.G. dell'Autorità e dai lavori del tavolo tecnico in essere con la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, nell'ipotesi in cui i comuni optino per lo schema organizzativo di carattere convenzionale – che non prevede l'istituzione di un autonomo soggetto dotato di personalità giuridica per lo svolgimento delle procedure di aggiudicazione –, possono porsi problemi di competenza e di responsabilità, con riferimento sia agli adempimenti nei riguardi dell'Autorità che più in generale, nei rapporti con gli appaltatori, soprattutto in caso di contenzioso.
L'Autorità ha fornito molte indicazioni operative in ordine alle modalità di individuazione del RUP, per tutti casi di acquisto aggregato e, in particolare, quello in cui sia stato utilizzato uno schema organizzativo di carattere convenzionale con la scelta di un ente che funge da capofila (ANAC, determinazione 23 settembre 2015, n. 11). Tuttavia, si da atto che potrebbero residuare alcune questioni nella ripartizione degli obblighi informativi tra amministrazioni deleganti e delegate e nell'identificazione del soggetto che ha la legittimazione attiva e passiva in giudizio, nelle ipotesi di contenzioso che riguardi la gara.
Per queste ragioni, l'Autorità ribadisce il criterio generale in base al quale il miglior raccordo tra le amministrazioni coinvolte nelle diverse fasi del medesimo procedimento di aggiudicazione per definire le modalità di conduzione dello stesso deve essere realizzato nell'ambito delle convenzioni; infatti, l'atto con il quale i comuni si aggregano al fine di procedere congiuntamente all'aggiudicazione degli appalti è lo strumento più adatto non solo «ad individuare la struttura o l'ufficio preposto alla gestione centralizzata della gara ma a formalizzare e regolamentare anche la disciplina che assicurerà il suo legittimo e corretto funzionamento, alla luce del quadro normativo di riferimento». Pertanto, si invitano tutti i soggetti coinvolti nell'applicazione dell'art. 33, comma 3-bis, che intendono realizzare una forma di aggregazione di natura convenzionale, a provvedere ad una puntuale predeterminazione dei soggetti sui quali ricadranno sia gli obblighi informativi che la legittimazione attiva e passiva in giudizio, riservando a tali finalità apposite clausole delle convenzioni.
(Segue). Le indicazioni dell'ANAC sulla sanzione del mancato rilascio del codice CIG e sulle modalità di acquisizione
Al fine di rimarcare la precettività ed inderogabilità delle norme citate, l'ANAC ribadisce che per i Comuni non capoluogo di provincia, che procedano all'acquisizione di lavori, beni e servizi in difformità ai previsti obblighi di aggregazione e contravvenendo al divieto di rilascio del codice identificativo di gara CIG (art. 9, comma 6, d.l. n. 66 del 2014), si applica, altresì, la nullità assoluta dei contratti stipulati per violazione della disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, quale sanzione accessoria espressamente prevista dalla legge n. 136 del 2010 in tema di lotta alla criminalità organizzata.
A seguito dell'entrata in vigore della Legge di stabilità 2016 (l.n. 208 del 2015) che estende a tutti i comuni non capoluogo di provincia, compresi quelli con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti (prima esclusi da tale facoltà), la possibilità di procedere ad acquisti autonomi per importi inferiori a 40.000 euro, l'ANAC ha ritenuto di intervenire risolvendo ipotesi di conflitto interpretativo che avrebbero potuto ingenerarsi rispetto alla formulazione previgente del citato art. 23-ter. Il più recente comunicato del Presidente dell'ANAC chiarisce che sin dal 1 gennaio 2016 è autorizzato il rilascio, da parte dei propri uffici del CIG a tutti i comuni che ne faranno richiesta (compresi quelli di popolazione inferiore ai 10.000 abitanti) che procedono all'acquisto di lavori, servizi e forniture sotto l'importo indicato dei 40.000 euro.
In evidenza
Il comunicato del Presidente dell'ANAC dell'8 gennaio 2016 ad integrazione e rettifica di quello del 10 novembre 2015, chiarisce che sin dal 1 gennaio 2016 è autorizzato il rilascio, da parte dei propri uffici, del CIG a tutti i comuni non capoluogo di provincia (compresi quelli di popolazione inferiore ai 10.000 abitanti) che ne faranno richiesta per gare autonome finalizzate all'acquisto di lavori, servizi e forniture sotto l'importo indicato dei 40.000 euro ai sensi dell'art. 33, comma 3-bis,c.c.p. così come modificato dall'art. 1, comma 509, della Legge di stabilità per il 2016 (l.n. 208 del 2015), che ha soppresso dal testo della citata norma le parole «con popolazione superiore a 10.000 abitanti».
Il codice identificativo gara (CIG) Non sarà rilasciato ai comuni non capoluogo di provincia che procedano all'acquisizione di lavori, beni e servizi in difformità ai previsti obblighi di aggregazione (art. 33, comma 3-bis, c.c.p.).
Il mancato rilascio del codice identificativo di gara comporta ex l.n. 136 del 2010 (in tema di lotta alla criminalità organizzata), la sanzione accessoria della nullità assoluta dei contratti stipulati per violazione delle disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari
Conseguentemente, l'ANAC ha ritenuto di adeguare le indicazioni operative già diramate in merito, aggiornandone i contenuti alla nuova previsione (è quanto emerge dal confronto testuale del Comunicato del Presidente dell'8 gennaio 2016 che, ad integrazione e rettifica del precedente comunicato del 10 novembre 2015, ne elide alcune parti in conflitto).
La medesima ANAC aggiorna le precedenti indicazioni chiarendo che in osservanza del disposto dell'art. 33, comma 3-bis, a decorrere dal 1 gennaio 2016 il CIG non è più rilasciato ai responsabili del procedimento dei Comuni non capoluogo di provincia che, volendo procedere all'acquisto di lavori, servizi e forniture in deroga rispetto agli obblighi di centralizzazione ed aggregazione per gli importi superiori a 40.000, non dichiarino espressamente di trovarsi in una delle condizioni ammesse dalle sopra richiamate disposizioni.
Non è superfluo rammentare che le precedenti indicazioni (comunicato ANAC del 10 novembre 2015 ante legge di Stabilità) inserivano espressamente tra le preclusioni al rilascio del CIG l'ipotesi (non più esistente) che la richiesta per la gara autonoma, per l'acquisto di lavori, servizi e forniture, fosse formulata, in violazione degli obblighi di centralizzazione/aggregazione previsti dal comma in questione per importi inferiori a 40.000 euro, da parte dei Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti.
Più recentemente il d.p.c.m. 24 dicembre 2015 (in G.U. 9 febbraio 2016 n. 32), ha approvato, per gli anni 2016 e 2017, l'individuazione delle categorie merceologiche su base biennale, nonché delle soglie di obbligatorietà, al superamento delle quali le stazioni appaltanti sono obbligate a ricorrere a Consip Spa o agli altri soggetti aggregatori iscritti nell'elenco dei soggetti aggregatori per lo svolgimento delle relative procedure. Rientrano tra i soggetti obbligati, dunque, le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, nonché le regioni, gli enti regionali, i loro consorzi e associazioni, gli enti del servizio sanitario nazionale, ed i comuni non capoluogo di provincia, così come previsto all'art. 33 comma 3-bis, c.c.p.
I RUP delle stazioni appaltanti che intendono effettuare un nuovo affidamento pubblico, dovranno dichiarare sotto la propria responsabilità, tramite la consueta procedura informatica di creazione della gara, se quest'ultima riguarda una delle categorie di cui all'art. 1 del citato decreto (farmaci, vaccini, stent, facility management immobili etc.) ovvero categoria merceologica differente. Per affidamenti che non riguardano le categorie merceologiche in questione, è possibile procedere all'acquisizione del CIG con le modalità relative alla “altre categorie”. Nel caso si selezionasse una categoria interessata dall'obbligo di ricorso ai soggetti aggregatori, il RUP dovrà dichiarare la motivazione per la quale è titolato ad acquisire un CIG, scegliendo una delle opzioni proposte dal sistema informatico sul portale dell'ANAC ovvero indicare se la stazione appaltante non è soggetta agli obblighi di cui al d.p.c.m. 24 dicembre 2015 per acquisire il CIG con le consuete modalità.
In evidenza
Il d.p.c.m. 24 dicembre 2015 (ex art. 9, comma 3, d.l. 66 del 2014) ha individuato le categorie merceologiche e le soglie al superamento delle quali le amministrazioni statali, centrali e periferiche, nonché le regioni, gli enti regionali, i loro consorzi e associazioni, gli enti del servizio sanitario nazionale, nonché i comuni non capoluogo di provincia, così come previsto all'art. 33, comma 3-bis, c.c.p., sono obbligati a ricorrere a Consip Spa o agli altri soggetti aggregatori iscritti nell'elenco dei soggetti aggregatori
Casi di esclusione: istituti e scuole di ogni ordine e grado, istituzioni educative ed istituzioni universitarie.
Dalla Direttiva appalti n. 2014/24/UE ai principi e criteri della Legge delega n. 11 del 28 gennaio 2016 in materia di qualificazione delle stazioni appaltanti e di centralizzazione delle committenze e riduzioni delle stazioni appaltanti
La direttiva2014/24/UE fornisce, in sostituzione della precedente, la nuova definizione di «centrale di committenza», individuandola come «un'amministrazione aggiudicatrice che fornisce attività di centralizzazione delle committenze e, se del caso, attività di committenza ausiliarie» (art. 1, comma 1, n. 16). Prestando attenzione al modello organizzativo che sottende all'esercizio della funzione, la norma comunitaria individua l'«attività di centralizzazione delle committenze» come «attività svolte su base permanente, in una delle seguenti forme a) l'acquisizione di forniture e/o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici; b) l'aggiudicazione di appalti o la conclusione di accordi quadro per lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici;» (art. 1, comma 1, n. 14). Si introduce, inoltre, la nozione di «attività di committenza ausiliarie», definendole come «attività che consistono nella prestazione di supporto alle attività di committenza, in particolare nelle forme seguenti: a) infrastrutture tecniche che consentano alle amministrazioni aggiudicatrici di aggiudicare appalti pubblici o di concludere accordi quadro per lavori, forniture o servizi; b) consulenza sullo svolgimento o sulla progettazione delle procedure di appalto; c) preparazione e gestione delle procedure di appalto in nome e per conto dell'amministrazione aggiudicatrice interessata» (art. 1, comma 1, n. 15). È «prestatore di servizi in materia di appalti» «un organismo pubblico o privato che offre attività di committenza ausiliarie sul mercato» (art. 1, comma 1, n. 17)
Com'è noto, in attuazione della legge n. 11 del 2016, il Governo è delegato ad adottare, entro il 18 aprile 2016, un decreto legislativo di recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 , nonché, entro il 31 luglio 2016, un decreto legislativo di riordino complessivo della disciplina vigente in materia di contratti pubblici, ferma restando la facoltà per il Governo di adottare, entro la medesima unica data del 18 aprile 2016, un unico decreto legislativo nel rispetto dei principi e criteri generali definiti dalla medesima legge delega (art. 1, comma 1, l.. n. 11 del 2016). Per quanto riguarda l'argomento in rubrica, i principi e criteri ai quali i decreti legislativi di recepimento ed attuazione dovranno attenersi sono essenzialmente individuati nella razionalizzazione delle procedure di spesa attraverso la professionalizzazione e qualificazione delle stazioni appaltanti [art. 1, comma 1, lett. bb)] e nella centralizzazione delle committenze e riduzione delle stazioni appaltanti [art. 1, comma 1, lett. cc)].
La legge delega, infatti, fissa l'obiettivo del contenimento e della razionalizzazione delle procedure di spesa [art. 1, comma 1, lett. bb)] attraverso una riforma del sistema che consenta la qualificazione delle stazioni appaltanti mediante l'applicazione di criteri di qualità, efficienza, professionalizzazione delle stazioni appaltanti, prevedendo la riorganizzazione delle funzioni delle stazioni appaltanti, con particolare riferimento alle fasi di programmazione e controllo, nonché prevedendo l'introduzione di un apposito sistema, gestito dall'ANAC, di qualificazione delle medesime stazioni appaltanti, teso a valutarne l'effettiva capacità tecnica e organizzativa, sulla base di parametri obiettivi.
Il tema della funzionalizzazione delle procedure amministrative rispetto all'ottimizzazione dei risultati delle pubbliche amministrazioni e delle stazioni appaltanti procede di pari passo con quello di una sempre maggiore attenzione del legislatore comunitario e nazionale alla revisione ed all'efficientamento delle procedure di appalto degli accordi quadro, delle convenzioni e in genere delle procedure utilizzabili dalla società CONSIP Spa, dai soggetti aggregatori e dalle centrali di committenza, finalizzati a migliorare la qualità degli approvvigionamenti e a ridurre i costi e i tempi di espletamento delle gare promuovendo anche un sistema di reti di committenza volto a determinare un più ampio ricorso alle gare e agli affidamenti di tipo telematico, al fine di garantire l'effettiva partecipazione delle micro, piccole e medie imprese [art. 1, comma 1, lett. cc)].
Casistica sui requisiti dei soggetti aggregatori; la questione di Asmel in merito alla idoneità per la qualificazione di soggetto aggregatore: la divergente posizione della giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado in sede di impugnazione della delibera Anac n. 32 del 2015
Tra gli interessati alla qualificazione ai fini dell'inserimento nell'Elenco dei soggetti aggregatori per la gestione degli appalti dei piccoli comuni ai sensi dell'art. 33, comma 3-bis, figura anche l'Asmel, società consortile a responsabilità limitata costituita da enti locali come centrale di committenza. L'istanza di iscrizione della società consortile nell'elenco dei soggetti abilitati è stata rigettata dall'ANAC con deliberazione 30 aprile 2015, n. 32, perché ritenuta non aderente e conforme al modello organizzativo consortile richiesto dalla legge. A seguito di impugnazione del provvedimento di esclusione, la giurisprudenza amministrativa, di prime e seconde cure, ha trattato la questione pervenendo ad opposte conclusioni, sia pure nella sola sede cautelare (TAR Lazio, Roma, Sez. III, ord., 19 giugno 2015, n. 2544; Cons. St., Sez. VI,ord., 9 settembre 2015, n. 4016).
A seguito di taluni esposti all'ANAC sulle attività svolte da Asmel Consortile s.c. a r.l., come centrale di committenza degli enti locali aderenti, l'Autorità di vigilanza ne ha approfondito la natura con indagini ispettive ed istruttorie documentali, al fine di valutare la legittimazione di tale soggetto giuridico a proseguire in veste qualificata di soggetto aggregatore ex art. 33, comma 3-bis, la gestione degli appalti in parola. Va detto che il Consorzio Asmez nasceva nel 2004 su costituzione di sole imprese private nel 1994, alle quali successivamente aveva aderito Selene Service s.r.l., che, a sua volta, aveva sottoscritto una convenzione con ANCI Campania per promuovere, presso i comuni associati, la diffusione delle innovazioni tecnologiche e gestionali e l'accesso ai finanziamenti pubblici, anche attraverso attività di formazione ed assistenza.
Solo successivamente, il Consorzio e l'Anci Campania presentarono ai Comuni interessati un progetto di costituzione di una struttura consortile in cui la progressiva adesione dei piccoli enti si accompagnasse alla diminuzione della quota di partecipazione dei privati, nell'ambito di un sistema di erogazione di servizi informatici di assistenza, formazione e consulenza. Avendo acquisito la natura di organismo di diritto pubblico in linea con l'orientamento comunitario a seguito della acquisizione di personalità giuridica ex art. 4,d.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361, l'Asmez ha esteso il suo ambito territoriale con l'adesione di enti locali di altre regioni, come la Basilicata e la Calabria, con i cui rispettivi consorzi ha costituito, unitamente all'Anpci (Associazione Nazionale Piccoli Comuni Italiani), il Consorzio Asmez, che ha poi costituito Asmel Consortile s.c.a r.l. come soggetto aggregatore ai sensi dell'art. 33, comma 3-bis. A seguito di particolari verifiche l'ANAC ha disatteso tale inquadramento sistematico rispetto all'idoneità dell'Asmel di essere inserita nell'Elenco dei soggetti aggregatori, sulla base della considerazione, ritenuta assorbente, che la partecipazione degli enti locali alla centrale di committenza sia indiretta, in quanto si realizza attraverso l'adesione all'associazione non riconosciuta Asmel (che a sua volta è socia di Asmel s.c.a r.l.). L'accordo consortile con Asmel s.c.a r.l., a cui gli enti conferiscono una sorta di “delega” delle funzioni di committenza, configura, secondo l'Anac, una evidente violazione dell'art. 33 cit. In secondo luogo l'Anac rileva la carenza, per Asmel S.c.a r.l. di un sistema di “controllo analogo” da parte dei comuni consorziati che lascerebbe la medesima società consortile libera di agire come un soggetto privato ed autonomo. Nello sviluppare tale argomentato iter logico-motivazionale sostiene l'ANAC arriva a dubita che la Società abbia acquisito la natura di organismo di diritto pubblico a seguito del perfezionamento della procedura di iscrizione negli elenchi exd.P.R.n. 361 del 2000 ai fini del conseguimento della soggettività pubblica. L'istanza cautelare contemplata nel ricorso innanzi al TAR Lazio avverso il provvedimento di diniego, veniva rigettata in quanto si riteneva che Asmel, per il profilo organizzativo, apparisse «eccentrica e non riconducibile ad alcuno dei modelli ammessi dal suddetto articolo ai fini della configurabilità di uno dei soggetti aggregatori ammessi dalla legge, stante la presenza nella compagine consortile della associazione Asmel che è una associazione di diritto privato non riconosciuta (che tale resta anche se gli associati sono dei Comuni), aderendo alla quale gli Enti locali interessati partecipano alla Asmel - centrale di committenza». La partecipazione indiretta dei comuni tramite la loro adesione all'associazione privata a sua volta socia dell'Asmel non configurava il consorzio tra enti, ma sortiva l'effetto di una delega di funzioni di committenza che, unitamente all'«assenza di limiti territoriali all'erogazione delle prestazioni di centrale di committenza a favore di qualsiasi comune interessato su tutto il territorio nazionale», contravvenivano alle prescrizioni dell'art. 33, comma 3-bis. Diversamente, invece, il Consiglio di Stato ha accolto la domanda cautelare, pur nelle more degli ulteriori approfondimenti dell'assetto organizzativo da svolgersi, in sede di merito, dal collegio giudicante di primo grado, richiamato alla «solerzia richiesta dalla delicatezza della questione e dal rilevante interesse pubblico alla stessa sotteso».
In particolare il Consiglio di Stato ha ritenuto che, per poter valutare il modello organizzativo della Asmel sotto il profilo della sua rispondenza al modello legale, occorra che quest'ultimo sia effettivamente in vigore. È risultato, invece, che all'epoca della decisione cautelare, tale nuovo regime legale fosse stato differito al 1° novembre 2015 ai sensi dell'art. 1, comma 169, l. 13 luglio 2015, n. 107. Si evidenzia infine che la parziale sospensione della deliberazione dell'Anac n. 32 del 2015 si esplica, limitatamente alle procedure di gara in corso, non anche sulla futura attività amministrativa di Asmel, bloccata dunque rispetto alla gestione di nuove procedure per conto dei Comuni, quantomeno fino alla nuova pronuncia del TAR Lazio.
In evidenza
TAR Lazio, Roma, Sez. III, ord., 19 giugno 2015, n. 2544 che respinge l'istanza cautelare di sospensione della determina n. 32 del 2015 con la quale l'ANAC aveva escluso Asmel dall'Elenco dei soggetti aggregatori ; Cons. St., Sez. VI, ord., 9 settembre 2015, n. 4016 che sospende la citata deliberazione limitatamente alle procedure di gara in corso, nelle more della decisione del merito della controversia.
Vuoi leggere tutti i contenuti?
Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter continuare a
leggere questo e tanti altri articoli.
Sommario
Dalla centralizzazione delle acquisizioni di beni e servizi nel modello Consip a quello del codice dei contratti pubblici esteso anche alle acquisizioni di lavori. Le finalità: tra "efficientamento" e prevenzione della corruzione.
(Segue). Il sistema a rete di pubblic procurement di Consip SPA e delle centrali di committenza regionali
(Segue). Le centrali di committenza nel codice dei contratti pubblici ed alla luce delle norme di stabilità
(Segue). Le centrali di committenza nel codice dei contratti pubblici dopo il decreto cd. Salva Italia
(Segue). L'istituzione dell'Elenco dei soggetti aggregatori nell'ambito dell'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti operante presso l'ANAC ed il contesto socio-giuridico di riferimento
(Segue). I requisiti dei soggetti aggregatori ai fini della iscrizione nell'Elenco (ANAC, determinazione 11 febbraio 2015, n. 2) e la sua costituzione (ANAC, deliberazione 22 luglio 2015, n. 58)
(Segue). L'intervento regolatore dell'ANAC (determinazione n. 3 del 25 febbraio 2015) sugli obblighi di cui al nuovo art. 33, comma 3-bis, d.lgs. 163 del 2006 e sui rapporti tra gli istituti della centrale unica di committenza (CUC) e la stazione unica appaltante (SUA).
Gli ulteriori indirizzi interpretativi sugli adempimenti ex art. 33, comma 3-bis, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 e ss.mm.ii. (ANAC, determinazione 23 settembre 2015, n. 11)
(Segue). L'ambito soggettivo di applicazione
(Segue). Ambito oggettivo di applicazione
(Segue). Sulle forme di aggregazione preesistenti
(Segue). Modalità organizzative della centralizzazione degli acquisiti
(Segue). Deroghe.
Le novità della legge di stabilità 2016 sugli acquisti centralizzati di beni e servizi
Le indicazioni dell'ANAC in merito all'obbligo per i comuni non capoluogo di ricorrere alle centrali di committenza per gli acquisti di lavori, servizi e forniture, in vigore dal 1 novembre 2015
(Segue). Le indicazioni dell'ANAC sulla sanzione del mancato rilascio del codice CIG e sulle modalità di acquisizione
Casistica sui requisiti dei soggetti aggregatori; la questione di Asmel in merito alla idoneità per la qualificazione di soggetto aggregatore: la divergente posizione della giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado in sede di impugnazione della delibera Anac n. 32 del 2015