Con il d.lgs. n. 36 del 31 marzo 2023 si sono apportate rilevanti novità in riferimento alla disciplina del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e alla centralizzazione della committenza, in recepimento dei criteri direttivi posti dalla legge delega del 21 giugno 2022, n. 78, per adeguarlo al diritto europeo e ai principi posti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle Corti superiori, nazionali ed europee.
Le ragioni della riforma
L'art. 1, comma 2, lett. c) della richiamata legge delega ha infatti individuato fra i principi e criteri direttivi della riforma quello della: «c) ridefinizione e rafforzamento della disciplina in materia di qualificazione delle stazioni appaltanti, afferenti ai settori ordinari e ai settori speciali, al fine di conseguire la loro riduzione numerica, nonché l'accorpamento e la riorganizzazione delle stesse, anche mediante l'introduzione di incentivi all'utilizzo delle centrali di committenza e delle stazioni appaltanti ausiliarie per l'espletamento delle gare pubbliche; definizione delle modalità di monitoraggio dell'accorpamento e della riorganizzazione delle stazioni appaltanti; potenziamento della qualificazione e della specializzazione del personale operante nelle stazioni appaltanti, anche mediante la previsione di specifici percorsi di formazione, con particolare riferimento alle stazioni uniche appaltanti e alle centrali di committenza che operano a servizio degli enti locali».
La riforma risponde all'esigenza – per vero da tempo perseguita – di una riduzione del numero delle stazioni appaltanti all'insegna, non solo di un risparmio di spesa, bensì di una maggiore professionalizzazione delle stesse nella conduzione delle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture.
Pertanto, le ragioni della riforma sono sia di carattere economico, perché il ricorso alle centrali di committenza o all'ausilio di soggetti aggregatori, attraverso l'accorpamento di fabbisogni omogenei che fanno capo ad amministrazioni diverse, consente economie di scala non altrimenti realizzabili, sia di carattere tecnico-giuridico, perché la crescente complessità delle procedure e dei criteri di aggiudicazione e delle commesse pubbliche da aggiudicare richiede stazioni appaltanti sempre più competenti e qualificate, al fine di meglio governare i processi di affidamento, di migliorare la qualità degli approvvigionamenti e ridurre tempi e costi nell'espletamento delle gare.
Il bisogno di razionalizzare la domanda pubblica per l'approvvigionamento di beni, servizi e forniture, attraverso la riorganizzazione, aggregazione e riduzione del numero delle stazioni appaltanti nonché attraverso il rafforzamento del ruolo delle centrali di committenza è stato, dunque, uno dei principali criteri guida che ha informato di sé la riforma della previgente disciplina codicistica.
Riforma che si era inteso avviare sin dal 2016 con gli artt. 37 e 38 del d.lgs. n. 50/2016 ma che, come meglio si dirà, non ha avuto attuazione anche per via della riluttanza delle stazioni appaltanti esistenti nel nostro Paese di dismettere la gestione delle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, intravedendo in essa una sorta di potere irrinunciabile.
Le centrali di committenza nell'ordinamento europeo
L'esigenza di valorizzare il ricorso a soggetti aggregatori e alle centrali di committenza è stata da tempo avvertita a livello europeo.
Il legislatore europeo, infatti, sin dalla Direttiva 2004/18/CE ha fornito una definizione di «centrale di committenza», tale intendendosi «un'amministrazione aggiudicatrice che: acquista forniture e/o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici, o aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici» (art. 1, par. 10).
Il legislatore europeo, con tale disposizione, aveva inteso recepire un fenomeno già noto in altri Paesi europei, fra cui l'Italia, come meglio si dirà nel prosieguo.
Il modello della centralizzazione della committenza delineato dal legislatore europeo prevedeva due distinti modelli organizzativi.
In un caso, la centrale di committenza poteva agire come “grossista”, ossia procedere all'acquisizione diretta e in via centralizzata di beni e servizi per le altre amministrazioni.
Nel secondo caso, invece, poteva agire, su richiesta delle altre amministrazioni, come stazione appaltante, conducendo la procedura di gara sino alla selezione del miglior contraente, per rimettere poi alle singole amministrazioni la conclusione del contratto e la relativa esecuzione.
Il ricorso alla figura delle centrali di committenza non era tuttavia inteso come obbligatorio. L'art. 11 della richiamata Direttiva, rimetteva agli Stati membri la possibilità di acquisire lavori, servizi o forniture facendo ricorso a una centrale di committenza, purché la stessa fosse rispettosa della disciplina europea.
L'obiettivo posto dal legislatore europeo, infatti, è sempre stato quello di garantire, in base al volume degli acquisti, un incremento della concorrenza e una più efficace gestione della commessa pubblica, riducendo i costi intrinseci di transazione nel sistema delle acquisizioni, per via del maggiore potere contrattuale da riconoscersi in capo a una singola entità procedente.
Tale impianto è stato confermato anche successivamente dalla Direttiva 24/2014/UE che al considerando n. 59 pur prendendo atto che «nei mercati degli appalti pubblici dell'Unione si registra una forte tendenza all'aggregazione della domanda da parte dei committenti pubblici, al fine di ottenere economie di scala, ad esempio prezzi e costi delle transazioni più bassi nonché un miglioramento e una maggior professionalità nella gestione degli appalti… » avvertiva che «… questo obiettivo può essere raggiunto concentrando gli acquisti in termini di numero di amministrazioni aggiudicatrici coinvolte, oppure in termini di fatturato e di valore nel tempo. Tuttavia, l'aggregazione e la centralizzazione delle committenze dovrebbero essere attentamente monitorate al fine di evitare un'eccessiva concentrazione del potere d'acquisto e collusioni, nonché di preservare la trasparenza e la concorrenza e la possibilità di accesso al mercato per le piccole e medie imprese».
Le centrali di committenza e i soggetti aggregatori nell'ordinamento italiano. Profili storico-giuridici
La prima disciplina interna in materia di centralizzazione delle committenze è risalente e si rinviene nella Legge finanziaria del 2000 (l. 23 dicembre 1999, n. 488) con cui era stato previsto un programma per la razionalizzazione degli acquisti pubblici di beni e servizi per contribuire allo sviluppo di modelli di approvvigionamento efficienti. Tale legge ha istituito la Consip s.p.a., società per azioni, concessionaria di servizi informatici pubblici, detenuta al 100% dal Ministero dell'economia e delle finanze, con il compito di stipulare convenzioni o accordi quadro per l'acquisizione di beni e servizi, non già lavori pubblici. L'obbligo di aderire alle convenzioni Consip s.p.a. era originariamente fatto gravare esclusivamente sulle Amministrazioni centrali e periferiche. Le altre amministrazioni avevano facoltà di adeguarsi ai parametri di prezzo e qualità utilizzati da Consip.
Pertanto, il modello delle centrali di committenza è stato introdotto nell'ordinamento nazionale attraverso il modello delle centrali uniche di committenza sviluppato proprio da Consip s.p.a. per le acquisizioni di beni e servizi (artt. 26 e ss. della l. 23 dicembre 1999, n. 488) e rafforzato poi attraverso il sistema delle convenzioni-quadro e del MePa, ossia del mercato elettronico e degli acquisti in rete della pubblica amministrazione (ex art. 1, comma 449 e ss. della l. 27 dicembre 2006, n. 296).
Tale modello organizzativo, improntato alla centralizzazione della gestione di una pluralità di commesse nell'interesse di diverse e molteplici amministrazioni aggiudicatrici, introdotto con Consip s.p.a., è stato poi confermato nell'ambito del codice dei contratti pubblici.
In recepimento della direttiva del 2004, il legislatore italiano, facendo salva la disciplina specificatamente afferente alla Consip s.p.a. (art. 252, comma 1), ha introdotto negli artt. 3, comma 34, e art. 33 del d.lgs. n. 163/2006 delle previsioni di carattere generale in materia di centralizzazione delle committenze che, di fatto, hanno ampliato la portata dell'istituto prevedendo la possibilità di un sistema di centralizzazione, oltre che relativo ai beni e servizi (già tipici del sistema degli acquisti Consip S.p.a.), anche alle acquisizioni di lavori.
Il ricorso alle centrali di committenza, tuttavia, restava una mera facoltà per le stazioni appaltanti.
Nonostante la non obbligatorietà dell'istituzione di centrali di committenza, nell'ordinamento italiano si sono succedute diverse previsioni normative extra codicistiche che hanno inteso rafforzare il ricorso alle centrali di committenza, con l'obiettivo di un risparmio di spesa.
Si ricorda, in particolare, la legge finanziaria del 2007 (l. 27 dicembre 2006, n. 296) con cui è stata prevista la possibilità per le Regioni di costituire, anche unitamente fra loro, centrali di committenza regionali, ai sensi dell'allora vigente art. 33 di cui al d.lgs. n. 163/2006, così da ricorrere, nei rispettivi ambiti di competenza, a meccanismi di approvvigionamento tramite l'utilizzo delle convenzioni quadro stipulate da Consip s.p.a. (ai sensi dell'art. 26, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488).
L'obiettivo avuto a mente dal legislatore era quello di costituire un sistema a rete fra centrali di committenza regionale e Consip s.p.a., perseguendo una razionalizzazione dei piani di spesa e garantendo maggiori sinergie nell'acquisto di beni e servizi, anche avvalorando il ricorso a strumenti informatici (art. 1, comma 457 legge finanziaria 2007, poi in parte modificato con il d.l. 7 maggio 2012, n. 52, conv. in l.6 luglio 2012, n. 94, con cui si sono introdotte disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica).
L'obbligo di aderire alle convenzioni Consip è stato, poi, nel corso del tempo, esteso anche al SSN, alle scuole, alle università, alle Agenzia fiscali, alle Autorità indipendenti, all'INPS e all'INAIL.
Un'altra tappa importante nella disciplina italiana ai fini del rafforzamento del ricorso alle centrali di committenza è stata quella che ha portato all'istituzione dei c.d. soggetti aggregatori, ossia enti che svolgono funzioni di centrali di committenza qualificate, competendo ad essi l'acquisizione di beni e servizi in un determinato ambito territoriale per conto di amministrazioni statali centrali e periferiche, regioni, enti locali e loro consorzi e associazioni, ed enti del SSN (art. 9, del d.l. 24 aprile 2014, n. 66 conv. in l. 23 giugno 2014, n. 89).
La nozione di soggetto aggregatore presuppone certamente quella di centrale di committenza ma implica una configurazione “più evoluta” della stessa, posto che si tratta di soggetti qualificati e abilitati all'approvvigionamento di lavori, beni e servizi per conto di soggetti che se ne avvalgono.
Per tali soggetti vale il principio della nominatività, ragion per cui, per essere qualificati come “soggetti aggregatori”, le centrali di committenza debbono essere iscritte nell'elenco nazionale dei soggetti aggregatori, istituito presso l'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, gestita dall'ANAC.
Con il DPCM del 24 dicembre 2015 si è poi chiarito l'ambito d'intervento di tali soggetti, individuando le categorie di beni e servizi e le soglie economiche oltre le quali le pp.aa. di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001 debbono ricorrere all'ausilio dei soggetti aggregatori.
Di conseguenza, tali soggetti, non si sostituiscono totalmente alle stazioni appaltanti o alle centrali di committenza regionali ma operano su piani differenti.
Punto di riferimento, al fine dell'identificazione dei soggetti aggregatori, è il Vademecum pubblicato dall'ANAC del 29 ottobre 2021.
L'ordinamento italiano, inoltre, conosce un'altra particolare figura giuridica riconducibile, per espressa disposizione di legge (d.p.c.m. del 30 giugno 2011, all'art. 2, comma 2), alla categoria delle centrali di committenza: le stazioni uniche appaltanti.
A differenza delle altre fattispecie di soggetti aggregatori, le SUA sono state istituite con la legge del 13 agosto 2010, n. 136 nell'ambito del Piano straordinario contro le mafie, per assicurare la trasparenza, la regolarità e l'economicità della gestione dei contratti pubblici e prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose (art. 13 della legge 13 agosto 2010, n. 136).
Le stesse possono essere costituite dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori (amministrazioni dello Stato, Regioni, enti locali, enti pubblici territoriali, loro associazioni, unioni o consorzi, enti pubblici non economici), al fine di curare, per conto degli stessi, l'aggiudicazione di contratti pubblici per l'acquisizione di lavori, servizi e forniture. Le SUA possono operare in ambito regionale, provinciale e interprovinciale, comunale o intercomunale.
L'evidente sovrapponibilità di funzioni spettanti alle SUA rispetto agli altri soggetti aggregatori e alle centrali di committenza regionali, ha portato l'ANAC, con più delibere, a chiarirne l'ambito d'intervento. Si ricordano, in particolare, la delibera del 23 settembre 2015, n. 11 e la successiva del 25 febbraio 2015, n. 3 sul “Rapporto fra stazione unica appaltante e soggetto aggregatore (centrale unica di committenza). Prime indicazioni interpretative sugli obblighi di cui all'art. 33, comma 3-bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e ss.mm.ii.”.
In particolare, l'ANAC ha chiarito che le SUA e le centrali di committenza perseguono scopi finali differenti: le prime, di prevenzione del rischio d'infiltrazioni mafiose, mentre le altre di contenimento della spesa pubblica. Purtuttavia, non può disconoscersi una continuità di natura e funzioni, ragion per cui anche per le SUA devono trovare applicazione le disposizioni in materia di centrali di committenza. Pertanto, tutte le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori che acquisiscano lavori, servizi, o forniture attraverso centrali di committenza potranno affidare a queste ultime anche la funzione di SUA. In questo modo sarà possibile, per gli enti, adempiere al duplice onere di contenimento della spesa e prevenzione dei fenomeni mafiosi, attraverso un solo soggetto che funga contemporaneamente da SUA e centrale di committenza.
I soggetti aggregatori, invece, quali centrali di committenza qualificate, inseriti nell'apposito elenco gestito dall'ANAC, sono competenti per procedure di valore più elevato. Ne consegue che, per le categorie di beni e servizi di loro competenza, anch'essi potranno svolgere la contemporanea funzione di centrale di committenza e stazione unica appaltante.
Le Direttive europee del 2014 e la disciplina di cui al d.lgs. n. 50/2016
È in tale complesso e frammentato panorama giuridico, caratterizzato da una pluralità di figure giuridiche soggettive, che sopravvengono le Direttive europee del 2014.
In particolare si ricordano i considerando 69, 70 e 71 della direttiva 2014/24/UE che così, rispettivamente, dispongono: «(69). Nella maggior parte degli Stati membri è sempre più diffuso l'uso delle tecniche di centralizzazione delle committenze. Le centrali di committenza sono incaricate di procedere ad acquisti, gestire i sistemi dinamici di acquisizione o aggiudicare appalti pubblici/concludere accordi quadro destinati ad altre amministrazioni aggiudicatrici, con o senza remunerazione. Le amministrazioni aggiudicatrici per le quali è concluso un accordo quadro dovrebbero avere la facoltà di usarlo per acquisti singoli o ripetuti. Tali tecniche possono contribuire, dato l'ampio volume degli acquisti, a un aumento della concorrenza e dovrebbero aiutare a professionalizzare la commessa pubblica. Occorre pertanto prevedere una definizione a livello di Unione delle centrali di committenza destinata alle amministrazioni aggiudicatrici e precisare che le centrali di committenza operano in due modi diversi. Dovrebbero, in primo luogo, essere in grado di agire come grossisti comprando, immagazzinando e rivendendo o, in secondo luogo, dovrebbero poter agire come intermediari, aggiudicando appalti, gestendo sistemi dinamici di acquisizione o concludendo accordi quadro ad uso delle amministrazioni aggiudicatrici. Tale ruolo di intermediari potrebbe, in alcuni casi, essere svolto espletando autonomamente le pertinenti procedure di aggiudicazione, senza istruzioni particolareggiate delle amministrazioni aggiudicatrici interessate o, in altri casi, attuando le pertinenti procedure di aggiudicazione secondo le istruzioni delle amministrazioni aggiudicatrici interessate, a loro nome e per loro conto. Occorre inoltre stabilire regole per ripartire tra la centrale di committenza e le amministrazioni aggiudicatrici che ad essa fanno direttamente o indirettamente ricorso la responsabilità di vigilare sull'osservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva. Nel caso in cui la responsabilità esclusiva per lo svolgimento delle procedure di appalto competa alla centrale di committenza, la stessa è anche esclusivamente e direttamente responsabile della legittimità delle procedure. Se un'amministrazione aggiudicatrice gestisce alcune parti della procedura, ad esempio la riapertura della gara nell'ambito di un accordo quadro o l'aggiudicazione dei singoli appalti basata su un sistema dinamico di acquisizione, la stessa amministrazione dovrebbe continuare ad essere responsabile per le fasi che gestisce. (70). Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero avere la facoltà di aggiudicare a una centrale di committenza un appalto pubblico di servizi per la fornitura di attività di centralizzazione delle committenze senza applicare le procedure di cui alla presente direttiva. Dovrebbe anche essere ammesso che tali appalti pubblici di servizi includano la fornitura di attività di committenza ausiliarie. Gli appalti pubblici di servizi per la fornitura di attività di committenza ausiliarie dovrebbero, qualora non siano eseguiti da una centrale di committenza in collegamento con la fornitura di attività di centralizzazione delle committenze all'amministrazione aggiudicatrice interessata, essere aggiudicati conformemente alla presente direttiva. È anche opportuno ricordare che la presente direttiva non dovrebbe applicarsi nei casi in cui le attività di centralizzazione delle committenze o le attività di committenza ausiliarie non sono effettuate attraverso un contratto a titolo oneroso che costituisce appalto ai sensi della presente direttiva. (71). Il rafforzamento delle disposizioni riguardanti le centrali di committenza non dovrebbe in alcun modo escludere le prassi attuali riguardanti gli appalti congiunti occasionali, ossia sistemi di acquisizione meno sistematici e istituzionalizzati o la prassi consolidata di ricorrere a prestatori di servizi che preparano e gestiscono le procedure di appalto a nome e per conto di un'amministrazione aggiudicatrice e seguendo le sue istruzioni…».
In particolare, con la direttiva 2014/24/UE il legislatore europeo all'art. 2, par. 1, n. 14, puntualizza la nozione di centrale di committenza, definendone i tratti caratterizzanti. Per «attività di centralizzazione delle committenze» deve intendersi un'attività svolta su base permanente, in una delle seguenti forme: a) l'acquisizione di forniture e/o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici; b) l'aggiudicazione di appalti o la conclusione di accordi quadro per lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici.
Tali direttive, purtuttavia, lasciano ancora una volta facoltà agli Stati membri di ricorrere a forme di aggregazione o centralizzazione delle committenze.
È il legislatore nazionale, sfruttando al massimo la discrezionalità consentita dalle Direttive a optare, con la legge delega n. 11/2016, nel senso della doverosità del ricorso alle centralizzazioni delle committenze, delineando un complesso sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza – che, si deve precisare, non trova immediati riscontri nella normativa europea – con l'obiettivo di una razionalizzazione e riduzione del numero delle stazioni appaltanti, a garanzia di un maggiore efficientamento delle procedure di appalto.
In particolare, gli artt. 37 e 38 di cui al d.lgs. n. 50/2016 hanno delineato, per la prima volta, l'ambito soggettivo e oggettivo di intervento delle stazioni appaltanti qualificate, delle centrali di committenza e degli altri soggetti aggregatori, che avrebbe poi dovuto essere definito sulla base di specifici requisiti che avrebbero dovuto essere individuati con D.p.c.m., da commisurarsi in relazione alla complessità dell'attività da esse svolta e alle soglie comunitarie di riferimento.
Nonostante il chiaro favor espresso dal legislatore italiano per il doveroso ricorso alle centrali di committenza al di sopra di predefinite soglie, il disegno di qualificazione e riduzione del numero delle stazioni appaltanti, su cui si fondava l'impianto normativo di cui agli artt. 37,38 e 39 del d.lgs. n. 50/2016, non ha mai avuto attuazione, non essendo stato adottato il d.p.c.m. previsto all'art. 38, comma 2.
La disciplina di cui all'art. 62 del d.lgs. del 31 marzo 2023, n. 36
Un primo ma decisivo passo in avanti ai fini della attivazione del sistema di qualificazione delle stazioni appalti e delle centrali di committenza è stato compiuto, poco prima dell'adozione del codice vigente, con il tavolo di lavoro istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e coordinato dall'ANAC, cha ha portato all'approvazione, con deliberazione n. 441 del 28 settembre 2022, delle Linee Guida recanti «attuazione – anche a fasi progressive – del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza da porre alla base del nuovo sistema di qualificazione che sarà reso operativo al momento dell'entrata in vigore della riforma della disciplina dei contratti pubblici» (c.d. Linee Guida sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza).
Tali linee guida, dunque, si incardinano nel percorso di riforma e riscrittura del codice dei contratti pubblici.
Il sistema di qualificazione delineato nelle richiamate linee guida, infatti, è stato recepito nel nuovo codice dei contratti, precisamente nell'allegato al codice II.4.
I requisiti di qualificazione così definiti costituiscono un regime transitorio che dovrebbe consentire al codice di nuova attuazione, e alla disciplina ivi prevista, l'immediata entrata in vigore, sebbene si sia prevista la possibilità di una modifica successiva della stessa, in virtù della futura approvazione di un regolamento governativo, da adottarsi ai sensi dell'art. 17, comma 3, della l. n. 400/1988, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'ANAC (art. 62, comma 3, codice dei contratti pubblici 2023). La provvisorietà e non compiutezza della disciplina posta nelle suddette Linee Guida è data anche dalla possibilità, prevista espressamente dal codice dei contratti, di procedere a una integrazione della disciplina con ulteriori misure organizzative, così da garantire una più efficace attuazione della normativa codicistica.
La finalità del sistema di qualificazione è garantire e attestare la capacità «di gestire direttamente, secondo criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione e nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, le attività che caratterizzano il processo di acquisizione di un bene, di un servizio o di un lavoro» (ANAC, delibera n. 441/2022).
Ambito soggettivo di applicazione
Prima di addentrarsi nella descrizione dei criteri di qualificazione, è bene ricostruire la disciplina dell'ambito soggettivo e oggettivo d'intervento delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, per come declinata nell'art. 62 del nuovo codice dei contratti.
Ai sensi dell'art. 62, comma 17, del d.lgs. n. 36/2023 letto in combinato disposto con l'art. 2, comma 2 dell'allegato II.4., le disposizioni relative al sistema di qualificazione, di cui agli artt. 62 e 63 del codice 2023, non si applicano alle imprese pubbliche e i soggetti privati titolari di diritti speciali o esclusivi quando svolgono una delle attività previste dagli articoli da 146 a 152.
Tali soggetti, pertanto, sono esclusi dal sistema di qualificazione, sebbene, sempre l'art. 62, comma 17, al secondo periodo, disponga che con modifiche e integrazioni all'allegato II.4 possano essere disciplinati i criteri di qualificazione per tali soggetti, le regole di iscrizione nell'elenco ANAC, oltre che le regole di funzionamento e gli ambiti di riferimento delle relative centrali di committenza.
Con riferimento, invece, agli enti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici e ai soggetti privati tenuti all'osservanza delle regole di evidenza pubblica, si è osservato che sebbene la normativa (art. 2, comma 2, d.lgs. n. 36/2023) lasci margini di incertezza, escludendo questi soggetti non già dall'applicazione delle norme codicistiche bensì dalle disposizioni di dettaglio relative al sistema di qualificazione, la soluzione preferibile dovrebbe essere quella di sottrarre, a legislazione vigente, tali categorie di soggetti, dall'onere di qualificazione. Anche la diversa soluzione di ritenere tali soggetti abilitati a ricorrere al mercato esclusivamente per le soglie minime, così come per le stazioni appaltanti non qualificate, sarebbe da escludere perché contravverrebbe al principio di ampia accessibilità al mercato sancito dalla recente sentenza della Corte costituzionale, del 23 novembre 2021, n. 218, che riconosce a quelli ampi spazi di negoziazione. Pertanto, potrebbe non escludersi che con il d.p.c.m. di prossima attuazione, che dovrà sostituire l'All. II.4 che pone i criteri di cui trattasi, in attuazione dell'art. 62, comma 3, del codice, potrebbero essere previsti appositi criteri di qualificazione per tali categorie di soggetti.
Focus: La nozione di stazione appaltante
Con riferimento alla definizione dell'ambito soggettivo di applicazione della disciplina in esame è opportuno fare alcune precisazioni dapprima in merito alla nozione di stazione appaltante, ricostruendo, seppur succintamente, l'eterogenea platea dei soggetti, pubblici e privati, che compongono il complesso panorama delle stazioni appaltanti e poi, conseguentemente, in merito al concetto stesso di centrale di committenza.
E invero, deve premettersi che un criterio direttivo generale, che ha guidato la riscrittura del codice dei contratti, è stato quello della semplificazione normativa, al fine di garantire una più stretta aderenza della normativa italiana alle regole e principi posti nelle direttive europee.
A differenza del passato, non solo il legislatore si è sforzato di utilizzare un linguaggio più efficace, diretto e un periodare meno complesso, evitando orpelli normativi, bensì ha scelto di non inserire direttamente nelle disposizioni normative codicistiche norme definitorie.
È nell'art. 1 dell'Allegato I al codice dei contratti che si rinvengono, infatti, le nozioni omnicomprensive di “stazione appaltante” ed “ente concedente”, utilizzate poi dal legislatore nel portato codicistico.
Per “stazione appaltante” deve intendersiqualsiasi soggetto, pubblico o privato, che affida contratti di appalto di lavori, servizi e forniture e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del codice. Per “ente concedente”, invece, s'intende qualsiasi amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore, ovvero altro soggetto pubblico o privato, che affida contratti di concessione di lavori o di servizi e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del codice.
Si tratta di macro-nozioni che, a differenza di quelle presenti nel codice di cui al d.lgs. 50/2016, hanno consentito di aggregare nell'ambito di categorie unitarie una serie di nozioni prima utilizzate in maniera ridondante e ripetitiva, dando maggior rilievo all'obbligo di rispettare la procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento del contratto, piuttosto che metter in risalto la forma e la natura giuridica dell'ente che di volta in volta viene in considerazione.
Proprio le nozioni di amministrazioni aggiudicatrici o di enti aggiudicatori, cui il codice del 2016 dedicava sette alinee, in particolare all'art. 3, lett. da a) a g), spesso articolate in sottopunti e con rinvii normativi ad altre disposizioni codicistiche, risultano oggi fortemente semplificate. A fronte della semplificazione normativa, tuttavia, le figure soggettive riconducibili alla nozione di stazione appaltante restano eterogenee e plurali.
Nella nozione di stazione appaltante, infatti, debbono farsi rientrare, per i settori ordinari, sia le amministrazioni aggiudicatrici, tali intendendosi: le amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti fra tali soggetti; nonché gli organismi di diritto pubblico, anche costituiti in forma societaria.
La nozione di organismo pubblico, anch'essa resa nell'art. 1, lett. e) dell'Allegato I al codice dei contratti, risulta oggi maggiormente in linea con i principi elaborati dalla giurisprudenza europea, per la migliore precisazione del requisito c.d. di carattere teleologico. In particolare, per organismo di diritto pubblico deve intendersi: a) un soggetto dotato di capacità giuridica; b) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di carattere generale, attraverso lo svolgimento di un'attività priva di carattere industriale o commerciale (è definitivamente chiarito, dunque, che il carattere non industriale o commerciale debba riferirsi all'attività svolta, non già al bisogno soddisfatto. L'attività dell'organismo di diritto pubblico, pertanto, deve caratterizzarsi per la mancanza di assunzione del rischio d'impresa. Occorre valutare, dunque, che l'ente non persegua scopi di lucro e non subisca perdite commerciali connesse all'esercizio della propria attività. La mancanza del rischio d'impresa si presume nel caso in cui l'ente agisca in un contesto non concorrenziale e si riscontrino relazioni finanziarie con l'ente pubblico tali da comportare il ripianamento delle perdite connesse allo svolgimento dell'attività (Corte giust. UE, 10 novembre 1998, C-360/1996; Corte giust. UE, 22 maggio 2003, C-18/2001 ma si veda altresì Cass., Sez. Un., 9 maggio 2011, n.10068; Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2017, n. 108); c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi, oppure, il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
L'organismo di diritto pubblico, dunque, è fra quei soggetti che in ossequio al principio della neutralità delle forme giuridiche, è tenuto a garantire il rispetto della normativa codicistica, a garanzia della concorrenza per il mercato.
Tali soggetti, infatti, pur non rientrando nella nozione tradizionale di amministrazione pubblica, ne costituiscono longa manus. Pertanto, sono inclusi nel concetto di amministrazioni aggiudicatrici al fine di evitare che, attraverso lo schermo di un soggetto giuridico di natura privata, l'amministrazione pubblica possa sottrarsi al rispetto dei vincoli di derivazione europea.
Per i settori speciali, invece, le stazioni appaltanti sono costituite dai c.d. enti aggiudicatori, tali intendendosi: le amministrazioni aggiudicatrici; le imprese pubbliche, ossia «le imprese sulle quali le stazioni appaltanti possono esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza dominante – che è da ritenersi presunta quando le stazioni appaltanti, direttamente o indirettamente, riguardo all'impresa, alternativamente o cumulativamente: 1) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto; 2) controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall'impresa; 3) possono designare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell'impresa – o perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù delle norme che disciplinano detta impresa» (art. 1, lett. f), all. I); i soggetti privati titolari di diritti esclusivi, tali intendendosi soggetti diversi dagli organismi di diritto pubblico (es. ex municipalizzate) titolari di un “diritto esclusivo”, concesso loro da una autorità competente sulla base di una disposizione legislativa o regolamentare o atto amministrativo compatibile con i Trattati, adeguatamente pubblicati, aventi l'effetto di riservare a uno o più operatori economici l'esercizio di attività di affidamento di contratti di appalto nei settori speciali (di cui agli artt. 146 – 152 del Codice 2023) e d'incidere sostanzialmente sulla capacità di altri enti di poter esercitare tali attività. Non rientrano nella categoria dei soggetti titolari di diritti esclusivi coloro che ne sono risultati destinatari a seguito di espletamento di una procedura ad evidenza pubblica, basata su criteri oggettivi di selezione e idonea a garantire un'adeguata trasparenza.
Si segnala che a differenza di quanto disposto nel codice n. 50/2016 all'art. 3, comma 1, lett. e), la definizione di «enti aggiudicatori», resa all'art. 1, lett. r), dell'All. I è fortemente semplificata, rinviando direttamente alla articolata definizione resa all'art. 7 della Direttiva 2014/23/UE, che ricomprende le categorie di soggetti sopra richiamati.
Scompaiono invece, i riferimenti alle nozioni di «soggetti aggiudicatori» e «altri soggetti aggiudicatori», che erano previste nella normativa interna di cui al codice 2016 ma non nelle direttive europee. Tali categorie di soggetti possono oggi intendersi ricompresi nelle definizioni fornite attraverso le macro-categorie della stazione appaltante e dell'ente concedente.
Tuttavia, è stato evidenziato in dottrina, che questa riscrittura normativa non è solo formale, ossia rispondente a logiche di semplificazione ma piuttosto pone in risalto due qualifiche diverse: mentre per stazione appaltante deve intendersi una organizzazione che svolge le gare pubbliche, per amministrazione giudicatrice il riferimento è più generico, essendo riconducibile al concetto di organismo che ha semplicemente l'obbligo di affidare contratti, secondo le previsioni del codice.
In tal modo si vuole porre in risalto l'attenzione prestata dal legislatore alla specializzazione professionale dei soggetti: non necessariamente chi è una amministrazione aggiudicatrice, in senso formale, può improvvisarsi anche stazione appaltante.
Focus: la nozione di centrale di committenza
Alle nozioni di stazione appaltante, amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore si ricollega quella di centrale di committenza.
Orbene, con particolare riferimento alla nozione di centrale di committenza, bisogna fare ulteriori precisazioni per via di questioni che recentemente si sono poste proprio a seguito della riscrittura normativa dei concetti e delle nozioni giuridiche afferenti alle categorie sopra richiamate.
Più in particolare, ci si è domandati se anche i soggetti privati possano ottenere la qualificazione come stazione appaltante o meglio ci si è interrogati, più in generale, sulla eventuale idoneità di soggetti privati a svolgere le funzioni di centrali di committenza.
La questione è stata sollevata e risolta, in senso negativo, dinanzi all'ANAC con delibera n. 195 del 23 aprile 2024, in riferimento alla qualificazione di Asmel scarl come centrale di committenza.
La problematica si è posta in virtù della lettura in combinato disposto dell'art. 1, lett. a, allegato I.1 al codice, secondo cui per stazione appaltante s'intende: «qualsiasi soggetto pubblico o privato che affida contratti di appalto di lavori, servizi e forniture e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del codice» e quella di centrale di committenza, di cui all'art. 1, lett. i, allegato I.1, secondo cui tale deve intendersi «una stazione appaltante o un ente concedente che fornisce attività di centralizzazione delle committenze in favore di altre stazioni appaltanti o enti concedenti e, se del caso, attività di supporto all'attività di committenza».
Il rinvio, per la definizione del concetto di centrale di committenza a quello di stazione appaltante, nella quale si fanno rientrare soggetti pubblici e privati, ha posto la questione relativa alla riconducibilità nella prima categoria, anche di soggetti privati.
La soluzione adottata dall'ANAC è stata nel senso di escludere tale eventualità, sul presupposto per cui la definizione nazionale debba intendersi il frutto di una mera semplificazione definitoria non in grado di contravvenire a principi consolidati anche nell'ordinamento europeo.
Infatti, ripercorrendo i principi posti dalla CGUE, sentenza 5.6.2020, C-3/19, in cui si è affermato, tra l'altro, che «non si può ritenere che le centrali di committenza offrano servizi su un mercato aperto alla concorrenza delle imprese private» (§ 63) e che «una centrale di committenza agisce in qualità di amministrazione aggiudicatrice al fine di provvedere ai bisogni di quest'ultima, e non in quanto operatore economico, nel proprio interesse commerciale» (§ 64), l'ANAC ha ribadito che «la funzione di centralizzazione delle committenze è un'attività rivolta all'ente e rappresenta una funzione istituzionale pubblica che risulta strategica al perseguimento di obiettivi fondamentali per le pubbliche amministrazioni»
Per cui, stando a principi espressi dalla Corte di Giustizia Europea, per il momento ancora consolidati, le centrali di committenza debbano essere soggetti pubblici che possono svolgere in base ad affidamenti diretti da parte delle amministrazioni l'attività di committenza, che è loro tendenzialmente riservata.
Si è optato, dunque, in continuità con il passato, per una qualificazione in termini pubblicistici dell'attività di centralizzazione della committenza.
Sulla base di tali presupposti, l'ANAC è giunta altresì a sostenere che nemmeno la qualificazione in termini di organismo di diritto pubblico è per ciò solo sufficiente per far ritenere un soggetto (nel caso di specie trattavasi, lo si è detto, della società consortile Asmel) idoneo a svolgere le funzioni di centrali di committenza.
E infatti, si legge nella delibera ANAC: «la definizione di organismo di diritto pubblico si è resa indispensabile esclusivamente per consentire l'applicazione di norme europee che disciplinano le procedure di affidamento di beni, servizi e lavori anche a quei soggetti che solo per specifiche attività possono essere equiparati alle amministrazioni pubbliche. In altre parole, la predetta nozione è finalizzata a regolare l'applicazione di norme pubblicistiche al rapporto “esterno” tra la società e i privati, in funzione di tutela e promozione della concorrenza. Al contrario, tale qualificazione non è rilevante e non è applicabile ai fini della valutazione generale di tutte le restanti attività e delle prerogative di spettanza esclusiva delle amministrazioni pubbliche».
Pertanto, deve ritenersi che anche con riferimento agli organismi di diritto pubblico sia da escludere la qualificazione sic et simpliciter in termini di centrali di committenza, in quanto il riconoscimento di tale figura, come ente pubblico cangiante, dinamico e funzionale, mira a evitare di sottrarre spazi di applicazione della normativa codicistica che potrebbero comportare la sostanziale vanificazione degli obiettivi comunitari di non discriminazione e tutela della concorrenza su cui si basa l'intero sistema ad evidenza pubblica, senza però voler interferire sulle modalità con le quali i singoli ordinamenti nazionali effettuano il conferimento di funzioni e prerogative di pertinenza esclusiva della Pubblica Amministrazione.
A ulteriore conferma e sostegno al ragionamento esposto, si pone la ratio complessiva del sistema di qualificazione e, nello specifico, dall'art. 62, comma 11, del d.lgs. 36/2023, che invece e a contrario, prevede espressamente che le attività di committenza ausiliaria possono essere affidate, seguendo le procedure del codice, anche a soggetti privati.
Di conseguenza, prosegue l'ANAC nel suo ragionamento, se un se privato è autorizzato, per legge, a fornire solo la residuale attività di committenza ausiliaria, non gli si potrà attribuire l'attività principale di maggiore rilevanza giuridica ed economica della centralizzazione della committenza, se non per specifica disposizione di legge o salvo il ricorrere i presupposti per l'applicazione dell'in house providing.
Tanto accade, ad esempio, per Consip s.p.a. che è qualificabile per legge come organismo di diritto pubblico quando agisce in qualità di centrale di committenza per le autorità sub-centrali, mentre, secondo quanto indicato nell'Allegato III dello stesso codice, Consip è qualificabile come ente pubblico nazionale quando agisce come centrale di committenza per le amministrazioni centrali. Nell'Allegato I.1 al d.lgs. 36/2023, infatti, viene ribadito che Consip è qualificabile come ente pubblico nazionale solo quando agisce come centrale di committenza per le amministrazioni centrali, mentre, come previsto dalla specifica normativa, agisce come organismo di diritto pubblico abilitato ex lege a svolgere la funzione di centrale di committenza per le altre amministrazioni non centrali.
In conclusione, nell'ordinamento italiano affinché un ente privato possa ritenersi legittimato ad operare quale centrale di committenza si ritiene che occorra il rispetto di specifiche disposizioni normative disciplinanti la materia (che, nel caso di specie, l'ANAC non ha ritenuto ricorrere per Asmel scarl).
Ambito oggettivo di applicazione
In riferimento all'ambito oggettivo di applicazione, l'art. 62 del nuovo codice definisce le soglie di operatività per le stazioni appaltanti, senza che le stesse siano obbligate a ricorrere a soggetti aggregatori o centrali di committenza.
S'introduce, dunque, la distinzione fra stazioni appaltanti libere di procedere autonomamente entro determinate soglie, e stazioni appaltanti qualificate.
Al comma 1, infatti, è disposto che tutte le stazioni appaltanti, fermi restando gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa, possano procedere direttamente e autonomamente all'acquisizione di forniture e servizi di importo non superiore alle soglie previste per gli affidamenti diretti, e all'affidamento di lavori d'importo pari o inferiore a 500.000 euro.
Questa soglia, in particolare, è stata reputata dai primi commentatori, sin troppo elevata, perché di fatto consentirebbe alla gran parte delle stazioni appaltanti presenti nel nostro territorio, di continuare ad operare singolarmente, ossia senza ricorrere alla centralizzazione delle committenze.
Per poter effettuare le procedure di aggiudicazione al di sopra di tali soglie, invece, alle stazioni appaltanti è posta una duplice alternativa: o devono essere qualificate ai sensi dell'articolo 63 e dell'allegato II.4 al codice dei contratti, oppure dovranno necessariamente ricorrere alle centrali di committenza o ai soggetti aggregatori.
E invero, per le procedure sopra tali soglie, è fatto divieto all'ANAC di rilasciare il codice identificativo di gara (CIG) alle stazioni appaltanti non qualificate.
Le stazioni appaltanti qualificate, invece, al di là delle procedure inferiori alle soglie definite dal comma 1, dell'art 62, sono legittimate, alternativamente, a:
a) effettuare, in funzione dei livelli di qualificazione posseduti, gare di importo superiore alle soglie indicate al comma 1;
b) acquisire lavori, servizi e forniture avvalendosi di una centrale di committenza qualificata;
c) svolgere attività di committenza ausiliaria ai sensi del comma 11, dell'art 62;
d) procedere mediante appalto congiunto ai sensi del comma 14 del medesimo articolo;
e) procedere mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione secondo la normativa vigente dalle centrali di committenza qualificate;
f) procedere all'effettuazione di ordini su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza anche per importi superiori ai livelli di qualificazione posseduti, con preliminare preferenza per il territorio regionale di riferimento. Se il bene o il servizio non è disponibile o idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno della stazione appaltante, oppure per ragioni di convenienza economica, la stazione appaltante potrà agire, previa motivazione, senza limiti territoriali;
g) eseguire i contratti per conto delle stazioni appaltanti non qualificate nelle ipotesi in cui risultino qualificate per l'esecuzione, ai sensi dell'art. 62, comma 6, lettera g) e art. 63.
Pare evidente che, la scelta di procedere direttamente e autonomamente all'acquisizione di lavori, servizi o forniture, o piuttosto di ricorrere a centrali di committenza o, ancora, di svolgere attività di committenza ausiliaria o di procedere ad appalti congiunti, sia rimessa a una valutazione discrezionale, di opportunità, della stazione appaltante.
Purtuttavia, si potrebbe ritenere che tale scelta, dovendo rispettare criteri di buona amministrazione, per come rafforzati dal principio generale del risultato, posto dall'art. 1 del nuovo codice dei contratti, dovrà essere effettuata sulla base di una valutazione ponderata che tenga in considerazione, da un lato le esigenze di contenimento di spesa e dall'altro ragioni di efficientamento nello svolgimento delle procedure e finanche nell'esecuzione della stessa commessa pubblica.
Diversamente, le stazioni appaltanti non qualificate, ai sensi del comma 2, dell'articolo 63, fatta salva la possibilità di procedere direttamente e autonomamente all'acquisizione di lavori, servizi o forniture per le procedure inferiori alle soglie poste dal comma 1, dell'art. 62, potranno nell'ipotesi inversa:
a) procedere all'acquisizione di forniture, servizi e lavori ricorrendo a una centrale di committenza qualificata;
b) ricorrere per attività di committenza ausiliaria, a centrali di committenza qualificate e a stazioni appaltanti qualificate;
c) procedere ad affidamenti per servizi e forniture di importo inferiore alla soglia europea di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 14 nonché ad affidamenti di lavori di manutenzione ordinaria d'importo inferiore a 1 milione di euro mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate secondo la normativa vigente;
d) effettuare ordini su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate e dai soggetti aggregatori, con preliminare preferenza per il territorio regionale di riferimento. Se il bene o il servizio non è disponibile o idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno della stazione appaltante, oppure per ragioni di convenienza economica, la stazione appaltante potrà agire, previa motivazione, senza limiti territoriali;
e) eseguire i contratti per i quali sono qualificate esclusivamente per l'esecuzione;
f) eseguire i contratti affidati ai sensi delle lettere b) e c);
g) qualora non siano qualificate per l'esecuzione, ricorrono a una stazione appaltante qualificata, a una centrale di committenza qualificata o a soggetti aggregatori. In tal caso è concessa loro la possibilità di provvedere alla nomina di un supporto al RUP della centrale di committenza affidante.
Con particolare riferimento alle centrali di committenza, invece, è previsto che le stesse, in relazione ai requisiti di qualificazione posseduti, possano svolgere le seguenti attività:
a) progettare, aggiudicare e stipulare contratti o accordi quadro per conto delle stazioni appaltanti non qualificate;
b) progettare, aggiudicare e stipulare contratti o accordi quadro per conto delle stazioni appaltanti qualificate;
c) progettare, aggiudicare e stipulare convenzioni e accordi quadro ai quali le stazioni appaltanti qualificate e non qualificate possono aderire per l'aggiudicazione di propri appalti specifici;
d) istituire e gestire sistemi dinamici di acquisizione e mercati elettronici di negoziazione;
e) eseguire i contratti per conto delle stazioni appaltanti non qualificate nelle ipotesi di cui al comma 6, lettera g).
La procedura di qualificazione per le stazioni appaltanti
Per le stazioni appaltanti non qualificate, il legislatore ha previsto una specifica procedura, basata sul meccanismo del silenzio assenso e, in subordine, sull'assegnazione d'ufficio, che consentirà alle medesime di poter far affidamento su stazioni appaltanti qualificate o sulle centrali di committenza qualificate ai fini dello svolgimento della procedura di affidamento (all'art. 62, comma 10).
Più in dettaglio, è stato previsto che le stazioni appaltanti non qualificate consultino sul sito istituzionale dell'ANAC, l'elenco delle stazioni appaltanti qualificate e delle centrali di committenza qualificate, cui rivolgere domanda di svolgere la procedura di gara.
Tale domanda si intende accolta se non riceve risposta negativa nel termine di dieci giorni dalla sua ricezione. In caso di risposta negativa, la stazione appaltante non qualificata si rivolge all'ANAC, che entro quindici giorni provvederà all'assegnazione d'ufficio della richiesta a una stazione appaltante qualificata o a una centrale di committenza qualificata, individuata sulla base delle fasce di qualificazione di cui all'articolo 63, comma 2.
Eventuali inadempienze rispetto all'assegnazione d'ufficio potranno essere sanzionate ai sensi dell'articolo 63, comma 11, secondo periodo.
Il ricorso alla stazione appaltante qualificata o alla centrale di committenza qualificata: la non esclusività del criterio geografico di appartenenza
Così come era stato previsto nell'art. 37, comma 12, del d.lgs. n. 50/2016, è fatto obbligo alle stazioni appaltanti non qualificate che ricorrono ad un'altra stazione appaltante qualificata o a una centrale di committenza qualificata, di motivare la scelta del soggetto, sulla base del principio di buon andamento dell'azione amministrativa (comma 15, art. 62).
La regola, dunque, posta dal legislatore, parrebbe essere quella della concorrenza fra le centrali di committenza.
La norma lascia intendere che le stazioni appaltanti siano tenute a una valutazione comparativa nella scelta della centrale di committenza, in ragione del rapporto qualità/prezzo dei servizi da quelle resi.
Non a caso, così come nella disciplina precedente, il legislatore evoca il tema del finanziamento delle centrali di committenza, lasciando ipotizzare che vi possano essere centrali di committenza, come quelle ubicate in altro Stato membro dell'Unione europea, che a differenza di ciò che accade per le centrali di committenza italiane, che generalmente ricorrono alla fiscalità generale, richiedano un corrispettivo per la prestazione resa (c.d. accesso oneroso alla centrale di committenza). In tali casi, esigenze di contenimento della spesa in uno con il rispetto del principio di buon andamento, richiederanno una motivazione più articolata a sostegno della scelta operata.
Dall'articolato normativo, pertanto, si evince che – a differenza del passato – il criterio geografico per la scelta della stazione appaltante qualificata e per il ricorso alla centrale di committenza qualificata non sia più un criterio esclusivo e prioritario.
Più in particolare, il criterio della prossimità territoriale continua a costituire un criterio preferenziale anche nel nuovo codice, quando le stazioni appaltanti effettuano ordini a valere sugli strumenti messi a disposizione da centrali di committenza o da soggetti aggregatori. In questi casi, infatti, la possibilità di superare l'ambito territoriale, regionale di riferimento sarebbe possibile solo in caso di indisponibilità della categoria merceologica o in caso di convenienza economica (si veda l'art. 62, comma 5, lett. f), e comma 6, lett. d).
Diversamente, al di fuori di questi casi, la scelta delle stazioni appaltanti e centrali di committenza qualificate è rimessa a una più ampia discrezionalità dell'amministrazione interessata.
Infatti, l'art. 62, comma 6, lett. a), si limita a prevedere che le stazioni appaltanti non qualificate acquisiscono commesse pubbliche ricorrendo a «una» centrale di committenza senza null'altro specificare.
Ancora, è altresì previsto che le stazioni appaltanti possano anche ricorrere a una centrale di committenza ubicata in altro Stato membro dell'Unione europea per le attività di centralizzazione delle committenze svolte nella forma di acquisizione centralizzata di forniture o servizi a stazioni appaltanti oppure nella forma di aggiudicazione di appalti o conclusione di accordi quadro per lavori, forniture o servizi destinati a stazioni appaltanti. La fornitura di attività di centralizzazione delle committenze da parte di una centrale di committenza ubicata in altro Stato membro deve essere effettuata conformemente alle disposizioni nazionali dello Stato membro in cui è ubicata la centrale di committenza (art. 62, comma 16).
Il legislatore, inoltre, si è preoccupato di indicare in dettaglio gli strumenti attraverso cui le stazioni appaltanti non qualificate possono concretizzare intese o accordi con le altre stazioni appaltanti qualificate o le centrali di committenza.
Infatti, al comma 9, dell'art. 62, è stato espressamente previsto che il ricorso alla stazione appaltante qualificata o alla centrale di committenza qualificata sia formalizzato mediante un accordo ai sensi dell'articolo 30 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, o mediante altra modalità idonea a disciplinare i rapporti in funzione della natura giuridica della centrale di committenza.
Inoltre, è altresì disposto che, fermi restando gli obblighi per le amministrazioni tenute all'utilizzo degli strumenti di acquisto e negoziazione messi a disposizione dai soggetti aggregatori, le stazioni appaltanti qualificate e le centrali di committenza qualificate possano anche attivare delle convenzioni cui possono aderire le restanti amministrazioni di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, indipendentemente dall'ambito territoriale di collocazione della stazione appaltante o centrale di committenza qualificata. Ossia, i soggetti che, di fatto, non sarebbero obbligati a ricorrere a meccanismi di acquisizione e negoziazione mediante centrali di committenza o soggetti aggregatori, potrebbero usufruire delle convenzioni da queste da queste attivate, così adeguandosi ai parametri di prezzo e qualità ivi utilizzati. Pertanto, fermi restando gli obblighi connessi ai rapporti con i soggetti aggregatori, le stazioni appaltanti qualificate e le centrali di committenza potranno attivare convenzioni cui possono aderire le restanti amministrazioni indipendentemente dal criterio geografico.
Dalla disciplina vigente, dunque, emerge una chiara differenza rispetto al passato: la scelta delle stazioni appaltanti qualificate o delle centrali di committenza qualificate non è più strettamente legata al criterio territoriale o geografico.
Fino ad oggi in cui i principali strumenti di aggregazione delle committenze erano strutturati a livello territoriale o meglio locale, il criterio geografico rappresentava il criterio prioritario per l'individuazione della centrale di committenza.
Conferme indirette possono trarsi anche dall'art. 9, comma 2, del d.l. n. 66/2014 in materia di soggetti aggregatori che già disponeva che «l'ambito territoriale di competenza dei soggetti … coincide con la regione di riferimento esclusivamente per le categorie merceologiche e le soglie individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri …».
Pertanto, sebbene la prossimità territoriale continui a rappresentare un criterio rilevante per le ipotesi in cui le stazioni appaltanti effettuino ordini a valere sugli strumenti di acquisto messi a disposizione delle centrali di committenza qualificate e dai soggetti aggregatori, dalle disposizioni normative si evince che, al di fuori di queste ipotesi, la scelta della stazione appaltante o della centrale di committenza debba ispirarsi piuttosto al criterio della concorrenzialità fra tali soggetti (art. 62, commi 1, 5, lett. f e comma 6, lett. d) e comma 9).
L'iscrizione all'Albo per le stazioni appaltanti qualificate, le centrali di committenza e i soggetti aggregatori
Le stazioni appaltanti qualificate, così come le centrali di committenza qualificate, e i soggetti aggregatori di cui all'art. 9 del d.l. 24 aprile 2014, n. 66 sono iscritti in un apposito elenco istituito presso l'ANAC e dalla stessa gestito.
Rientrano di diritto in tale elenco e, dunque, sono qualificate ope legis: il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, compresi i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche, Consip S.p.a., Invitalia - Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.a., Difesa servizi S.p.A., l'Agenzia del demanio, i soggetti aggregatori di cui all'articolo 9 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, Sport e salute S.p.a.
È altresì disposto che, in sede di prima applicazione, possano rientrare, in tale elenco, anche le stazioni appaltanti delle unioni di comuni, costituite nelle forme previste dall'ordinamento, delle provincie e delle città metropolitane, dei comuni capoluogo di provincia e delle regioni. Esse, tuttavia, sono iscritte con riserva.
Eventuali ulteriori iscrizioni di diritto possono essere disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita l'ANAC, previa intesa in sede della Conferenza unificata.
Pertanto, dalla disciplina in esame si evince che trattasi di un elenco aperto, periodicamente aggiornabile, sulla base dell'avvenuta verificazione del possesso dei requisiti di qualificazione.
Tale elenco è oggi disponibile al sito dell'ANAC in cui si attesta che hanno ottenuto la qualificazione ben 4.282 stazioni appaltanti e che vi sono 8.630 centrali di committenza qualificate (si v. il rapporto ANAC sulle stazioni appaltanti qualificate aggiornato al 31.03.2024).
L'ANAC ha altresì fornito indicazioni di dettaglio per la presentazione della domanda di qualificazione, della eventuale qualificazione con riserva, nonché un manuale per l'utente ai fini della qualificazione (si consulti il portale dell'ANAC al sito: anticorruzione.it/-/qualificazione-delle-stazioni-appaltanti-1).
Il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza
L'art. 63 del codice dei contratti 2023 delinea l'innovativo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, in linea con le indicazioni contenute all'art. 1, comma 2, lett. c), della legge delega n. 78/2022.
Il testo, proposto in attuazione della legge delega, recepisce le Linee Guida Anac sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, approvate con deliberazione n. 441 del 28 settembre 2022. Tali linee guida sono integralmente richiamate dall'Allegato II.4 al codice (art. 1) che, pertanto introduce la disciplina transitoria – o di prima applicazione – del sistema di qualificazione, sia per i contratti di lavori (art. 2) sia per i contratti di servizi e forniture (art. 3). Tale disciplina, come anticipato, è passibile di modifiche o future integrazioni, potendo essere sostituito, modificato o integrato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita l'ANAC, previa intesa in sede di conferenza unificata (art. 62, comma 4).
Inoltre, ai sensi dell'art. 62, comma 8, il medesimo allegato potrà essere integrato con una disciplina specifica sul funzionamento e sugli ambiti di riferimento delle centrali di committenza, in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
L'art. 63, dunque, in combinato disposto con l'allegato II.4 al codice, delinea un articolato sistema di qualificazione, che si differenzia a seconda che riguardi la verifica del possesso di requisiti di qualificazione anche solo per l'acquisizione di lavori, oppure di servizi e forniture, oppure la progettazione e l'affidamento di lavori, oppure di servizi e forniture, o riguardi sia lavori sia servizi e forniture, per le stazioni appaltanti o per le centrali di committenza, oppure la verifica del possesso di requisiti di qualificazione per l'esecuzione.
Pertanto, le stazioni appaltanti e le centrali di committenza potranno essere qualificate, alternativamente fra loro:
per la sola acquisizione di lavori, oppure di servizi e forniture;
per la progettazione e/o l'affidamento di lavori, o servizi e forniture, o entrambi;
per la progettazione e/o l'affidamento di lavori e anche per l'esecuzione dei lavori;
per la sola esecuzione dei contratti, purché iscritte all'Anagrafe Unica delle Stazioni appaltanti (AUSA) e in possesso di una figura tecnica in grado di svolgere le funzioni di RUP (regime valido sino al 31.12.2024 ai sensi dell'art. 8, comma 3, all. II.4).
Venendo, in dettaglio, all'articolazione del sistema di qualificazione, si prevedono tre categorie di requisiti: requisiti obbligatori per l'accesso al sistema di qualificazione; requisiti per la progettazione e l'affidamento; requisiti per l'esecuzione.
I requisiti obbligatori per l'accesso al sistema di qualificazione sono: a) iscrizione all'Anagrafe Unica delle Stazioni appaltanti (AUSA) di cui all'art 33-ter; del d.l. del 18 ottobre 2012, n. 179 conv. In l. n. 221/2012; b) presenza nel proprio organigramma di un ufficio o struttura stabilmente dedicata alla progettazione e agli affidamenti di lavori o di beni e servizi; c) disponibilità di piattaforme di aggiornamento digitale di cui agli artt. 25 e 26 del codice.
La qualificazione può essere richiesta anche in forma distinta per l'acquisizione dei lavori e dei beni e servizi (art. 63, comma 6).
In via generale, al comma 5, dell'art. 63, è specificato che la qualificazione ha ad oggetto le attivitàche caratterizzano il processo di acquisizione di un bene, servizio o lavoro in relazione a specifici ambiti e che essa riguarda: a) la capacità di progettazione tecnico-amministrativa delle procedure; b) la capacità di affidamento e controllo dell'intera procedura; c) la capacità di verifica sull'esecuzione contrattuale, ivi incluso il collaudo e la messa in opera.
La qualificazione per la progettazione e l'affidamento, più in particolare, si articola su tre livelli, suddivisi in base a tre fasce di importo:
a) qualificazione base o di primo livello, per servizi e forniture fino alla soglia di 750.000 euro e per lavori fino a 1 milione di euro;
b) qualificazione intermedia o di secondo livello, per servizi e forniture fino a 5 milioni di euro e per lavori fino alla soglia di cui all'articolo 14;
c) qualificazione avanzata o di terzo livello, senza limiti di importo.
Ogni stazione appaltante o centrale di committenza potrà effettuare le procedure corrispondenti al livello di qualificazione posseduto e a quelli inferiori. Per i livelli superiori si applicherà il comma 6, dell'articolo 62 (ossia il ricorso ad altre stazioni appaltanti qualificate o a centrali di committenza qualificate).
Tali livelli di qualificazione sono attribuiti dall'ANAC sulla base dei requisiti auto dichiarati dalle stesse stazioni appaltanti.
I requisiti di qualificazione per la progettazione e l'affidamento sono disciplinati in dettaglio agli dall'Allegato II.4, parte II (artt. 4, 6 e 7) e attengono, specificatamente: a) all'organizzazione della funzione di spesa e ai processi; b) alla consistenza, esperienza e competenza delle risorse umane, ivi incluso il sistema di reclutamento e la adeguata formazione del personale; c) all'esperienza maturata nell'attività di progettazione, affidamento ed esecuzione di contratti, ivi compreso l'eventuale utilizzo di metodi e strumenti di gestione informativa delle costruzioni (art. 63, comma 7).
Con particolare riferimento alla qualificazione per l'esecuzione, l'art. 8 di cui all'Allegato II.4 al codice delinea un regime transitorio, riconoscendo alle stazioni appaltanti qualificate e alle centrali di committenza qualificate per la progettazione e l'affidamento di lavori, o di servizi e forniture, o di entrambe le categorie contrattuali, l'idoneità a essere qualificate anche per l'esecuzione degli stessi sino al 31 dicembre 2024, anche per i livelli superiori alla qualifica posseduta.
Dopo tale data, la possibilità di eseguire i contratti per livelli di qualifica superiori a quella dalle medesime posseduta sarà consentita previa presentazione di una specifica domanda di qualificazione con cui dovrà valutarsi, in relazione ai contratti eseguiti nel quinquennio precedente, il possesso dei seguenti requisiti:
rispetto dei tempi previsti per i pagamenti di imprese e fornitori;
assolvimento degli obblighi di comunicazione dei dati sui contratti pubblici che alimentano le banche dati detenute o gestite dall'ANAC;
assolvimento degli obblighi di cui agli artt. 1 e 2 del d.lgs. 29 dicembre 2011, n. 229.
Diversamente, le stazioni appaltanti non qualificate per la progettazione e/o l'affidamento di lavori, o servizi e forniture, o entrambe le tipologie contrattuali, fino al 31.12.2024, potranno eseguire i contratti solo se iscritte all'AUSA e se in possesso di figura tecnica in grado di svolgere le funzioni di RUP. Dopo tale termine, anche per tali stazioni appaltanti, la possibilità di eseguire il contratto dovrà valutarsi, oltre che in base ai requisiti previsti al comma 2, del medesimo art. 8, appena sopra declinati, anche in relazione a: a) presenza nella struttura organizzativa di dipendenti con competenze specifiche in materia di contratti pubblici e di sistemi digitali; b) sistema di formazione e aggiornamento del personale; contratti eseguiti nel quinquennio precedente alla qualificazione.
Il possesso della qualificazione non è definitivo. La qualificazione, infatti, è sottoposta a periodica revisione (il punteggio di qualificazione va aggiornato ogni due anni, ex art. 11, All. II.4).
Per la revisione della qualificazione sono previsti, ai fini della valutazione, anche dei requisiti premianti, quali: la disponibilità a essere iscritti nell'elenco dei soggetti qualificati, di cui all'art. 62, comma 10, del codice dei contratti e ad effettuare affidamenti per conto di stazioni appaltanti non qualificate; aggregazione di stazioni appaltanti per lo svolgimento in comune degli affidamenti e dell'esecuzione.
Il sistema sanzionatorio
Chiude la disciplina della qualificazione, la previsione di cui all'art. 63, comma 11, che prevede un sistema sanzionatorio nel caso in cui i soggetti richiedenti la qualificazione abbiano fatto ricorso ad artifizi per comprovare il possesso dei requisiti richiesti per ottenere la suddetta qualificazione.
In caso di violazioni gravi delle disposizioni relative al sistema di qualificazione, l'ANAC potrà irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria, da 500 fino a 1 milione di euro e, nei casi più gravi, disporre la sospensione della qualificazione precedentemente ottenuta.
Secondo il disposto normativo, costituiscono violazioni gravi le dichiarazioni dolosamente tese a dimostrare il possesso di requisiti di qualificazione non sussistenti, fra cui, in particolare:
per le centrali di committenza, la dichiarata presenza di un'organizzazione stabile nella quale il personale continui di fatto a operare per l'amministrazione di provenienza;
per le stazioni appaltanti e le centrali di committenza, la dichiarata presenza di personale addetto alla struttura organizzativa stabile, che sia di fatto impegnato in altre attività;
la mancata comunicazione all'ANAC della perdita di requisiti.
Una prima applicazione del sistema sanzionatorio si è avuta proprio in relazione al caso Asmel scarl che ha portato l'ANAC, con la richiamata delibera 195/2024 alla irrogazione di una sanzione pecuniaria di euro 93.000,00 nonché alla sospensione della qualificazione ottenuta in qualità di centrale di committenza fino al termine di validità della stessa (30 giugno 2025).
L'attività di committenza ausiliaria e gli appalti congiunti
Le centrali di committenza qualificate e le stazioni appaltanti qualificate per i livelli di cui all'articolo 63, comma 2, lettere b) e c) possono svolgere, in relazione ai requisiti di qualificazione posseduti, attività di committenza ausiliarie in favore di altre centrali di committenza o per una o più stazioni appaltanti senza vincolo territoriale con le modalità di cui al comma 9, primo periodo, dell'art. 62 (ossia mediante la formalizzazione di un accordo ai sensi dell'articolo 30 del TUEL, di cui al d.lgs. del 18 agosto 2000, n. 267, o ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, o mediante altra modalità disciplinante i rapporti in funzione della natura giuridica della centrale di committenza).
La nozione di attività di committenza ausiliaria è stata introdotta per la prima volta con la direttiva 2014/24/UE. All'art. 2, par. 1, n. 15 il legislatore europeo ha definito «attività di committenza ausiliarie» quelle attività che consistono nella prestazione di supporto alle attività di committenza, in particolare nelle forme seguenti: a) infrastrutture tecniche che consentano alle amministrazioni aggiudicatrici di aggiudicare appalti pubblici o di concludere accordi quadro per lavori, forniture o servizi; b) consulenza sullo svolgimento o sulla progettazione delle procedure di appalto; c) preparazione e gestione delle procedure di appalto in nome e per conto dell'amministrazione aggiudicatrice interessata. La medesima nozione si ritrova, oggi, nell'art. 3 dell'allegato I.1. al codice dei contratti 2023.
La disciplina europea sull'attività di committenza ausiliaria, posta nell'art. 37 della Direttiva 2014/24/UE e ulteriormente esplicata nel considerando n. 70, è stata recepita dal legislatore nell'art. 39 di cui al d.lgs. n. 50/2016. La medesima disciplina si rinviene oggi nell'art. 62, comma 11 del codice dei contratti 2023.
L'attività di committenza ausiliaria, dunque, consente a una stazione appaltante qualificata o a una centrale di committenza qualificata, di prestare un supporto allo svolgimento delle attività di committenza, tramite l'utilizzo di infrastrutture tecniche o attività di consulenza sullo svolgimento o sulla progettazione delle procedure di appalto, o ancora fornendo un supporto per la preparazione delle procedure di appalto in nome e per conto dell'amministrazione aggiudicatrice interessata, o ancora per la gestione stessa delle procedure, in nome e per conto dell'amministrazione aggiudicatrice interessata.
Così com'era disposto nel precedente art. 39, comma 2, di cui al d.lgs. n. 50/2016, il comma 11, dell'art. 62 distingue il caso in cui l'attività di committenza ausiliaria sia prestata dalla stessa centrale di committenza qualificata o stazione appaltante qualificata alla quale l'amministrazione aggiudicatrice interessata si è rivolta per far curare i propri acquisti, oppure tali servizi siano ricercati presso terzi, dunque sul mercato (art. 62, comma 11, ultimo periodo che così dispone: «Al di fuori dei casi di cui al primo periodo, le stazioni appaltanti possono ricorrere, per le attività di committenza ausiliarie, ad esclusione delle attività di cui all'articolo 3, comma 1, lettera z), punto 4, dell'allegato I.1, a prestatori di servizi individuati attraverso le procedure di cui al codice»).
Pertanto, così come chiarito da una recente pronuncia del TAR Salerno, 2 gennaio 2021, n. 1, conformemente a quanto disposto nell'art. 37, par. 4 della Direttiva 2014/24/UE, letto in combinato disposto con il più esplicativo considerando n. 70 – le cui disposizioni sono state recepite nell'art. 39 del codice 2016 e oggi nell'art. 62, comma 11 – deve ritenersi che le stazioni appaltanti abbiano la facoltà di affidare in maniera diretta, alle centrali di committenza qualificate o alle altre stazioni appaltanti qualificate, sia le attività di centralizzazione delle committenze sia le attività di committenza ausiliarie, sottratte pertanto alle regole della competizione, qualora affidate e prestate congiuntamente alle prime; le medesime attività di committenza ausiliare, qualora non siano svolte “da una centrale di committenza in collegamento con la fornitura di attività di centralizzazione delle committenze”, devono invece essere invece affidate conformemente alla medesima direttiva, quindi con procedura competitiva.
Pertanto, l'affidamento diretto delle attività di committenza ausiliarie a una centrale di committenza qualificata è possibile solo laddove la centrale di committenza già presti a favore della stazione appaltante un'attività di centralizzazione delle committenze e in relazione alla stessa; tali attività si configurano in tal caso come un ulteriore ausilio prestato in favore della stazione appaltante, volto a completare l'assistenza già fornita in relazione alle fasi prodromiche di progettazione della procedura e del contratto nonché di preparazione della documentazione di gara.
Al di fuori della suddetta ipotesi, la stazione appaltante interessata non potrà che ricercare prestatori di servizi di committenza ausiliaria sul mercato e, dunque, attraverso l'espletamento delle procedure competitive di cui al codice.
Il codice fa comunque salva la disciplina relativa ai c.d. soggetti aggregatori, di cui all'articolo 9 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 per i quali, ovviamente, a differenza dell'attività di committenza ausiliaria, vale il rispetto del vincolo territoriale.
Diversi dall'attività di committenza ausiliaria sono i c.d. appalti congiunti.
Un chiaro favor per il ricorso agli appalti congiunti occasionali è stato espresso dal legislatore europeo nel considerando n. 71, della Direttiva 2014/24/UE, secondo cui: «il rafforzamento delle disposizioni riguardanti le centrali di committenza non dovrebbe in alcun modo escludere le prassi attuali riguardanti gli appalti congiunti occasionali, ossia sistemi di acquisizione meno sistematici e istituzionalizzati o la prassi consolidata di ricorrere a prestatori di servizi che preparano e gestiscono le procedure di appalto a nome e per conto di un'amministrazione aggiudicatrice e seguendo le sue istruzioni».
Tali appalti, sempre secondo il legislatore europeo, dovrebbero essere valorizzati perché potrebbero svolgere un ruolo importante anche in collegamento con progetti innovativi.
Essi si caratterizzano, innanzitutto, per il requisito dell'occasionalità dell'aggregazione fra soggetti cui danno luogo, e poi, per la libertà delle forme con cui potrebbero effettivamente realizzarsi.
E, infatti, sempre secondo quanto suggerito dal legislatore europeo, l'appalto congiunto potrebbe assumere numerose forme diverse, che possono spaziare dall'appalto coordinato, passando per l'elaborazione di specifiche tecniche comuni per lavori, forniture o servizi che saranno appaltati da varie amministrazioni aggiudicatrici, ciascuna delle quali attuerebbe una procedura d'appalto distinta, a situazioni in cui le amministrazioni aggiudicatrici interessate attuano congiuntamente un'unica procedura d'appalto, o agendo in comune o affidando a un'amministrazione aggiudicatrice la gestione della procedura d'appalto a nome di tutte le amministrazioni aggiudicatrici.
Conformemente alle indicazioni fornite nella richiamata direttiva, succintamente, il legislatore si è limitato a riconoscere la possibilità per due o più stazioni appaltanti di decidere di svolgere congiuntamente, ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, una o più fasi della procedura di affidamento o di esecuzione di un appalto o di un accordo quadro di lavori, servizi e forniture, purché almeno una di esse sia qualificata allo svolgimento delle fasi stesse in rapporto al valore del contratto (art. 62, comma 14, codice contratti 2023).
Il regime delle responsabilità
Il codice disciplina la ripartizione delle responsabilità fra i vari soggetti, nelle diverse ipotesi in cui si ricorra ad attività di committenza ausiliaria o ad altre attività di committenza, oppure ad appalti congiunti.
In particolare, all'art. 62, comma 12, si dispone che la stazione appaltante, nell'ambito delle procedure di committenza, sia responsabile del rispetto del codice per le attività a essa direttamente imputabili, quali: a) l'aggiudicazione di un appalto nel quadro di un sistema dinamico di acquisizione gestito da una centrale di committenza; b) lo svolgimento della riapertura del confronto competitivo nell'ambito di un accordo quadro concluso da una centrale di committenza; c) ai sensi dell'articolo 59, comma 4, lettere a) e c), la determinazione di quale tra gli operatori economici parte dell'accordo quadro svolgerà un determinato compito nell'ambito di un accordo quadro concluso da una centrale di committenza.
Diversamente, ai sensi del comma 13, le stazioni appaltanti e le centrali di committenza che svolgono attività di committenza, anche ausiliaria, saranno direttamente responsabili per le attività di centralizzazione della committenza svolte per conto delle altre stazioni appaltanti o enti concedenti; a esse competerà la nomina del RUP, che curerà i necessari raccordi con la stazione appaltante beneficiaria dell'intervento, la quale a sua volta nomina un responsabile del procedimento per le attività di propria pertinenza.
Il riparto delle responsabilità, dunque, sembra fondarsi in maniera lineare sulla base del principio di attribuzione, per cui ciascun soggetto sarà chiamato a rispondere per l'attività effettivamente compiuta.
Non è previsto, nemmeno in via gradata, un regime di responsabilità solidale.
Diversamente, nel caso in cui le stazioni appaltanti abbiano fatto ricorso ad appalti congiunti, il regime delle responsabilità è un po' più articolato.
Ai sensi dell'art. 62, comma 14, le stazioni appaltanti che abbiano svolto congiuntamente una o più fasi della procedura di affidamento o di esecuzione di un appalto o di un accordo quadro di lavori, servizi e forniture, saranno responsabili in solido dell'adempimento degli obblighi derivanti dal codice. In tal caso, alle medesime compete la nomina di un unico RUP, in comune tra le stesse, in capo alla stazione appaltante delegata.
Se, invece, la procedura di aggiudicazione è effettuata congiuntamente solo in parte, le stazioni appaltanti interessate saranno congiuntamente responsabili solo per quella parte. Ciascuna stazione appaltante sarà responsabile dell'adempimento degli obblighi derivanti dal codice unicamente per quanto riguarda le parti da essa svolte a proprio nome e per proprio conto.
Appalti che coinvolgono stazioni appaltanti di Stati membri diversi
All'art. 64 del codice dei contratti 2023 viene riprodotta la disciplina in precedenza contenuta nell'art. 43 del d.lgs. n. 50/2016, ossia quella relativa agli appalti che coinvolgono stazioni appaltanti di Stati membri diversi.
Anche per questa fattispecie normativa si segnala che il legislatore ha operato un'attività di semplificazione normativa, formulando la disposizione anche in maniera più aderente al testo della direttiva 2014/24/UE, in particolare all'art. 39, par. 5.
Si tratta, in particolare, della disciplina – introdotta per la prima volta proprio con le direttive europee del 2014 – concernente gli appalti transfrontalieri, coinvolgenti più stazioni appaltanti appartenenti a differenti Stati membri.
Nella precedente dicitura normativa, il legislatore faceva specifico riferimento alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori, lasciando intendere che tale disciplina non trovasse applicazione per soggetti diversi da quelli.
Nella nuova formulazione codicistica, invece, proprio in ragione di quell'opera di razionalizzazione e semplificazione normativa di cui si è detto, più genericamente, il legislatore si riferisce alle “stazioni appaltanti”, categoria che sappiamo essere oggi utilizzata dal legislatore come espressione di una nozione onnicomprensiva della pluralità dei soggetti ad essa riconducibili.
Pertanto, deve ritenersi che la disciplina in esame trovi applicazione sia per le amministrazioni aggiudicatrici, sia per gli organismi di diritto pubblico – soggetti genericamente ricompresi in tale nozione – sia per gli enti aggiudicatori.
Il riconoscimento della possibilità di ricorrere ad appalti transfrontalieri trova chiaramente spiegazione nella volontà del legislatore europeo d'incentivare forme di cooperazione transnazionali al fine di sfruttare al massimo le potenzialità del mercato unico, in termini di economie di scala e di condivisione di rischi e benefici, soprattutto per l'attuazione di progetti innovativi.
Purtuttavia, la normativa ha stentato a trovare applicazione soprattutto per il timore e, forse, l'impreparazione dei soggetti potenzialmente coinvolti ad avviare trattative e accordi di tal fatta.
La disposizione normativa, in particolare, declina tre differenti modalità con cui si possono attuare appalti transfrontalieri.
Innanzitutto, al primo comma è prevista la possibilità per le stazioni appaltanti di poter ricorrere a centrali di committenza ubicate in altro Stato membro dell'Unione europea, purchè le stesse svolgano la propria attività conformemente alle disposizioni nazionali dello Stato membro in cui sono ubicate.
A differenza della disciplina di cui all'art. 43 del d.lgs. n. 50/2016, l'ambito di applicazione per questa fattispecie normativa non è più circoscritto alla sola ipotesi della centralizzazione delle committenze svolte nella forma di acquisizione centralizzata di forniture o servizi (giusto rinvio all'art. 37, comma 13, del codice 2016) non essendo più previsto tale limite.
Infatti, dalla lettura in combinato disposto dell'art. 64, comma 1 e art. 62, comma 16, del nuovo codice dei contratti, si evince che il ricorso a centrali di committenza appartenenti ad altri Stati membri europei sia consentito sia per le attività di centralizzazione delle committenze svolte nella forma di acquisizione centralizzata di forniture o servizi a stazioni appaltanti sia nella forma di aggiudicazione di appalti o conclusione di accordi quadro per lavori, forniture o servizi destinati a stazioni appaltanti.
Il secondo comma, invece, consente ad amministrazioni ed enti di diversi Stati membri dell'unione di aggiudicare un appalto pubblico, congiuntamente fra loro, o concludendo un accordo quadro o gestendo un sistema dinamico di acquisizione.
Il presupposto per poter operare congiuntamente è che le stesse stipulino un accordo con cui definiscano: a) la disciplina nazionale applicabile; b) il regime delle rispettive responsabilità; c) le modalità di gestione della procedura e i termini per la stipulazione dei contratti e di esecuzione dei lavori, delle forniture o dei servizi.
Il terzo comma, invece, prevede la possibilità di costituire un soggetto congiunto, anche comprendendo i gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT) di cui al regolamento CE n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006, ovvero altri soggetti istituiti in base al diritto europeo.
In tal caso, le parti dovranno sottoscrivere un accordo in cui si stabilisca che alle relative procedure di appalto si applichino, alternativamente: a) le disposizioni nazionali dello Stato membro nel quale il soggetto congiunto ha la sua sede sociale; b) le disposizioni nazionali dello Stato membro in cui il soggetto congiunto esercita le sue attività.
Infine, al quinto comma, è stabilito il regime temporale di tali accordi, essendo previsto che in base a quanto stabilito nell'atto costitutivo del soggetto congiunto, gli accordi del presente articolo possono applicarsi per un periodo indeterminato o a una generalità di appalti, oppure essere limitati a un periodo determinato, ad alcuni tipi di appalti o ad una o più aggiudicazioni di singoli appalti.
La norma non brilla di chiarezza espositiva, posto che fa riferimento al caso dei soggetti congiunti, così lasciando intendere che la stessa si colleghi alla disposizione immediatamente precedente.
E tale sarebbe l'interpretazione che, stando al par. 5 dell'art. 39 della Direttiva 2014/24/UE dovrebbe essere avvalorato.
Purtuttavia, nel secondo periodo, il legislatore parla «di accordi del presente articolo», usando il plurale a differenza della precedente versione in cui parlava dii accordo, quasi lasciando intendere che il regime temporale possa estendersi anche alle altre ipotesi di accordo contemplate nell'art. 64.
La soluzione preferibile, tuttavia, anche alla luce della direttiva europea, pare la prima.
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Sommario
Le centrali di committenza nell'ordinamento europeo
Le centrali di committenza e i soggetti aggregatori nell'ordinamento italiano. Profili storico-giuridici
La disciplina di cui all'art. 62 del d.lgs. del 31 marzo 2023, n. 36
Il ricorso alla stazione appaltante qualificata o alla centrale di committenza qualificata: la non esclusività del criterio geografico di appartenenza
L'iscrizione all'Albo per le stazioni appaltanti qualificate, le centrali di committenza e i soggetti aggregatori
L'attività di committenza ausiliaria e gli appalti congiunti