Contratto di disponibilità

Monica De Vergori
01 Febbraio 2018

Il legislatore nazionale, al fine di incentivare la crescita in Italia, nonché di superare la situazione in cui versa la finanza pubblica, è intervenuto più volte nel corso degli ultimi anni sulle fattispecie contrattuali di matrice comunitaria ascrivibili alla c.d. Public-Private Partnership (PPP); in tale modo si è cercato di coinvolgere in maniera più efficace i capitali privati nella progettazione e realizzazione delle opere pubbliche.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

Il legislatore nazionale, al fine di incentivare la crescita in Italia, nonché di superare la situazione in cui versa la finanza pubblica, è intervenuto più volte nel corso degli ultimi anni sulle fattispecie contrattuali di matrice comunitaria ascrivibili alla c.d. Public-Private Partnership (PPP); in tale modo si è cercato di coinvolgere in maniera più efficace i capitali privati nella progettazione e realizzazione delle opere pubbliche.

In particolare, l'art. 44, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (c.d. “Cresci Italia” o “decreto-liberalizzazioni”), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 s.m.i, ha introdotto nel corpo del d.lgs. 2 maggio 2006, n. 163 il contratto di disponibilità.

La disciplina dell'istituto in oggetto si trovava negli artt. 3, comma 15-bis.1 e 160-ter d.lgs. n. 163 del 2006.

Oggi, il nuovo Codice dei contratti pubblici (approvato con d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in attuazione delle Direttive comunitarie 2014/24/UE sugli appalti pubblici ordinari, 2014/25/UE sugli appalti pubblici nei settori speciali e 2014/23/UE sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, e della delega di riordino contenuta nella l. n. 11 del 2016, così come modificato dal d.lgs. n. 56 del 2017) definisce il contratto di disponibilità all'art. 3,comma 1, lett. hhh) e lo disciplina nella Parte IV, all'art. 188, norma che riprende esattamente i contenuti dell'art. 160-ter del vecchio Codice.

Si tratta di un contratto caratterizzato dall'affidamento a un operatore privato, a proprio rischio e spese, della costruzione e della messa a disposizione a favore dell'amministrazione aggiudicatrice di un'opera di proprietà privata. Ciò permette all'Amministrazione di avere la disponibilità di un'opera privata al fine dell'esercizio del pubblico servizio, dietro pagamento di un corrispettivo (cd. canone di disponibilità), senza dover sopportare i rischi connessi alla costruzione e manutenzione dell'opera stessa: il privato, infatti, mette a disposizione dell'amministrazione aggiudicatrice un bene, di cui assicura la costante fruibilità, garantendone la relativa manutenzione e la risoluzione dei vizi sopravvenuti.

Il contratto di disponibilità, il cui schema causale è individuato nella “messa a disposizione” dell'opera a fronte di un corrispettivo, è finalizzato a potenziare le forme di collaborazione – diverse dall'appalto - tra pubblico e privato.

Ciò comporta, tra l'altro, lo svolgimento di un procedimento di valutazione comparativa di evidenza pubblica.

Definizione, inquadramento sistematico e natura giuridica

Il contratto di disponibilità è stato inserito nel Titolo I, Parte IV del Codice dei contratti pubblici del 2016, dedicato al partenariato pubblico privato.

L'introduzione della nuova figura di PPP era stata operata con tre specifiche previsioni del d.lgs. n. 163 del 2006:

a) l'art. 3, comma 15-bis.1, con lo scopo di definire il contenuto del contratto di disponibilità;

b) l'art. 3, comma 15-ter, con funzione classificatoria della nuova figura contrattuale, inserita nel novero dei contratti di partnetariato pubblico-privato;

c) l'art. 160-ter, contenente la disciplina generale del contratto.

Come già avvenuto per il leasing pubblico, oggetto di specifica disciplina all'art. 160-bis c.c.p. (rubricato «locazione finanziaria di opere pubbliche e di pubblica utilità»), il legislatore aveva ritenuto che tale schema di contratto – pur con evidenti differenze – presentasse maggiori affinità con la concessione piuttosto che con l'appalto. Indubbiamente, il tratto comune di tali forme contrattuali è costituito dal ricorso a capitali privati (si parla, in questi casi, di operazioni di Finanziamento Tramite Terzi, FTT) e dalla attribuzione all'affidatario di una serie di rischi che superano il mero rischio di costruzione gravante sull'appaltatore.

Lo scopo principale perseguito dal legislatore nazionale è stato quello di mettere a disposizione degli operatori pubblici e privati uno strumento in grado di rendere appetibile il ricorso al meccanismo di collaborazione pubblico-privato proprio degli schemi del PPP.

Tali strumenti di collaborazione – nati dalla necessità di superare le difficoltà economiche della P.A. a reperire risorse necessarie ad assicurare l'erogazione di beni e servizi alla collettività – sono ad oggi accomunati sotto l'etichetta di “partenariato pubblico-privato” (PPP) ed individuano tutti i casi in cui il privato contribuisce attraverso lo svolgimento di una attività al perseguimento di interessi pubblici, condividendo con il pubblico la responsabilità e i rischi che da tale attività derivano, come meglio specificato in prima battuta a livello comunitario dal Libro Verde del 30 aprile 2004 della Commissione europea, nonché dalle successive Comunicazioni interpretative del 2005 e del 2008.

La direttiva 2014/23/UE ha introdotto una sostanziale omogeneizzazione concettuale, includendo nel concetto di concessione anche i contratti che nella nomenclatura della decisione Eurosat sono classificati come contratti di PPP (Public-Private Partnership) relativi alla costruzione di opere c.d. “fredde” (ovvero opere in cui la remunerazione del concessionario proviene direttamente dalla P.A. e non dalla tariffazione di una pluralità di utenti). La direttiva 2014/23/UE, infatti, include nella definizione di “concessioni” tutte le forme di partenariato di tipo contrattuale.

Con l'attuazione delle Direttive comunitarie ad opera del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, il partenariato pubblico-privato ha trovato una collocazione sistematica in una autonoma parte del “nuovo” Codice dei contratti pubblici (Parte IV), oltre che a livello definitorio nel nuovo art. 3, comma 1 lett. eee).

In evidenza

In generale le prescrizioni comunitarie prevedono che in un contratto di PPP il privato debba sostenere sostanzialmente il rischio di costruzione e almeno uno dei due rischi di domanda e di disponibilità, mentre la P.A. deve assumere pienamente il rischio c.d. “amministrativo”, costituito da eventi riconducibili alla sua diretta responsabilità.

È in questa prospettiva che si comprende l'inquadramento del contratto di disponibilità come forma di “partenariato pubblico-privato” di tipo contrattuale, attraverso l'integrazione dell'art.3, comma 1, lett. eee del nuovo Codice dei contratti pubblici.

Tale inquadramento comporta, inoltre, l'applicazione delle decisioni Eurosat, in particolare della decisione Eurosat 11 febbraio 2004 relativa al trattamento contabile di simili fattispecie contrattuali (art. 3, comma 1, lett. eee, d.lgs. n. 50 del 2016).

Secondo le valutazioni dottrinali compiute, il contratto di disponibilità rappresenta la forma più matura dei contratti di PPP, in relazione tanto al metodo di affidamento quanto alla distribuzione dei rischi e alla disciplina delle garanzie e alle forme di monitoraggio.

ANAC , determinazione 22 maggio 2013, n. 4

Come evidenziato dall'Anac nella determinazione del 22 maggio 2013, n. 4, il contratto di disponibilità si affianca a quelli di project financing e di locazione finanziaria di opera pubblica, introducendo un'ulteriore possibilità di esecuzione e gestione dei lavori pubblici. Si legge, infatti, nella citata determinazione: «l'attuale assetto normativo prevede, dunque, una serie di strumenti di partnetariato pubblico-privato , che vanno dai contratti di concessione finanziati sia in corporate financing sia in project financing, al contratto di disponibilità e al leasing».

L'art. 188, c.c.p., disciplina alcuni degli elementi strutturali del contratto di disponibilità, la cui definizione si rinviene nel precedente art. 3, comma 1, lett. eee.

Il contratto di disponibilità consiste nel contratto in virtù del quale:

  • l'affidatario si obbliga nei confronti dell'amministrazione aggiudicatrice alla realizzazione di un'opera (di cui mantiene la proprietà) e alla sua messa a disposizione a favore di quest'ultima;
  • l'amministrazione aggiudicatrice si obbliga al pagamento di un corrispettivo nei modi e nelle forme indicate dal citato art. 188.

L'affidatario cura a proprio rischio e pericolo la progettazione, il finanziamento e la costruzione dell'opera, per poi metterla a disposizione della P.A., che a sua volta pagherà un corrispettivo; per “messa a disposizione” si intende l'onere in capo all'affidatario di assicurare a proprio rischio alla PA la costante ed effettiva fruibilità dell'opera attraverso la perfetta manutenzione in costanza di rapporto.

In evidenza

Come si evince dalla relazione illustrativa al d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, il contratto di disponibilità è volto alla realizzazione di edifici ad uso ufficio da destinare, a fronte della corresponsione al privato di un canone cd. di disponibilità, all'utilizzo pubblico per un periodo predefinito.

La peculiarità di un simile schema contrattuale sta nel fatto che l'opera rimane di proprietà privata e tale può rimanere anche dopo il termine del rapporto contrattuale salvo diversa volontà delle parti: non si tratta, quindi di un'opera pubblica e ciò rappresenta sicuramente un elemento di discontinuità rispetto agli schemi tradizionali di PPP.

Il normotipo di riferimento è ravvisabile nella figura civilistica del leasing operativo, nel quale alla causa di godimento che assume la qualità di funzione centrale dell'intera operazione si aggiungono una serie di servizi accessori di assistenza e manutenzione del bene locato che il concedente è tenuto a prestare, con la conseguenza che il canone locato è commisurato non solo al godimento ma anche ai servizi offerti.

Proprio la causa di godimento è alla base della ragione per cui il legislatore abbia avvertito la necessità di esplicare il significato di “messa a disposizione”.

La messa a disposizione, infatti, non comporta l'assunzione del mero obbligo di garantire la disponibilità dell'opera, ma si traduce nella prestazione di servizi accessori quali quelli inerenti alla perfetta manutenzione e alla risoluzione di eventuali vizi sopravvenuti, tanto che lo stesso legislatore ha fatto riferimento al concetto di “costante fruibilità” del bene in modo che la P.A. non risenta in nessun caso dei vizi che di fatto potrebbero precludere il godimento del bene.

Il concetto di “messa a disposizione” incide, altresì, sulla delimitazione del canone di disponibilità, che potrà essere ridotto o annullato.

In evidenza: IL CONTRATTO DI DISPONIBILITA' ALLA LUCE DEL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI (d.lgs. n.50 del 2016)

NelCodice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n.50), applicabile alle procedure formalmente avviate (mediante pubblicazione dei bandi o degli avvisi o spedizione delle lettere di invito) successivamente alla sua entrata in vigore (art. 216 del decreto e comunicati ANAC-MIT del 22 aprile e del 3 maggio 2016), la disciplina del contratto di disponibilità si rinviene nella Parte IV, Titolo I.

La disciplina dei contratti di partenariato pubblico-privato trova, pertanto una sua collocazione in una autonoma parte del codice, separata rispetto alla disciplina dei contratti di concessione (previsti dalla Parte III del Codice).

Più nello specifico, la disciplina dei contratti di PPP è prevista dall'art. 3, comma 1 lett. eee), nonché dagli articoli 179 d.lgs. n. 50 del 2016 in tema di estensione della applicazione delle norme di cui alle parti I, III, V e VI agli stessi contratti di PPP e 180 e ss. del medesimo decreto legislativo.

L'art. 180 d.lgs. n. 50 del 2016 dopo aver ribadito la definizione di contratto di partenariato pubblico privato ed avendone individuato i caratteri fondamentali, al comma 8 elenca i contratti rientranti nella tipologia di contratti di PPP, in particolare: la finanza di progetto, la concessione di costruzione e di gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria di opere pubbliche, il contratto di disponibilità, nonché – con una clausola generale – qualunque altra procedura di realizzazione in partenariato di opere o servizi che presentino le caratteristiche di cui ai precedenti commi dell'art. 180 citato.

Per quanto interessa ai fini della trattazione, il contratto di disponibilità trova la sua disciplina all'interno del nuovo Codice degli appalti nell'art. 3, comma 1, lett. hhh) – che riproduce il contenuto dell'art. 3, comma 15-bis.1 d.lgs. n. 163 del 2006– e nell'art. 188 (che riproduce il contenuto dell'art. 160-ter d.lgs. n. 163 del 2006).

L'oggetto del contratto di disponibilità

Un'ulteriore considerazione da svolgere prima di analizzare più nello specifico la disciplina normativa introdotta dal legislatore nel 2012 riguarda la disposizione che definisce l'oggetto del contratto di disponibilità.

La norma (art. 3, comma 1 lett. hhh) d.lgs. n. 50 del 2016), infatti, parla espressamente di «un'opera di proprietà privata destinata all'esercizio di un pubblico servizio».

Sul punto è necessario valutare quale sia la nozione di pubblico servizio intesa dal legislatore e, più nello specifico, se tale locuzione vada intesa restrittivamente, con la conseguenza di impedire la possibilità di utilizzare la tipologia contrattuale de quo per la realizzazione di un'opera non destinata alla erogazione di un pubblico servizio.

Orientamenti a confronto: la nozione di servizio pubblico

Per un primo e consolidato orientamento tanto a livello giurisprudenziale quanto dottrinario, la natura di servizio pubblico locale va riconosciuta alle sole attività destinate a rendere un'utilità immediatamente percepibile ai singoli o all'utenza complessivamente considerata, che ne sopporta i costi direttamente, mediante pagamento di apposita tariffa, all'interno di un rapporto trilaterale e con assunzione del rischio di impresa da parte del gestore (cfr. Cons. St., Sez. V, 1 aprile 2011, n. 2012).

L'analisi della relazione illustrativa del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 offre una differente lettura della nozione di servizio pubblico. Si legge infatti nella suddetta relazione: «Attraverso l'introduzione di tale nuovo strumento (il contratto di disponibilità) si intende incentivare l'apporto di capitale privato atteso che viene ad ampliarsi il ventaglio degli strumenti di partenariato pubblico- privato attualmente configurati dal c.c.p. Attraverso la nuova procedura potranno essere realizzati edifici ad uso ufficio da destinare, per un periodo di tempo predefinito, all'utilizzo pubblico». Il legislatore, inoltre, nel Capo II c.c.p. (in cui è presente l'art. 160-ter) utilizza il concetto di “opera pubblica” nel senso di “pubblica utilità”, in modo da estendere il più possibile il novero degli interventi realizzabili con queste nuove forme contrattuali.

La disciplina

L'art. 188 d.lgs. n. 50 del 2016 contiene la disciplina generale del contratto di disponibilità, prevedendo tre distinte forme di corrispettivo (di cui due eventuali) nonché le modalità di affidamento e alcune regole particolari sulla progettazione ed il collaudo dell'opera.

Nella citata norma non sono, invece, prese in esame in modo analitico le prestazioni dell'affidatario, facendosi riferimento al concetto generico di «assunzione del rischio della costruzione» e di «gestione tecnica» dell'opera.

(Segue). Il bando di gara, il capitolato prestazionale e la progettazione dell'opera

La tendenza a comprendere nel novero dei contratti pubblici anche forme contrattuali – come il contratto di disponibilità – nelle quali l'opera non è acquisita dalla amministrazione ma è eseguita nell'interesse economico della stessa giustifica l'esigenza di procedere tramite un procedimento ad evidenza pubblica per l'affidamento del contratto.

L'art. 188 d.lgs. n. 50 del 2016) detta alcune disposizioni specifiche sull'affidamento del contratto di disponibilità.

La procedura trova inizio con la pubblicazione di un bando di gara con le modalità di cui all'art. 72 d.lgs. n. 50 del 2016) ovvero di cui all'art. 36, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016), secondo l'importo del contratto (sotto o sopra soglia di rilevanza comunitaria).

ANAC , determinazione 22 maggio 2013, n. 4

Come evidenziato dall'Anac nella determinazione del 22 maggio 2013, n. 4, la norma in esame non individua in modo esplicito la procedura di gara da seguire.

A fronte di tale lacuna normativa viene precisato che, avendo il nuovo Codice dei contratti pubblici stabilito quale criterio della aggiudicazione quello della offerta economicamente più vantaggiosa, si tratterà preferibilmente di una procedura ristretta.

Inoltre, la stessa determinazione evidenzia come «attraverso il criterio della offerta economicamente più vantaggiosa debbano essere valutati sia l'offerta tecnica, ossia il progetto preliminare presentato dai concorrenti, sia l'offerta economica relativa al canone di disponibilità. Ciò anche in considerazione del rinvio espresso all'art. 83 c.c.p., che annovera il prezzo tra le componenti da valutare in sede di aggiudicazione».

Il bando deve contenere:

a) i requisiti generali di partecipazione e di qualificazione degli operatori economici;

b) un capitolato prestazionale indicante, nel dettaglio, le caratteristiche funzionali che deve assicurare l'opera costruita e le modalità per determinare la riduzione del canone di disponibilità.

Con riguardo alla qualificazione dei concorrenti, il codice prevede espressamente ( art. 188, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016) che al contratto di disponibilità si applicano le disposizioni del Codice in materia di requisiti generali di partecipazione alle procedure di affidamento e di qualificazione degli operatori economici.

Dalla chiara formulazione della norma si evince, pertanto, che il concorrente singolo o in raggruppamento temporaneo di impresa dovrà essere in possesso, oltre che dei requisiti generali di cui all'art. 80 c.c.p., della attestazione SOA per l'esecuzione e la progettazione dell'opera, nonché dovrà avvalersi di professionisti in possesso dei requisiti di qualificazione indicati dal bando qualora tali requisiti non siano dimostrati attraverso la propria struttura tecnica; inoltre, il concorrente dovrà possedere i requisiti specifici relativi alla gestione tecnica dell'opera, ai fini della relativa messa a disposizione (ANAC, determinazione 22 maggio 2013, n. 4).

A parziale modifica dell'art. 188, comma 3, del c.c.p., l'art. 111 del Primo Correttivo al Codice (D.lgs. n. 56 del 2017) ha sostituito alle parole «progetto di fattibilità tecnico ed economica» le parole «capitolato prestazionale».

Pertanto, alla base della gara vi è un capitolato prestazionale predisposto dall'amministrazione indicante le caratteristiche tecniche e funzionali dell'opera da realizzare, nonché le modalità per operare la riduzione del canone e la soglia minima di risoluzione contrattuale.

A differenza di quanto avviene per le concessioni, nelle quali tra gli elaborati a base di gara è presente uno schema di contratto di concessione, il contratto di disponibilità viene affidato sulla base del menzionato capitolato prestazionale, che ha la funzione fondamentale di ispirare il progetto preliminare che i candidati dovranno presentare in allegato all'offerta.

Sulla base di quanto disposto dal capitolato prestazionale, l'offerta del concorrente dovrà contenere un progetto preliminare, nonché essere corredata dalla garanzia provvisoria di cui all'art. 93 e dalla prestazione della cauzione definitiva di cui all'art. 103 d.lgs. n. 50 del 2016).

Problemi applicativi

Un problema emerso dalla lettura delle normativa in oggetto riguarda il momento in cui il contratto di disponibilità può dirsi concluso, in quanto dal tenore della norma non è chiaro la stipula avvenga nel momento successivo alla aggiudicazione ovvero in seguito alla venuta ad esistenza dell'opera.

Nel silenzio della norma, è stata ritenuta preferibile la prima soluzione in quanto:

1) è con l'aggiudicazione che nasce il legame tra l'opera da realizzarsi e l'interesse dell'amministrazione a farla realizzare per poi utilizzarla, ed inoltre è con l'aggiudicazione che è possibile tracciare i profili sostanziali dell'opera e quindi i relativi costi sulla base dei quali computare il canone;

2) a decorrere dalla aggiudicazione sorge il problema di acquisire le aree di sedime sulle quali dovrà sorgere l'infrastruttura.

In merito alla fase di esecuzione, l'art. 188, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016) prevede che, al momento dell'aggiudicazione della gara, l'aggiudicatario deve predisporre il progetto definitivo e quello esecutivo compatibilmente con quanto previsto dal capitolato prestazionale e con le norme e i provvedimenti di pubbliche autorità.

Anche le eventuali varianti in corso d'opera finalizzate ad una maggiore economicità di costruzione o gestione dell'opera – previa comunicazione alla amministrazione aggiudicatrice e, ove prescritto, a terze autorità competenti – sono redatte a cura dell'affidatario. Dette varianti, inoltre, per effetto della modifica operata con l'art. 111, d.lgs. n. 56 del 2017, debbono rispettare il progetto di fattibilità tecnica-economica approvato dall'amministrazione aggiudicatrice. Ad una attenta analisi, tuttavia, si osserva come il legislatore sia caduto in contraddizione con quanto precedentemente affermato nel comma 3 del medesimo articolo. Difatti, mentre in quest'ultimo comma il riferimento al progetto di fattibilità è stato sostituito con quello relativo al capitolato prestazionale, diversamente, la disciplina delle varianti in corso d'opera, di cui al comma 5, continua a prevedere il rispetto del progetto di fattibilità.

In evidenza

La norma appare singolare nella parte in cui prevede che progetto e varianti siano «ad ogni effetto approvati dall'affidatario», risultando non del tutto comprensibile il motivo per cui l'affidatario dovrebbe rifiutare a sé stesso (che ha redatto i progetti e dovrà eseguirli) l'approvazione.

Sono a carico dell'affidatario anche i rischi della mancata o ritardata approvazione da parte di terze autorità competenti della progettazione e delle eventuali varianti: si tratta di un'ulteriore specificità del contratto di disponibilità, in quanto tradizionalmente tali rischi sono invece a carico della stazione appaltante (es. nei contratti di appalto, di concessione e nella locazione finanziaria di opere pubbliche).

Infine, l'art. 188, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016stabilisce che l'amministrazione aggiudicatrice possa attribuire all'affidatario il ruolo di autorità espropriante ai sensi del testo unico di cui al d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327.

Problemi applicativi

Si pone, inoltre, l'ulteriore questione delle aree demaniali e cioè se esse possano o meno essere destinate a costituire il sedime di opere che, pur se destinate ad un pubblico servizio, rimangono di proprietà del privato. Tale aspetto va valutato in relazione al fatto che, al termine del contratto di disponibilità, il privato si troverebbe ad occupare un'area demaniale senza titolo.

L'Anac, intervenuta con determinazione del 22 maggio 2013, n. 4, evidenzia sul punto che «stante il carattere privato dell'opera, il contratto di disponibilità non possa riguardare opere demaniali o da realizzarsi sul demanio pubblico».

(Segue). Il rischio di costruzione, le garanzie e la cauzione

L'art. 188, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 pone in capo all'affidatario il rischio della costruzione e della gestione tecnica dell'opera per il periodo di messa a disposizione.

Più in particolare, il contratto deve contenere le modalità di ripartizione dei rischi tra le parti, che possono comportare variazioni dei corrispettivi dovuti per gli eventi incidenti sul progetto, sulla realizzazione o sulla gestione tecnica dell'opera, derivanti anche dal sopravvenire di norme o provvedimenti cogenti di pubbliche autorità.

In evidenza

L'obbligazione dell'affidatario del contratto di disponibilità si differenzia in ciò da quella del locatore, in quanto il primo deve svolgere non solo la manutenzione ordinaria e straordinaria, ma anche tutti gli interventi necessari per l'eliminazione dei vizi anche sopravvenuti.

Ai sensi dell'art. 188, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, poi, anche in tema di redazione del progetto definitivo, esecutivo e delle eventuali varianti in corso d'opera il privato sopporta il rischio della mancata approvazione da parte di terze autorità competenti della progettazione e delle eventuali varianti.

Dalla disciplina esaminata si ricava un ruolo forte e di spiccata responsabilità attribuito alla parte privata a fronte della posizione della P.A., e ciò trova un spiegazione nella circostanza per cui l'opera rimane nella proprietà del privato, che quindi ne assume l'integrale responsabilità.

In capo all'amministrazione restano, salvo diversa determinazione contrattuale, solo i rischi sulla costruzione e gestione tecnica dell'opera derivanti da mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni, pareri, nulla osta e ogni altro atto di natura amministrativa (art. 188, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016).

Al sistema dei rischi così delineato si aggiunge il particolare regime delle garanzie, anch'esso evidentemente sbilanciato a favore della stazione appaltante. L'aggiudicatario, infatti, è tenuto a prestare garanzia ex art. 93 a corredo dell'offerta, nonché a versare la cauzione di cui all'art. 103 d.lgs. n. 50 del 2016 e la cauzione a garanzia delle penali relative alla gestione tecnica.

Nessuna garanzia, invece, è prevista a favore del privato in ordine alle ipotesi di mancato pagamento del canone da parte della P.A.

(Segue). Il collaudo

L'art. 188, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 prevede l'attività di collaudo dell'amministrazione aggiudicatrice al fine di:

  • verificare la realizzazione dell'opera;
  • accertare il puntuale rispetto del capitolato prestazionale e delle norme e disposizioni cogenti, potendo proporre modificazioni, varianti e rifacimento di lavori eseguiti, ovvero la riduzione del canone di disponibilità, sempre che siano assicurate le caratteristiche funzionali essenziali dell'opera.

L'adempimento degli impegni dell'amministrazione aggiudicatrice è, pertanto, condizionato al positivo controllo della realizzazione dell'opera ed alla messa a disposizione della stessa secondo le modalità previste dal contratto di disponibilità; il collaudo permette alla P.A. di intervenire, condizionando l'inizio del pagamento del canone di disponibilità all'affidatario.

Il collaudo è una fase essenziale per il controllo della P.A. sull'operato del privato, in quanto l'amministrazione nella fase di gara ha potuto dettare solo le caratteristiche funzionali/prestazionali dell'opera, lasciando al privato la completa gestione per la realizzazione e manutenzione dell'opera.

Nel contratto di disponibilità il collaudo assume una funzione tipica e diversa rispetto all'appalto:

  • nell'appalto il collaudo serve a verificare la rispondenza delle prestazioni eseguite a quelle pattuite, con la conseguenza di costituire il presupposto per l'accettazione dell'opera;
  • nel contratto di disponibilità, il collaudo serve per verificare che l'opera rispetti puntualmente il capitolato prestazionale e le norme tecniche cogenti, potendosi concludere con una serie di prestazioni ulteriori finalizzate ad assicurare le caratteristiche funzionali essenziali.

ANAC , determinazione 22 maggio 2013, n. 4

L'Anac con determinazione del 22 maggio 2013, n. 4, ha evidenziato come il collaudatore – in caso di contratto di disponibilità - non verifica la rispondenza dell'opera al progetto, così come avviene in generale per le opere pubbliche, bensì la rispondenza della stessa al capitolato prestazionale che fissa solo le caratteristiche tecniche e funzionali che l'opera deve assicurare. Ne consegue che «l'amministrazione, in fase di collaudo, recupera il potere di controllo sull'opera, potendo proporre modificazioni, varianti o rifacimenti ai lavori eseguiti, ovvero riduzioni del canone di disponibilità in relazione all'accertata ridotta fruibilità».

(Segue). Il canone di disponibilità, la sua riduzione e la soglia di risoluzione del contratto

L'art. 188, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 prevede che l'affidatario del contratto di disponibilità sia retribuito con tre diversi corrispettivi (di cui due meramente eventuali).

Differentemente rispetto a quanto accade per le rate di mutuo o i canoni di leasing, tali corrispettivi sono soggetti a rivalutazione monetaria: le amministrazioni dovranno, pertanto, porre una particolare attenzione alle operazioni di rivalutazione in quanto tali operazioni dovranno essere applicate solo ai valori del canone influenzati dalla dinamica dell'inflazione.

Il canone di disponibilità, il cui versamento è previsto al momento della effettiva disponibilità del bene, è il corrispettivo della messa a disposizione di un'opera perfettamente funzionante per tutta la durata contrattuale.

Nella determinazione del canone la stazione appaltante dovrà analizzare tutti gli elementi utili a determinare le spese previste per assicurare il costante livello di fruibilità, la progettazione, la realizzazione e la manutenzione dell'opera.

Alla luce del fatto che l'operatore privato è obbligato a garantire per tutto il tempo del contratto la costante fruibilità dell'opera, il Codice prevede, inoltre, che il canone sia proporzionalmente ridotto o annullato nei periodi di ridotta o nulla fruizione del bene da parte della P.A. per manutenzione, vizi o qualsiasi motivo non compreso tra i rischi posti a carico dell'amministrazione aggiudicatrice, con modalità che devono essere stabilite nel capitolato prestazionale.

La riduzione del canone risponde a precise esigenze di tutela delle parti interessate e degli utenti finali del servizio che viene erogato mediante l'opera oggetto del contratto, in modo da ottenere le più ampie garanzie in relazione agli standard fissati nel contratto.

Si deve, inoltre, tenere presente che la stazione appaltante può tutelarsi da eventuali difetti o malfunzionamenti attraverso un idoneo sistema di penali, in relazione alle quali lo stesso codice all'art. 188, comma 3, prevede un obbligo di costituzione di una garanzia pari al 10% del costo operativo del servizio (Anac, determinazione 22 maggio 2013, n. 4).

Il legislatore si è preoccupato di prevedere altresì un limite di riduzione del canone«oltre il quale il contratto è risolto» (art. 188, comma 6, Codice 2016). Si tratta di un'ipotesi di risoluzione del contratto – operante in tutte le fasi di vita del medesimo – ed avente come causa un inadempimento del capitolato tale da non permettere un ulteriore riduzione del pagamento – nel caso in cui la riduzione del canone superi una determinata soglia stabilita nell contratto, al fine di tutelare tanto i soggetti finanziatori che si vedrebbero pregiudicata la remunerazione del capitale investito, quanto l'amministrazione che si troverebbe ad erogare un servizio pubblico senza avere a disposizione le strutture necessarie adeguate al suo svolgimento.

É bene evidenziare la distinzione tra la previsione di cui all' art. 188, comma 1, lett. a) – per cui il canone può essere ridotto o annullato nei periodi di ridotta o nulla disponibilità dell'opera – da quella di risoluzione del contratto ex art. art. 188, comma 6 infatti:

  • l'annullamento del canone di cui al comma 1, lett. a) si riferisce a periodi limitati di indisponibilità di beni collegati, ad esempio, ad attività di manutenzione dell'opera o vizi/difetti “superabili”;
  • il comma 6 riguarda, invece, il mancato rispetto del limiti determinato nel contratto.
(Segue). La struttura eventuale del contratto di disponibilità: la forma c.d. traslativa

Come desumibile dalle indicazioni offerte dall'art. 188, comma 1, lett. b) e c), nel Codice 2016,, accanto alla natura di c.d. godimento, il contratto può assumere anche forma c.d. traslativa: l'effetto traslativo rappresenta un elemento eventuale del contratto, nel senso che la sua determinazione è rimessa alla libera volontà delle parti.

La remunerazione dell'affidatario può avvenire, infatti:

  • con un contributo in corso d'opera, comunque non superiore al 50% del costo di costruzione dell'opera, in caso di trasferimento della proprietà dell'opera alla amministrazione aggiudicatrice [art. 188, comma 1, lett. b), c.c.p.];
  • con un eventuale prezzo di trasferimento, parametrato, in relazione ai canoni già versati e all'eventuale contributo in corso d'opera di cui alla precedente lett. b), al valore di mercato residuo dell'opera, da corrispondere, al termine del contratto, in caso di trasferimento della proprietà dell'opera alla amministrazione aggiudicatrice (art.188 , comma 1, lett. c), c.c.p).

In tema di remunerazione tramite contributo in corso d'opera è bene precisare che questa è prevista entro un limite quantitativo del 50% del costo di costruzione; tale limite si collega alle condizioni elaborate dalla Decisione Eurosat 11 febbraio 2004 al fine di decontabilizzare l'investimento privato dal bilancio pubblico.

Il trasferimento della proprietà in capo alla P.A. sembra dover coincidere con il momento di collaudo/consegna, in quanto, diversamente opinando, il privato incorrerebbe in un evidente pregiudizio dato dal fatto di non essere più proprietario del bene in una fase precedente alla stessa conclusione del contratto.

ANAC , determinazione 22 maggio 2013, n. 4

L'Anac nella determinazione del 22 maggio 2013, n. 4 ha precisato che «qualora fosse prevista l'opzione del riscatto finale, il canone avrebbe natura mista, comprenderebbe, cioè, in analogia al leasing finanziario, due componenti: una per la messa a disposizione dell'opera ed una per il finanziamento finalizzato all'acquisto. In tal caso, oltre a stabilire la somma per il trasferimento finale dell'opera, la stazione appaltante dovrebbe quantificare le due componenti soprattutto ai fini della eventuale riduzione del canone e della risoluzione del contratto, nel caso lo stesso scendesse al di sotto della soglia prefissata. Potrebbe valutarsi, infatti, l'opportunità che la riduzione riguardi solamente la componente di disponibilità, direttamente collegata alla fruibilità dell'opera e non anche quella di finanziamento, che assolve alla diversa funzione dell'acquisto finale del bene. In ogni caso il contratto dovrebbe specificare se la riduzione si applica a entrambe le componenti oppure solo a quella di disponibilità».

Casistica

La contabilizzazione del canone di disponibilità ed il rispetto del patto di stabilità

La stipula di un contratto di disponibilità non determina indebitamento, poiché la disciplina legislativa prevede che i rischi di costruzione e di disponibilità devono essere a carico della parte privata; pertanto, la spesa per l'infrastruttura può essere contabilizzata fuori bilancio; inoltre, la somma impegnata a titolo di canone, quale corrispettivo della disponibilità dell'opera, va iscritta tra le spese correnti ed incide sui saldi rilevanti ai fini del rispetto del patto di stabilità, mentre il contributo in corso d'opera ed il prezzo di trasferimento, ove previsti, devono essere contabilizzati quali spese in conto capitale ed incidono anch'essi sui saldi rilevanti ai fini del patto, ma limitatamente all'importo delle rate annue (Corte Conti reg., Emilia-Romagna, Sez. contr., 26 ottobre 2012, n. 432).

Sommario