Ente aggiudicatore

Annarita Iacopino
29 Gennaio 2019

Come è noto, il Codice del 2006, in linea con la disciplina europea mirante a garantire una omogenea applicazione della disciplina all'interno dei diversi Stati membri, superando, così, le differenze organizzative in essi esistenti, ha ampliato la sfera soggettiva di applicazione della disciplina sugli appalti, attraendo nel suo ambito di operatività i contratti di soggetti che, al di là della loro qualificazione formale, pubblica o privata, hanno tuttavia una sostanza pubblicistica.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

Come è noto, il Codice del 2006, in linea con la disciplina europea mirante a garantire una omogenea applicazione della disciplina all'interno dei diversi Stati membri, superando, così, le differenze organizzative in essi esistenti, ha ampliato la sfera soggettiva di applicazione della disciplina sugli appalti, attraendo nel suo ambito di operatività i contratti di soggetti che, al di là della loro qualificazione formale, pubblica o privata, hanno tuttavia una sostanza pubblicistica. Tali soggetti, per ciò che attiene ai settori speciali, sono stati individuati con la locuzione “enti aggiudicatori” e, in base a quanto previsto all'art. 3, co. 29, del d.lgs n. 163 del 2006 ricondotti a tre categorie: le amministrazioni aggiudicatrici, categoria nella quale sono inclusi (art. 3, co. 25 e 26), oltre allo Stato, agli enti pubblici territoriali e agli altri enti pubblici non economici, anche gli organismi di diritto pubblico; le imprese pubbliche; i soggetti che, pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche, operano nei settori speciali in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi dal potere pubblico tramite disposizioni legislative o amministrative.

La disciplina introdotta dal d.lgs 18 aprile 2016, n. 50 si pone in linea di continuità e, conformemente alla disciplina europea, individua gli enti aggiudicatori all'art. 3, co. 1, lett. e).

Stante la decisione del legislatore di recepire in un unico testo normativo le tre Direttive europee (2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE), la su richiamata disposizione specifica la nozione di ente aggiudicatore di contratti di appalto e ente aggiudicatore di concessioni.

L'ente aggiudicatore nel Codice del 2016

L'art. 3, co. 1, lett. e), del Codice del 2016 distingue tra enti aggiudicatori di contratti di appalto (Parte II) e enti aggiudicatori di concessioni (Parte III).

Come si vedrà nel prosieguo, la nozione non coincide appieno, non qualificando quali enti aggiudicatori, per ciò che attiene ai contratti di concessione, alcuni soggetti operanti sulla base di diritti speciali o esclusivi.

Con riferimento alla Parte II del nuovo Codice, sono enti aggiudicatori:

a) le amministrazioni aggiudicatrici o le imprese pubbliche che svolgono una delle attività di cui agli artt. da 115 a 121 del nuovo Codice;

b) i soggetti che, pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche, esercitano una o più attività tra quelle di cui agli artt. da 115 a 121 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall'autorità competente;

Per ciò che concerne la Parte III, sono enti aggiudicatori quegli enti che svolgono una delle attività di cui all'Allegato II al Codice (Attività svolte dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori di cui all'articolo 164, comma 1) ed aggiudicano una concessione per lo svolgimento di una di tali attività, ed in particolare:

a) le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico o le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da uno o più di tali soggetti;

b) le imprese pubbliche;

c) gli enti diversi da quelli indicati ai precedenti punti, ma operanti sulla base di diritti speciali o esclusivi ai fini dell'esercizio di una o più delle attività di cui al suddetto Allegato II. Con riferimento a quest'ultima categoria, merita di essere rilevato, come già anticipato, che la disposizione precisa che non costituiscono enti aggiudicatori quelli cui sono stati conferiti diritti speciali o esclusivi “mediante una procedura in cui sia stata assicurata adeguata pubblicità e in cui il conferimento di tali diritti si basi su criteri obiettivi”.

La disposizione ricalca quanto previsto dall'art. 7, par. 2, della Direttiva 2014/23/UE, ma, al contrario della disciplina europea, non specifica di quali procedure si tratti. Si deve ritenere tuttavia che, nell'individuazione di tali procedure, non possa prescindersi dalla lettera della Direttiva e, dunque, che esse comprendano:

“a) le procedure d'appalto con previa indizione di gara, conformemente alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e alla direttiva 2014/25/UE, alla direttiva 2009/81/CE o alla presente direttiva;

b) le procedure ai sensi di altri atti giuridici dell'Unione, elencati nell'allegato III, che garantiscono adeguata previa trasparenza per la concessione di autorizzazioni sulla base di criteri obiettivi”.

La non piena coincidenza soggettiva della nozione di ente aggiudicatore di contratti di appalto e di contratti di concessione trova la sua giustificazione nell'art. 114, co. 4, del Codice del 2016, in virtù del quale, per ciò che riguarda gli appalti nei settori speciali, non costituiscono diritti speciali o esclusivi quei diritti concessi in virtù di una procedura ad evidenza pubblica basata su criteri oggettivi. A tal proposito, la norma precisa che costituiscono procedure atte ad escludere la sussistenza di diritti speciali o esclusivi non solo quelle previste dal Codice, ma anche tutte quelle di cui all'Allegato II della Direttiva 2014/25/UE (Elenco degli atti giuridici dell'Unione di cui all'articolo 4, paragrafo 3) in grado di garantire un'adeguata trasparenza (si noti la perfetta simmetria con le procedure richiamate dall'art. 7, par. 2, della Direttiva 2014/23/UE).

(Segue). Delimitazione della nozione

Le considerazioni che precedono consentono di rilevare che anche il

Codice del 2016

, come già il

d.lgs. n. 163 del 2006

, per la corretta individuazione della “figura” dell'ente aggiudicatore, prevede la necessaria compresenza di parametri soggettivi ed oggettivi.

Come è noto, infatti, l'

art. 207

del

Codice del 2006

richiede la sussistenza di due elementi: l'uno, a carattere soggettivo, legato alla particolare connotazione giuridica del soggetto aggiudicatore (amministrazioni aggiudicatrici, imprese pubbliche, soggetti titolari di diritti speciali o esclusivi); l'altro, a carattere oggettivo, connesso alla necessità che il soggetto operi in uno dei settori di cui agli

artt. 208-213

.

Tuttavia, ciò non basta, poiché, a norma dell'

art. 217

c.c.p.

, è necessario che il contenuto delle prestazioni oggetto dell'appalto rientri negli scopi istituzionali dell'ente aggiudicatore. Di talché, sono esclusi dall'ambito di applicazione della

d

irettiva 2004

/

17

/CE

(oggi 2014/25/UE) quegli appalti che, pur indetti da soggetti che operano nei settori speciali, non sono direttamente funzionali all'esercizio delle attività che rientrano in tali settori.

La disciplina contenuta nel

nuovo Codice

appare più snella, ma ancorata ai medesimi presupposti. Basti, a tal proposito, la lettura combinata degli

artt. 3,

co. 1, lett. e), e

114 del d.lgs. n. 50 de

l 2016

. Il legislatore del 2016 ha invece scelto di non reiterare una disposizione “gemella” dell'

art. 217 del Codice del 2006

, ma non si ritiene che ciò determini un superamento del principio della funzionalizzazione degli appalti all'esercizio di attività che rientrano nei settori speciali, anche alla luce della consolidata giurisprudenza, nazionale ed europea.

Cons. Stato, Ad.

p

len., 1

°

agosto 2011, n. 16

L'assoggettabilità dell'affidamento di un servizio alla disciplina dettata per i settori speciali non può essere desunta sulla base di un criterio solo soggettivo, relativo cioè al fatto che ad affidare l'appalto sia un ente operante nei settori speciali, ma anche in applicazione di un parametro di tipo oggettivo, attento alla riferibilità del servizio all'attività speciale.

Anche nel caso del nuovo

Codice del 2016

è dunque possibile rinvenire una prevalenza, ai fini della individuazione dell'ente aggiudicatore, del profilo oggettivo della natura della prestazione rispetto alla connotazione soggettiva dell'ente. Del resto, ciò è in linea con la ratio della disciplina comunitaria sui settori speciali che è quella di assicurare, in ragione della chiusura dei mercati che si registra in questi ambiti ed in relazione alla condizione di monopolio in cui essi versano, la concorrenza dei potenziali contraenti, mediante l'imposizione delle regole dell'evidenza pubblica: venendo meno la rilevanza e la peculiarità dell'attività, viene meno la funzione cui le disposizioni sui settori speciali sono preposte.

CGCE, 10 aprile 2008, C-393/06

, Aigner

«26 In secondo luogo, dagli

artt. 2-7 della direttiva 2004/17

risulta che il coordinamento da questa effettuato non si estende a tutti i settori dell'attività economica, ma riguarda settori specificamente definiti, come del resto rileva il fatto che tale direttiva è comunemente denominata “direttiva settoriale”. Per contro, l'ambito di applicazione della

direttiva 2004/18

abbraccia quasi tutti i settori della vita economica e giustifica così il fatto che essa venga comunemente denominata “direttiva generale”.

27 Alla luce di quanto considerato, si deve già fin da ora constatare che la portata generale della

direttiva 2004/18

e la portata ristretta della

direttiva 2004/17

richiedono che le disposizioni di quest'ultima siano interpretate restrittivamente.

28 Le frontiere tra gli ambiti di applicazione di queste due direttive sono altresì tracciate da disposizioni esplicite. Così, l'

art. 20, n. 1, della direttiva 2004/17

dispone che questa non si applica agli appalti che gli enti aggiudicatori assegnano per scopi diversi dall'esercizio delle loro attività di cui agli artt. 3-7 della medesima direttiva. A tale disposizione corrisponde, nella

direttiva 2004/18, l'art. 12,

primo comma, il quale dispone che tale direttiva non si applica agli appalti pubblici che le amministrazioni aggiudicatrici, che esercitano una o più attività di cui agli

artt. 3-7 della direttiva 2004/17

, aggiudicano per tali attività.

29 Pertanto, il campo di applicazione della

direttiva 2004/17

è strettamente circoscritto, il che non consente che le procedure ivi istituite vengano estese oltre tale campo di applicazione».

La centralità del profilo oggettivo trova conferma nell'

art.

8 del Codice del 2016

recante la disciplina dell'esclusione dall'applicazione del Codice di attività direttamente esposte a concorrenza: la condizione per l'esclusione, infatti, è data proprio dall'apertura del settore alla libera concorrenza (attività direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili), ossia dal venir meno della funzione cui la disciplina dei settori speciali è preposta.

TAR Veneto, I Sezione, 20 ottobre 2016, n. 1158

“Seguendo le coordinate ermeneutiche tracciate dall'Adunanza Plenaria del

Consiglio di Stato n. 16/2011

, ai fini dell'applicabilità del regime pubblicistico all'appalto in questione, va stabilito, sotto il profilo soggettivo, se A.E., per conto della quale è stata indetta la gara in questione, possa considerarsi una impresa operante nel settore speciale del gas e dell'elettricità e, sotto il profilo oggettivo, se il servizio in questione di stampa e imbustamento delle bollette sia riferibile al predetto settore speciale di attività. Per quanto riguarda il gas e l'energia elettrica, ai sensi dell'

art. 208 del D.Lgs. n. 163 del 2006

, la disciplina degli appalti pubblici stabilita dalla parte III del Codice per i settori speciali, si applica solo a: a) la messa a disposizione o gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di gas o di energia elettrica; b) l'alimentazione di tali reti con gas o energia elettrica. Nel caso di specie, il gruppo societario AGSM controllato da A.V. s.p.a. svolge l'attività di produzione e distribuzione dell'energia elettrica e del gas. Nell'ambito del gruppo societario, A.E. si occupa solo della vendita dell'energia sul mercato, attività come da quest'ultima rilevato, di per sé estranea a quelle sopra elencate proprie del settore speciale in questione. Tuttavia, tale attività di vendita di energia elettrica e gas non può essere apprezzata separatamente da quella svolta dal gruppo AGSM di produzione e distribuzione di energia elettrica e gas, in ragione dello stretto rapporto di controllo che lega A.E. al gruppo. A.V. s.p.a., infatti, per sua stessa ammissione, e come si legge nel sito Internet della medesima, è "l'holding di gruppo, indirizza e controlla le attività delle società controllate e ne garantisce la piena aderenza alla visione e missione aziendale". Ne deriva che l'attività di commercializzazione dell'energia elettrica e del gas svolta da A.E. costituisce un segmento dell'attività svolta dal gruppo AGSM ed è nella sostanza riferibile a tale gruppo, controllato da A.V.. D'altro canto, ragionando in termini meramente formalistici si consentirebbe ai gestori di servizi di interesse economico generale una facile elusione della disciplina prevista per gli appalti pubblici nei settori speciali, proprio attraverso la creazione di società controllate cui affidare le varie attività strumentali a quella principale, liberando le procedura di gara relative a tali attività dall'assoggettamento alle regole previste a tutela della concorrenza dei potenziali contraenti. In conclusione, per le suesposte ragioni, quanto all'elemento soggettivo, deve ritenersi che A.E. sia un'impresa pubblica operante nel settore speciale del gas e dell'energia per via del rapporto di controllo che la lega ad A.V. s.p.a.”.

Ulteriore conferma è data dalla disciplina sulle concessioni con riferimento alla quale l'art. 164, co. 1, richiamando l'Allegato II al Codice, individua specificamente le attività svolte dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori, cui i lavori o i servizi in concessione sono destinati, che determinano l'applicazione delle disposizioni codicistiche.

(Segue). Le amministrazioni aggiudicatrici quali enti aggiudicatori

La ricostruzione effettuata in precedenza ha un indubbio riflesso sulla individuazione delle amministrazioni aggiudicatrici quali enti aggiudicatori.

Cons. Stato, Ad. plen., 1° agosto 2011, n. 16

«Nel caso di amministrazioni aggiudicatrici, che sono soggetti di diritto pubblico, non sembrano esservi ostacoli ad ammettere che, per i loro appalti estranei ai settori speciali, si riespande l'applicazione della disciplina degli appalti dei settori ordinari [come si argomenta dalla già citata CGCE, 10 aprile 2008, C-393/06, Aigner, che, esclusa in un caso l'applicazione della disciplina dei settori speciali, ha ritenuto applicabile quella dei settori ordinari in quanto la stazione appaltante poteva essere qualificata come organismo di diritto pubblico]»

La statuizione dell'Adunanza Plenaria ribadisce, dunque, l'inapplicabilità all'ambito dei settori speciali della c.d. “teoria del contagio”, elaborata dalla Corte di Giustizia CE nella sentenza Mannesmann (10 novembre 1998, C-360/96) con riferimento all'organismo di diritto pubblico.

Di talché, le amministrazioni aggiudicatrici sono enti aggiudicatori e, dunque, sottostanno alla disciplina dei settori speciali solo quando l'attività rientra nell'ambito dei settori speciali come definiti dagli artt. 115-121 del d.lgs. n. 50 del 2016 o ad essi è funzionalmente connessa. Nelle restanti ipotesi, esse sono tenute a rispettare la disciplina prevista per i settori ordinari.

Soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi

La problematicità dei profili soggettivi è ancor più evidente con riferimento alla volontà del legislatore comunitario di assoggettare alle regole della concorrenza tutti quei soggetti che, indipendentemente dalla loro natura giuridica, operano secondo logiche prettamente pubblicistiche. Tra essi certamente rientrano quei soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi in virtù dei quali si vedono riservare “l'esercizio di una attività di cui agli artt. da 3 a 7 e di incidere sostanzialmente sulla capacità di altri enti di esercitare tale attività” (art. 2, par. 3 Direttiva 2004/17/CE; oggi art. 4, par. 3 direttiva 2014/25/UE, con riferimento alle concessioni, si veda l'art. 7, par. 1, lett. c).

Diritti speciali ed esclusivi

Art. 3, co. 1, d.lgs. n. 50 del 2016

lll) «diritto esclusivo», il diritto concesso da un'autorità competente mediante una disposizione legislativa o regolamentare o disposizione amministrativa pubblicata compatibile con i Trattati, avente l'effetto di riservare a un unico operatore economico l'esercizio di un'attività e di incidere sostanzialmente sulla capacità di altri operatori economici di esercitare tale attività;

mmm) «diritto speciale», il diritto concesso da un'autorità competente mediante una disposizione legislativa o regolamentare o disposizione amministrativa pubblicata compatibile con i trattati avente l'effetto di riservare a due o più operatori economici l'esercizio di un'attività e di incidere sostanzialmente sulla capacità di altri operatori economici di esercitare tale attività;

CGCE, 12 settembre 1996, C-302/94: i diritti esclusivi o speciali ai quali si fa riferimento devono essere intesi in generale come i diritti concessi dalle autorità di uno Stato membro ad un'impresa o ad un numero limitato di imprese, in base a criteri che sono obiettivi, proporzionati e non discriminatori, e che influiscono sostanzialmente sulla capacità delle altre imprese di installare o di gestire reti di telecomunicazioni o di fornire servizi di telecomunicazioni nello stesso territorio, in condizioni sostanzialmente equivalenti.

Si tratta di soggetti, quali ad esempio le ex aziende municipalizzate, che non rientrano nella categoria degli organismi di diritto pubblico i quali seguono la regole previste per le amministrazioni aggiudicatrici pur essendo titolari di diritti speciali.

La differenziazione trova conferma proprio nel dettato normativo, ed in particolare nell'art. 36, co. 8, del nuovo Codice (che ricalca l'art. nell'art. 238, co. 7, del Codice del 2006) che, con riferimento agli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria nei settori speciali, dispone che le imprese pubbliche e i soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi applicano “la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti” che, “comunque, deve essere conforme ai principi dettati dal Trattato UE a tutela della concorrenza”. Il nuovo Codice, al contrario di quanto accadeva in precedenza, nulla dice con riferimento agli “enti aggiudicatori che sono amministrazioni aggiudicatrici” (art. 238, co. 1, del Codice del 2006), per le quali deve ritenersi pacifica l'applicazione della disciplina sancita per gli appalti sotto la soglia comunitaria nei settori ordinari.

ANAC, Linee Guida n. 4, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”, approvate il 26 ottobre 2016.

“1.1 Le disposizioni di cui all'art. 36 del Codice e le presenti linee guida si applicano alle stazioni appaltanti - ad eccezione delle imprese pubbliche e dei soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi per gli appalti di lavori, forniture e servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria, rientranti nell'ambito definito dagli articoli da 115 a 121 del Codice - (di seguito solo stazioni appaltanti), che intendono affidare lavori servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all'art. 35 del Codice:

a) nei settori ordinari, ivi inclusi i servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria e i servizi sociali e gli altri servizi specifici elencati all'allegato IX;

b) nei settori speciali, in quanto compatibili.

1.2 Le imprese pubbliche e i soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi per gli appalti di lavori, forniture e servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria, rientranti nell'ambito definito dagli articoli da 115 a 121, applicano la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti, la quale, comunque, deve essere conforme ai principi dettati dal Trattato UE, in particolare quelli di non discriminazione in base alla nazionalità, parità di trattamento, di trasparenza a tutela della concorrenza”.

Si tratta di una categoria che non trova un riconoscimento unanime nella dottrina e nella giurisprudenza e che è emersa in particolari settori quali quello aeroportuale.

Sul punto la stessa AVCP (Parere AG 36/2010 del 27 gennaio 2011) aveva segnalato l'orientamento non univoco della giurisprudenza in relazione all'inclusione in questa categoria degli enti operanti nel settore aeroportuale, anche tenuto conto delle peculiarità e delle modalità operative delle singole società, dando conto delle pronunce che hanno ritenuto annoverabili tali società nella categoria degli organismi di diritto pubblico sulla base del carattere generale dell'attività (in quanto dell'infrastruttura beneficia una pluralità di soggetti) e sulla circostanza che il carattere non industriale o commerciale non è escluso dal metodo imprenditoriale utilizzato nella gestione né dalla presenza di altri soggetti operanti nel mercato di riferimento (TAR Brescia n. 254 del 2004; in termini TAR Veneto n. 3014 del 2003, con riferimento a società a prevalente capitale pubblico) e di quelle che, al contrario, hanno negato tale qualifica sulla base del suo intrinseco carattere imprenditoriale e del connesso scopo di lucro perseguito (TAR Milano, n. 266 del 2007).

In linea con questa impostazione, l'Autorità ha ritenuto che Alitalia CAI spa e la concessionaria ADR spa non possedessero i caratteri tipici dell'organismo di diritto pubblico, «essendo più correttamente riconducibili nell'alveo dei soggetti privati operanti nel settore aeroportuale in virtù di diritti speciali o esclusivi». In particolare, per ciò che riguarda ADR s.p.a., l'Autorità ha così concluso: «Le caratteristiche brevemente delineate sembrano escludere per la società le caratteristiche dell'organismo di diritto pubblico, secondo i canoni indicati dal legislatore, trattandosi di società con capitale privato, la quale pur svolgendo attività di interesse generale (gestione infrastrutture aeroportuali), svolge al tempo stesso attività di natura commerciale e non è soggetta a forme di controllo pubblico nel senso indicato dal legislatore. La stessa società è titolare di una concessione ex lege e dunque, sembra annoverabile tra i soggetti privati operanti in virtù di diritti speciali o esclusivi» (ibidem).

Una conclusione, quella dell'Autorità, che trova conferma nella decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 18 aprile 2016 e nella sentenza n. 7031 del 12 dicembre 2018 della V Sezione del Consiglio di Stato che ha riformato una decisione del TAR Lazio del novembre 2017 che aveva qualificato ADR spa come organismo di diritto pubblico, con conseguente sottoposizione della stessa società, in toto, alla disciplina del Codice dei contratti.

Cassazione, SS.UU., 18 aprile 2016, n. 7663

“[…] I servizi di natura commerciale - pur se svolti in un'area di pertinenza aeroportuale ad uso esclusivo di privati, sulla base di un rapporto tra concessionario e terzo cui l'Amministrazione concedente resti estranea - non soggiacciono alle regole del procedimento ad evidenza pubblica, risolvendosi in contratti di diritto privato, devoluti alla giurisdizione ordinaria civile (Cass., sez. unite 25 Giugno 2002 n.9233; Cass. sez.unite 25 giugno 2002 n.9288).

Il punto 3 dell'allegato A) D.Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18 (Attuazione della direttiva 96/67/CE relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità) include, infatti, nella nozione di assistenza a terra, assegnata alla cura del gestore aeroportuale, il trattamento e lo smistamento dei bagagli, la loro preparazione in vista della partenza, il caricamento e scaricamento, nonchè il trasporto degli stessi dal locale di smistamento alla sala di distribuzione: elencazione, da considerare non meramente esemplificativa, e dunque insuscettibile di interpretazione analogica al fine di ricomprendervi anche l'attività di avvolgimento con pellicola, di carattere, invece, soltanto facoltativo.

Il rilievo che tale attività sarebbe pur sempre funzionale al settore speciale di riferimento, sopra descritto, non è conclusiva: non essendo ravvisabile, in essa, alcuna relazione di strumentalità necessaria con le operazioni di assistenza a terra.

Escluso quindi che la società aeroporti di Roma sia un organismo di diritto pubblico, o impresa pubblica (D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 3, commi 26 e 28 - Codice degli appalti) trattandosi solo di un'impresa privata, titolare di diritti di esclusiva (ibidem, comma 29) - e mancando altresì il concorrente requisito oggettivo per la gara pubblica, si deve concludere che si verte in ipotesi di contratto di diritto privato, la cui cognizione appartiene al giudice ordinario civile […]”.

Per un approfondimento sulla questione oggetto della decisione delle Sezioni Unite, vedi, nella sezione Contrasti Giurisprudenziali, Affidamento in subconcessione di aree aeroportuali, di P. Vosa.

TAR Lazio, III Sezione, 30 novembre 2017, n. 11841

“[…] Deve quindi essere stabilito, in primo luogo, se AdR – concessionaria ex lege del servizio aeroportuale della capitale (legge 10 novembre 1973, n. 755) – possa ritenersi “organismo istituito per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale”: quanto sopra, non tanto per le caratteristiche dell'attività svolta, quanto per le esigenze che la stessa è preordinata a soddisfare. Non può porsi in dubbio, a tale riguardo, che la gestione di strutture, finalizzate ad assicurare la mobilità dei cittadini sul territorio, in conformità ad un diritto costituzionalmente garantito (art. 16 della Costituzione), nonché vero e proprio pilastro della normativa comunitaria, sia funzione propria dello Stato, o (secondo la tipologia del trasporto) dell'ente pubblico territoriale minore, con possibilità di gestire tale funzione anche in forma societaria o tramite concessione a privati; nè la natura privatistica del gestore, o il perseguimento da parte del medesimo di utilità economiche, frutto di efficienza imprenditoriale, possono mutare la natura della funzione, che resta intrinsecamente pubblicistica (cfr. pronuncia Mannesman cit.). Quanto agli altri requisiti, richiesti per far rientrare l'ente o la società, investiti della funzione stessa, fra gli organismi di diritto pubblico – ovvero fra i “soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente, all'applicazione della normativa comunitaria, nonchè al rispetto dei procedimenti ad evidenza pubblica, previsti dalla normativa statale o regionale”, ex art. 133 c.p.a. – è sufficiente sottolineare che la società Aeroporti di Roma s.p.a. – dopo la privatizzazione avviata nel 1997 e la dismissione, conclusa nel 2000, delle partecipazioni detenute dallo Stato (solo il 3% circa delle azioni è attualmente in mano agli enti locali) – è persona giuridica, ma non possiede il requisito del prioritario finanziamento pubblico; la maggioranza del collegio sindacale (tre su cinque componenti), tuttavia, è composta da soggetti designati dai Ministri dell'Economia e delle Finanze, delle Infrastrutture e dello Sviluppo Economico (ex art. 5, comma 2, n. 8 della legge istitutiva n. 755 del 1973) e l'attività svolta risulta soggetta ai controlli dell'Ente Nazionale per l'aviazione civile (ENAC). Quest'ultimo, che è ente pubblico non economico a norma dell'art. 2 del d.lgs. istitutivo n. 250/1997, ha compiti inerenti alla definizione di tariffe, tasse e diritti aeroportuali, alla definizione e controllo della qualità dei servizi sia a terra che di trasporto aereo, nonché all'esame e valutazione dei piani regolatori aeroportuali, dei programmi di intervento e dei piani di investimento aeroportuale, con eventuale partecipazione all'attività di gestione degli aeroporti di preminente interesse turistico; in base al regolamento n. 52 del 2014, inoltre, il citato ente esercita anche funzioni di approvazione e vigilanza sulle sub-concessioni. A norma dell'art. 16 dello Statuto di AdR, peraltro, un componente del Consiglio di Amministrazione della medesima società è nominato congiuntamente dai Comuni di Roma e di Fiumicino, nonché dalla Provincia di Roma e dalla Regione Lazio, ex art. 2449 del codice civile. La Corte dei Conti infine, ai sensi dell'art. 1, comma 172, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) esercita funzioni di controllo in ordine alla gestione economica dei beni demaniali, oggetto di concessione per i servizi aeroportuali in questione.

Appare, pertanto, complessivamente ravvisabile la nozione di controllo, che integra la sussistenza dei requisiti di cui all'art. 3, comma 1, lettera d) del d.lgs. n. 50 del 2016, corrispondente all'art. 3, comma 26, del d.lgs. n. 163 del 2006 (cfr. anche, in tema di giurisdizione, art. 133, comma 1, lettera e, n. 1 c.p.a. cit. nonché, per il principio, Cons. Stato, sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 4934, sugli aeroporti di Milano; 19 maggio 2008, n. 2280 e 1 aprile 2000, n. 1885, Cons. Stato, sez. V, 10 febbraio 2004, n. 2292; Cass. SS.UU., 12 maggio 2005, n. 9940 sugli “interporti”, intesi come sistemi integrati di trasporto).

Non incide sulle conclusioni sopra raggiunte il carattere anche imprenditoriale dell'attività, svolta dalla società di cui trattasi: l'autonomia e l'efficienza, che attengono alla fase attiva dell'esercizio delle funzioni affidate, non esclude infatti il controllo, quale relazione interorganica, nell'ambito della quale l'operato degli organi attivi può essere sindacato a livello pubblicistico, per valutare la relativa rispondenza alla legge, o alla convenienza amministrativa, o a regole tecniche di varia natura, al fine di assicurare l'ottimale perseguimento degli interessi pubblici, in considerazione dei quali l'ente è stato costituito, con esigenze non solo di legittimità, ma anche di economicità in senso lato della gestione operativa. A tale nozione di controllo – risultante dai testi normativi di riferimento (art. 3, comma 26, d.lgs. n. 163 del 2006 e art. 3, comma 1, lettera “d”, punto 3 d.lgs. n. 50 del 2016 cit.) – si è attenuta la prevalente giurisprudenza, nel definire “organismi di diritto pubblico” figure soggettive anche molto diverse fra loro, alcune delle quali estranee al finanziamento pubblico, ma mai al controllo come sopra inteso: possono ricordarsi in tal senso – a mero titolo esemplificativo – la società Poste Italiane s.p.a. (Cons. Stato, Ad. Plen., 28 giugno 2016, nn. 13, 14, 15 e 16), la RAI -Radiotelevisione s.p.a. (Cass. Civ. SS.UU., 22 dicembre 2011, n. 28330), l'ANAS (TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 5 aprile 2016, n. 280), la società Autostrade per l'Italia s.p.a. (TAR Lazio, Roma. Sez. III, 5 maggio 2016, n. 5737), la Fondazione La Biennale di Venezia (Cons. Stato, sez. VI, 8 maggio 2014, n. 2362), la Fondazione Arena di Verona (Cons. Stato, sez. VI, 17 settembre 2015, n. 5617); le Autorità Portuali (Cons. Stato, sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6146), gli Aeroporti di Milano Linate e Malpensa (Cons. Stato, sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 4934 cit. e gli stessi Aeroporti di Roma (Cons. St., sez. VI, 22 aprile 2014, n. 2026), questi ultimi solo attraverso la specificazione dei parametri identificativi degli organismi in questione (parametri che possono anche associarsi, come ampiamente dedotto, a criteri imprenditoriali di gestione: cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. VI, 30 ottobre 2012, n. 6014; Cons. Stato, sez. IV, 8 maggio 2013, ordinanza n. 2492, emessa ai sensi dell'art. 267 TFUE; sulla connotazione pubblicistica delle Fondazioni lirico-sinfoniche cfr. anche Corte Cost., 21 aprile 2011, n. 153).

Appare evidente, dunque, come l'elemento fondante dell'organismo di diritto pubblico sia appunto quello, riconducibile alla rilevanza degli interessi generali perseguiti, in rapporto ai quali non può venire meno una funzione amministrativa di controllo, anche qualora la gestione fosse produttiva di utili, come dimostra il carattere espressamente disgiunto dei requisiti, di cui al punto 3 del citato art. 3, comma 1, lettera d) del d.lgs. n. 50 del 2016: è propria dell'Amministrazione, infatti, la cura concreta di interessi della collettività, che lo Stato ritiene corrispondenti a servizi da rendere ai cittadini e che pertanto, ove affidati a soggetti esterni all'Apparato amministrativo vero e proprio, debbono comunque rispondere a corretti parametri gestionali, anche sul piano dell'imparzialità e del buon andamento”.

Cons. Stato, V Sezione, 12 dicembre 2018, n. 7031/2018

“[…] Ciò posto deve ritenersi che AdR non possa essere qualificata come organismo di diritto pubblico perché priva del requisito di cui al punto 1) del menzionato art. 3 (c.d. requisito teleologico), non risultando la stessa costituita “per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale” (esclude espressamente che AdR possa essere qualificata come organismo di diritto pubblico Cass. Civ., SS.UU., 18 aprile 2016, n. 7663).

Osta al riconoscimento del requisito in questione la circostanza che la società, operante in un mercato concorrenziale, sia gestita secondo criteri di efficacia e redditività tipici dell'imprenditore privato e con assunzione del rischio di impresa.

Il costante orientamento giurisprudenziale, sia nazionale sia eurounitario è nel senso che l'organismo di diritto pubblico si caratterizza per il suo asservimento al soddisfacimento di esigenze di interesse generale che persegue lasciandosi “guidare da considerazioni diverse da quelle economiche”, quand'anche parte della sua operatività sia svolta sul mercato (Cons. Stato, V, 18 dicembre 2017, n. 5930; 26 luglio 2016, n. 3345, 30 gennaio 2013, n. 570; Cass. Civ., SS. UU., 22 dicembre 2015, n. 25770; 9 maggio 2011, n. 10068 e 7 aprile 2010, n. 8225; Corte Giustizia UE 5 ottobre 2017, C-567/15; 10 maggio 2001, C-223/99 e C-260/99 e 10 novembre 1998, C-360/96).

Dirimente è allora l'ambito di mercato nel quale AdR si trova ad operare.

Come infatti poc'anzi accennato, la figura dell'organismo pubblico non ricorre allorché il soggetto eserciti la sua missione in un contesto economico concorrenziale con i privati e non usufruisca di misure pubbliche che lo preservino dal rischio di impresa.

Orbene AdR è una società privata che agisce, sopportando il connesso rischio d'impresa, in un mercato concorrenziale, quale deve indubbiamente ritenersi quello tra scali aeroportuali, nel quale i diversi gestori si confrontano mirando ad incentivare l'afflusso di vettori aerei (e quindi di passeggeri), attraverso la leva dei servizi offerti e dei diritti aeroportuali.

Ed invero è incontestabile che la gestione di un'infrastruttura quale un aeroporto incontra un'offerta di servizi di carattere commerciale proveniente dagli operatori del settore - in primis le compagnie aeree e quindi gli utenti di queste ultime - suscettibile di essere assicurata in condizioni di equilibrio economico, senza la necessità di sovvenzioni pubbliche. Per altro verso è del pari evidente che la conduzione di un aeroporto si colloca nell'ambito di un mercato di stampo concorrenziale, nel quale il singolo operatore si trova a competere con i gestori di aeroporti vicini aventi caratteristiche simili, sui quali la domanda dei vettori aerei può indirizzarsi.

Nel descritto quadro diventa allora irrilevante che la società sia stata costituita per soddisfare un interesse di carattere generale quale è quello alla mobilità, perché ciò che assume preminenza è la modalità con cui il detto bisogno viene perseguito.

AdR va, pertanto, ricompresa nella categoria degli “enti aggiudicatori” di cui al punto 1.2. dell'art. 3, lett. e) al codice dei contratti pubblici che contempla quei soggetti che “pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici né imprese pubbliche, esercitano una o più attività tra quelle di cui agli articoli da 115 a 121 e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall'autorità competente”.

Poiché gli operatori di cui al citato punto 1.2. sono tenuti ad applicare le norme del codice dei contratti pubblici (per la parte relativa ai settori speciali) solo se l'affidamento si pone in rapporto di mezzo a fine rispetto al settore speciale di pertinenza, occorre verificare, allo scopo di individuare il giudice cui spetta decidere la controversia, se nella specie ricorra il detto nesso di strumentalità.

AdR opera nel settore speciale di cui all'art. 119 del codice dei contratti pubblici, a mente del quale: “1. Le norme del presente capo si applicano alle attività relative allo sfruttamento di un'area geografica per la messa a disposizione di aeroporti, porti marittimi o interni e di altri terminali di trasporto ai vettori aerei, marittimi e fluviali”.

Conseguentemente la ricorrenza del ricordato rapporto di strumentalità va appurata, per quanto qui rileva, rispetto all'attività concernente lo sfruttamento del sedime aeroportuale per il funzionamento della relativa struttura.

Devono, quindi, ritenersi incluse nel perimetro di cui al trascritto art. 119 tutte le attività necessarie a soddisfare le esigenze del traffico aereo, dal momento dell'atterraggio a quello del decollo, nonché quelle immediatamente e direttamente correlate allo svolgimento del servizio di trasporto, che riguardano merci e passeggeri.

Ne consegue che l'acquisizione di beni o servizi funzionali ad attività estranee al settore speciale costituente il “core business” del concessionario o a esso solo indirettamente connesse, non è soggetta all'esperimento di procedure ad evidenza pubblica.

Sul punto giova, peraltro, rilevare che in base ad un condivisibile orientamento giurisprudenziale, la nozione di strumentalità deve essere intesa in senso restrittivo (Cons. Stato, A.P. 1° agosto 2011, n. 16; V 26 maggio 2015, n. 2639; Corte di Giustizia UE, 10 aprile 2008, C-393/06).

Il contrario convincimento in ordine al concetto di strumentalità a cui è giunto il Tribunale non può trovare fondamento, né nel “considerando” 25 della direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014, né nella delibera ANAC 13 luglio 2016 n. 758.

Il suddetto “considerando” prevede che “…le attività pertinenti nel settore aeroportuale comprendono anche i servizi forniti ai passeggeri che contribuiscono al regolare funzionamento delle strutture aeroportuali e che è legittimo attendersi da un aeroporto moderno e ben funzionante, quali servizi di vendita al dettaglio, di ristorazione pubblica e di parcheggio auto”.

Tuttavia i “considerando” delle direttive eurounitarie non hanno valore giuridico vincolante e non possono essere fatti valere per derogare alle disposizioni contenute nell'atto di cui fanno parte (Corte di Giustizia UE, 19 novembre 1998, C-162/97).

Orbene la nozione estensiva di strumentalità che vorrebbe trarsi dal tenore del “considerando” 25 non trova alcun riscontro nelle norme della direttiva 2014/23/UE, la quale, anzi, come emerge dal combinato disposto dell'art. 7, comma 1, lett. c), e dell'allegato II, punto 4, detta, in relazione ai soggetti privati che operano nei settori speciali, una disciplina degli affidamenti immutata rispetto a quella recata dalla precedente normativa, nel vigore della quale si è formato il concetto di strumentalità a cui più sopra si è fatto cenno.

Deve quindi concludersi nel senso della funzione meramente illustrativa e programmatica del detto “considerando”.

Quanto alla richiamata delibera dell'ANAC n. 758 del 2016 è sufficiente rilevare che la stessa è priva di qualunque valore vincolante per il giudice.

Come nel caso deciso con la pronuncia succitata, in seguito alla precisazione del concetto di strumentalità, occorre verificare se nella fattispecie all'esame del Collegio il servizio affidato in subconcessione da AdR possa ritersi strumentale all'esercizio dell'attività “aviation” che costituisce il “core business” di AdR medesima.

Dalla documentazione versata in atti si evince che l'attività da affidare in subconcessione consiste nell'affidamento di uno spazio da dedicare al servizio di cambiavalute presso gli aeroporti di Fiumicino e Ciampino.

Si tratta quindi di un servizio di natura commerciale offerto ai passeggeri, privo di una funzione diretta e immediata rispetto alle specifiche attività svolte da AdR nell'ambito del settore speciale di propria pertinenza (attività di “aviation”).

Mancano, dunque, nella specie, i presupposti per radicare la giurisdizione amministrativa.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in appello va accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, va dichiarata l'inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione […]”.

Sulla questione si veda, altresì, Cons. Stato, VSezione, 19 novembre 2018, n.6534, che riforma TAR Lazio, III Sezione, 30 novembre 2017, n. 11842. Tutte le decisioni citate sono disponibili nella sezione Casi e Sentenze.

Trasparenza e apertura dei mercati nei settori speciali: le regole proconcorrenziali, gli strumenti di partecipazione democratica e gli obblighi di trasparenza cui sono tenuti gli enti aggiucatori

Cons. Stato, Comm. Speciale, 1 aprile 2016, parere n. 855/2016

“Questa Commissione speciale ritiene che i principi di delega che impongono nei settori speciali la trasparenza e l'apertura dei mercati supportino la scelta del codice di estendere ai settori speciali disposizioni di maggior rigore in tema di trasparenza e pubblicità (artt. 29 e 79 codice), e quelle in materia di dibattito pubblico (art. 22): non si tratta di oneri amministrativi non necessari, ma di regole proconcorrenziali, nel primo caso, ovvero, nel secondo caso, di strumenti di partecipazione democratica delle collettività locali alle scelte di localizzazione delle opere pubbliche, ivi comprese quelle dei settori speciali quali reti ferroviarie, porti, aeroporti.

L'obiettivo della trasparenza e apertura dei mercati fa ritenere corretta anche l'ulteriore opzione del codice di estendere ai settori speciali le disposizioni in tema di albo dei commissari di gara gestito dall'ANAC; estensione peraltro limitata ai casi di appalti indetti da amministrazioni aggiudicatrici sopra soglia, e dunque con la non obbligatorietà dell'utilizzo di tale albo:

a) per gli appalti sopra soglia degli enti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici (art. 77, comma 13);

b) per gli appalti sotto soglia sia delle amministrazioni aggiudicatrici (art. 77, comma 3), sia delle imprese pubbliche che utilizzano propri regolamenti (art. 36, comma 8, coerente con il criterio specifico di delega della lett. ii) e con il (pre)vigente art. 238, comma 7)”.

Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house

ANAC – Linee guida per l'iscrizione nell'Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house previsto dall'art. 192 del d.lgs. 50/2016, approvate dal Consiglio dell'Autorità con delibera n. 235 del 15febbraio 2017, aggiornate al D.lgs. 19 aprile 217, n. 56 con deliberazione del Consiglio n. 951 del 20 settembre 2017.

Soggetti legittimati a richiedere l'iscrizione nell'elenco:

“3.1 Possono richiedere l'iscrizione nell'Elenco le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori che, al ricorrere dei presupposti previsti dall'art. 5 del Codice e dagli artt. 4 e 16 del d.lgs. 175/2016, intendano operare affidamenti diretti in favore di propri organismi in house, in forza di un controllo analogo diretto, invertito, a cascata o orizzontale sugli stessi.

3.2 Con riferimento ai servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, gli enti di governo degli ambiti ottimali istituiti o designati ai sensi dell'art. 3-bis, comma 1, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, possono richiedere l'iscrizione nell'Elenco, indicando nella domanda di iscrizione gli enti locali partecipanti ai sensi del comma 1-bis del citato art. 3-bis”.

Modalità di verifica dell'esercizio del controllo analogo:

“Ai fini della verifica dell'esercizio da parte dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore, sulla persona giuridica di cui trattasi, di un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, l'Autorità accerta la sussistenza in capo agli stessi di poteri di controllo, di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, previsti in specifiche disposizioni dell'atto costitutivo, dello statuto o di appositi patti parasociali. 6.3.1 Possono essere individuati tre diverse modalità temporali di controllo da considerarsi cumulative: a) un «controllo ex ante», esercitabile, ad esempio, attraverso: la previsione, nel documento di programmazione dell'amministrazione aggiudicatrice, degli obiettivi da perseguire con l'in house providing, anche mediante l'utilizzo di indicatori qualitativi e quantitativi; la preventiva approvazione, da parte dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore, dei documenti di programmazione, delle deliberazioni societarie di amministrazione straordinaria, degli atti fondamentali della gestione quali, la relazione programmatica, il piano degli investimenti, il piano di sviluppo, il piano industriale, il piano economico-finanziario, il piano occupazionale, gli acquisti, le alienazioni patrimoniali, e gli impegni di spesa di importi superiori ad un determinato limite, ecc. b) un «controllo contestuale», esercitabile, ad esempio, attraverso: la richiesta di relazioni periodiche sull'andamento della gestione; la verifica dello stato di attuazione degli obiettivi, con individuazioni delle azioni correttive in caso di scostamento o squilibrio finanziario; la previsione della possibilità di fornire indirizzi vincolanti sulle modalità di gestione economica e finanziaria dell'organismo in house; la previsione di controlli ispettivi; il potere di modifica degli schemi-tipo degli eventuali contratti di servizio con l'utenza. c) un «controllo ex post», esercitabile, ad esempio, in fase di approvazione del rendiconto, dando atto dei risultati raggiunti dall'organismo in house e del conseguimento degli obiettivi prefissati e fornendo indicazioni di indirizzo sugli obiettivi per la programmazione successiva. 6.3.2 A titolo esemplificativo, sono considerati idonei a configurare il controllo analogo anche gli elementi di seguito indicati: a) il divieto di cessione delle quote a privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati prescritte dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata; b) l'attribuzione all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore del potere di nomina e revoca quanto meno della maggioranza dei componenti degli organi di gestione, di amministrazione e di controllo; c) l'attribuzione all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore dei poteri di direttiva e di indirizzo e del potere di veto sulla definizione dell'organigramma dell'organismo partecipato e sulle sue modifiche o di un parere vincolante in merito all'adeguatezza dell'assetto organizzativo adottato dalla società in funzione del perseguimento dell'oggetto sociale; d) il vincolo per gli amministratori, nella gestione ordinaria e straordinaria, al rispetto delle prescrizioni impartite in sede di controllo analogo e trasfuse in appositi atti formali e vincolanti; e) la disciplina precisa e puntuale dell'esercizio del controllo da parte del socio pubblico. 6.3.3 La sussistenza del requisito del controllo analogo è accertata dall'Autorità attraverso una valutazione complessiva di tutte le circostanze del caso, mediante l'esame degli atti costituitivi, degli statuti e dei patti parasociali degli organismi coinvolti. L'onere della prova è posto a carico dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore che, al momento della presentazione della domanda di iscrizione nell'Elenco o a richiesta dell'Autorità, deve indicare gli elementi da cui si desume la sussistenza del controllo analogo e la relativa documentazione probatoria”.

Sommario