Soccorso istruttorio
03 Giugno 2020
Inquadramento
Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione
Il soccorso istruttorio rappresenta un istituto tipico dell'azione amministrativa, disciplinato in termini generali dall'art. 6, comma 1, lett. b), l. 7 agosto 1990, n. 241 s.m.i., a norma del quale il Responsabile del procedimento, nell'assolvere la propria funzione di garante dell'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria, “può” chiedere il rilascio di dichiarazioni, la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete nonché esperire accertamenti tecnici, ispezioni e ordinare l'esibizione di documenti. Rientra fra gli istituti diretti ad incentivare la leale collaborazione tra la P.A. e i soggetti coinvolti nel procedimento e discende, alla stregua di diretto corollario, dal canone costituzionale di buon andamento (Cons. St., Sez. V, 3 giugno 2010, n. 3486). Nell'ambito delle procedure di affidamento di contratti pubblici, l'istituto ha tradizionalmente trovato disciplina all'art. 46, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006. In tale specifico ambito il soccorso istruttorio si è sempre atteggiato in termini peculiari rispetto al paradigma fissato dalla legge generale sul procedimento amministrativo ed è stato definito non come una facoltà ma come doveroso ordinario modus procedendi volto a superare inutili formalismi in nome del favor partecipationis e della semplificazione, sia pure all'interno dei rigorosi limiti cui la giurisprudenza lo ha costantemente sottoposto (Cons. St., Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9). L'istituto è stato inciso da una profonda riforma (operata con d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito nella l. 11 agosto 2014, n. 114), che, nell'introdurre un procedimento di regolarizzazione obbligatoria delle dichiarazioni sostitutive relative al possesso dei requisiti di ordine generale (art. 38, comma 2-bis) lo ha esteso «ad ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara», attraverso il nuovo comma 1-ter all'art. 46 c.c.p. Il soccorso istruttorio è attualmente disciplinato all'art. 83, comma 9 del nuovo “Codice dei contratti pubblici” (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, come modificato dal d.lgs. n. 56 del 2017): la normativa del 2016, che già recava alcune importanti novità rispetto all'art. 46 del Codice del 2006 come novellato nel 2014 (e che ha trovato applicazione alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati dopo il 20 aprile 2016, ai sensi dell'art. 216, d.lgs. n. 50 del 2016), è stata ulteriormente modificata in sede di correttivo al Codice, con previsioni valevoli per le procedure e per i contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano stati pubblicati dopo il 19 aprile 2017 (d.lgs. n. 56 del 2017). Il soccorso istruttorio nel Codice del 2006
Le disposizioni introdotte nel 2014, da leggersi necessariamente in combinato, ridefiniscono i confini dell'istituto segnando una netta cesura, non solo rispetto alla disciplina generale del soccorso istruttorio contenuta nella l. n. 241 del 1990, ma anche rispetto alla conformazione che lo stesso aveva assunto in via pretoria nell'ambito delle procedure di affidamento di commesse pubbliche. La riforma è guidata dall'intento di porre fine al dilagante contenzioso relativo al possesso dei requisiti di partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica, in un'ottica di prevalenza della sostanza sulla forma e sembrava invero anticipare il recepimento della direttiva sugli appalti pubblici (Direttiva 24/2014/UE), il cui art. 56, par. 3, consente la richiesta di documenti e chiarimenti anche in caso di mancanza degli stessi, subordinando l'integrazione documentale alla condizione che «tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza».
L'inversione di prospettiva assunta dalla riforma emerge dalla lettura complessiva dell'art. 46 c.c.p. e dall'analisi degli orientamenti succedutisi fino alla modifica normativa. Il primo comma del predetto articolo (frutto del recepimento dell'art. 51 direttiva 2004/18/CE) prevede che «nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45» le stazioni appaltanti invitano «se necessario», i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni «presentati». Tale disposizione, introdotta per promuovere l'instaurazione di un rapporto improntato alla leale cooperazione tra stazione appaltante ed operatori economici, tendeva a far fronte ai dubbi sorti sul possesso dei requisiti di partecipazione dei concorrenti, consentendo all'ente affidante (ma invero obbligandolo, cfr. Cons. St., Ad. plen. 25 febbraio 2014, n. 9) di chiedere chiarimenti o integrazioni documentali evitando l'esclusione dalla gara. Il difficile bilanciamento tra gli interessi tutelati dalla norma, quello alla scelta del contraente “migliore”, in un'ottica di massima partecipazione, e quello alla par condicio rispetto ai concorrenti diligenti nella presentazione della documentazione di gara, ha generato un vivace contenzioso sui limiti contenutistici del soccorso istruttorio. In particolare, la giurisprudenza aveva precisato che il soccorso istruttorio era utilizzabile solo per chiarire o integrare il contenuto di dichiarazioni o documenti già prodotti in sede di gara, nel termine perentorio fissato dalla lex specialis, ma non per rimettere in termini i concorrenti dalla produzione di dichiarazioni o documentazioni mancanti e attinenti ad elementi essenziali dell'offerta (Con. St., Ad. plen. 25 febbraio 2014, n. 9). L'ambito di applicazione della disposizione, poi, era puntualmente circoscritto ai requisiti di partecipazione (di ordine generale; di idoneità professionale; di qualificazione relativi agli appalti di lavori pubblici; di capacità economica e tecnica dei fornitori e prestatori di servizi; di rispetto delle norme di garanzia della qualità e delle norme di gestione ambientale; di l'iscrizione negli elenchi ufficiali di fornitori o prestatori di servizi) e non poteva mai condurre a supplire a carenze dell'offerta o a completarla delle dichiarazioni mancanti dopo il termine fissato nel bando, salva la mera rettifica di errori materiali o refusi (ex plurimis, Cons. St., Sez. V, 11 febbraio 2005, n. 392; CGA, 27 dicembre 2006, n. 802; Cons. St., Sez. IV, 10 maggio 2007, n. 2254; Cons. St., Sez.V, 22 febbraio 2010, n. 1038; Cons. St., Sez. V, 9 novembre 2010, n. 7963; Cons. St., Sez. V, 11 aprile 2011, n. 2228, Cons. St., Sez. V, 31 gennaio 2012, n. 467). In ultima analisi il comma 1, per come interpretato prima della riforma, consentiva la regolarizzazione della documentazione relativa al possesso dei requisiti essenzialmente quando si trattava di porre rimedio ad incertezze o equivoci generati dall'ambiguità delle clausole del bando e della lettera d'invito o comunque presenti nella normativa applicabile alla concreta fattispecie, mentre l'inosservanza di specifici oneri documentali o dichiarativi posti a pena di esclusione determinava l'esclusione dei concorrenti. Una prima evoluzione si è registrata con l'introduzione del successivo comma 1-bis, (ad opera del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito nella l. 12 luglio 2011, n. 106), che, per arginare la logica “caccia all'errore” cui si è fatto cenno, sancisce, proprio con riferimento alle riferite clausole escludenti, il principio della tassatività delle cause di esclusione. Come chiarito anche dall'Autorità di Vigilanza nella determinazione n. 4 del 2012, la norma rappresenta la traduzione in termini normativi di un percorso già intrapreso, a livello interpretativo, dalla giurisprudenza prevalente (c.d. orientamento sostanzialista, oppostosi a quello c.d. formalista) mossa dall'esigenza di non aggravare il procedimento con oneri formali non rispondenti ad un reale interesse dell'amministrazione procedente. La disposizione individua le ipotesi (tassative) in cui è consentito procedere all'esclusione, comminando la nullità delle ulteriori clausole escludenti contenute in bandi e lettere di invito. Il comma 1-ter, prevede l'obbligo della stazione appaltante di prestare il soccorso istruttorio anche in caso di dichiarazioni mancanti o affette da vizi essenziali, assegnando al concorrente un termine non superiore a dieci giorni per la produzione o l'integrazione delle dichiarazioni e degli “elementi”, previo pagamento di una sanzione. L'esclusione rimane invece possibile solo in caso di inutile decorso del termine (i.e. quando il concorrente non provvede all'obbligo di produzione documentale o dichiarativo) o, secondo taluni, nel caso in cui la dichiarazione o il documento presentato continui ad essere viziato. Il nuovo regime è considerato espressivo dei principi del favor partecipationis – in quanto evita l'applicazione di misure espulsive nei confronti delle imprese fondate su vizi e omissioni di carattere formale – e del buon andamento dell'amministrazione, dato che l'ampliamento della platea delle offerte è funzionale all'elevazione dei livelli qualitativi e all'incremento dei risparmi di spesa (TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 22 marzo 2016, n. 434). Pertanto se, fino alla riforma, era possibile registrare un intenso contenzioso sui limiti al potere/dovere di soccorso istruttorio e sulla (spesso sottile) differenza tra chiarimenti e integrazioni legittime – per ciò che relative al contenuto di dichiarazioni o documenti già tempestivamente prodotti in sede di gara – e integrazioni vietate – in quanto relative a dichiarazioni o documentazioni mancanti e attinenti ad elementi essenziali dell'offerta –, con l'introduzione della regola generale della sanabilità delle carenze documentali il contenzioso si è specialmente spostato (senza purtroppo dirsi sopito) sulla legittimità o meno dell'esclusione operata senza attivare il soccorso o dell'escussione della cauzione a fronte dell'esercizio del soccorso istruttorio procedimentalizzato (da ultimo TAR Puglia, Bari, Sez. I, 9 marzo 2016, n. 298). Le nuove disposizioni si applicano alle procedure indette dopo il 25 giugno 2014 (data di entrata in vigore del decreto).
Il procedimento di soccorso
L'art. 46, comma 1-ter (in combinato con il 38, comma 2-bis) prevede che in caso di mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive il concorrente non è automaticamente escluso bensì gravato dall'obbligo di corrispondere una “sanzione pecuniaria” alla stazione appaltante, con assegnazione di un termine non superiore a dieci giorni per l'integrazione delle dichiarazioni carenti. Diametralmente opposto è il regime cui sono sottoposti i casi di “irregolarità non essenziali ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili”. In tali ipotesi la stazione appaltante non richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione.
L'identificazione delle categorie di vizi indicate dalla novella (il cui lessico è stato definito «infelice e foriero di incertezze interpretative ed applicative» Cons. St., Ad. plen. 30 luglio 2014, n. 16) è funzionale all'insorgenza o meno del dovere di soccorso e merita di essere brevemente analizzata. La complessità delle suddette categorie ha determinato l'intervento dell'ANAC che, con la già citata determinazione dell'8 gennaio 2015, ha declinato quattro categorie di vizi.
Con specifico riguardo ai risvolti pratici delle definizioni individuate dall'Autorità, occorre soffermarsi sul caso in cui la dichiarazione o il documento/elemento non siano prodotti (nel qual caso si pone il problema della distinzione tra le fattispecie sub b, c e d, con ciò che ne consegue in termini di applicazione delle nuovo soccorso istruttorio procedimentalizzato). La fattispecie pone due ordini di problematiche: da un lato, l'individuazione del criterio per distinguere i vizi essenziali da quelli non essenziali e/o esigibili e, dall'altro, la possibilità che la disposizione si presti a comportamenti opportunistici di soggetti che, pur essendo consapevoli di non possedere un determinato requisito, potrebbero strumentalizzare il procedimento di regolarizzazione. Quanto alla prima questione, ai sensi della Determinazione si intendono “vizi essenziali” quelle irregolarità nella redazione della dichiarazione, oltre alla relativa omissione o incompletezza, che rendano impossibile «stabilire se il singolo requisito contemplato dal comma 1 sia posseduto o meno e da quali soggetti».
La riferita incertezza su possesso e titolarità del requisito si verifica, secondo l'ANAC, nei casi in cui: 1) la dichiarazione manchi del tutto con riferimento “ad una specifica lettera” del comma 1 dell'art. 38 c.c.p. (si noti che il grado di “specificità” della dichiarazione con riferimento alle singole ipotesi escludenti di cui all'art. 38 c.c.p. deve necessariamente essere letto alla luce dell'orientamento espresso da Cons. St., Ad. plen., n. 16 del 2014, nel più rigido contesto normativo previgente, secondo cui «la dichiarazione sostitutiva relativa all'assenza delle condizioni preclusive previste dall'art. 38 c.c.p. può essere legittimamente riferita in via generale ai requisiti previsti dalla norma e non deve necessariamente indicare in modo puntuale le singole situazioni ostative previste dal legislatore»); 2) la dichiarazione non sia soggettivamente imputabile al dichiarante in quanto (i) non sottoscritta, (ii) prodotta senza allegazione del documento di identità del dichiarante o (iii) priva dell'indicazione dei soggetti di cui alle lett. b e c del comma 1 dell'art. 38 c.c.p., purché gli atti di gara richiedano espressamente tale indicazione; 3) la dichiarazione sussista ma non sia evincibile il possesso del requisito. Come chiaramente specificato dalla determinazione, a fronte della rilevata incertezza sull'ambito oggettivo e sull'imputabilità soggettiva della dichiarazione omessa o incompleta, spetta alla stazione appaltante assegnare un termine per la regolarizzazione al concorrente indicando «il contenuto e i soggetti» tenuti a rendere la dichiarazione stessa.
Quanto alla definizione di vizi non essenziali, è appena il caso di specificare che essa si ricava, in via generale e residuale, includendo tutte le irregolarità e carenze che non determinano un'incertezza sull'ambito oggettivo e sull'imputabilità soggettiva della dichiarazione e che non siano riconducibili al genus dei vizi dichiarativi “esigibili”. Con riferimento a tale ultima categoria di vizi, espressamente qualificata dall'Autorità quale tertium genus rispetto a quelli essenziali e non essenziali, giova rilevare che la relativa autonomia definitoria, per avere qualche utilità, deve riflettersi su una autonomia delle conseguenze provocate dal riscontro di un vizio dichiarativo “esigibile”. Assumendo tale prospettiva “empirica”, è possibile rilevare che soltanto il rilevamento di vizi essenziali determina l'obbligo di integrazione a pena di esclusione e il conseguente pagamento della sanzione, mentre l'accertamento di un vizio “esigibile” (similmente a quello non essenziale) non dovrebbe innescare il procedimento di regolarizzazione di cui al nuovo comma 2-bis. La categoria coniata dall'Autorità si distingue, pertanto, sul piano degli effetti, da quella dei vizi essenziali. Allo stesso modo i vizi “esigibili” si dovrebbero distinguere dai vizi non essenziali in quanto mentre il rilievo di tali ultimi vizi preclude la richiesta di integrazione (oltre che, a maggior ragione, l'imposizione del pagamento della “sanzione”), nel caso di mancanza o irregolarità di dichiarazioni o elementi “esigibili” ai fini di una celere e certa verifica del possesso dei requisiti, la stazione appaltante è legittimata a chiedere integrazioni secondo le vie del soccorso istruttorio “ordinario” (cionondimeno tale richiesta non dovrebbe essere sottoposta a un termine perentorio a pena di esclusione né a una sanzione pecuniaria). In tale prospettiva la stazione appaltante ben potrà domandare, secondo l'esemplificazione operata dalla determinazione, l'indicazione della posizione Inps, Inail e Cassa edile ai fini della verifica della regolarità contributiva, l'indicazione degli estremi del decreto relativo all'ammissione al concordato con continuità aziendale o ancora l'esatta indicazione dell'indirizzo dell'agenzia delle entrate territorialmente competente per la verifica del rispetto degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, nel rispetto della disciplina del soccorso istruttorio. Il legislatore del 2016 sembra aver percorso una strada parzialmente diversa. Dai principi e criteri direttivi enunciati dalla legge delega citata in premessa e dalla bozza circolante di Codice emerge infatti un nuovo regime per le “irregolarità formali”, ovvero per i casi “di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non essenziali”. Al riscontro di tali vizi la stazione appaltante richiede comunque la regolarizzazione con il soccorso istruttorio procedimentalizzato, ma non applica alcuna sanzione. La normativa in corso di emanazione prevede poi che l'inutile decorso del termine di regolarizzazione comporta l'esclusione del concorrente dalla gara.
(Segue). Le conseguenze della mancanza, incompletezza o irregolarità essenziale delle dichiarazioni o elementi dell'offerta
Nel caso in cui il concorrente incorra in un “vizio essenziale” prende avvio il procedimento di regolarizzazione. Più specificamente:
a) l'impresa è tenuta a pagare una sanzione pecuniaria nella misura compresa tra l'uno per mille e l'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore ad € 50.000; b) la stazione appaltante assegna un termine non superiore a 10 giorni per la integrazione documentale; c) in caso di inutile decorso del termine la stazione appaltante esclude il concorrente.
Diversamente, negli altri casi — mancata regolarizzazione non derivante dalla carenza del requisito — la stazione appaltante procederà all'esclusione del concorrente dalla gara ma non ad incamerare la sanzione.
Sempre con riferimento al novero dei soggetti tenuti a corrispondere la sanzione, la determina ha specificato che, con riferimento al RTI, questo non è soggetto diverso rispetto ai singoli concorrenti e, pertanto, ciascuno sarà tenuto al pagamento della sanzione correlata alle carenze concernenti i documenti presentati e imputabili alle singole imprese; mentre per quanto riguarda l'avvalimento, la sanzione deve essere comminata anche all'impresa ausiliaria che abbia presentato dichiarazioni non regolari ex art. 38. Sotto il profilo della modalità di corresponsione della sanzione, a norma del comma 2-bis, art. 38 c.c.p. la sanzione è garantita dalla cauzione provvisoria, ma, secondo la determinazione ANAC più volte citata, ciò non comporta un aumento del quantum della cauzione medesima. Resta fermo, tuttavia, l'obbligo di reintegrarla in caso di parziale escussione, con la specificazione che la mancata reintegrazione della cauzione costituisce causa di esclusione. Spetterà alle stazioni appaltanti l'onere di indicare nel bando l'obbligo di reintegrazione pena l'esclusione.
Questioni problematiche: (i) non pare che dalle nuove disposizioni in materia di soccorso istruttorio e sistema sanzionatorio, scaturisca un obbligo diretto di reintegrare la cauzione in caso di sua parziale escussione; (ii) l'interpretazione fornita dall'ANAC finisce per introdurre una nuova causa di esclusione a fronte di un'innovazione legislativa che qualifica le carenze attinenti alla cauzione (elementi mancanti) in termini di inadempimento sanabile.
Problematica appare, in primo luogo, la collocazione temporale del potere di regolarizzazione. Nello specifico, non viene chiarito né in quale fase della procedura ad evidenza pubblica viene esercitato dalla stazione appaltante il soccorso istruttorio né se questo si inserisce come sub-procedimento che determina la sospensione della procedura di gara, o se viceversa si svolge in parallelo al procedimento principale. Sotto quest'ultimo aspetto, appare preferibile la tesi della continuità delle operazioni di gara, con la conseguenza che il concorrente inadempiente viene ammesso con riserva e la Commissione prosegue nella gara con l'apertura e la valutazione delle offerte economiche. A sostegno di tale tesi potrebbe essere valorizzato l'ultimo periodo introdotto dal legislatore nel comma 2-bis, art. 38, c.c.p. che farebbe propendere per la soluzione della continuità della procedura e del soccorso istruttorio come procedimento parallelo con possibilità che intervengano ammissioni o esclusioni successivamente alla ammissione delle offerte (sulla compatibilità costituzionale della disposizione cfr. TAR Sicilia, Palermo, Sez. III, 9 marzo 2015, n. 639).
Secondo altra tesi, l'attivazione del soccorso istruttorio costituisce un sub-procedimento che determina una sospensione della procedura (sebbene non formalizzata dalla Commissione di gara), al pari di quanto avviene nel caso di verifica a campione del possesso dei requisiti (ai sensi dell'art. 48, comma 1, c.c.p.) e nel caso di verifica dell'anomalia dell'offerta (art. 88 c.c.p.). Quest'ultima tesi, seppure non espressamente, sembrerebbe avvalorata da quanto sottolineato in giurisprudenza con l'affermazione che la riforma impone un'istruttoria veloce «ma preordinata ad acquisire la completezza delle dichiarazioni (prima della valutazione dell'ammissibilità della domanda), e di autorizzare la sanzione espulsiva quale conseguenza della sola inosservanza, da parte dell'impresa concorrente, all'obbligo di integrazione documentale (entro il termine perentorio accordato, a tal fine, dalla stazione appaltante» (Cons. St., Ad. plen. n. 16 del 2014). In base a tale inciso sembrerebbe, infatti, che l'apertura delle offerte tecniche possa avvenire solo dopo che la stazione appaltante abbia acquisito dichiarazioni complete da parte dei concorrenti, per cui il novellato soccorso istruttorio potrebbe essere considerato come una sorta di procedimento presupposto da completare prima della ammissione delle offerte.
Secondo problema attiene alla durata del procedimento di soccorso. Si deve ritenere che il termine di dieci giorni assegnato dalla normativa è perentorio, di talchè la relativa decorrenza determina l'esclusione. Nel caso in cui la produzione tempestiva non sia completa per causa imputabile al concorrente si dovrà parimenti procedere all'esclusione (senza ammettere una sorta di “soccorso sul soccorso”). La giurisprudenza ha recentemente chiarito che il soccorso istruttorio riguarda la sola fase della verifica delle dichiarazioni relative al possesso dei requisiti per l'ammissione alla gara, ma non anche la fase di controllo dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa il cui possesso sia stato dichiarato nel segmento procedimentale anzidetto (TAR Lazio, Roma, Sez. II, 22 marzo 2016, n. 3580; TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 12 maggio 2017, n. 1092). In altre parole, una cosa è verificare le dichiarazioni relative ai requisiti necessari per l'ammissione alla gara, altra cosa è verificare che i requisiti dichiarati sussistono. Il Collegio ha precisato che il soccorso istruttorio, compreso il soccorso rinforzato, attiene alla fase della verifica delle dichiarazioni relative al possesso dei requisiti generali e speciali, non anche alla fase della comprova della loro sussistenza. D'altra parte la fase di verifica instaurata ai sensi dell'art. 48 del d.lgs. n. 163/2006, in quanto connotata da particolare rapidità, non potrebbe tollerare una ulteriore interlocuzione con la stazione appaltante in ordine alla sufficienza dei documenti prodotti per comprovare la presenza dei requisiti, costituendo, invece, un obbligo (rectius: un onere) per il concorrente produrre i documenti sufficienti alla comprova attraverso le modalità specificate nella lex specialis nel termine perentorio di dieci giorni (sulla perentorietà del termine di cui all'art. 48 cfr. Determinazione AVCP 15 gennaio 2014, n. 1, da ultimo v. però Cons. Stato, Sez. V, 15 marzo 2016, n. 1032). In termini opposti al riportato orientamento si è espresso il TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 31 marzo 2016, n. 625 in cui si afferma la necessità di applicare il soccorso istruttorio anche nella fase procedimentale di cui all'art. 48 del Codice (nella specie il Collegio annulla l'esclusione motivata sulla mancata comprova del possesso di un requisito di capacità tecnica per ciò che disposta senza ricorrere al soccorso istruttorio procedimentalizzato).
Casistica: Allegazione del passOE alla documentazione di gara
Casistica: Mancata o incompleta presentazione della cauzione provvisoria
Casistica: Dichiarazione e documentazione di avvalimento
Disciplina post riforma
La disciplina descritta nei paragrafi che precedono è stata parzialmente modificata dal nuovo “Codice dei contratti pubblici”, che, come ripetuto, si occupa del soccorso istruttorio al comma 9 dell'art. 83 e poi ulteriormente (e profondamente) incisa in sede di correttivo attraverso le modifiche apportate alla riferita disposizione ad opera dell'art. 52, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 56 del 2017). La novella del 2017, in maggiore coerenza con la disposizione della legge delega che prevedeva l'introduzione di forme di « ;integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento formale della domanda ;» (art. 1, lett. z), l. 28 gennaio 2016, n. 11), ha opportunamente abrogato la discussa “sanzione pecuniaria” che accompagnava l'attivazione del procedimento di soccorso e apprezzabilmente semplificato il novero dei vizi regolarizzabili o delle carenze integrabili. Le spinte decisamente “deformalizzanti” emerse dallo schema di “correttivo” sono state parzialmente arginate nella versione finale del testo, anche sulla scorta delle indicazioni fornite dal Consiglio di Stato in sede consultiva (Cons. St., Comm. spec., 30 marzo 2017, n. 782). Per consentire la migliore comprensione delle progressive trasformazioni che hanno toccato l'istituto, nelle pagine che seguono si darà conto della disciplina introdotta dal Codice del 2016, affiancandola, ove necessario, con l'analisi delle modifiche intervenute in sede di correttivo. Merita sin da ora precisare che mentre la disciplina originariamente introdotta dal Codice del 2016 trova applicazione alle procedure selettive formalmente avviate (mediante pubblicazione del bando o dell'avviso o mediante invio delle lettere d'invito) successivamente al 20 aprile 2016 (art. 216 d.lgs. n. 50 del 2016), le modifiche introdotte in sede di correttivo si applicano solo alle procedure successive al 20 maggio 2017 (data di entrata in vigore del d.lgs. n. 57 del 2017). Fatta questa doverosa premessa, occorre rilevare che il legislatore del 2016 ha ritenuto di non dare seguito alla sollecitazione del Consiglio di Stato (nel parere del 1 aprile 2016, n. 855 sullo schema di Codice) di dedicare un articolo autonomo a tale importante istituto e la scelta è stata confermata in sede di correttivo: nonostante la relativa disciplina sia concentrata in un unico comma, il soccorso istruttorio pone diverse questioni e si presta ad essere analizzato sotto diversi profili. Una prima questione riguarda l'individuazione delle carenze e delle incompletezze soccorribili. La versione originaria dell'art. 83, comma 9 aveva il pregio di aver preso posizione sugli scenari interpretativi aperti dalla più volte citata Determinazione ANAC n. 1 del 2015 che, nel tentativo di fare chiarezza sull'istituto come novellato nel 2014, aveva generato una moltiplicazione delle categorie di vizi suscettibili di soccorso. Alla quadripartizione indicata supra si è infatti dapprima sostituita una tripartizione tra
Quanto ai vizi sub (i) e (ii) occorre precisare che l'art. 83, in antitesi rispetto a quanto sostenuto dall'ANAC nel 2015, includeva tra vizi non sanabili con soccorso le “irregolarità essenziali e le carenze della documentazione che non consentono l'individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa” mentre, come illustrato, la Determinazione li aveva enumerati proprio tra gli esempi di applicazione del c.d. soccorso a pagamento. Sono parimenti espressamente insanabili le mancanze, incompletezze e afferenti all'offerta tecnica ed economica. L'ipotesi sub (iii) estende il soccorso anche a vizi che il Codice del 2006 escludeva dal perimetro dell'istituto, riproducendo, quanto al regime procedurale, la categoria introdotta in via ermeneutica dall'ANAC delle “dichiarazioni o elementi “esigibili” ai fini di una celere verifica dell'autodichiarazione resa dal concorrente” (vedi supra). Il "correttivo" ha semplificato ulteriormente il panorama disciplinando due sole figure: (i) mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all'articolo 85: a fronte delle quali, senza alcun onere economico, al concorrente è assegnato un termine non superiore a dieci giorni per l'integrazione, nel rispetto dell'indicazione (fornita dalla stazione appaltante) del «contenuto e dei soggetti che le devono rendere», (ii) irregolarità essenziali che non consentono l'individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della dichiarazione o che afferiscono l'offerta tecnica o economica: che rimangono non sanabili (insieme alle dichiarazioni false). Nonostante la descritta apprezzabile semplificazione, permane, anche alla luce del correttivo, il nodo dell'assenza di un criterio univoco per distinguere i vizi essenziali da quelli non essenziali (già messo in luce dal Consiglio di Stato nel parere 855 del 2016 con riferimento alla formulazione originaria dell'art. 83, comma 9). In sede di correttivo il profilo della corretta delimitazione delle carenze/incompletezze rispetto alle quali l'istituto è destinato a operare è stato deliberatamente lasciato «alle prassi operative e all'interpretazione della giurisprudenza» invece che specificamente affrontato in sede legislativa (cfr, parere della Commissione speciale, intervenuta sullo schema di correttivo n. 782 del 2017), Tentando in via di prima approssimazione di isolare le carenze/incompletezze rispetto alle quali l'istituto è destinato a operare, la disposizione, nella formulazione novellata nel 2017, menziona: (a) gli elementi (b) il documento di gara unico europeo (c) le dichiarazioni. Dalla lettura combinata dei tre periodi dell'art 83, comma 9 sembrerebbe ricavarsi che l'ambito di applicazione dell'istituto è limitato agli elementi formali, sicché troverà applicazione per tutti gli elementi formali della domanda – comprese le dichiarazioni – e del documento di gara unico europeo. Nella corretta delimitazione delle incompletezze e carenze soccorribili non può non tenersi conto del principio espresso dalla Corte di Giustizia (Corte giust. UE, 10 novembre 2016, C-140/16 in continuità con il principio già espresso in CGUE, VI, 2 giugno 2016, C-27/15) e dall'Adunanza plenaria (Cons. St., Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 19), secondo cui il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all'esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione in seguito al mancato rispetto, da parte dello stesso operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un'interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. Sebbene il principio sia stato affermato con riferimento alla specifica questione dei costi di sicurezza, la giurisprudenza ne ha ricavato un'indicazione sistematica più generale attraverso cui interpretare l'istituto del soccorso istruttorio nel suo complesso (per questa lettura ex multis Cons. St., Sez. III, 18 luglio 2017, n. 3541; Id., 7 luglio 2017, n. 3364).
Le evoluzioni del procedimento di soccorso istruttorio: dalla riduzione della sanzione pecuniaria alla relativa eliminazione
Con specifico riferimento alla procedura di soccorso, un primo elemento differenziale introdotto dal legislatore del 2016 è stato la sensibile diminuzione dell'importo massimo della sanzione pecuniaria. Il nuovo Codice manteneva infatti inalterata la correlazione tra l'importo della sanzione e il valore della gara (attraverso la previsione che la prima è determinata “in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara”) ma riduceva il limite massimo a 5.000 euro (e non di 50.000 come previsto nel Codice del 2006 s.m.i.). L'art. 83 nulla diceva però sulle modalità con cui il versamento dovesse essere garantito. Per altro verso, sempre in un'ottica di chiarificazione delle criticità poste dalla disciplina previgente, il Codice del 2016 collegava espressamente l'onere economico all'effettiva attivazione del procedimento di soccorso (con la precisazione che «La sanzione è dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione»). Come anticipato, le questioni connesse all'applicazione della sanzione pecuniaria sono destinate a non trovare applicazione alle procedure indette dopo il 20 maggio 2017: la più importante innovazione introdotta dal d.gls. n. 57 del 2017 riguarda infatti proprio l'eliminazione della “sanzione pecuniaria” collegata all'attivazione del procedimento di soccorso. La soppressione di tale onere economico deve indubbiamente essere salutata con favore, se non altro alla luce dell'ampio contenzioso che lo strumento deterrente in parola aveva generato sin dalla sua introduzione nel 2014. Dalla relazione di accompagnamento allo schema di “correttivo” si evince che tale scelta è stata guidata principalmente dalla esigenza di rispettare il diritto dell'Unione Europea. Più precisamente, il riferimento è ai dubbi di compatibilità con il diritto UE sollevati dall'ordinanza TAR Lazio, Roma, Sez. III, 3 ottobre 2016 n. 10012 di rimessione alla Corte di Giustizia della questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE dell'istituto de quo, come introdotto nel 2014 nel d.lgs. n. 163 del 2006 (su cui si rinvia a News Alla CGUE la questione di compatibilità del soccorso istruttorio a pagamento). La prima questione rimessa alla Corte di Giustizia dal TAR Lazio riguardava la disciplina del soccorso istruttorio come introdotta nel 2014 e atteneva alla compatibilità della sanzione pecuniaria di cui all'art. 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006 sotto il profilo del relativo importo (eccessivamente elevato) e del suo carattere predeterminato e non graduabile in funzione della situazione concreta da disciplinare né alla gravità dell'irregolarità; la seconda, più generale, riguardava la compatibilità con il diritto UE della previsione che pone a carico delle imprese partecipanti l'onerosità dell'esercizio di un'attività qualificabile come doverosa per la stazione appaltante.
Sotto lo specifico profilo della compatibilità del c.d. soccorso istruttorio a pagamento con il diritto UE, nell'attesa di conoscere la posizione che assumerà la Corte di Giustizia, si può rilevare che la direttiva 2014/24/UE, all'art. 56, par. 3, continua a non prevedere né disciplinare la possibilità che l'attivazione del soccorso istruttorio sia collegata a un onere economico, ma lascia al legislatore nazionale un margine di scelta con riferimento all'introduzione stessa dell'istituto del soccorso, comunque connotando in termini di facoltatività la richiesta di integrazioni o chiarimenti Anche in pronunce recenti, con riferimento al quadro normativo delineato dalle direttive 2004, la Corte di Giustizia ha assunto un approccio rigoroso sull'istituto del soccorso istruttorio, descrivendolo come un «potere discrezionale di cui dispone, per quanto attiene alla facoltà di chiedere ai candidati di chiarire la loro offerta, l'amministrazione aggiudicatrice», da utilizzare in modo da non alterare la par condicio tra i candidati e che «può, in linea di principio, avere come oggetto soltanto il chiarimento dell'offerta di quest'ultimo o la rettifica di un errore manifesto di tale offerta», senza mai consentire la modifica dell'offerta stessa (Corte giust. UE, Sez. VIII, 10 maggio 2017, in C-131/16, “Archus sp. z o.o.”, con News di S. Tranquilli). Per altro verso, i giudici di Lussemburgo hanno anche recentemente ribadito la compatibilità con il diritto UE della legislazione nazionale che ponga in termini di obbligatorietà l'attivazione del soccorso istruttorio, ferma la condizione che «le integrazioni o le correzioni apportate all'offerta iniziale non conducano a modificare [l'offerta] in modo sostanziale» (CGUE, VIII, in C-131/16, cit.). Tornando all'analisi del testo novellato dal correttivo, la disposizione ribadisce che, a fronte dell'attivazione soccorso, il concorrente è escluso se non fornisce (nel termine massimo di dieci giorni) le integrazioni o regolarizzazioni indicate. La riforma del 2017 ha eliminato la precisazione che i documenti oggetto di soccorso debbano essere presentati “contestualmente al documento comprovante l'avvenuto pagamento”. Tale ultimo inciso appariva guidato da esigenze di certezza dei tempi della procedura e sembra interpretabile nel senso che, per le procedure indette nella vigenza della versione originaria del Codice del 2016, la mancata produzione del documento comprovante il versamento determini l'esclusione a prescindere dal dato sostanziale dell'avvenuto pagamento (senza consentire un procedimento di soccorso “di seconda battuta”). Merita precisare che nella vigenza della formulazione originaria del Codice del 2016 era prevista un'ipotesi di soccorso “gratuito”, che riguardava però solo le carenze o incompletezze di dichiarazioni non essenziali o irregolarità formali.
Profili temporali del procedimento di soccorso: vecchi dubbi e nuove soluzioni alla luce della riforma
Come anticipato, nell'ambito dell'analisi del soccorso istruttorio nel Codice del 2006, un profilo particolarmente critico riguarda la collocazione temporale del potere di regolarizzazione. A fronte di un orientamento che circoscriveva rigidamente il procedimento de quo alla fase della verifica delle dichiarazioni relative al possesso dei requisiti per l'ammissione alla gara, escludendone recisamente l'applicabilità alla fase di controllo dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa (ex multis TAR Lazio, Roma, Sez. II, 22 marzo 2016, n. 3580, cit.), se ne contrapponeva un altro, ai sensi del quale occorreva ammettere l'applicabilità del soccorso anche nella fase procedimentale di cui all'art. 48 del Codice del 2006 (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 31 marzo 2016, n. 625, cit.). E' stato recentemente ribadito, in una fattispecie soggetta al Codice del 2006, che è ben possibile che il procedimento di soccorso sia attivato financo dopo l'aggiudicazione definitiva con il limite del rispetto del principio di autoresponsabilità (Cons. St., Sez. III, 7 luglio 2017, n. 3364). In particolare, in forza di tale principio (già affermato, ex plurimis, in Cons. St., sez. III, 4 ottobre 2016, n. 4081; Cons. St., Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5; Cons. St., Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9) il soccorso non può sanare carenze documentali, anche aventi portata “sostanziale”, dell'offerta tecnica ed economica allorché dette lacune siano ascrivibili a condotta della concorrente, al cospetto di previsioni della legge e del bando chiare e inequivoche. Tale criterio tuttavia non opera quando la lex specialis e la stessa Amministrazione, in sede di chiarimenti, si pongano in netto contrasto con le previsioni di legge e omettano di indicare e richiedere elementi essenziali dell'offerta: in tali casi l'istituto in esame si pone quale estrema ratio e norma di chiusura del sistema, apparendo quale non solo legittimo, ma persino doveroso ripristino delle condizioni di legittima partecipazione alla gara in favore del concorrente che abbia presentato un'offerta carente di una essenziale requisito documentale per aver seguito, incolpevolmente, le illegittime prescrizioni della legge di gara. Le medesime conclusioni in ordine all'operatività del soccorso istruttorio anche a valle dell'adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva sono state raggiunte in forza della lettura sistematica dei commi 8 e 9 dell'art. 11 d.lgs. 163 del 2006 (a norma dei quali «la stazione appaltante, previa verifica dell'aggiudicazione provvisoria ai sensi dell'art. 12, comma 1, provvede all'aggiudicazione definitiva» e, una volta «divenuta efficace l'aggiudicazione definitiva» viene fatto «salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti») e dell'art. 12, dello stesso Codice del 2006 (che stabilisce l'ambito della predetta verifica, da esercitarsi anche a mezzo di un'attività istruttoria finalizzata all'acquisizione di “chiarimenti ed documenti”). Dalle riferite disposizioni discende che non è logicamente ammissibile limitare tale potere di ulteriore verifica, escludendo la possibilità di esercitare il soccorso istruttorio, che deve considerarsi istituto di carattere generale finalizzato, in attuazione dell'art. 97 Cost., all'emanazione di un giusto provvedimento, idoneo a contemperare nel miglior modo possibile tutti gli interessi pubblici e privati in gioco (Cons. St., Sez. V, 14 giugno 2017, n. 2891). Merita da ultimo dare conto di un recente orientamento giurisprudenziale che ha consentito il soccorso istruttorio financo in sede processuale. Nell'intento di evitare la strumentalizzazione dell'approccio garantista assunto dagli interpreti in ordine alla doverosità dell'attivazione del soccorso istruttorio, il Consiglio di Stato ha in estrema sintesi precluso alla parte contro la quale sia denunciata l'omessa produzione di documenti attestanti il possesso di requisiti di eccepire la mancata attivazione del dovere di soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante, imponendole invece di dimostrare in giudizio il concreto possesso del requisito colposamente non verificato dalla P.A. in sede di gara (attraverso il c.d. soccorso istruttorio processuale: sul punto Cons. St., III, 2 marzo 2017, nn. 975 e 976 su cui si rinvia a News di F. Aperio Bella, È ammissibile il soccorso istruttorio “processuale”? Nuove contaminazioni tra procedimento e processo; per gli sviluppi che il principio del “soccorso istruttorio processuale” ha generato nell'applicazione giurisprudenziale cfr. TAR Lombardia, Milano 4 maggio 2017, n. 1001, su cui v. News di F. Aperio Bella, Il soccorso istruttorio “processuale” in azione: possibili riflessi sull'interesse ad agire del ricorrente). |