Riduzione dell’assegno senza provvedimento del Tribunale
04 Ottobre 2017
L'accordo dei coniugi separati consensualmente di riduzione dell'assegno per moglie e figlia (nel frattempo diventata maggiorenne) rispetto a quanto previsto dal verbale ex art. 711 c.p.c. è valido anche se non “ratificato” dal Tribunale? È opponibile, in sede di divorzio, alla moglie che ne assume la nullità?
Gli accordi modificativi di provvedimenti giudiziari precedenti non trasfusi in un decreto ex art. 710 c.p.c. (o art. 9 l. n. 898/1970), sono validi nei limiti consentiti dall'art. 160 c.c. e, dunque, purchè non “peggiorativi” e se si pongono in posizione di «maggior rispondenza rispetto all'interesse tutelato» (Cass. 20 ottobre 2005, n. 20290; cfr. anche Cass. 18 giugno 1998, n 5829; Cass. 22 gennaio 2004, n. 657; Trib. Genova 9 marzo 2006; App. Bologna 18 ottobre 2012). La valutazione dell'accordo di riduzione dell'assegno per moglie e figlia può assumere un preciso significato nell'eventuale esecuzione azionata dalla creditrice per la differenza tra gli importi portati nel titolo e quelli effettivamente versati. Viceversa, all'interno del giudizio di divorzio, un'eventuale domanda di “nullità” di detti accordi, oltre ad essere inammissibile, avrà anche poco senso. Sarà, infatti, il Giudice del divorzio a dover valutare - nel merito e prescindendo dalla “validità” dell'accordo di riduzione - se i provvedimenti della separazione debbano, già in sede presidenziale, essere o meno modificati tenendo conto, nel merito, anche del fatto che i coniugi avevano pattuito liberamente la diminuzione dei contributi di una parte nei confronti dell'altra. La circostanza, infine, che nelle more la figlia sia divenuta maggiorenne è irrilevante, giacchè il compimento del 18° anno non rileva ai fini dell'an e del quantum dell'assegno perequativo, ma, semmai, solo sotto il diverso profilo del quomodo ex art. 337-septies c.c.. |