Il reddito del coniuge non conta più per il diritto alla pensione di inabilità

La Redazione
16 Luglio 2015

Il D.L. n. 76/2013 ha previsto che il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità, di cui all'art. 12 L. n. 118/1971, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell'IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte. Così la Cassazione, con ordinanza n. 13434/2015.

Il D.L. n. 76/2013 ha previsto che il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità, di cui all'art. 12 L. n. 118/1971, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell'IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 13434, depositata il 1° luglio 2015.

Il caso

La Corte d'Appello accoglieva la domanda volta al riconoscimento del proprio diritto alla pensione di inabilità. L'INPS ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di aver limitato la verifica del requisito economico ai soli redditi individuali dell'attore e non anche a quelli del coniuge.

Reddito del coniuge incluso per la pensione di inabilità

La Corte di Cassazione ricorda alcuni suoi precedenti (Cass. n. 19658/2012 e n. 5003/2011), in cui era stato affermato che ai fini della pensione di cui all'art. 12 L. n. 118/1971 (pensione di inabilità), il requisito reddituale doveva essere verificato considerando anche il reddito dell'eventuale coniuge. L'intervento attuato dal legislatore con l'art. 14 septies D.L. n. 663/1979, convertito in L. n. 33/1980, non prevedeva, per la pensione di inabilità, l'esclusione del reddito percepito dagli altri componenti il nucleo familiare, diversamente da quanto stabilito dalla stessa norma per l'assegno di invalidità previsto dall'art. 13 L. n. 118/1971. Tale intervento era inteso a riequilibrare le posizioni dei mutilati e invalidi civili, a seguito dell'innalzamento del limite reddituale previsto, ma esclusivamente per gli invalidi civili assoluti, dalla L. n. 29/1977: “significativo di tale intento è che per l'attribuzione dell'assegno è, bensì, preso a riferimento il solo reddito individuale dell'assistito, ma l'importo da non superare per la pensione di inabilità corrisponde a più del doppio di quello stabilito per l'assegno”.

La disciplina dal 28 giugno 2013

È intervenuto, poi, il D.L. n. 76/2013 (Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto - IVA - e altre misure finanziarie urgenti), il quale ha previsto che il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità di cui all'art. 12 L. n. 118/1971, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell'IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte. Questa nuova disposizione si applica alle domande di pensione di inabilità in relazione alle quali non sia intervenuto provvedimento definitivo ed ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore del decreto legge (28 giugno 2013), limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati. Il provvedimento disponeva comunque che non si sarebbe fatto luogo al recupero degli importi erogati prima della data di entrata in vigore, se conformi con i criteri prima previsti.
Il legislatore ha voluto così definire un nuovo regime reddituale, ma senza pregiudicare le posizioni di quei soggetti che, avendo presentato domanda nella vigenza della precedente normativa, non avessero ancora visto la definizione in sede amministrativa del procedimento oppure fossero parti di un procedimento giudiziario ancora sub iudice.
Poiché il diritto alla pensione, in base ai nuovi requisiti stabiliti dal D.L. n. 76/2013, decorre solo dalla data di entrata in vigore della norma, nel caso di specie, il diritto al beneficio, attribuito all'uomo a decorrere dal giugno 2004, poteva essere riconosciuto solo previa verifica che i redditi del ricorrente, cumulati con quelli dell'eventuale coniuge, non superassero la soglia di legge. Inoltre, alla data di entrata in vigore del D.L., l'uomo aveva già compiuto 65 anni.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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