L'affiancamento, alla Cassa integrazione guadagni, di ulteriori “strumenti” di sostegno del reddito (per i settori non coperti da quella) risale alla Legge finanziaria per il 1997 (L. n. 662 del 1996): negli oltre venti anni che intercorrono da tale data, è stata attuata una progressiva implementazione del modello, attraverso successivi interventi legislativi, che appare utile rammentare, in via di sintesi.
DAL 1996 AL 2012
I Fondi di solidarietà, prima del D.lgs. n. 148/2015 (normativa attualmente in vigore, oggetto di modifiche con la legislazione più recente), erano disciplinati nell'art. 3 della Legge n. 92/2012 (c.d. Legge Fornero), che a sua volta aveva portato a compimento e sistematizzato la normativa introdotta, in via sperimentale, dall'art. 2, comma 28, L. n. 662/1996.
Quest'ultimo (completato poi dal DM n. 477/1997 che definiva lo schema-tipo di Fondo di solidarietà) aveva, per la prima volta, prevista la possibilità, per i Settori produttivi esclusi dalla CIG, di dotarsi di strumenti di ammortizzazione sociale – denominati, per l'appunto, Fondi di solidarietà – da istituire sulla base di accordi collettivi, recepiti poi in appositi decreti ministeriali che suggellavano gli accordi e li rendevano operativi. Alla conclusione dell'accennato iter istitutivo-costitutivo, i Fondi di solidarietà venivano in essere quale gestione autonoma all'interno dell'INPS, autofinanziati dalle aziende e dai lavoratori e, sebbene incardinati nell'ambito dell'Ente previdenziale, amministrati, con un importante grado di autonomia, dalle medesime Parti sociali che avevano definito l'accordo collettivo istitutivo.
Stante il carattere sperimentale della normativa del 1996, i Fondi di solidarietà in origine avevano la caratteristica dello strumento di previdenza facoltativo e, difatti, solo in alcuni principali Settori (esclusi dalla CIG) le Parti sociali si erano impegnate nella “messa in posa” degli stessi.
Nel corso del quindicennio (circa) di sperimentazione (1996-2012), i Fondi di solidarietà si sono rivelati, per i Settori interessati, un mezzo prezioso in vista della implementazione e attuazione di rilevanti processi di ristrutturazione, riorganizzazione e riconversione aziendale, comportanti ricadute sul personale.
Di qui la scelta della Riforma Fornero (L. n. 92 cit.) di sussumere il modello del Fondo di solidarietà a strumento obbligatorio e generale di ammortizzazione sociale per tutti i Settori esclusi dalla CIG, con funzioni parallele rispetto a questa, arricchite peraltro di ulteriori elementi e forme di tutela. In ragione di ciò, la Legge n. 92/2012 ha rappresentato il punto di svolta nell'ottica del completamento del sistema degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro; ha inoltre confermato la validità di uno schema in cui è rimessa in ampia parte alla contrattazione collettiva l'iniziativa e il ruolo propulsivo: proprio per tale motivo, i Fondi di solidarietà sono uno strumento dotato di una particolare duttilità sia nella definizione della disciplina di riferimento (adattabile in funzione delle esigenze via via emergenti), sia nella fase operativa, posto che l'amministrazione del Fondo compete a un organo bilaterale, in cui i rappresentanti delle aziende e dei lavoratori hanno un ruolo centrale.
DALLA LEGGE FORNERO AL D.LGS. N. 148/2015
Il legislatore del Jobs Act si è mosso in una linea di stretta conseguenzialità con la Legge del 2012: il decreto legislativo n. 148/2015, subentrando a questa, in ampia misura ne replica i contenuti e tuttavia ne perfeziona l'impianto in attuazione della delega contenuta nella L. n. 183/2014, fra l'altro allargando il campo della tutela dei Fondi di solidarietà.
DALL'INTRODUZIONE DEL CONTRATTO DI ESPANSIONE ALLA PARZIALE REVISIONE DEL D.LGS. N. 148/2015, CON LA LEGGE DI BILANCIO PER IL 2022
La normativa del D.lgs. n. 148/2015 ha subito ulteriori evoluzioni per effetto di interventi legislativi volti a rendere ancor più adeguato il sistema normativo alle esigenze espresse dal mondo imprenditoriale e del lavoro: un primo momento significativo, in tal senso, è rappresentato dalla introduzione del contratto di espansione, la cui disciplina è stata inserita nell'art. 41 del decreto medesimo, in sostituzione di quella sul contratto di solidarietà espansiva, che è stato abrogato.
Lo strumento è stato originariamente previsto, per il biennio 2019-2020, dall'art. 26-quater D.L. n. 34 del 2019 (L. n. 58 del 2019); è stato poi prorogato, dapprima per il solo 2021,dalla L. n. 178/2020 e, poi, sino al 31 dicembre 2023, dal citato art. 1, comma 215, LdB per il 2022 (L. n. 234/2021).
L'istituto (originariamente rivolto alle aziende con almeno 1000 dipendenti, per interessare, da ultimo, quelle sino a 50 addetti) è inteso a soddisfare esigenze di modifica e implementazione delle competenze professionali in organico, mediante un loro più razionale impiego, in ogni caso, anche attraverso l'assunzione di nuove professionalità, nel quadro di processi di reindustrializzazione e riorganizzazione che comportino, in tutto o in parte, una strutturale modifica dei processi aziendali finalizzati al progresso e allo sviluppo tecnologico delle attività.
Il contratto di espansione – la cui sottoscrizione ha luogo con il concorso, oltre che dell'azienda interessata e delle relative rappresentanze sindacali, anche del Ministero del lavoro, in sede governativa – si sostanzia nella possibilità di attuare interventi di riduzione dell'attività lavorativa con applicazion della Cig e/o di accompagnamento alla pensione (per i lavoratori che si trovino a non più di sessanta mesi dalla maturazione del relativo diritto), a fronte dell'assunzione di nuovo personale.
Per quanto di interesse in questa sede, merita, in particolare, di essere segnalato che l'accompagnamento a pensione nell'ambito del contratto di espansione (art. 41, commi 5 e 5-bis, D.lgs. n. 148/2015) può essere realizzato anche attraverso i Fondi di solidarietà (comma 6).
Ai tali effetti il Fondo di solidarietà, in relazione ad apposita provvista versata dal datore interessato, corrisponde al lavoratore esodato una indennità mensile – comprensiva della Naspi (spettante anche solo teoricamente: v. comma 5-bis) – commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, con versamento dei contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto, nel solo caso di pensione anticipata (con esclusione del periodo già coperto dalla contribuzione figurativa per Naspi).
Lo “sconto” sui costi della operazione – derivante dal riconoscimento della Naspi e dalla relativa contribuzione figurativa – si realizza per effetto di appositi finanziamenti pubblici, rendendo vantaggiosa la misura per le aziende che effettuino il ricambio generazionale previsto dal contratto di espansione.
Ma il momento più qualificante del periodo 2015-2022 è rappresentato dalla revisione (si è parlato di riforma, ma tale espressione appare eccessiva, stante la sostanziale continuità del modello esistente) del sistema degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, attuata con la Legge n. 234/2020 (all'art. 1, commi da 192 a 215). L'esigenza di una revisione è emersa in relazione alle ampie e pressanti esigenze di sostegno del reddito verificatesi – soprattutto nel biennio 2020-21 – a causa della pandemia da Covid 19, cui si è fatto fronte anche attraverso un esteso utilizzo degli ammortizzatori sociali in deroga.
La revisione è stata quindi orientata a realizzare un ulteriore allargamento degli ammortizzatori sociali, nel senso di ampliare il novero dei soggetti e delle situazioni coperti dalle tutele, ma senza far venir meno il modello duale articolato sul doppio canale di Cig e di Fondi di solidarietà.
Per quanto riguarda, nello specifico, i Fondi di solidarietà ex artt. 26, 27, 29 e 40 la maggiore novità attiene alla generalizzazione del ambito soggettivo di riferimento: mentre in precedenza la tutela assicurata dai Fondi, per i casi di sospensione e riduzione di attività, doveva essere indirizzata alle aziende, dei settori di riferimento, che occupassero più di 5 dipendenti (restanto quindi escluse le realtà minori), a seguito dell'intervento con la L. n. 234 cit., dal 1° gennaio 2022, la tutela deve essere riferita a tutte le aziende, dei settori medesimi, con almeno un dipendente; con obbligo per i fondi già esistenti di adeguarsi a tale previsione entro il 31 dicembre 2022, pena il passaggio al FIS di aziende e lavoratori interessati.
Inoltre, tutti i Fondi di solidarietà di cui al D.lgs. n. 148 cit. devono assicurare un “assegno di integrazione salariale” – nuovo nome assegnato all' “assegno ordinario ex art. 30” – che per misura e durata di erogazione ricalca il trattamento di integrazione salariale.
Detto ciò, il Titolo II del D.Lgs. n. 148 cit., dedicato ai Fondi di solidarietà, si compone di 16 articoli (la più recente normativa ha aggiunto l'art. 40-bis): con una certa approssimazione, si può dire che gli artt. 26-29 contengono le disposizioni di base in merito a tipologia di Fondi, loro costituzione e finalità; gli artt. 30-32 si concentrano sulle prestazioni erogate; gli artt. 33-35 riguardano il finanziamento; gli artt. 36-38 attengono all'organo di amministrazione e relative competenze; infine l'art. 39 raccorda la disciplina dei Fondi di solidarietà con talune regole in materia di integrazione guadagni; l'art. 40 si riferisce a una specifica figura il “Fondo intersettoriale delle province autonome di Trento e Bolzano” e prevede inoltre, al comma 9, l'adeguamento del Fondo per il personale del settore del trasporto aereo (art. 1-ter L. n. 291/2004); il nuovo art. 40-bis sancisce, anche per la contribuzione ai fondi di solidarietà, la rilevanza ai fini del rilascio del Durc (documento unico di regolarità contributiva). Qui di seguito si sofferma l'attenzione sui principali profili normati in tali previsioni, con riguardo soprattutto ai Fondi di solidarietà bilaterali ex art. 26, che rappresentano il modello di riferimento principale in materia.