Socio lavoratore

Giuseppe Buscema
13 Novembre 2023

Lo svolgimento di un'attività lavorativa da parte dei soci di società, specie di quelle di piccole dimensioni, è un fenomeno assai diffuso. L'inquadramento contrattuale, previdenziale e fiscale risulta, pertanto, molto importante al fine di evitare possibili contestazioni da parte degli organi ispettivi ma anche degli stessi soci i quali possono instaurare anche possibili vertenze rivolte al riconoscimento nelle sedi competenti dell'esatta tipologia contrattuale configurabile per il lavoro svolto, con conseguenti risarcimenti.

Inquadramento

Lo svolgimento di un'attività lavorativa da parte dei soci di società, specie di quelle di piccole dimensioni, è un fenomeno assai diffuso.

L'inquadramento contrattuale, previdenziale e fiscale risulta, pertanto, molto importante al fine di evitare possibili contestazioni da parte degli organi ispettivi ma anche degli stessi soci i quali possono instaurare anche possibili vertenze rivolte al riconoscimento nelle sedi competenti dell'esatta tipologia contrattuale configurabile per il lavoro svolto, con conseguenti risarcimenti.

Nel contempo, conseguenze possono derivare qualora la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato venga messa in discussione e quindi negate le prestazioni per la contribuzione versata, per carenza del requisito fondamentale: la subordinazione. Elemento in alcuni casi dubbio per il ruolo rivestito dal socio in seno alla società.

Peraltro va evidenziato che sull'inquadramento incide la tipologia societaria ed evidentemente il contratto associativo del socio, oltre naturalmente all'effettiva modalità di svolgimento della prestazione lavorativa che, nel caso di difformità col programma negoziale prescelto, non potrà che far conseguire gli effetti patologici derivanti dall'effettivo rapporto esistente tra le parti e coerente con l'attività svolta a prescindere all'eventuale contratto formalmente stipulato.

In particolare, è importante approfondire l'inquadramento dell'attività lavorativa del socio, in particolare di natura subordinata.

Diverso il caso in cui il socio abbia assunto nella società l'obbligazione di conferire la propria opera in sede di costituzione della società non oggetto peraltro della trattazione in oggetto.

Il ruolo del lavoratore nelle tipologie di società

Lo svolgimento della prestazione lavorativa da parte del socio in linea generale può essere equiparata a quella di qualsiasi altro soggetto non socio, salvo le specificità ed eccezioni che ci accingiamo ad affrontare.

Se questa può in maniera molto generale la regola, infatti, le eccezioni sono numerose e derivano dalla tipologia di società e quindi della categoria di socio rivestita dal soggetto interessato, dal ruolo svolto in seno alla società, dalle modalità di svolgimento dell'attività, dalla tipologia di attività esercitata.

Innanzitutto la prima considerazione da fare riguarda le tipologie di società.

Occorre tenere conto almeno delle seguenti tipologie:

  • Società di persone, distinguendo tra esse le società a nome collettivo dalle società in accomandita semplice;
  • società di capitali (società a responsabilità limitata, società per azioni, società in accomandita per azioni);
  • società cooperative.

La distinzione principale tra le società di persone e le altre società riguarda, com'è noto, l'autonomia patrimoniale perfetta delle società di capitali e cooperative rispetto alle società di persone nelle quali tale autonomia non c'è; tale elemento può produrre effetti anche sul piano dell'inquadramento giuslavoristico.

Nelle società in nome collettivo, esiste una sola tipologia di socio che risulta responsabile solidalmente ed illimitatamente delle obbligazioni sociali. Assimilabile a tale figura è anche il socio accomandatario delle società in accomandita semplice.

Tali soggetti entrando a far parte della società, ovvero aderendo attravero il contratto associativo in sede di costituzione o successivamente, svolgono in genere attività lavorativa nella società in qualità di amministratori o comunque si occupano di attività gestionali (v. cass. 23 novembre 1996, n. 10383).

In astratto, tuttavia, può esserci anche nelle società in nome collettivo la possibilità che alcuni soci non risultino amministratori, ma l'eventuale svolgimento dell'attività lavorativa all'interno del medesimo ente risulta da attenzionare in misura più ampia rispetto alle altre tipologie di società in quanto l'eventuale presenza degli elementi tipici del lavoro subordinato previsti dall'articolo 2094 c.c. non sono facilmente individuabili.

A tal fine, va ricordato che il requisito della subordinazione, determinante nella verifica della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, non è definito dalla legge e la sussistenza rimane ancorata alla verifica giudiziale.

Com'è noto, il riferimento è rilevabile dall'assoggettamento del lavoratore al potere gerarchico del datore di lavoro e quindi alle sue direttive ad al conseguente potere disciplinare.

È evidentemente difficile soprattutto con la modificazione delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa derivante dall'innovazione dei processi produttivi, individuare agevolmente tale requisito, conseguentemente hanno assunto negli anni un ruolo sempre maggiore altri indici che possono rivelare la sussistenza o meno di tale tipologia contrattuale (cass. 30 gennaio 2007, n. 1893).

Tale verifica assume un ruolo ancora più particolare al fine di rilevare la presenza del vincolo di subordinazione necessario affinché ci si trovi di fronte a tale tipologia di contratto in caso di lavoro del socio poiché è necessario che l'attività del medesimo sia provato venga svolta sotto l'effettivo controllo gerachico del socio amministratore (Cass. n. 5066/1981).

Se in astratto, infatti, abbiamo detto che nulla vieta la possibile sussistenza di un simile rapporto, è indubbio che nella verifica degli indici anche il ruolo del socio assuma un peso importante (cass. 17 novembre 2004, n. 21759).

Contributi ed assicurazioni

Va rilevato che per i soci di società di persone (Snc e accomandatari di Sas) per e di società a responsabilità limitata che svolgono attività commerciale, nonché per quelle che risultano esercitare attività artigiana, l'inquadramento contributivo ai fini INPS prevede l'iscrizione alla gestione dei commercianti o artigiani costituita presso l'istituto così come gli imprenditori individuali.

Dunque la tutela previdenziale costituzionalmente prevista per chi svolge un'attività lavorativa (Costituzione art. 38) risulta adempiuta.

Tale iscrizione è obbligatoria ai sensi della Legge 4 luglio 1959, n. 463 per gli artigiani e della legge 22 luglio 1966, n. 613 ed art. 29 della Legge 3 giugno 1975, n. 160 e ss.mm. ed ii. per i commercianti e soggetti che svolgono attività assimilate (es. servizi del terziario).

Sono necessari i seguenti requisiti:

  1. avere la piena responsabilità dell'impresa ed assumere tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione (salvo per i soci di S.r.l. per i quali è stata estesa l'iscrivibilita con la legge n. 662/1996 art.1 comma 203 );
  2. partecipare personalmente al lavoro aziendale in modo abituale e prevalente;
  3. essere in regola sotto il profilo amministrativo per all'esercizio dell'attività commerciale o iscritto all'albo delle imprese artigiane.

È anche prevista per i soci per l'assicurazione per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali ai sensi del testo unico INAIL D.P.R. n. 1124/1965.

Come si può notare, in tali ultimi casi si è affrontata la gestione del lavoro del socio da un punto di vista previdenziale ed assicurativo, che quindi si è visto risulta assicurata a prescindere dalla qualificazione del contratto di lavoro esistente e comunque non risolve le altre questioni legate all'inquadramento contrattuale.

Contratto di lavoro: autonomia e subordinazione

In generale, occorre ricordare, che qualsiasi attività lavorativa può dare origine ad un contratto di lavoro autonomo o subordinato.

La Corte di cassazione a tal proposito con la sentenza 3 aprile 2000, n. 4036 ha affermato che “Ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalità del suo svolgimento”.

Dunque in astratto anche la prestazione del socio soggiace a tale regola, ma ad incidere in tal caso, rileva il contratto associativo che intercorre tra il socio e la società.

In buona sostanza, l'attività svolta può far parte del contratto associativo stesso.

Nelle società di capitali, così come nelle cooperative, innanzitutto occorre tenere conto se il socio fa parte o meno dell'organo amministrativo.

In tal caso, infatti, va considerato che l'esercizio del potere direttivo direttamente collegato alla subordinazione cui è sottoposto il lavoratore dipendente, viene esercitato dall'organo amministrativo e conseguentemente va da se che emerge, salvo eccezioni, una incompatibilità a svolgere il ruolo di amministratore e quello di lavoratore subordinato.

In tal caso, infatti, risulta evidente che colui che andrebbe a dare le direttive andrebbe a coincidere con colui che andrebbe a riceverle, con conseguente incompatibilità.

La giurisprudenza è orientata ad escludere la sussistenza di un contratto di lavoro subordinato per l'amministratore unico e per l'amministratore delegato (cassazione SS.UU. 3 aprile 1989, n. 1589, cass. 5 novembre 2003, n. 13009, 19 aprile 1999, n. 3886) in quanto rappresentando colui che svolge direttamente il ruolo direttivo, risulta incompatibile con la sussistenza delle vincolo di subordinazione (v. supra).

Meno problematica la posizione invece del consigliere di amministrazione il quale non abbia ruoli specifici o funzioni che possano comportare tale incompatibilità.

La Corte di cassazione, con sentenza 7 marzo 1996, n. 1793, ha affermato che la qualità di amministratore di una società di capitali non esclude la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato, a contenuto dirigenziale, fra il primo e la seconda.

In particolare “resta comunque escluso che, alla riconoscibilità di un rapporto di lavoro subordinato, sia di ostacolo la mera qualità di rappresentante legale della società, come presidente di essa”. Ciò in quanto, “né il contratto di società, né l'esistenza del rapporto organico che lega l'amministratore alla società, valgono ad escludere la configurabilità di un rapporto obbligatorio tra amministratori e società, avente ad oggetto, da un lato la prestazione di lavoro e, dall'altro lato, la corresponsione di un compenso sinallagmaticamente collegato alla prestazione stessa. Ciò perché, in particolare, il rapporto organico concerne soltanto i terzi, verso i quali gli atti giuridici compiuti dall'organo vengono direttamente imputati alla società [...]; con la conseguenza che, sempre verso i terzi, assume rilevanza solo la persona giuridica rappresentata, non anche la persona fisica. Ma nulla esclude che nei rapporti interni sussistano rapporti obbligatori tra le due persone”.

In altri termini, la carica di presidente, in sé considerata, non è incompatibile con lo status di lavoratore subordinato in quanto anche il presidente di società, al pari di qualsiasi membro del consiglio di amministrazione, può essere soggetto alle direttive, alle decisioni ed al controllo dell'organo collegiale. Tale affermazione non è neppure contraddetta dall'eventuale conferimento del potere di rappresentanza al presidente, atteso che tale delega non estende automaticamente allo stesso i diversi poteri deliberativi.

Delicata è anche la situazione dei soci i quali pur non rivestendo ruoli gestionali e non facendo parte dell'organo amministrativo abbiano una partecipazione al capitale sociale tale da condizionare il potere decisionale dell'assemblea (cass. 3 novembre 2004, n. 21076 e cass. 21 novembre 2004, n. 21759).

Si pensi ad una s.r.l. con socio unico nella quale l'amministratore sia un soggetto non socio.

Difficile immaginare la genuinità di un rapporto di lavoro subordinato in una simile ipotesi.

In ogni caso, non si può presumere che l'attività svolta dal socio in azienda sia a titolo di lavoro subordinato. L'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato va sempre accertata in concreto (cass. 25 febbraio 2014, n.4453).

Va ricordato che su tali aspetti l'INPS ha fornito istruzioni sulla compatibilità del rapporto di lavoro dei soci con la circolare 21 giugno 1983, n. 117.

L'istituto, con tale documento di prassi, confermando anche a proprio avviso la compatibilità in astratto di un contratto di lavoro subordinato, afferma che occorre fornire prova rigorosa circa la presenza dei requisiti previsti.

Il socio lavoratore nelle cooperative

Più particolare è, invece, la situazione relativa alla posizione del socio lavoratore di cooperativa.

Infatti, in tali società lo svolgimento dell'attività del socio è direttamente correlata allo scambio mutualistico della società (cooperative di produzione e lavoro) o, comunque, la sua attività concorre a realizzarlo (es. cooperative sociali).

In questo caso la figura del socio lavoratore di cooperativa risulta espressamente regolata con la legge 3 aprile 2001, n. 142.

Tale provvedimento, per la prima volta, ha previsto che nelle società cooperative possano sussistere due rapporti: uno associativo evidentemente sempre presente in quanto frutto dell'adesione del socio alla società, l'altro lavorativo che invece può esserci in relazione all'attività lavorativa svolga concretamente dal socio.

Si tratta di una novità in quanto fino ad allora nulla era previsto in merito e ad occuparsi delle controversie in materie, oltremodo ricorrenti, era stata chiamata la giurisprudenza la quale peraltro non aveva assunto una posizione univoca.

La legge n.142/2001 si propone lo scopo di regolare specificamente la figura del socio lavoratore prevedendo che egli stabilisce un rapporto associativo attraverso l'adesione alla cooperativa, mentre può stabilire un altro rapporto giuridico con la società per regolare la prestazione lavorativa svolta.

Quindi sarà possibile cumulare in contratto di lavoro che quindi diventa per definizione compatibile.

Il rapporto di lavoro

Il rapporto di lavoro che può essere instaurato può essere di qualsiasi tipologia e quindi di natura subordinata, autonoma o qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa non occasionale, con cui comunque il socio contribuzione al raggiungimento dello scopo sociale.

A tal fine è previsto espressamente che la società, attraverso apposita deliberazione dell'assemblea, approvi un regolamento interno sulle tipologie dei rapporti di lavoro che si intendono attuare per regolare l'attività lavorativa dei soci e che deve essere depositato entro trenta giorni presso la Direzione territoriale del lavoro competente per territorio.

Il regolamento ha lo scopo di stabilire quali tipologie di rapporto è possibile instaurare col socio lavoratore, per l'esecuzione di quali lavori e con quali modalità espletarlo.

In particolare, il regolamento dovrà contenere:

  • per i soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato, il richiamo ai contratti collettivi applicabili;
  • per tutti i soci lavoratori, le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci, in relazione all'organizzazione aziendale della cooperativa e ai profili professionali dei soci stessi;
  • il richiamo espresso alle normative di legge vigenti per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato;
  • l'attribuzione all'assemblea della facoltà di deliberare, all'occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i livelli occupazionali e siano altresì previsti: la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi a titolo di ristorno; il divieto, per l'intera durata del piano, di distribuzione di eventuali utili;
  • l'attribuzione all'assemblea della facoltà di deliberare, nell'ambito del piano di crisi aziendale di cui al precedente punto, forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacita finanziarie;
  • al fine di promuovere nuova imprenditorialità, nelle cooperative di nuova costituzione, la facoltà per l'assemblea della cooperativa di deliberare un piano d'avviamento alle condizioni e secondo le modalità stabilite in accordi collettivi tra le associazioni nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.

E' appena il caso di sottolineare che, salvo quanto previsto agli ultimi tre punti, il regolamento non può contenere, pena la nullità delle clausole, disposizioni derogatorie in pejus rispetto ai trattamenti retributivi ed alle condizioni di lavoro previsti dai contratti collettivi nazionali del settore o della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo.

Il Ministero del Lavoro, con l'Interpello 24 gennaio 2013, n. 1 ha ritenuto possibile per le cooperative la sospensione del rapporto di lavoro con i soci lavoratori.

Nello specifico, ha puntualizzato che in caso di riduzione dell'attività lavorativa per cause di forza maggiore o di circostanze oggettive, ovvero nelle ipotesi di crisi determinate da difficoltà temporanee della cooperativa, il regolamento interno potrebbe prevedere l'istituto della sospensione del rapporto di lavoro e, dunque, della sospensione delle reciproche obbligazioni contrattuali, scongiurando in tal modo il rischio di eventuali licenziamenti.

Questa possibilità - ha ricordato il Ministero - trova, peraltro, rispondenza nel dettato normativo laddove all'art. 1, comma 2 lett. d), L. n. 142/2001 si stabilisce che i soci lavoratori “mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell'attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa”.

In conformità ai suddetti principi di trasparenza e parità di trattamento, ha ritenuto comunque necessario che le cause legittimanti la sospensione temporanea dell'attività, per le quali non è presentata richiesta di ammortizzatori sociali, siano specificatamente individuate dal regolamento interno e di volta in volta deliberate dal consiglio di amministrazione della cooperativa o comunque da chi abbia titolo secondo statuto.

Unitamente alle previsioni di cui sopra, risulta di fondamentale importanza che nell'ambito del regolamento interno siano declinate inequivoche condizioni che consentano, nel periodo di sospensione concordata delle reciproche prestazioni, un equilibrato utilizzo di tutta la forza lavoro della cooperativa, mediante specifica individuazione di criteri oggettivi di turnazione/rotazione del personale.

A seguito della tipologia di rapporto di rapporto di lavoro prescelto, discendono tutti gli obblighi delle parti, sia quindi della società cooperativa che del socio lavoratore.

Quindi applicazione intanto delle norme in materia di sicurezza ed igiene del lavoro.

Ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato, inoltre, si applica la legge 20 maggio 1970, n. 300Statuto dei lavoratori, con esclusione dell'art. 18 (relativo al reintegro del lavoratore).

Per i soci lavoratori con rapporto diverso da quello di lavoro subordinato, è prevista, invece, l'applicazione dello statuto dei lavoratori limitatamente agli articoli 1, 8, 14 e 15 e, quindi: libertà di opinione, divieto di indagini sulle opinioni dei lavoratori e sui fatti non rilevanti ai fini professionali ed al diritto di associazione e di attività sindacale, con conseguente nullità di atti discriminatori.

Circa l'esercizio dell'attività sindacale prevista al titolo III della legge 300/1970, l'applicazione deve essere compatibile con lo status di socio lavoratore secondo quanto previsto da accordi collettivi tra associazioni nazionali del movimento cooperativo e organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative.

Peraltro, la legge salvaguarda la possibilità di esercitare i diritti sindacali secondo particolari modalità previste dagli accordi collettivi tra le associazioni del movimento cooperativo e dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori.

Trattamento economico

La legge n. 142/2001 prevede l'applicazione dell'articolo 36 Legge n. 300/70, che concerne l'obbligo nei contratti d'appalto di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria.

Inoltre, è previsto che il socio lavoratore ha diritto ad un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato, e comunque non inferiore a quanto previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro del settore o della categoria affine.

A tal fine l'articolo 7 D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 - convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31 - ha previsto che in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell'ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n.142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria.

Relativamente ai soci lavoratori con rapporto diverso da quello subordinato, in assenza di contrattazione, occorre fare riferimento ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo.

Va infine evidenziato che anche per gli amministratori della società cooperativa vale quanto affermato in precedenza per le altre società.

Sul punto è intervenuto l'INPS, con messaggio n. 15031 del 7 giugno 2007 che ha affrontato il caso del presidente di cooperativa allargando il proprio intervento alle altre società.

L'istituto ricordando quanto affermato dalla cassazione con sentenza n. 1793/1996 (v. supra). Si è ritenuto che, in via generale, relativamente alla compatibilità di un rapporto organico e rapporto di lavoro subordinato riferibili ad uno stesso soggetto (amministratore – dipendente), occorre fare al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, reso con riferimento agli amministratori di società di capitali, ma mutuabile anche nell'ambito delle società cooperative.

Tale giurisprudenza - evidenzia l'INPS - ha in primo luogo sancito un principio di assoluta incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società e la carica di amministratore unico della medesima. Analoga esclusione ricorre nel caso in cui il socio partecipi (direttamente o indirettamente) al capitale sociale in una misura capace di assicurargli, da sola, la maggioranza richiesta per la validità delle deliberazioni assembleari, tanto da risultare sovrano della società stessa, rispetto alla quale, pertanto, non può assumere contemporaneamente anche la diversa figura di lavoratore subordinato.

La carica di presidente, in sé considerata, - si legge nel messaggio - non è incompatibile con lo status di lavoratore subordinato in quanto anche il presidente di società, al pari di qualsiasi membro del consiglio di amministrazione, può essere soggetto alle direttive, alle decisioni ed al controllo dell'organo collegiale. Tale affermazione non è neppure contraddetta dall'eventuale conferimento del potere di rappresentanza al presidente, atteso che tale delega non estende automaticamente allo stesso i diversi poteri deliberativi.

E' necessario, tuttavia, che sia fornita la rigorosa prova della sussistenza del vincolo della subordinazione, cioè dell'assoggettamento del lavoratore interessato, nonostante la qualità di amministratore, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell'organo di amministrazione della società nel suo complesso.

Nel fornire istruzioni al proprio personale, l'Istituto conclude sottolineando che risulta essenziale, pertanto, espletare un'indagine caso per caso, volta ad accertare la sussistenza delle suddette circostanze.

Riferimenti

Fonti

Art. 7, D.L. 31 dicembre 2007, n. 248

Legge 3 aprile 2001, n. 142

Art. 1, comma 203, l egge 23 dicembre 1996, n.662

Art. 29, Legge 3 giugno 1975, n. 160

Legge 22 luglio 1966, n. 613

Legge 4 luglio 1959, n. 463

Art. 38 Costituzione

Articolo 2094 c.c.

Prassi

Ministero del Lavoro, interpello 24 gennaio 2013, n. 1

INPS, messaggio 7 giugno 2007, n. 15031

INPS, circolare 21 giugno 1983, n. 117

Giurisprudenza

Per i recenti orientamenti sul tema, v. Cass., sez. lav., 13 novembre 2023, n. 31469, con commento di F. Pedroni, Licenziamento del socio di cooperativa: applicazione della tutela “restitutoria” in caso di estinzione del rapporto di lavoro con delibera di esclusioneTAR Lombardia 4 settembre 2023 n. 2046; Appello di Firenze,  20 dicembre 2023, n. 555

Cass . civ,, 25 febbraio 2014, n. 4453

Cass . civ., 30 gennaio 2007, n. 1893

Cass. civ. , 21 nov embre 2004, n. 21759

Cass. civ,, 5 novembre 2003, n. 13009

Cass . civ,, 3 aprile 2000, n. 4036

Cass . civ., 19 aprile 1999, n.3886

Ca ss . civ,, 23 novembre 1996, n. 10383

Cass . civ,, 7 marzo 1996, n. 1793

Cass . civ,, SS.UU. 3 aprile 1989, n. 1589

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