Dimissioni

Teresa Zappia
11 Gennaio 2024

Le dimissioni consistono nella possibilità per il lavoratore di porre volontariamente fine al rapporto di lavoro. La libertà del recesso del prestatore dal contratto di lavoro è garanzia fondamentale della sua libertà personale e del suo diritto di svolgere l'attività lavorativa secondo le proprie possibilità (art. 4 Cost.).

Inquadramento

Le dimissioni, atto unilaterale recettizio, consistono nella possibilità riconosciuta al lavoratore di porre volontariamente fine al rapporto di lavoro. La libertà del recesso del prestatore dal contratto di lavoro a tempo indeterminato rappresenta una garanzia fondamentale della sua libertà personale, del suo diritto costituzionalmente garantito di svolgere la propria attività lavorativa secondo le proprie possibilità (art. 4 Cost.), della facoltà di beneficiare delle opportunità offerte dal mercato del lavoro.

Stante l'insindacabilità dell'atto volontario delle dimissioni, le stesse possono essere impugnate quando il lavoratore le abbia presentate in stato di incapacità di intendere o volere, oppure nel caso in cui il consenso sia stato determinato da errore riconoscibile da parte del datore di lavoro, ovvero da violenza o dolo (Cass., sez. lav., n. 7190/2024; Cass., sez. lav., n. 41271/2021; Cass., sez. lav., n. 4232/2019)

La disciplina dell'istituito in esame è stata modificata dalla riforma introdotta dalla l. n. 92/2012 (c.d. "Riforma Fornero") e, successivamente, dal d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151, attuativo del Jobs Act.

In particolare, il d.lgs. n. 151/2015 ha previsto che le dimissioni (e le risoluzioni consensuali) debbano essere effettuate esclusivamente in modalità telematica, a pena di inefficacia delle stesse. La procedura trova applicazione a partire dal 12 marzo 2016, anche quale misura di contrasto al fenomeno delle “dimissioni in bianco”, che si verificano quando il datore di lavoro, prima della sottoscrizione del contratto di assunzione, “impone” al lavoratore la firma di una lettera di dimissioni.

Aspetti generali

Le dimissioni, costituendo una facoltà del lavoratore legalmente riconosciuta, non trova nessun limite se non quello di rispettare il termine di preavviso, imposto dall'art. 2118 c.c.Tale termine è previsto dal contratto collettivo o dagli usi. Nel caso in cui il dipendente dimissionario non rispetti questa condizione, egli sarà tenuto a corrispondere al datore di lavoro un'indennità equivalente alla retribuzione che gli sarebbe spettata in detto periodo di preavviso (Cass., sez. lav., n. 27934/2021).

La clausola del contratto individuale che preveda un termine di preavviso per le dimissioni più lungo rispetto a quello stabilito per il licenziamento si ritiene valida ove tale facoltà di deroga sia prevista dal contratto collettivo ed il lavoratore riceva, quale corrispettivo per il maggior termine, un compenso in denaro (Cass., sez. lav., n. 18122/2016; Cass., sez. lav., n. 4991/2015).

Clausola di durata minima garantita

Il lavoratore è libero di pattuire una clausola di durata minima garantita del rapporto nell'interesse del datore di lavoro, purché tale durata sia limitata nel tempo e sia previsto un corrispettivo. La corrispettività, tuttavia, non va valutata atomisticamente, come contropartita dell'assunzione dell'obbligazione, bensì alla luce del complesso delle reciproche pattuizioni contrattuali, potendo consistere nella reciprocità dell'impegno di stabilità ovvero in una diversa prestazione a carico del datore di lavoro, quale una maggiorazione della retribuzione o una obbligazione non monetaria, purché non simbolica e proporzionata al sacrificio assunto dal lavoratore (Cass., sez. lav., n. 14457/2017).

Giusta causa

L'art. 2119 c.c. stabilisce che il preavviso non è dovuto quando le dimissioni siano rassegnate per giusta causa, intendendosi per tale la causa talmente grave da non consentire la prosecuzione neppure temporanea del rapporto. Spetta al lavoratore dimissionario l'onere della prova della giusta causa di recesso (App. Milano, sez. lav., n. 104/2023; Trib. Milano, sez. lav., n. 2710/2023; Cass., sez. lav., n. 24432/2022; Cass., sez. lav., n. 31999/2018). In taluni casi è direttamente la legge che prevede ipotesi tipiche di giusta causa di dimissioni: così, ad esempio, l'art. 2112, comma 4, c.c., che riconosce al lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscano una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, la facoltà di rassegnare le dimissioni con gli effetti di cui all'art. 2119, comma 1, c.c.

Infine, anche il contratto collettivo e il contratto individuale possono prevedere ipotesi di dimissioni per giusta causa. Al lavoratore che recede per giusta causa compete l'indennità sostitutiva del preavviso, fermo il risarcimento di eventuali danni extrapatrimoniali (mobbing, demansionamento, perdita di chance, ecc.), che dovranno essere provati dal lavoratore.

Nel caso in cui le dimissioni siano state rassegnate per giusta causa, grava sul datore di lavoro l'obbligo di versare all'INPS il contributo per licenziamento (art. 2, comma 31 ss., l. n. 92/2012)

L'INPS, con la circolare del 12 maggio 2015, n. 94 ha previsto che nelle ipotesi “tipizzate” di giusta causa delle dimissioni il lavoratore ha diritto a percepire la NASPI (Trib. Frosinone, sez. lav., 7 giugno 2022).

In base alla nuova disciplina relativa all'assegno di inclusione (artt. 1-13 d.l. n. 48/2023 conv. in l. n. 85/2023) è previsto che esso non spetti nei nuclei familiari nei quali un componente risulti disoccupato a seguito di dimissioni volontarie nei 12 mesi successivi alle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa e le risoluzioni consensuali intervenute nell'ambito della procedura prevista dall'art. 7 della l. n. 604/1966.

Procedura telematica per le dimissioni e la risoluzione consensuale

L'art. 26 d.lgs. n. 151/2015 prevede che le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro siano comunicate dal lavoratore, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche, utilizzando appositi moduli resi disponibili dal Ministero del Lavoro e trasmessi al datore di lavoro e all'ITL competente (Cass., sez. lav., n. 27331/2023; (Cass., sez. lav., n. 5598/2023).

In data 15 dicembre 2015 è stato approvato il Decreto del Ministero del Lavoro in attuazione della suddetta previsione, con il quale è definito il modulo per la comunicazione del recesso dal rapporto di lavoro per dimissioni volontarie o per risoluzione consensuale, valido su tutto il territorio nazionale e dotato delle caratteristiche di non contraffabilità e non falsificabilità.

La nuova procedura non trova applicazione per i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, per il lavoro domestico, per le dimissioni e la risoluzione consensuale disposta nelle sedi conciliative indicate nell'art. 2113, comma 4, c.c. e nelle Commissioni di certificazione.

La citata Circolare si sofferma, altresì, sull'obbligo del lavoratore di rispettare il termine di preavviso salvo il caso in cui sussista una giusta causa di dimissioni. Nell'ipotesi di mancato rispetto del termine di preavviso, le dimissioni, pur se immediatamente efficaci, obbligano il lavoratore al risarcimento dell'eventuale danno.

Le dimissioni rassegnate con modalità diverse da quelle previste dalla disciplina in esame sono inefficaci; pertanto, in tal caso il datore di lavoro dovrà invitare il lavoratore a compilare il modulo nella forma e con le modalità telematiche previste dalla nuova disciplina.

La procedura, riscontrabile sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali tramite il servizio online Dimissioni volontarie, prevede diversi passaggi a carico del lavoratore e nello specifico la richiesta del PIN dispositivo INPS (se non posseduto) e la creazione di un proprio account sul portale Cliclavoro, che consentirà di accedere al portale www.lavoro.gov.it ed al form online per la trasmissione della comunicazione. Il modulo dimissioni o risoluzione consensuale sarà successivamente inviato tramite PEC al datore di lavoro all'ITL competente.

In alternativa, il lavoratore può rivolgersi ai soggetti abilitati, ovvero:

  • Patronati;
  • Organizzazioni sindacali;
  • Enti bilaterali;
  • Commissioni di certificazione di cui all'art. 76 d.lgs. n. 276/2003.

Entro i 7 giorni successivi alla comunicazione lo stesso lavoratore, con la medesima procedura online, avrà la facoltà di revocare l'atto.

L'art. 26, comma 4, d.lgs. n. 151/2015, come modificato dal d.lgs. n. 185/2016, prevede la trasmissione dei moduli anche per il tramite:

  • dei consulenti del lavoro;
  • delle sedi territoriali dell'Ispettorato nazionale del lavoro.

Dal 2 gennaio 2018 è inoltre disponibile l'app “Dimissioni Volontarie”, messa a disposizione dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, per le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Il nuovo strumento è utile per comunicare in sicurezza e rapidità da tablet e smartphone ed è scaricabile gratuitamente. Per accedere, i cittadini devono essere in possesso di SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale, introdotto sulla piattaforma dei servizi del Ministero dallo scorso 19 maggio 2017. L'app consente ai cittadini e ai soggetti abilitati di accedere alla procedura del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e inviare, con pochi passaggi online, il modello telematico al datore di lavoro.

La data di decorrenza delle dimissioni e degli atti di risoluzione consensuale coincide con il giorno successivo all'ultimo giorno di lavoro. Tale data assume rilevanza anche ai fini della decorrenza dei trattamenti pensionistici (cfr. INPS, messaggio 20 settembre 2016, n. 3755).

La nuova procedura si applica in tutti i casi di dimissioni e risoluzioni consensuali (ivi compresi i rapporti di apprendistato) ad eccezione delle dimissioni rientranti nei divieti previsti dal TU della maternità e paternità (art. 55, comma 4, d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni e integrazioni) nonché di alcune altre fattispecie non comprese nella novella per indicazione espressa oppure per esclusione implicita. È il caso, ad esempio dei lavoratori domestici (art. 26, comma 7, d.lgs. n. 151/2015) oppure delle ipotesi di recesso durante il periodo di prova (cfr. Min. Lavoro circolare del 4 marzo 2016, n. 12).

In base all'art. 26, comma 8-bis, d.lgs. n. 151/2015, come modificato dal d.lgs. n. 185/2016, la procedura non si applica ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001.

Convalida delle dimissioni

L'art. 12-bis d.l. n. 76/2020 (introdotto con la l. conv. n. 120/2020) dispone che le istruttorie finalizzate al rilascio delle convalide delle dimissioni di cui all'art. 55, comma 4, d.lgs. n. 151/2001 e di cui all'art. 35, comma 4, d.lgs. n. 198/2006, di competenza dell'Ispettorato nazionale del lavoro, che presuppongono la presenza fisica dell'istante, possono essere effettuate attraverso strumenti di comunicazione da remoto che consentano in ogni caso l'identificazione degli interessati o dei soggetti dagli stessi delegati e l'acquisizione della volontà espressa. In tali ipotesi il provvedimento finale o il verbale si perfeziona con la sola sottoscrizione del funzionario incaricato (cfr. INL circolare 25 settembre 2020, n. 4). Ai fini del colloquio con il personale dell'ITL "a distanza" occorre presentare un apposito modello di richiesta (disponibile online), compilato in ogni sua parte e sottoscritto dalla lavoratrice o dal lavoratore interessato.

Lavoratori autonomi

L'art. 7, comma 5, lett. d), d.l. n. 76/2013 (conv. con modificazioni in l. n. 99/2013), ha previsto che, a partire dal 28 giugno 2013, la specifica normativa sulle dimissioni in bianco e sulle risoluzioni consensuali, trova applicazione anche alle tipologie contrattuali di lavoro autonomo.

In particolare, introducendo il comma 23-bis all'art. 4 l. n. 92/2012, viene affermato che le disposizioni di cui ai commi da 16 a 23 del medesimo articolo si applicano, per quanto compatibili, anche alle dimissioni o alle risoluzioni consensuali intervenute nei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto e nelle associazioni in partecipazione con apporto lavorativo.

Il d.lgs. n. 81/2015 ha eliminato la disciplina relativa alle collaborazioni a progetto e alle associazioni in partecipazione con apporto di lavoro e pertanto non potranno più essere instaurate tali tipologie contrattuali a far data dal 24 giugno 2015; quelle già in essere rimarranno in vigore fino alla loro naturale scadenza.

Sanzioni

L'art. 26, comma 4, d.lgs. n. 151/2015 disciplina le sanzioni alle quali è sottoposto il datore di lavoro che altera il modulo di comunicazione con il quale il lavoratore manifesta la volontà di recedere dal rapporto di lavoro. La disposizione prevede una sanzione amministrativa di importo compreso tra € 5.000 ed € 30.000. L'organo deputato ad accertare la violazione e irrogare la conseguente sanzione è l'Ispettorato territoriale del lavoro competente attraverso il personale ispettivo e il proprio nucleo Carabinieri. Nei casi in cui tale violazione sia verificata da altri organi che effettuano attività di controllo in materia di lavoro (INPS, INAIL, Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate, ecc), come previsto dall'art. 33 l. n. 183/2010, gli stessi devono riferire all'organo periferico del Ministero del Lavoro.

La violazione non è sanabile e, quindi, non può essere applicato l'istituto della diffida obbligatoria ai sensi dell'art. 13 d.lgs. n. 124/2004.

Risoluzione consensuale

Diversamente dalle dimissioni, la risoluzione consensuale è un contratto, che presuppone, pertanto, la manifestazione di volontà di entrambe le parti. Anche tale fattispecie risulta ormai attratta sul piano del vincolo di forma nella nuova procedura telematica prevista (obbligatoriamente) dall'art. 26 d.lgs. n. 151/2015 e relativo D.M. 15 dicembre 2015.

L'onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di voler porre fine al rapporto grava sul datore di lavoro che ne deduce la risoluzione per mutuo consenso. La mera inerzia del lavoratore nei confronti dell'atto risolutivo del rapporto, comunicatogli dal datore, non è normalmente sufficiente a configurare un'adesione implicita alla risoluzione e, quindi, a configurare un mutuo consenso tacito (Cass., sez. lav., n. 22489/2016). In definitiva, la risoluzione consensuale tacita del contratto di lavoro deve essere ravvisata con particolare rigore in presenza di un comportamento inequivoco delle parti che evidenzi il completo disinteresse delle stesse alla prosecuzione del rapporto di lavoro (Trib. Trani, sez. lav., 25/09/2023; Cass., sez. lav., n. 25583/2019; Cass., sez. lav., n. 3822/2019; Cass., sez. lav., n. 8604/2017).

Come sopra precisato, la mera inerzia del lavoratore non è di per sé sufficiente a far ritenere una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, cosicché, per configurarsi una tale risoluzione, è invece necessario che sia accertata – oltre all' inerzia del lavoratore - una chiara e certa volontà comune di porre fine ad ogni rapporto lavorativo sulla base di ulteriori e significative circostanze della cui allegazione e prova è gravato il datore di lavoro ovvero la parte che eccepisce un tacito mutuo consenso (Cass., sez. lav., n. 21317/2020).

Riferimenti

Per i recenti orientamenti sul tema:

Cass., sez. lav., 11 gennaio 2024, n. 1157, con commento di T .Zappia, Demansionamento e azione risarcitoria: le dimissioni non fanno automaticamente venire meno l'interesse all'accertamento dell'illegittima assegnazione di mansioni inferiori;

Trib. Torino, sez. lav., 27 aprile 2023, n. 429, con commento di R. Maraga, Naspi e trasferimento del lavoratore: in caso di rifiuto, le conseguenti dimissioni involontarie consentono l'accesso alla prestazione di sostegno al reddito;

Trib. Udine, sez. lav., 31gennaio 2022 n.20, con commento di M. Polato, Sono ancora efficaci le dimissioni per fatti concludenti?;

App. Firenze, sez. lav., 2 ottobre 2023, n. 258, con commento di P. PatrizioNASPI: spetta al lavoratore costretto a dimettersi a causa di un legittimo ma rilevante mutamento della sede di lavoro, senza ulteriori oneri probatori;

Cass., sez. lav., 13 maggio 2021, n. 12932, con commento di F. Pedroni, Obbligo contributivo sulla indennità di preavviso e risoluzione consensuale del rapporto.

Normativi

D.l. n. 48/2023

D.l. n. 76/2020

D.lgs. 24 settembre 2016, n. 185

Art. 26 d.lgs. 14 settembre 2015, n. 151

D.lgs. n. 124/2004

Art. 7, comma 5, lett. d), d.l. 28 giugno 2013, n. 76 conv. in l. 9 agosto 2013, n. 99

L. n. 92/2012

Prassi

INL circolare 25 settembre 2020, n. 4

Ministero del Lavoro, circolare 4 marzo 2016, n. 12

INPS messaggio 20 settembre 2016, n. 3755

Ministero del Lavoro, Interpello 23 ottobre 2013, n. 29

Ministero del Lavoro, circolare 29 agosto 2013, n. 35

Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, circolare 9 agosto 2013, n. 10

Ministero del Lavoro, circolare 18 luglio 2012, n. 18

Giurisprudenza

  • Cass., sez. lav., n. 7190/2024
  • Trib. Trani, sez. lav., 25 settembre 2023
  • App. Milano, sez. lav., n. 104/2023
  • Trib. Milano, sez. lav., n. 2710/2023
  • Cass., sez. lav., n. 24432/2022
  • Cass., sez. lav., n. 41271/2021
  • Cass., sez. lav., n. 27934/2021
  • Cass., sez. lav., n. 21317/2020
  • Cass., sez. lav., n. 25583/2019
  • Cass., sez. lav., n. 3822/2019
  • Cass., sez. lav., n. 4232/2019
  • Cass., sez. lav., n. 31999/2018
  • Cass., sez. lav., n. 8604/2017
  • Cass., sez. lav., n. 18122/2016
  • Cass., sez. lav., n. 4991/2015