19 Aprile 2024

La valutazione dei rischi presenti nel luogo di lavoro rappresenta il perno dell'organizzazione aziendale della sicurezza sul lavoro, su cui poggia il sistema di prevenzione soggettivo, basato sulla consapevolezza delle fonti di rischio da parte di tutti i principali destinatari degli obblighi prevenzionali. Il datore di lavoro, con la collaborazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, compie la valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori e individua le adeguate misure di prevenzione e di protezione da adottare per eliminarli e/o ridurli. Operata tale valutazione, il datore di lavoro redige il documento della valutazione dei rischi (DVR), avente uno specifico contenuto e redatto nel rispetto di modalità individuate dal legislatore delegato sulla base del numero di lavoratori presenti nel luogo di lavoro o in base alla pericolosità dell'attività lavorativa svolta. L'omessa valutazione dei rischi o la mancata e/o incompleta redazione del relativo documento è sanzionata penalmente.

Inquadramento

La valutazione dei rischi presenti nel luogo di lavoro rappresenta il perno dell'organizzazione aziendale della sicurezza sul lavoro, su cui poggia il sistema di prevenzione soggettivo, basato sulla consapevolezza delle fonti di rischio da parte di tutti i principali destinatari degli obblighi prevenzionali.

Si tratta di un obbligo non delegabile di matrice comunitaria, imposto al datore di lavoro (art. 17, comma 1, lett. a), D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81), che si avvale della collaborazione professionale del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente (art. 29, comma 1, D. Lgs. n. 81/2008), previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (art. 29, comma 2, D. Lgs. n. 81/2008), consistente nella “valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza” (art. 2, comma 1, lett. q), D. Lgs. n. 81/2008).

Operata la valutazione di tutti i rischi potenzialmente dannosi per la salute umana, il datore di lavoro deve redigere il documento della valutazione dei rischi (DVR), avente uno specifico contenuto (art. 28, D. Lgs. n. 81/2008) e redatto nel rispetto di modalità individuate dal legislatore delegato sulla base del numero di lavoratori presenti nel luogo di lavoro o in base alla pericolosità dell'attività lavorativa svolta (art. 29, D. Lgs. n. 81/2008).

Trattandosi di un adempimento – cardine del sistema prevenzionale, l'omessa valutazione dei rischi o la mancata e/o incompleta redazione del relativo documento è sanzionata penalmente (art. 55, D. Lgs. n. 81/2008).

La valutazione dei rischi nel sistema di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali

L'obsolescenza delle norme di natura tecnica, emanate per contrastare con misure tassativamente previste i singoli rischi di infortunio o di malattia professionale (D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547; D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164; D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303), avvenuta a causa dell'inevitabile evoluzione delle tecnologie produttive, ha spinto il Consiglio dell'Unione europea ad emanare una serie di direttive – tra cui si segnala la Direttiva quadro 89/391/CEE del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro - per imporre agli Stati membri l'adozione di prescrizioni minime di tutela, volte al conseguimento di un miglior livello di sicurezza e fondate sulla valutazione dei rischi esistenti nel luogo di lavoro.

La valutazione dei rischi viene, così, introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento con il recepimento delle direttive in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro (art. 11, D. Lgs. 15 agosto 1991, n. 277; D. Lgs. 25 gennaio 1992, n. 77), per poi divenire la principale misura generale di tutela del sistema prevenzionistico di matrice comunitaria (art. 3, comma 1, lett. a), D. Lgs. 19 settembre 1994, n. 626), caratterizzato dalla “programmazione” della sicurezza e dalla “procedimentalizzazione” degli obblighi imposti ai singoli attori. Con l'introduzione dell'obbligo della valutazione dei rischi e della redazione del relativo documento il datore di lavoro non è più solo il destinatario di specifici precetti normativi, come avveniva nel sistema di prevenzione oggettivo, ma diventa il principale artefice dell'organizzazione aziendale della sicurezza.

L'obbligo della valutazione dei rischi ha mantenuto ancora il ruolo di architrave dell'organizzazione generale della sicurezza sul lavoro aziendale (Cass. pen. 13 giugno 2014, n. 25222) nella disciplina normativa più recente, in cui ha conservato la collocazione di prima misura generale di tutela (art. 15, comma 1, lett. a), D. Lgs. n. 81/2008).

Trattandosi di obbligo “intimamente correlato con le scelte aziendali di fondo che sono attribuite al potere/dovere del datore di lavoro” (Cass. pen. 10 dicembre 2008, n. 4123), esso non è delegabile (art. 17, comma 1, lett. a), D. Lgs.n. 81/2008); per questo l'eventuale conferimento a terzi della delega relativa alla redazione del DVR “non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata” (Cass. pen. 2 dicembre 2016, n. 27295).

In sostanza, il datore di lavoro è chiamato ad analizzare ed individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, il medesimo deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi, all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Cass. pen. s.u. 24 aprile 2014, n. 38343; in senso conforme Cass. pen. 7 marzo 2023, n. 9450).

Qualora in uno stesso luogo operino più lavoratori, dipendenti da diversi datori di lavoro, ciascuno di questi, anche se subappaltatore, è tenuto all'elaborazione del DVR (Cass. pen. 11 gennaio 2023, n. 5907).

In evidenza: Gli obblighi del RSPP 

Cass. pen. 15 luglio 2021, n. 37383

Il Responsabile del SPP ha l'obbligo di elaborare, nel documento di valutazione dei rischi, i sistemi di controllo sull'attuazione delle misure precauzionali richieste dal tipo di attività lavorativa, ma non è tenuto a controllare che il datore di lavoro adempia alle misure indicate nel documento, sicché risponde per eventuali eventi lesivi, ai sensi dell'art. 40, comma 2, c.p., solo nel caso in cui abbia omesso l'elaborazione delle misure preventive e protettive o dei sistemi di controllo delle stesse.

Cass. pen. 18 maggio 2023, n. 21153; Cass. pen. 10 marzo 2021, n. 24822

Il Responsabile del SPP può essere ritenuto responsabile, anche in concorso con il datore di lavoro, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione faccia seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione.

Cass. pen. 17 ottobre 2019, n. 49761

Il Responsabile del SPP, in quanto consulente del datore di lavoro privo di potere decisionale, risponde dell'evento in concorso con il datore di lavoro solo se abbia commesso un errore tecnico nella valutazione dei rischi, dando un suggerimento sbagliato od omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate

In evidenza: Il regime sanzionatorio (art. 55, d.lgs. n. 81 del 2008)

La mancata valutazione dei rischi e/o redazione del relativo documento è sanzionata penalmente, con la pena alternativa dell'arresto da tre a sei mesi o dell'ammenda da € 3.071,27 ad € 7.862,44 (art. 55, comma 1), ma se la violazione è commessa dal datore di lavoro di un'impresa che svolge attività di elevata pericolosità si applica solo la sanzione dell'arresto da quattro a otto mesi (art. 55, comma 2).

La redazione del documento senza l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati o senza il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza o privo dell'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri (art. 28, comma 2, lettere b), c) o d), D. Lgs. n. 81/2008) oppure senza la consultazione del RLS o in caso di mancata rielaborazione del DVR (art. 29, commi 2 e 3, D. Lgs. n. 81/2008) sono puniti con l'ammenda da € 2.475,02 ad € 4.914,03 (art. 55, comma 3) oppure senza una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa (art. 28, comma 2, lettere a), primo periodo, D. Lgs. n. 81/2008) o senza l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento (art. 28, comma 2, lett. f), D. Lgs. n. 81/2008) sono puniti con l'ammenda da € 1.228,50 ad € 2.457,02 (art. 55, comma 4).

Se il DVR non è custodito presso l'unità produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi il datore di lavoro o il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 2.457,02 ad € 8.108,14 (art. 55, comma 5, lett. f).

Viene sanzionato penalmente anche “il mancato, insufficiente o inadeguato aggiornamento e l'omessa valutazione dell'individuazione degli specifici pericoli cui i lavoratori siano sottoposti in relazione alle diverse mansioni e delle conseguenti misure di prevenzione da adottarsi” (Cass. pen. 22 dicembre 2009, n. 10448).

Nonostante la redazione del DVR e l'adozione di misure di prevenzione non è esclusa la responsabilità del datore di lavoro quando, per un errore nell'analisi dei rischi o nell'identificazione di misure adeguate, non sia stata adottata idonea misura di prevenzione (Cass. pen. 5 ottobre 2021, n. 43350).

L'oggetto della valutazione dei rischi

Poiché il “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro si applica “a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio” (art. 3, comma 1, D. Lgs. n. 81/2008), anche la valutazione dei rischi riguarda tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (artt. 17, comma 1, lett. a) e 28, comma 1, D. Lgs. n. 81/2008). Per rimarcare il suo ambito omnicomprensivo, essa viene qualificata come “globale di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attività” (art. 2, comma 1, lett. q), D. Lgs. n. 81/2008).

Dunque, sono oggetto di valutazione non solo i rischi collegati a fattori tecnici, ma anche quelli relativi alle modalità di lavoro o all'organizzazione aziendale.

In evidenza: L'oggetto della valutazione dei rischi nella giurisprudenza di legittimità

Cass. pen. 20 febbraio 2024, n. 7415; Cass. pen. 13 aprile 2022, n.27583

In tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro ha l'obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro, e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D. Lgs. n. 81/2008, all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Cass. pen. 14 febbraio 2022, n. 5128

L'art. 28 non fa nessuna distinzione fra le attività ordinariamente e quelle straordinariamente svolte dall'impresa, riconnettendo l'obbligo di valutazione del datore di lavoro a qualsiasi rischio il lavoratore debba affrontare nel corso dello svolgimento dell'attività lavorativa, indipendentemente dalla sua occasionalità, non potendo la sicurezza della sua salute sospendersi quando egli sia chiamato a svolgere attività diverse da quelle cui è ordinariamente addetto.

Cass. pen. 7 aprile 2022, n. 13199

Il datore di lavoro, quale titolare della posizione di garanzia, deve prevenire il concretizzarsi di rischi riguardanti la verificazione anche di un "evento raro" la cui realizzazione non sia però ignota all'esperienza e alla conoscenza della scienza tecnica e, una volta individuato il rischio, predisporre le misure precauzionali e procedimentali, ove necessarie, per impedire l'evento (in senso conforme Cass. pen. 2 dicembre 2016, n. 27295; Cass. pen. 10 gennaio 2019, n. 27186).

Cass. pen. 12 gennaio 2021, n. 12940

Il contenuto qualificante e minimo del DVR deve essere costituito, oltre che da una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, anche dall'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati.

A titolo esemplificativo, poi, il legislatore delegato ha indicato un elenco di rischi specifici riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari (art. 28, comma 1, D. Lgs. n. 81/2008):

  • quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'Accordo europeo dell'8 ottobre 2004;
  • quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151;
  • quelli connessi alle differenze di genere e all'età, per contrastare la prassi che vuole i giovani meno tutelati rispetto ai lavoratori più anziani, di solito più esperti, oppure alla provenienza da altri Paesi, per garantire a chi non conosce la nostra lingua la verifica di comprensione di quanto oggetto di informazione e/o formazione;
  • quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro, introdotti successivamente (art. 18, comma 1, lett. a), D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106), per garantire anche ai collaboratori, assunti con contratti atipici e temporanei, a causa della breve durata del rapporto di lavoro e della mancanza di uno stabile inserimento nell'organizzazione aziendale, condizioni di lavoro sicure;
  • quelli derivanti dal possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei o mobili, interessati da attività di scavo, obbligo introdotto di recente (art. 1, comma 1, lett. a), L. 1° ottobre 2012, n. 177).

In evidenza: La valutazione del rischio da stress lavoro-correlato

Lo stress è definito come “una condizione, accompagnata da sofferenze o disfunzioni fisiche, psichiche, psicologiche o sociali, che scaturisce dalla sensazione individuale di non essere in grado di rispondere alle richieste o di non essere all'altezza delle aspettative riposte in loro” (Accordo quadro europeo 8 ottobre 2004, recepito in Italia con l'accordo interconfederale del 9 giugno 2008). Quando tali richieste ed aspettative sono riferite al lavoro allora lo stress riguarda l'ambito lavorativo e viene definito “lavoro-correlato”. Tra i fattori lavorativi ritenuti generatori di stress si annoverano: un carico e un ritmo di lavoro eccessivi, la precarietà del lavoro, la mancanza di flessibilità negli orari di lavoro, la mancanza di partecipazione o le scarse prospettive di sviluppo professionale. Lo stress non rappresenta una malattia, ma può diventare la causa di alcune patologie che colpiscono vari apparati - mentali, cardio-vascolari, endocrino metabolici, gastro-intestinali, dermatologici - dei lavoratori spesso caratterialmente più deboli; cosicché lo stress rappresenta una tipologia di rischio, insorto in conseguenza di ritmi lavorativi sempre più incalzanti, che impongono al lavoratore di eseguire più compiti anche contemporaneamente.

A partire dal 31 dicembre 2010 il datore di lavoro effettua la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato, servendosi delle indicazioni approvate nella seduta del 17 novembre 2010 dalla Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro e rese note con lettera circolare del Ministero del lavoro del 18 novembre 2010 (art. 28, comma 1 bis, D. Lgs. n. 81/2008).

In evidenza: La valutazione dei rischi riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza

Cass. pen. 15 giugno 2022, n. 36538

Il datore di lavoro deve effettuare la valutazione imposta dall'art. 11, D. Lgs. n. 151/2001, anche se i rischi non siano attuali, in quanto non vi sia tra il personale una donna in gravidanza, dovendo egli comunque compilare il DVR considerando tutti i rischi ipotetici e le misure di prevenzione da adottarsi nel caso di gravidanza. Né è consentito derogare alla previsione di legge adducendo una presunta infertilità del personale dipendente dovuta all'età, atteso che per l'art. 6, comma 2, D. lgs. n. 151/2001, le misure per la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio previste dal capo secondo del decreto, nel quale è ricompreso l'art. 11, si applicano "altresì alle lavoratrici che hanno ricevuto bambini in adozione o in affidamento, fino al compimento dei sette mesi di età", ciò che ulteriormente conferma come la valutazione di quei profili di rischio vada comunque effettuata dal datore di lavoro.

Il contenuto del documento della valutazione dei rischi

Una volta provveduto alla valutazione dei rischi il datore di lavoro deve procedere alla redazione del DVR, definito come lo “statuto” della sicurezza aziendale (Cass. pen. s.u. 24 aprile 2014, n. 38343), anche in presenza di una “prassi operativa” che non può considerarsi ad esso equipollente (Cass. pen. 27 aprile 2012, n. 27934).

La redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l'idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione (art. 28, comma 2, lett. a), D. Lgs. n. 81/2008). Esso rappresenta il risultato meditato e critico dell'attività di valutazione svolta e deve contenere (art. 28, comma 2, D. Lgs. n. 81/2008):

a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;

b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, tra cui rientra anche l'indicazione dell'attività di manutenzione a preservare nel tempo la loro idoneità ed efficienza (Cass. pen. 17 ottobre 2013, n. 4961);

c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;

d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri (a proposito del dovere di individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, Cass. pen. 26 novembre 2015, n. 4347, ha reputato che tale prescrizione fosse imposta anche nella precedente normativa di cui all'art. 4, D. Lgs. n. 626/1994);

e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;

f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento.

L'INAIL, per rendere più incisiva la valutazione dei rischi anche in collaborazione con le aziende sanitarie locali e gli Organismi paritetici (art. 28, comma 3 ter, D. Lgs. n. 81/2008), ha realizzato un ambiente di consultazione interattivo finalizzato a supportare il datore di lavoro nel processo di valutazione dei rischi (circolare INAIL 19 maggio 2023, n. 18).

Il DVR può essere conservato su supporto informatico (art. 53, D. Lgs. n. 81/2008), deve essere custodito presso l'unità produttiva a cui si riferisce quasi a testimoniarne l'effettiva corrispondenza con l'ambiente di lavoro (art. 28, comma 4, D. Lgs. n. 81/2008) e deve essere munito di data certa o attestata, al fine di evitare il rischio di retrodatazione in presenza, ad esempio, di un infortunio sul lavoro o di un'ispezione (art. 28, comma 2, D. Lgs. n. 81/2008).

In evidenza: La data certa o attestata

Nella sua prima stesura la legge stabiliva che il DVR fosse fornito di data certa, senza specificare, però, le modalità con cui procedere; perciò, sul significato di “data certa” si sono confrontate due opposte teorie, quella formalistica, in base alla quale il requisito era assolto solo in presenza di un fatto oggettivo sottratto alla sfera di esclusiva disponibilità del datore di lavoro (atto notarile, data e firma autenticate davanti ad un pubblico ufficiale, ricorso alla c.d. autoprestazione presso gli uffici postali), e quella funzionale, in base alla quale la certezza della data serve solo a contestualizzare l'attività di valutazione che incombe sul datore di lavoro, essendo sufficiente procedere alla sottoscrizione del DVR da parte di tutti i soggetti che partecipano alla valutazione.

E' prevalsa la teoria funzionale, come testimoniato dal testo attualmente in vigore dell'art. 28, comma 2, come modificato dall'art. 18, comma 1, lett c), D. Lgs. n. 106/2008, in base al quale il documento deve essere munito di data certa o attestata “dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro, nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato”.

La firma del datore di lavoro risulta indispensabile per la validità del DVR, mentre quella degli altri soggetti assume una valenza solo probatoria circa il tempo della sua formazione.

In evidenza: La valutazione dei rischi in caso di costituzione di una nuova impresa ……

In caso di costituzione di una nuova impresa, il datore di lavoro deve effettuare immediatamente la valutazione dei rischi, elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività, sebbene debba dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, di aver effettuato la valutazione dei rischi, onde evitare che i lavoratori, nelle prime settimane di lavoro, che potrebbero rivelarsi particolarmente pericolose, siano esposti a rischi non valutati, ed immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (art. 28, comma 3 bis, D. Lgs. n. 81/2008).

In evidenza: …… e la sua rielaborazione in presenza di alcune causali

Stante la sua natura dinamica, per garantirne sempre l'attualità e corrispondenza alla reale situazione di esposizione al rischio presente nel luogo di lavoro, la valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. Il DVR, poi, deve essere rielaborato nel termine di trenta giorni dal verificarsi di ciascuna causale, sebbene il datore di lavoro debba dare sempre immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell'aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (art. 29, comma 3, D. Lgs. n. 81/2008).

Permane l'obbligo di predisposizione del DVR anche se allo stesso si sia già adempiuto da parte di società successivamente assorbita da altra, “trattandosi di obbligo che deve essere sempre attuale e pertinente alle concrete condizioni di svolgimento dell'attività lavorativa sussistenti nell'azienda, anche al fine di garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza” (Cass. pen. 5 maggio 2011, n. 24820).

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del DVR (art. 50, comma 4, D. Lgs. n. 81/2008); l'Autorità giudiziaria amministrativa ha ammesso il diritto di accesso in favore del singolo lavoratore (T.A.R. Veneto 3 novembre 2022, n. 1693), come anche in favore delle associazioni sindacali (T.A.R. Lazio 6 luglio 2020, n. 7704); in precedenza era stato escluso il diritto di accesso, prevalendo il diritto del datore di lavoro alla riservatezza delle informazioni in esso contenute (T.A.R. Marche, 7 settembre 2016, n. 506).

Le modalità di effettuazione della valutazione dei rischi

Il legislatore delegato ha stabilito differenti modalità, individuate sulla base del numero dei lavoratori occupati, per effettuare la valutazione dei rischi, con l'ausilio di procedure standardizzate elaborate dalla Commissione consultiva permanente (art. 29, comma 5 e ss., D. Lgs. n. 81/2008).

In evidenza: Le procedure standardizzate

Con le procedure standardizzate, approvate dalla Commissione consultiva permanente il 28 novembre 2012 e recepite nel decreto interministeriale 30 novembre 2012, viene fornito al datore di lavoro un modello-guida di riferimento che lo accompagna nell'opera di valutazione e redazione del DVR, dovendosi semplicemente conformare ad esse. Esse si articolano in quattro passaggi:

1) descrizione sintetica dell'azienda, del ciclo lavorativo e identificazione delle mansioni svolte dai lavoratori;

2) identificazione dei pericoli presenti in azienda legati alle caratteristiche degli ambienti di lavoro, alle attrezzature o dei materiali;

3) valutazione dei rischi associati e identificazione delle misure di prevenzione e protezione da attuare;

4) definizione del programma di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza.

In evidenza: Datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori (art. 29, comma 5)

Questi datori di lavoro effettuano la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate approvate dalla Commissione consultiva permanente. Sino al 30 giugno 2013 i datori di lavoro che occupavano sino a dieci lavoratori e che non svolgevano attività particolarmente pericolose per le quali era necessaria la nomina di un SPP interno (art. 31, comma 6, D. Lgs. n. 81/2008), potevano avvalersi di un'autocertificazione scritta da cui risultasse l'avvenuta valutazione dei rischi, ma la Magistratura superiore ha continuato a ritenere indispensabile la redazione di un documento valutativo sebbene più sintetico (Cass. pen. 15 giugno 2011, n. 23968).

In evidenza: Datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori (art. 29, comma 6)

Questi datori di lavoro possono effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate approvate dalla Commissione consultiva permanente oppure nel rispetto delle regole dettate dagli artt. 28 e 29, D. Lgs. n. 81/2008. Non è consentito avvalersi delle procedure standardizzate in presenza di attività particolarmente pericolose per le quali sia obbligatoria la nomina di un SPP interno [(art. 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f) e g)], nonché in aziende in cui si svolgono attività che espongono i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connessi all'esposizione ad amianto (art. 29, comma 7, D. Lgs. n. 81/2008). Per le attività indicate nel Titolo IV (cantieri temporanei e mobili) le procedure standardizzate sono adottate nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 28 (art. 29, comma 6 bis, D. Lgs. n. 81/2008).

Le imprese che operano nei settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali, sulla base di criteri e parametri oggettivi, desunti dagli indici infortunistici dell'INAIL e relativi alle malattie professionali di settore e specifiche della singola azienda, individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, non ancora emanato, da adottare, sulla base delle indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono dimostrare di aver effettuato la valutazione dei rischi ovvero utilizzare le procedure standardizzate (art. 29, comma 6 ter, D. Lgs. n. 81/2008).

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali individua, previo parere della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, strumenti di supporto per la valutazione dei rischi, tra i quali gli strumenti informatizzati secondo il prototipo europeo OIRA (art. 29, comma 6 quater, D. Lgs. n. 81/2008). Con D.M. 23 maggio 2018, n. 61 si è adottato uno strumento di supporto, rivolto alle micro, piccole e medie imprese, per la valutazione dei rischi sviluppato secondo il suddetto prototipo Online Interactive Risk Assessment, dedicato al settore Uffici (sulle modalità operative cfr. circolare congiunta INAIL n. 31 e Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 13 del 25 luglio 2018; circolare MLPS 23 marzo 2020, n. 2 e circolare INAIL 23 marzo 2020, n. 8).

Riferimenti normativi

Artt. 2, 17, 26, 28, 29, 50, 53, 55, d.lgs. n. 81 del 2008.

Giurisprudenza

Per i recenti orientamenti sul tema, v.  Cass. pen., 7 marzo 2023,  n. 9450

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