Partita IVA

Marco Giardetti
Andrea Marchegiani
22 Dicembre 2016

Scheda in fase di aggiornamento

Il contratto d'opera, o di lavoro autonomo, è quel contratto, regolato dall'articolo 2222 del codice civile, con cui una persona si obbliga, dietro corrispettivo, a compiere un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione, nei confronti del committente. In pratica, in questo schema rientrano tutte le prestazioni individuali o professionali che non vengono svolte tramite una struttura imprenditoriale, cioè tutti i soggetti che svolgono la loro attività tramite partita IVA, avvalendosi prevalentemente del lavoro proprio e dei propri collaboratori.

Inquadramento

Negli ultimi anni una delle tipologie contrattuali maggiormente utilizzate dalle aziende è stata quella della collaborazione professionale con dipendenti titolari di partita IVA. Questo ha contribuito ad aumentare la precarietà e la disoccupazione giovanile: non di rado le aziende inducevano i dipendenti con contratto a progetto in scadenza ad aprire la partita IVA.

Il criterio distintivo tra lavoro autonomo o subordinato viene individuato nella subordinazione, intesa come il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia. Altre caratteristiche, come l'assenza di rischio, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario prestabilito, sono solo elementi indicativi del contratto di lavoro subordinato, ma possono essere presenti anche in un contratto di lavoro autonomo.

Dal presente paragrafo a “Casistica”, a cura di Marco Giardetti

Da “Il numero di partita IVA” a “Le sentenze in materia fiscale”, a cura di Andrea Marchegiani e Simone Giuggioloni

Sulla speciale disciplina dei contratti a partita IVA in materia lavoro

La Legge n. 92/2012 (cd. Legge Fornero) ha profondamente toccato questo profilo introducendo una normativa ad hoc, andando ad introdurre nel D.Lgs. n. 276/2003 un apposito art. 69 bis, il cui obiettivo dichiarato era quello di scoraggiare il ricorso da parte datoriale a questa tipologia di rapporto che nella maggior parte dei casi “mascherava” un rapporto di lavoro di natura subordinata.

In virtù di tale articolo 69 bis, le prestazioni lavorative rese da titolari di partita IVA erano considerate, salvo prova contraria del committente, collaborazioni coordinate e continuative al ricorrere di almeno due dei seguenti presupposti:

  • che la collaborazione duri più di 8 mesi nell'arco di un anno per due anni consecutivi;
  • che il corrispettivo derivante dalla collaborazione costituisca più dell'80% del reddito del collaboratore nell'arco dello stesso anno per due anni consecutivi;
  • che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

In presenza di almeno due delle suddette condizioni, con una presunzione relativa, il rapporto di lavoro veniva considerato di collaborazione coordinata e continuativa con onere in capo al committente di provare il contrario. Tale presunzione non operava qualora il titolare di partita IVA avesse entrambi i seguenti requisiti:

  • svolgimento prestazioni lavorative connotate da competenze tecniche di grado elevato, acquisite attraverso significativi percorsi formativi, o da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell'esercizio concreto di attività;
  • reddito annuo da lavoro autonomo superiore a circa € 18.000,00.

Erano, inoltre, esclusi dall'obbligo di assunzione i titolari di Partita IVA che svolgevano prestazioni lavorative nell'esercizio di attività professionali per le quali era richiesta l'iscrizione ad un ordine professionale, o registri, albi, ruoli o elenchi.

Il D.Lgs. n. 81/2015 ha abrogato gli articoli da 61 a 69 bis del D.Lgs. 276/2003 e, pertanto, anche le previsioni che regolamentavano le presunzioni di subordinazione sopra dette, sono venute meno tornandosi così alla regolamentazione del passato.

In evidenza: giurisprudenza

“Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l'elemento dell'assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari […] elementi che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione(Cass. 29 marzo 2004 n. 6224; nello stesso senso si veda anche Cass. 19 maggio 2000 n. 6570).

Presunzione relativa

La riforma Fornero, con l'art. 69 bis D.Lgs. n. 276/2003 aveva introdotto una presunzione relativa, al ricorrere della quale il contratto si intendeva di collaborazione coordinata e continuativa, vincibile al ricorrere di due condizioni. Tra quest'ultime c'era lo svolgimento da parte del consulente “prestazioni lavorative connotate da competenze tecniche di grado elevato, acquisite attraverso significativi percorsi formativi, o da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell'esercizio concreto di attività”.

Nonostante l'art. 69 bis sia stato abrogato, il D.Lgs. n. 81/2015 ha previsto delle situazioni/eccezioni al verificarsi delle quali gli indicatori di presunzione di lavoro subordinato non avranno efficacia:

  • collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati dalle confederazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
  • collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;
  • attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
  • delle prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289.

Pertanto sarà utile inserire in un eventuale contratto delle clausole che richiamino le eccezioni anzidette onde chiarire sin da subito l'esclusione della fattispecie dal novero delle prestazioni di lavoro subordinato.

Saranno quindi utili clausole in virtù delle quali:

  • il committente esprima la sua volontà di assegnare le attività oggetto del contratto ad un soggetto dotato di competenze tecniche di grado elevato;
  • il professionista dal canto suo riconosca espressamente che le attività alle quali è chiamato richiedono preparazione tecnico-professionale estremamente elevata, al contempo dichiarando di essere in possesso delle relative competenze, indicando altresì le esperienze professionali da cui le ha tratte ed acquisite.

Rispetto a tale ultimo requisito, di particolare interesse è la Circolare Ministeriale n. 32/2012 del Ministero del Lavoro, ancora oggi applicabile, secondo la quale le competenze di grado elevato, attinenti e pertinenti all'attività svolta dal collaboratore, possono essere comprovate attraverso:

  • il possesso di un titolo rilasciato al termine del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione (sistema dei licei e sistema dell'istruzione e formazione professionale);
  • il possesso di un titolo di studio universitario (laurea, dottorato di ricerca, master post - laurea);
  • il possesso di qualifiche o diplomi conseguiti al termine di una qualsiasi tipologia di apprendistato: apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, apprendistato professionalizzante o apprendistato di alta formazione e ricerca;
  • il possesso di una qualifica o specializzazione attribuita da un datore di lavoro in forza di un rapporto di lavoro subordinato e in applicazione del contrato collettivo di riferimento. In questa ipotesi, si potrà ritenere soddisfatti del grado elevato qualora la qualifica, la specializzazione o l'attività autonoma sia posseduta da almeno 10 anni.

Qualora sia possibile agire in tal modo sarà possibile sin da subito integrare una delle due ipotesi che, se entrambe presenti, consentiranno di superare qualsivoglia presunzione relativa di parasubordinazione dovesse risultare operante in relazione al contratto.

Benché le rigide presunzioni introdotte dalla Fornero rispetto ai lavoratori autonomi siano state abolite con l'abrogazione dell'art. 69 bis D.Lgs. n. 276/2003, in via cautelativa sarà comunque importante dare una analitica descrizione dell'attività che il consulente sarà chiamato a svolgere onde parametrare e calibrare l'attività sull'autonomia del rapporto.

Svolgimento del rapporto

Nel corso degli anni la giurisprudenza ha individuato una serie di indici della natura subordinata del rapporto di lavoro, che possono essere così sintetizzati:

  • la sottoposizione al potere disciplinare;
  • l'osservanza di un orario di lavoro stabilito dal datore di lavoro;
  • l'assenza del rischio;
  • la continuità della prestazione (cd. disponibilità funzionale del prestatore);
  • la predeterminazione della retribuzione;
  • l'inserimento del lavoratore nell'organizzazione produttiva.

Questi indici, tuttavia, devono considerarsi come elementi secondari rispetto all'unico elemento determinante rappresentato dalla dimostrazione dell'esistenza del vincolo della subordinazione, intesa come assoggettamento gerarchico del lavoratore al potere di direzione e di controllo del datore di lavoro.

Non si dimentichi infatti che la riforma ha introdotto, tra gli elementi integranti la presunzione relativa di subordinazione, la messa a disposizione del lavoratore di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente, con l'evidente equiparazione dell'inserimento stabile presso l'azienda alla integrazione della natura subordinata del rapporto.

Durata del rapporto di consulenza

Con la Legge Fornero e la previsione della presunzione relativa di parasubordinazione in caso di contratto a partita IVA di durata superiore ad 8 mesi nell'arco di un anno solare per più di due anni consecutivi, tale elemento del rapporto assumeva una importanza pregnante nella stipula dei contratti.

Era pertanto opportuno prestare la dovuta attenzione a non superare tale limite temporale.

In virtù del Jobs Act (D.Lgs. n. 81/2015), con l'abrogazione dell'art. 69 bis D.Lgs. n. 276/2003, invece, tale elemento non rappresenta più una criticità del rapporto e pertanto, sempre nell'ambito di una oculata gestione temporale dello stesso, non sarà più necessario porre le attenzioni sopra dette.

Corrispettivo

Anche per il corrispettivo valgono le medesime indicazioni fatte in merito alla durata.

Ed infatti anche tale profilo è stato travolto dal Jobs Act (D.Lgs. n. 81/2015) e, pertanto, mentre con la Legge Fornero era divenuto oggetto di presunzione relativa qualora costituisse più dell'80% del reddito del collaboratore nell'arco dello stesso anno per due anni consecutivi, oggi la situazione non è più tale.

Recesso

La redazione della clausola di recesso dovrà rispettare i normali parametri stabiliti ex lege. Infatti, la facoltà di recesso prescinde dalla presenza o meno di giusti motivi ed ha come contropartita l'obbligo del committente di rimborsare il prestatore delle spese sostenute, di corrispondergli il compenso per il lavoro eseguito e risarcire il mancato guadagno del lavoratore autonomo per l'interruzione anticipata del rapporto.

Tale facoltà:

  • trova giustificazione nel carattere fiduciario del rapporto tra le parti, ma comunque le stesse possono liberamente escludere tale facoltà prevedendo che il committente non possa recedere prima di un dato termine,
  • ha carattere dispositivo e può essere derogata dalle parti tramite un'apposita previsione contrattuale.

Se l'esecuzione dell'opera diviene impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle parti, il prestatore d'opera ha diritto ad un compenso per il lavoro prestato, in relazione all'utilità che ha tratto il committente dalla parte di opera compiuta. Se invece l'opera è impossibile e il committente non trae alcuna utilità da quanto svolto, il lavoratore autonomo non ha diritto ad alcun compenso e assume il rischio dell'impossibile esecuzione.

Orientamenti a confronto

ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Lavoro subordinato e lavoro autonomo: vincolo di subordinazione

Elemento essenziale del rapporto di lavoro subordinato, e criterio discretivo rispetto a quello del lavoro autonomo, è la subordinazione intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato, mentre hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria altri elementi del rapporto di lavoro (Cass. Lav. n. 23999/2012).

Lavoro subordinato e lavoro autonomo: criteri distintivi sussidiari

Sia nel caso in cui la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione, sia nel caso in cui, all'opposto, si tratti di prestazioni lavorative dotate di notevole elevatezza e di contenuto intellettuale e creativo, al fine della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato, il criterio rappresentato dall'assoggettamento del prestatore all'esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare può non risultare, in quel particolare contesto, significativo per la qualificazione del rapporto di lavoro, ed occorre allora far ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell'orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore (Cass. Lav. n. 9252/2010).

Casistica

CASISTICA

Il regime a partita IVA non dimostra l'autonomia

Il requisito della subordinazione si evince, tra l'altro, dal livello molto modesto dell'attività professionale svolta. Infatti, l'incollaggio di bollini autoadesivi sul prodotto in deposito non richiede normalmente direttive e controlli continui da parte del committente e, di conseguenza, acquistano valore i cosiddetti elementi sussidiari. In pratica, il livello professionale modesto dell'attività svolta, protratto per diverso tempo senza alcun contratto scritto, atto a circoscriverne il perimetro, nell'ambito di una organizzazione disciplinata dal responsabile del magazzino (sia pure all'esterno dell'azienda), senza assunzione di rischi da parte del lavoratore, configura la subordinazione, anche in presenza di pagamenti effettuati con partita IVA (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 794/2010).

Autonomia nelle modalità di esecuzione del contratto d'opera

Il prestatore d'opera sceglie autonomamente le modalità di esecuzione della prestazione. Se invece la prestazione comporta lo svolgimento di operazioni analoghe a quelle effettuate all'interno della sede aziendale, il rapporto di lavoro può definirsi invece di natura subordinata. Inoltre, secondo la Corte, non aveva nessuna rilevanza che la lavoratrice avesse prestato lavoro alle dipendenze di un altro datore non essendo, tra l'altro, prevista nel contratto una pattuizione di non concorrenza (cfr. Corte di Cassazione, sentenza 24 aprile 2013, n. 10007).

Il numero di partita IVA

La partita IVA è una sequenza di cifre che identifica univocamente un soggetto che esercita un'attività rilevante ai fini dell'imposizione fiscale indiretta (IVA).

Ogni soggetto fiscale dell'Unione europea è riconoscibile dal suo numero di partita IVA, composto dalla sigla dello stato di appartenenza (ad esempio IT per Italia, DE per Germania, ES per Spagna) e da una sequenza alfanumerica o numerica, variabile da nazione a nazione.

Il numero di partita IVA è rilasciato dall'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate a cui viene richiesto, indipendentemente dal domicilio fiscale, al momento della apertura della posizione IVA (D.P.R. n. 404/2001). Può essere aperta in modo telematico anche da un intermediario abilitato al servizio Entratel o dalla C.C.I.A.A.

Esistono due modelli:

  • il modello AA9/12 per le ditte individuali,
  • il modello AA7/10 destinato invece alle società.

Il numero di partita IVA assegnato al contribuente, a partire dal 1 dicembre 2001, ha validità su tutto il territorio nazionale e rimane invariato per tutto il periodo in cui si svolge l'attività.

Tutti i soggetti che intraprendono un'attività che ha rilevanza ai fini IVA (impresa, arte, professione o lavoro autonomo), compresi i soggetti non residenti che istituiscono una stabile organizzazione in Italia o che intendono identificarsi direttamente, devono presentare la dichiarazione di inizio attività (DIA) o segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) presentando un apposito modello, disponibile in formato elettronico e prelevabile gratuitamente dal sito Internet dell'Agenzia delle Entrate.

Chi è iscritto ad un albo professionale, come i commercialisti o gli avvocati, ha l'obbligo di apertura della partita IVA (se svolgono la libera professione).

In Italia la partita IVA si compone di 11 cifre, delle quali:

  • le cifre dalla posizione 1 alla posizione 7 rappresentano il numero di matricola del soggetto assegnato dal relativo ufficio provinciale, che si ottiene incrementando di una unità il numero assegnato al soggetto che lo precede;
  • le cifre dalla posizione 8 alla posizione 10 indicano il codice dell'ufficio provinciale del fisco che ha rilasciato la matricola, generalmente corrispondente al codice ISTAT della provincia;
  • l'undicesima cifra è un codice di controllo, inserito per verificare la correttezza delle prime dieci.

In evidenza: univocità della partita IVA e istituzioni statali

Il numero della matricola è univoco solo nell'ambito dell'ufficio provinciale che lo ha emesso, pertanto possono esistere due numeri di matricola uguali, ma afferenti ad uffici provinciali diversi; i numeri di partita IVA saranno quindi diversi.

Sfuggono a questa regola di attribuzione della matricola i soggetti afferenti direttamente alle istituzioni statali, militari, giudiziarie, le persone giuridiche, che hanno il numero di matricola iniziante per 8 o per 9.

Dal 1° aprile 2010, i contribuenti tenuti all'iscrizione nel Registro delle imprese o al Registro delle notizie economiche e amministrative (Rea), per presentare la dichiarazione di inizio attività, devono utilizzare la Comunicazione Unica, da presentare in via telematica al Registro delle Imprese con la relativa imposta di bollo, dovuta una sola volta.

Invece, coloro che non devono iscriversi a tali registri, possono avvalersi del modello AA9/12. Tale modello deve essere presentato entro 30 giorni dalla data di inizio attività nelle seguenti modalità:

  • in duplice copia direttamente (o tramite persona delegata) a un qualsiasi ufficio dell'Agenzia delle Entrate;
  • in un'unica copia a mezzo servizio postale, mediante raccomandata, allegando una copia, conforme all'originale, di un documento di identità del dichiarante. Le dichiarazioni si valutano presentate nel giorno in cui risultano spedite;
  • in via telematica direttamente dal contribuente o tramite i soggetti che ne sono stati incaricati. Le dichiarazioni vengono considerate presentate nel giorno in cui si conclude la ricezione dei dati da parte dell'Agenzia delle Entrate.

Iter di comunicazione e invio dei suddetti modelli - Per compilare e inviare in via telematica tali documenti è possibile usufruire dei software messi a disposizione dall'Agenzia delle Entrate.

Operazioni

Descrizione

Presentazione telematica

Occorre registrarsi ai servizi telematici dell'Agenzia delle Entrate.

Compilazione documenti

Utilizzare un prodotto che consenta di compilarlo in formato elettronico, verificando la coerenza dei dati con le istruzioni dell'Agenzia, utilizzando una procedura di controllo che segnali eventuali difformità.

Preparazione del file da inviare

Prima dell'invio occorre aggiungere informazioni per verificare la provenienza dei dati e trasformare la rappresentazione dei dati in modo che vengano letti solo dall'Agenzia delle Entrate.

Inviare il documento

Occorre accedere alla sezione "Servizi per–Invio", allegare il file e premere OK. L'invio si può considerare effettuato quando il sistema fornisce la pagina di conferma della trasmissione.

Visualizzare e stampare le ricevute

Occorre accedere alla sezione "Ricevute", in cui per ogni invio realizzato è disponibile la relativa ricevuta. Se, al contrario, i dati trasmessi non sono corretti, in tale sezione sarà presente una comunicazione di scarto.

A seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio al Dlgs 127/2015 in tema di obblighi di fatturazione elettronica decorrenti dal 1 gennaio 2019 e riguardanti tutto il mondo dei soggetti titolari di partita Iva, l'Agenzia delle entrate ha introdotto il servizio di generazione del codice a barre bidimensionale (QR-Code) per l'acquisizione automatica delle informazioni anagrafiche Iva e del relativo “indirizzo telematico” scelto da un soggetto titolare di partita Iva per la ricezione dei file contenenti le fatture elettroniche emesse dai suoi cedenti/prestatori, al fine di agevolare la predisposizione e l'invio delle fatture elettroniche tramite SdI (Comunicato stampa Agenzia delle Entrate del 14 giugno 2018).

Il servizio consente ai contribuenti titolari di partita Iva di generare il proprio QR code da mostrare al fornitore tramite smartphone, tablet o su carta. Grazie al codice Qr, il fornitore, al momento della predisposizione della fattura, potrà acquisire in automatico i dati del cliente - compreso l'indirizzo prescelto per il recapito - in modo veloce e senza il rischio di commettere errori. Per creare il proprio QR-Code basta accedere al portale “Fatture e Corrispettivi” o collegarsi al proprio cassetto fiscale. Il codice, che può essere generato, su delega del contribuente, anche da un intermediario, può essere salvato in formato pdf e stampato o memorizzato sul proprio telefono cellulare. I dati anagrafici Iva contenuti nel QR-Code sono quelli validi al momento della sua generazione: in caso di modifica del numero di partita Iva o dei dati anagrafici è importante, quindi, distruggere il vecchio QR-Code e generarne uno nuovo.

In evidenza: Registrazione dell'indirizzo telematico di ricezione delle fatture elettroniche

Per rendere più sicura e rapida la ricezione delle fatture elettroniche, agevolando il fornitore nella fase di acquisizione dei dati del cliente, l'agenzia offre a tutti gli operatori titolari di partita Iva oltre che il servizio di generazione del QR code anche la possibilità di registrare preventivamente presso il SdI l'indirizzo telematico dove desiderano ricevere di default tutte le loro fatture.

Attraverso il servizio di registrazione si può abbinare al proprio numero di partita Iva un indirizzo telematico (PEC o Codice Destinatario di 7 cifre identificativo di un canale FTP o Web Service) dove ricevere sempre tutte le fatture elettroniche, indipendentemente dall'indirizzo telematico che il fornitore avrà inserito nella fattura. Pertanto, se si è utilizzato questo servizio, il SdI ignorerà l'indirizzo riportato in fattura e consegnerà la stessa all'indirizzo abbinato alla partita Iva.

Con il comunicato stampa del 28 dicembre 2018, l'Agenzia delle Entrate ha reso nota l'istituzione di un nuovo servizio nel portale “Fatture e Corrispettivi” che consente di controllare la presenza di partita IVA e codice fiscale nell'Anagrafe tributaria.

Accedendo al portale sarà possibile caricare un file già predisposto contenente una lista dei soggetti per i quali si intende operare un controllo in merito agli identificativi fiscali, o generarne uno nuovo, grazie a un procedimento on line guidato.

Fra le categorie che potevano risultare colpite dalle regole tecniche per l'emissione e ricezione di fatture elettroniche, a causa dello scarto del SdI dei documenti emessi nei confronti di consumatori finali che non riportino, fra i dati identificativi del cessionario/committente, un codice fiscale esistente in Anagrafe tributaria, si potevano annoverare i soggetti passivi IVA che erogano servizi di pubblica utilità nel settore delle telecomunicazioni ai sensi del DM 24 ottobre 2000 n. 366 e in quello della gestione del servizio dei rifiuti solidi urbani ed assimilati e di fognatura e depurazione ai sensi del DM 24 ottobre 2000 n. 370.

In evidenza: Regole ad hoc di fatturazione elettronica per i servizi di pubblica utilità

L'art. 10-ter, D.L. n. 119/2018 ha previsto una modifica dell'art. 1, D.Lgs. 127/2015, grazie alla quale viene disposto che, al fine di preservare i servizi di pubblica utilità, vengano definite specifiche regole tecniche per l'emissione di fatture elettroniche nei confronti di “privati consumatori” con i quali sono stati stipulati contratti in data antecedente al 1° gennaio 2005 e dei quali non è stato possibile identificare il codice fiscale. Con il Provvedimento n. 527125 del 28 dicembre 2018 l'Agenzia delle Entrate definisce tali regole. In particolare, i soggetti che effettuano servizi di pubblica utilità di cui al DM 366/2000 e al DM 370/2000 devono comunicare all'Agenzia l'elenco contenente, per ogni singolo contratto, il proprio numero di partita IVA e un “codice identificativo unico” del rapporto contrattuale in essere con i committenti di cui non si conosce il codice fiscale. Tale codice identificativo non può contenere più di 28 caratteri.

Variazione o chiusura di una partita IVA

Nell'eventualità si verifichi una variazione degli elementi indicati della dichiarazione di inizio attività o si volesse chiudere la partita Iva, occorre compilare il modello AA9/11 e presentarlo ad un qualsiasi ufficio entro 30 giorni dalla data di variazione o cessazione dell'attività, con le stesse modalità sopra descritte.

Chiusura d'ufficio della partita IVA

Per quei soggetti titolari di partita IVA, seppur obbligati, che non hanno presentato la dichiarazione di cessazione dell'attività, l'Agenzia delle Entrate, dopo averli individuati sulla base dei dati in possesso all'anagrafe tributaria, provvederà alla cessazione d'ufficio della partita Iva, con l'invito al pagamento della sanzione.

L'art. 23, comma 23, del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, ha introdotto la possibilità per i titolare di partita IVA di sanare la violazione dell'omessa presentazione della dichiarazione di cessazione attività, pagando una sanzione di 129 euro, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge citato. Tale disposizione si applica se la violazione non sia stata già contestata con atto portato a conoscenza del contribuente.

Il pagamento della suddetta sanzione, avviene con la compilazione del modello F24-Elementi identificativi e con il versamento della sanzione sono sanate anche le irregolarità dovute alla mancata presentazione delle dichiarazioni IVA.

Non sono, invece, richiesti la presentazione della copia del pagamento agli uffici dell'Agenzia delle Entrate, in quanto i dati di tali pagamenti effettuati con il modello F24-Elementi identificativi vengono memorizzati nel sistema informativo dell'Anagrafe Tributaria, e la presentazione della dichiarazione di cessazione dell'attività con il modello AA7/10 (per i soggetti diversi dalle persone fisiche) o AA9/10 (per le imprese individuali e i lavoratori autonomi) in quanto il versamento effettuato nelle forme descritte sostituisce la presentazione della dichiarazione di cui all'art. 35 del D.P.R. n. 633 del 1972.

Si precisa, altresì, che per fruire dell'agevolazione è fondamentale che il titolare di partita Iva non abbia esercitato attività di impresa o di arti e professioni e non abbia compiuto nessuna operazione nei periodi successivi all'anno di effettiva cessazione dell'attività.

Autorizzazione per effettuare operazioni intracomunitarie

Con il D.L. n. 78/2010, è stato introdotto l'obbligo di dichiarazione di volontà per i soggetti che intendono effettuare operazioni intracomunitarie, per garantire, un monitoraggio continuo di tali soggetti e che sono stati conseguentemente inseriti nell'archivio dei soggetti autorizzati alle operazioni intracomunitarie (cosiddetto VIES).

Il Regolamento (UE) del 7 ottobre 2010, n. 904 ha ulteriormente rafforzato l'azione di contrasto al fenomeno delle frodi IVA, prevedendo che gli Stati membri adottino le misure necessarie per garantire che i dati forniti dai contribuenti per registrarsi ai fini dell'Iva siano completi e esatti.

In particolare, il regolamento prevede che gli Stati membri attuino procedure di verifica in base ai risultati della loro valutazione del rischio, quindi, vengono svolte specifiche procedure di verifica in base ai risultati della valutazione del rischio, secondo i criteri individuati dal direttore dell'Agenzia, che sono effettuate, prima della inclusione nell'archivio dei soggetti autorizzati alle operazioni intracomunitarie.

Per dare attuazione alla ricordata disciplina europea, il legislatore nazionale ha apportato, nel corso degli ultimi anni, una serie di modifiche all'articolo 35 del Dpr 633/1972, che detta, appunto, le disposizioni relative alle dichiarazioni di inizio, variazione e cessazione attività.

In particolare, il comma 15-bis, prevede che “con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate sono stabiliti le modalità operative per l'inclusione delle partite Iva nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie, nonchè i criteri e le modalità di cessazione della partita Iva e dell'esclusione della stessa dalla banca dati medesima”.

Con il provvedimento n. 110418 del 12 giugno 2017 viene stabilito che i titolari di partita Iva sono assoggettati a controlli e riscontri sulla base di criteri di valutazione del rischio per verificare il possesso dei requisiti richiesti dalla legislazione europea e nazionale e la presenza di eventuali attività fraudolente.

Prevista la cessazione della partita Iva e l'esclusione dal Vies.

Il provvedimento dà attuazione a quanto previsto dal citato comma 15-bis.

Esso, in particolare, definisce modalità e criteri:

- di cessazione della partita Iva

- di esclusione dal Vies.

A tal fine, sono indicate le tipologie di controlli periodici effettuati sui titolari di partita Iva, i criteri di valutazione del rischio e le relative modalità operative.

Nell'ipotesi in cui, all'esito dell'attività di controllo, il contribuente risulti privo dei requisiti soggettivi e/o oggettivi rilevanti ai fini Iva, l'ufficio può notificargli un provvedimento di cessazione della partita Iva indebitamente richiesta o mantenuta.

La cessazione ha effetto dalla data di registrazione nell'Anagrafe tributaria della notifica del provvedimento e implica l'esclusione della partita Iva dalla banca dati Vies.

Nella diversa ipotesi in cui il contribuente, pur essendo in possesso dei requisiti dettati dalla normativa Iva, abbia realizzato operazioni intracomunitarie in frode Iva, l'ufficio, alla luce della gravità del comportamento, può notificargli un provvedimento di esclusione dalla banca dati Vies.

Anche in questo caso, l'esclusione è efficace dalla data di registrazione in Anagrafe tributaria della notifica del provvedimento.

Il contribuente escluso può, tuttavia, presentare un'istanza motivata di nuova inclusione. L'ufficio, dopo aver verificato il venir meno delle irregolarità che avevano giustificato l'esclusione, può procedere alla nuova inclusione nella banca dati.

In ogni caso, il contribuente deve essere nuovamente inserito a seguito di specifico provvedimento dell'autorità giudiziaria o di annullamento in autotutela del provvedimento di esclusione.

Competente ad adottare i provvedimenti di cessazione della partita Iva e di esclusione dalla banca dati dei soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie è l'ufficio dell'Agenzia delle Entrate territorialmente competente sulla base del domicilio fiscale del titolare della partita Iva.

Il modello AA7/10

Il modello AA9/12

Con il Provvedimento n. 75295/2015 l'Agenzia delle Entrate ha recepito e reso possibili gli adempimenti relativi al nuovo regime forfettario introdotto dalla Legge di Stabilità 2015; è infatti disponibile il nuovo modello AA9/12, utilizzabile per le dichiarazioni di inizio attività, variazione dati o cessazione attività ai fini IVA delle persone fisiche.

Il modello AA9/12 deve essere utilizzato a partire dal 4 giugno 2015.

Nel periodo transitorio, previsto sino al 30 settembre 2015, potrà continuare ad essere utilizzato il modello AA9/11 solo qualora non sia necessario optare per i regimi fiscali agevolati.

Il nuovo modello aggiorna inoltre le specifiche tecniche relative al modello AA7/10 (utilizzato dai soggetti diversi dalle persone fisiche ai fini della domanda di attribuzione del numero di codice fiscale e dichiarazioni di inizio attività, variazione dati o cessazione attività); anche se le specifiche tecniche di inizio attività e variazione dati restano quelle approvate con il Provvedimento del 29 dicembre 2009, il provvedimento ha modificato quelle relative alla trasmissione telematica della dichiarazione di cessazione attività.

I modelli sono reperibili gratuitamente sul sito dell'Agenzia delle Entrate e sul sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze.

Il nuovo modello AA9/12

Cessazione d'ufficio delle partite IVA inattive

La Legge 1 dicembre 2016, n. 225 (Legge di conversione del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili”, in vigore dal 3.12.2016) ha introdotto delle novità in materia di cessazione d'ufficio delle partite IVA inattive.

L'art. 7-quater, c. 44 stabilisce infatti che l'Agenzia delle Entrate deve procedere d'ufficio alla chiusura delle partite IVA dei soggetti che, sulla base dei dati e degli elementi in suo possesso, risultano non aver esercitato nelle 3 annualità precedenti attività di impresa ovvero attività artistiche o professionali.

Detto articolo precisa inoltre che:

  • sono fatti salvi i poteri di controllo e accertamento dell'Amministrazione Finanziaria.
  • i criteri e le modalità di applicazione delle disposizioni (prevedendo forme di comunicazione preventiva al contribuente) sono stabiliti con provvedimento dell'Agenzia delle Entrate.

Il successivo c. 45, inerente l'omessa comunicazione di cessazione dell'attività, stabilisce inoltre la soppressione dell'applicazione della sanzione nel caso di mancata presentazione della dichiarazione di cessazione di attività.

Art. 7 quater, c. 44

Modifica procedura di chiusura partite IVA inattive (art. 35, c. 15-quinquies DPR 633/1972)

Con il D.L. 193/2016, viene introdotta una nuova procedura che prevede che l'Agenzia delle entrate sulla base dei dati contenuti nella banca dati tributaria, individui i titolari di partita IVA che pur obbligati, non hanno provveduto a presentare la dichiarazione di cessazione attività, comunicando loro la cessazione d'ufficio della posizione IVA. Nei successivi 30 giorni, il contribuente può comunicare eventuali errori o richiedere chiarimenti.

Art. 7 quater, c. 45

Eliminazione sanzioni per mancata dichiarazione di cessazione attività (art. 5, c. 6, primo periodo D.Lgs. 471/1997

Il nuovo decreto elimina quindi le sanzioni previste per chi omette di presentare la comunicazione di cessazione di attività a fini IVA, che variano oggi da 500 e 2.000 € mentre se si paga entro 30 giorni dalla comunicazione dell'Agenzia delle Entrate, la sanzione è ridotta a 167 €.

Sentenze in materia fiscale

Corte di Cassazione, ordinanza 29 luglio 2014 n. 17254

Ai fini del riconoscimento della non imponibilità IVA delle cessioni intracomunitarie, la mancanza dell'attribuzione di un numero di identificazione o della sua conferma da parte dello Stato di appartenenza del cessionario intracomunitario, non possano di per sé sole comportare il diniego del diritto alla non imposizione dell'operazione di cessione ai fini IVA, qualora ricorrano le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria.

Corte di Cassazione, sentenza 26 febbraio 2014 n. 4639

In tema di IVA, ed in ipotesi di conferimento di azienda individuale e contestuale delibera di aumento di capitale sociale della conferitaria, il termine per effettuare la denunzia di variazione di cui all'art. 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nel testo "ratione temporis" applicabile, decorre dal momento di adozione della delibera, in cui diviene efficace, "inter partes", il negozio di conferimento, senza che rilevi la disciplina civilistica dell'opponibilità delle delibere societarie nei confronti dei terzi, che vanno salvaguardati rispetto alle modifiche sociali e la cui posizione è diversa da quella del Fisco, con la conseguenza, che, fin dal suddetto momento, gravano sulla conferitaria gli obblighi fiscali già della conferita.

Comm. Trib. Prov. Sondrio, sentenza 25 settembre 2013 n. 31

Le società iscritte alla CCIAA pagano il diritto camerale anche se inattive in quanto esso rappresenta il corrispettivo dovuto per l'iscrizione.

Comm. Trib. Reg. Toscana, sentenza 8 aprile 2013 n. 35

Un'operazione di cessione di beni intracomunitaria non è imponibile ai fini IVA se il cedente è in grado di dimostrare di avere effettuato l'operazione e se il cessionario residente in altro Stato che fa parte della Comunità Europea è in possesso del numero di partita IVA al momento dell'operazione e non rileva, ai fini della non imponibilità, che l'Amministrazione tributaria di un altro Stato membro possa aver proceduto alla cancellazione, con effetto retroattivo, del numero di partita IVA dell'acquirente (Corte di Giustizia UE, Sentenza n. C-273/11 del 06 settembre 2012).

Comm. Trib. Prov. Cremona, sentenza 20 novembre 2012 n. 87

La regolarità delle operazioni intracomunitarie ai fini IVA non è inficiata dalla indicazione in fattura di un numero di partita IVA errato, né esiste alcuna norma che prevede una sanzione per tale formale violazione. L'art. 11 del D.Lgs. 471/1997 prevede l'irrogazione della sanzione solo per la incompleta, inesatta compilazione degli elenchi di cui all'art. 50, comma 6 del D.L. 331/1993; tale sanzione non si applica se i dati mancanti o inesatti vengono integrati o corretti.

Riferimenti

Normativa:

  • Legge 1 dicembre 2016, n. 225 (legge di conversione del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193)
  • Agenzia delle Entrate, Provvedimento 3 giugno 2015
  • Agenzia delle Entrate, Provvedimento 18 maggio 2012
  • Agenzia delle Entrate, Provvedimento 29 dicembre 2009
  • D.M. 19 novembre 2009
  • D.L. 1 luglio 2009, n. 78
  • D.P.C.M. 6 maggio 2009
  • Art. 9, D.L. 31 gennaio 2007, n. 7
  • D.P.R. 5 ottobre 2001, n. 404
  • D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633
  • Art. 2222 e ss. c.c.

Prassi:

  • Comunicato stampa Agenzia delle Entrate del 14 giugno 2018
  • Comunicato stampa Agenzia delle Entrate del 28 dicembre 2018
  • Provvedimento agenzia delle Entrate del 12 giugno 2017, n. 110418
  • Agenzia delle Entrate, Risoluzione 21 settembre 2011 n. 93/E

Giurisprudenza:

  • Corte di Cassazione, ordinanza 29 luglio 2014, n. 17254
  • Corte di Cassazione, sentenza 26 febbraio 2014 n. 4639
  • Comm. Trib. Prov. Sondrio, sentenza 25 settembre 2013, n. 31
  • Comm. Trib. Reg. Toscana, sentenza 8 aprile 2013 n. 35
  • Comm. Trib. Prov. Cremona, sentenza 20 novembre 2012 n. 87
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