Teresa Zappia
15 Maggio 2024

Nella realtà dell'occupazione, i lavoratori subordinati hanno la possibilità di beneficiare, in alcune circostanze, di periodi di assenza dall'obbligo della prestazione lavorativa usufruendo di permessi o di periodi di congedo espressamente regolati dal nostro ordinamento.

Inquadramento

Nella realtà dell'occupazione, i lavoratori subordinati hanno la possibilità di beneficiare, in alcune circostanze, di periodi di assenza dall'obbligo della prestazione lavorativa usufruendo di permessi o di periodi di congedo espressamente regolati dal nostro ordinamento.

La legge non si limita solo a riconoscere ai dipendenti il diritto di poter giovare di questi permessi, ma permette agli stessi di poter conservare il posto di lavoro nonché, in alcuni casi, anche il trattamento retributivo e il riconoscimento dell'anzianità di servizio. È compito della contrattazione collettiva integrare le previsioni legali.  

Tipologie

Il lavoratore dipendente, durante l'anno solare, ha il diritto di chiedere una sospensione dalla propria prestazione lavorativa, usufruendo di permessi o periodi di aspettativa.

Principalmente, questi sono regolati dalla legge o dalla contrattazione collettiva, che possono integrare le previsioni legali o introdurre nuovi permessi.

I permessi di lavoro possono essere classificati in due grandi tipologie:

  • permessi retribuiti, durante i quali il lavoratore percepirà la retribuzione;
  • permessi non retribuiti,  cui godimento comporta la rinuncia alla retribuzione.

Congedo matrimoniale

Al lavoratore subordinato è riconosciuto il diritto di fruire, secondo le modalità previste dal CCNL, di un congedo (15 giorni) in occasione del proprio matrimonio. Durante tale periodo il lavoratore ha diritto a percepire la retribuzione.

Il permesso in questione non può essere computato durante il periodo di ferie annuali, né coincidere con il preavviso e deve essere richiesto con un determinato preavviso stabilito dalla contrattazione collettiva, generalmente pari a 15 giorni di calendario. Inoltre, molti contratti richiedono la presentazione al datore di lavoro della documentazione attestante l'avvenuta celebrazione del matrimonio.

Il periodo è considerato utile ai fini del calcolo del TFR ed è prevista la maturazione regolare delle mensilità aggiuntive e delle ferie.

L'art. 1, co. 20 della L. 76/2016 ha previsto che le disposizioni afferenti al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti, nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso.

Pertanto, il congedo matrimoniale spetta anche in caso di unione civile tra persone dello stesso sesso (INPS circ. del 5 maggio 2017, n. 84)

In materia si veda anche: INPS messaggio n. 2147/2022.

Congedo di maternità

Il congedo di maternità è un diritto riconosciuto alle donne lavoratrici, per un periodo prestabilito dalla legge, ad astenersi dal lavoro, usufruendo di un trattamento economico analogo a quello percepito nei periodi di effettivo svolgimento della prestazione (Cass., sez. lav., n. 5367/2019; Cass., sez. lav., n. 10283/2018).

La durata del periodo di astensione dal lavoro è di 5 mesi da dividere in due fasi:

  • la prima fase, di durata 2 mesi, che andranno fruiti prima della presunta data del parto;
  • la seconda fase, di durata 3 mesi, che invece andranno fruiti nel periodo successivo al parto.

La Legge n. 53/2000 ha introdotto un importante strumento di flessibilità: la possibilità di ridurre ad uno il mese di congedo per maternità precedente la data del parto e, conseguentemente, allungare a 4 i mesi successivi.

Con il D.lgs. n. 80/2015 è stato precisato, inoltre, che i giorni non goduti prima del parto, qualora esso avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora venga superato il limite complessivo dei 5 mesi.

A tutela e sostegno della maternità, il comma 485, L. n. 145/2018 ha previsto un'alternativa alle normali modalità di fruizione del congedo di maternità, riconoscendo alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l'evento del parto entro i 5 mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro (art. 16, co. 1.1, D.lgs. n. 151/2001).

In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità. Tale diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell'attività lavorativa (art. 16-bis D.lgs. n. 151/201).

Il divieto di adibire le donne al lavoro è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli.

L'art. 17, co. 2, D.Lgs. n. 151/2001 prevede per la lavoratrice la possibilità di richiedere l'anticipazione dell'astensione obbligatoria, previo accertamento medico, per le seguenti ipotesi:

  • per gravi complicazioni della gravidanza o persistenti forme morbose che possono essere aggravate dalla gravidanza;
  • quando le condizioni di lavoro o ambientali siano pregiudizievoli alla salute della donna e del nascituro;
  • nel caso la prestazione da svolgere sia un'attività faticosa o insalubre e che esponga la lavoratrice ad un rischio per la sicurezza e la salute, senza che la stessa possa essere spostata ad altre mansioni.

Durante il primo anno di vita del bambino, la lavoratrice madre ha diritto al c.d. permesso per allattamento (art. 39 D.lgs. n. 151/2001). I permessi devono essere accordati nel seguente modo:

  • se l'orario di lavoro giornaliero è pari ovvero superiore alle 6 ore, la durata del permesso sarà di 2 ore;
  • se, invece, l'orario giornaliero è inferiore alle 6 ore, la durata del permesso sarà di 1 ora.

Tale permesso è riconosciuto al padre (art. 40 D.lgs. n. 151/2001):

  • nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
  • in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
  • nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
  • in caso di morte o di grave infermità della madre.

L'art. 40, laddove prevede che i periodi di riposo di cui al precedente art. 39, sono riconosciuti al padre lavoratore dipendente del minore di anni uno, "nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente", intende riferirsi a qualsiasi categoria di lavoratrici non dipendenti e, quindi, anche alla donna che svolge attività lavorativa in ambito familiare, senza che sia necessario a tal fine che ella sia impegnata in attività che la distolgono dalla cura del neonato, ovvero sia affetta da infermità (Cons. Stato, Ad. Pl., n. 17/2022)

In evidenza: Sanzioni

Il datore di lavoro che contravviene alle disposizioni di cui agli artt. 16 (divieto di adibire le donne al lavoro durante il congedo di maternità) e 17 (estensione del divieto) è punito con l'arresto fino a 6 mesi (art. 18, D.Lgs. n. 151/2001).

Congedo di paternità

È necessario distinguere tra: “congedo di paternità obbligatorio", intendendosi con esso l'astensione dal lavoro del lavoratore, che ne fruisce in via autonoma ai sensi dell'art. 27-bis D.lgs. n. 151/2001; "congedo di paternità alternativo", riferito al periodo di astensione dal lavoro del lavoratore, in alternativa al congedo di maternità nei casi previsti dall'art. 28 D.lgs. n. 151/2001.

In particolare, con riferimento alla prima ipotesi, la legge prevede che il padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa. In caso di parto plurimo, la durata del congedo è aumentata a venti giorni lavorativi. Il congedo è fruibile dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice ed è riconosciuto anche al padre che fruisce del congedo di paternità ai sensi dell'art. 28 prefato (Trib. Bergamo , sez. lav. , 25/01/2024).

Congedo parentale (astensione facoltativa)

Trascorso il periodo in cui può essere fruito il congedo di maternità o paternità, il D.lgs. n. 151/2001 riconosce a ciascun genitore il diritto di astenersi dal lavoro per la cura del bambino (C. app. Roma , sez. lav., n. 1397/2023).

Tale diritto, chiamato congedo parentale, spetta ad entrambi i genitori, i quali possono astenersi dal lavoro facoltativamente e contemporaneamente entro i primi 12 anni di vita del bambino (a seguito della modifica introdotta dal D.Lgs. n. 80/2015).

Il periodo per il quale i genitori lavoratori possono astenersi dall'attività lavorativa è di 10 mesi complessivi. Nell'ambito di tale limite il diritto di astenersi dal lavoro compete:

  • alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
  • al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette in caso di fruizione del congedo parentale per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi;
  • per un periodo continuativo o frazionato non superiore a undici mesi, qualora vi sia un solo genitore ovvero un genitore nei confronti del quale sia stato disposto, ai sensi dell'articolo 337-quater cod. civ., l'affidamento esclusivo del figlio. In quest'ultimo caso, l'altro genitore perde il diritto al congedo non ancora utilizzato.

Trattamento economico

Per quanto riguarda il trattamento economico, bisogna distingue tra:

  • assenza obbligatoria, in cui i genitori che ne usufruiscono hanno diritto a un'indennità pari all'80% (per il congedo di cui all'art. 27-bis prefato è riconosciuta un'indennità giornaliera pari al 100 % della retribuzione);
  • assenza facoltativa, in cui spetta al genitore un'indennità giornaliera pari al 30% della retribuzione, per tre mesi, non trasferibili, elevata, in alternativa tra i genitori, per la durata massima complessiva di due mesi fino al sesto anno di vita del bambino, alla misura dell'80 % della retribuzione nel limite massimo di un mese e alla misura del 60% della retribuzione nel limite massimo di un ulteriore mese (elevata all'80% solo per il 2024). Nel caso vi sia un solo genitore, allo stesso spetta un'indennità pari al 30 % della retribuzione per un periodo massimo di nove mesi. Qualora sia stato disposto, ai sensi dell'articolo 337-quater cod. civ., l'affidamento esclusivo del figlio ad un solo genitore, a quest'ultimo spetta in via esclusiva anche la fruizione del congedo indennizzato riconosciuto complessivamente alla coppia genitoriale.

Permessi per disabili (art. 33 L. n. 104/1992)

Ai lavoratori in situazione di disabilità grave la legge riconosce il diritto di fruire di permessi retribuiti, potendo usufruire, nell'ambito di ciascun mese, alternativamente di:

  • due ore al giorno;
  • tre giorni da godere in maniera consecutiva ovvero frazionata nel mese.

Il lavoratore genitore, anche adottivo, di minore con disabilità in situazione di gravità può chiedere di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a 3 anni del congedo parentale di cui all'art. 33 D.lgs. n. 151/2001 di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.

Ai sensi dell'art. 42 D.lgs. n. 151/2001 il coniuge convivente di soggetto con disabilità in situazione di gravità, ha diritto a fruire del congedo di cui all'art. 4, co. 2, L. n. 53/2000 entro trenta giorni dalla richiesta. Al coniuge convivente sono equiparati la parte di un'unione civile e il convivente di fatto. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte di un'unione civile o del convivente di fatto, hanno diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o delle sorelle conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi, ha diritto a fruire del congedo il parente o l'affine entro il terzo grado convivente. Il diritto al congedo spetta anche nel caso in cui la convivenza sia stata instaurata successivamente alla richiesta (INPS messaggio n. 30/2024; C. App. Milano, sez. lav. n. 482/2023; Trib. Udine , sez. lav., n. 172/2023; C. Cost., n. 158/2023).

Il lavoratore, il quale assiste un familiare con disabilità in situazione di gravità (i.e. coniuge, parte di un'unione civile, convivente di fatto, parente o affine entro il secondo grado), ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa  In caso di mancanza o decesso dei genitori o del coniuge o della parte di un'unione civile o del convivente di fatto, ovvero qualora gli stessi siano affetti da patologie invalidanti o abbiano compiuto i 65 anni di età, il diritto è riconosciuto a parenti o affini entro il terzo grado della persona con disabilità in situazione di gravità.

Fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l'assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra indicati, i quali possono fruirne in via alternativa tra loro.

Il lavoratore ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone con disabilità in situazione di gravità, a condizione che si tratti del coniuge o della parte di un'unione civile, ovvero del convivente di fatto, o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con disabilità in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

La legge prevede la cumulabilità di tali permessi con quelli previsti dagli artt. 32 e 47 del D.lgs. n. 151/2001 (con applicazione degli artt. 43, 44e 56 del medesimo decreto legislativo).

Per i lavoratori part-time si rimanda alle indicazioni fornite dall'INPS nella circolare n. 45/2021.

Si vedano anche: INPS circ n. 39/2023; INPS circ. n. 36/2022 e  n. 38/2017).

In evidenza: licenziamento per giusta causa

È consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale può costituire giusta causa di licenziamento l'utilizzo, da parte del lavoratore che fruisca di permessi di cui alla L. n. 104/1992, per attività diverse dall'assistenza al familiare disabile, con violazione della finalità per la quale il beneficio è concesso (Cass., sez. lav., n. 30462/2023; Cass., sez. lav. n. 7307/2023; Cass., sez. lav., 17993/2023; C. app. Perugia, sez. lav., n. 100/2023; Cass., sez. lav., n. 8306/2023; Cass., sez. lav., n. 20243/2020).

In evidenza: Altri motivi medici e sanitari

Ai sensi dell'art. 7 del D.Lgs. n. 119/2011 i lavoratori mutilati e invalidi civili, ai quali sia stata riconosciuta una riduzione dell'attitudine lavorativa superiore al 50%, che possono usufruire ogni anno di un congedo straordinario non superiore a 30 giorni per le cure connesse alla loro infermità.

Permessi per lutto (art. 4, co. 1, L. n. 53/2000)

Il lavoratore ha diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno in caso di decesso:

  • del coniuge, anche se legalmente separato (o della parte dell'unione civile);
  • di un parente entro il secondo grado (anche se non convivente);
  • del convivente, purché la convivenza sia stabile e risulti da certificazione anagrafica.

Cariche pubbliche, elettive ed attività sociali (L. n. 300/1970; D.lgs. n. 267/2000)

L'art. 31 della L. n. 300/70 prevede per i lavoratori dipendenti privati che vengono eletti membri del Parlamento nazionale, europeo ovvero delle assemblee regionali, ovvero siano chiamati ad altre funzioni pubbliche elettive possono, su richiesta, chiedere di essere collocati in aspettativa non retribuita per la durata del mandato. Tale aspettativa spetta anche ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche pubbliche nelle Amministrazioni locali.

I lavoratori dipendenti che vengono eletti nelle Amministrazioni locali, ovvero che assumono incarichi in qualità di membri degli organi esecutivi presso tali Amministrazioni, possono godere di permessi retribuiti e non retribuiti nel caso in cui venga prestata regolarmente l'attività lavorativa presso il datore di lavoro.

I permessi sono retribuiti a condizione che l'assenza dal servizio sia giustificata dall'esercizio delle loro funzioni. Il datore di lavoro dovrà esserne informato per iscritto almeno un giorno prima.

Il datore ha diritto ad ottenere il rimborso di quanto corrisposto per i giorni di permesso dall'ente a beneficio del quale il lavoratore riveste la carica.

Ai sensi dell'art. 17 D.lgs. n. 198/2006 le consigliere e i consiglieri di parità, nazionale e regionali, hanno diritto per l'esercizio delle loro funzioni, ove si tratti di lavoratori dipendenti, ad assentarsi dal posto di lavoro per un massimo di cinquanta ore lavorative mensili medie. Nella medesima ipotesi le consigliere e i consiglieri di parità delle città metropolitane e degli enti territoriali di area vasta di cui alla L. n. 56/2014 hanno diritto ad assentarsi dal posto di lavoro per un massimo di trenta ore lavorative mensili medie.

L'articolo 31, co.1, St. Lav., stabilisce che i lavoratori nominati giudici popolari presso le Corti d'Assise, in quanto titolari di una funzione pubblica elettiva, possono essere collocati in aspettativa non retribuita.

Anche per le operazioni elettorali (art. 119, DPR n. 361/1957, come sostituito dall'art. 11 L. n. 53/1990,  e  art. 1, L. n. 69/1992) i dipendenti che siano stati nominati presidente/segretario/scrutatore/rappresentante di lista presso seggi elettorali, in occasione di qualsiasi tipo di consultazione, hanno diritto di assentarsi dal proprio lavoro per tutto il periodo richiesto. Tali giorni di assenza sono considerati dalla legge giorni di attività lavorativa, per cui vengono retribuiti come se il lavoratore avesse normalmente lavorato.

Donatori di sangue

I lavoratori subordinati che donano il sangue (o emocomponenti) in modo gratuito hanno diritto ad assentarsi dalle proprie mansioni lavorative per l'intera giornata al fine di ripristinare le proprie energie fisiche, percependo comunque la normale retribuzione, che copre solo le ore di lavoro effettivamente non prestate, compreso ogni elemento accessorio.

Il periodo di riposo è pari a 24 ore, che parte dal momento in cui il lavoratore si è assentato dal luogo di lavoro per l'operazione di prelievo oppure, in assenza di tale riferimento, dal momento della donazione risultante dal certificato medico.

I contributi previdenziali relativi ai giorni di assenza vengono accreditati tramite contribuzione figurativa.

Il lavoratore, affinché possa ottenere il riconoscimento dei permessi retribuiti, deve:

  • cedere una quantità di sangue pari ad almeno 250 grammi;
  • effettuare la donazione presso un centro di raccolta e/o trasfusione autorizzato dal Ministero della Sanità;
  • consegnare al datore di lavoro sia una dichiarazione che attesti la cessione gratuita del sangue sia un certificato rilasciato dal medico che ha effettuato il prelievo in questione, attestante i dati anagrafici del lavoratore, la quantità di sangue prelevata gratuitamente, il giorno e l'ora.

Il lavoratore dipendente che sia stato accertato inidoneo alla donazione di sangue o emocomponenti ha diritto alla retribuzione limitatamente al tempo necessario all'accertamento della predetta inidoneità (INPS circ. n. 29/2017; INPS messaggio n. 825/2017).

In evidenza: Midollo osseo - art. 5 L. n. 52/2001

Caso analogo alla donazione del sangue si ha per i soggetti che donano gratuitamente il midollo osseo, essendo riconosciuto il diritto a permessi per l'espletamento degli atti preliminari alla donazione, con percezione del trattamento retributivo. Per atti preliminari alla donazione si devono intendere:

  • Il prelievo finalizzato all'individuazione dei dati generici;
  • I prelievi necessari all'approfondimento della compatibilità con i pazienti in attesa di trapianto;
  • L'accertamento dell'idoneità alla donazione.

Al lavoratore è corrisposta la retribuzione che gli sarebbe spettata se avesse prestato la normale attività lavorativa:

  • sia per le giornate di degenza necessarie al prelievo;
  • sia per le giornate di convalescenza necessarie ai fini del completo ripristino dello stato fisico.

I contributi previdenziali relativi ai giorni di assenza vengono accreditati tramite contribuzione figurativa.

Permessi sindacali (artt. 23, 24, 30 e 31 St. Lav.)

I permessi sindacali (retribuiti e non) spettano ai Rappresentanti Sindacali Aziendali (o ai componenti delle rappresentanze Sindacali Unitarie) e la contrattazione collettiva di categoria ne disciplina il numero delle ore retribuite, di quelle non retribuite (per partecipare a trattative sindacali/congressi e convegni di natura sindacale) e le eventuali modalità di comunicazione e fruizione (Cass., sez. lav., n. 26198/2022; Cass., sez. lav., n. 34739/2019; Cass., sez. lav., n. 4943/2019).

Permessi non retribuiti

Il nostro ordinamento riconosce ai lavoratori anche congedi non retribuiti per gravi motivi che possono interessare anche un familiare (art. 4, co. 2, L. n. 53/2000).  Il congedo può essere utilizzato per un periodo, continuativo ovvero frazionato, non superiore a due anni ed è compito della contrattazione collettiva disciplinare il procedimento per la richiesta e la concessione. Generalmente viene fissata una durata minima di congedo, tuttavia il lavoratore, dandone preventiva comunicazione al datore, ha il diritto di rientrare nel posto di lavoro anche prima del termine minimo.

Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non è computato nell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali.

In evidenza: gravi motivi familiari

Il D.M. del 21 luglio 2000, n. 278 individua i gravi motivi previsti per la richiesta tra i seguenti casi:

  • necessità derivanti dal decesso di un familiare;
  • situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura o nell'assistenza di familiari;
  • situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo;
  • situazioni conseguenti al verificarsi di determinate patologie a carico dei familiari.

Aspettativa per tossicodipendenza

I lavoratori tossicodipendenti, con contratto a tempo indeterminato, che intendono accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi sanitari delle unità sanitarie locali o di altre strutture terapeutico-riabilitative e socio-assistenziali, hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per il tempo necessario al trattamento riabilitativo (art. 124, D.P.R. n. 309/90)

La durata dell'aspettativa, dunque, varia a seconda della durata del programma terapeutico personalizzato, e non dovrà comunque essere superiore a tre anni, fruibili anche in periodi frazionati.

Aspettativa per la formazione – Permessi studio

L'art. 5 L. n. 53/2000 prevede il "congedo per la formazione" finalizzato al completamento della scuola dell'obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro.

I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, che abbiano almeno cinque anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione, possono richiedere una aspettativa per la formazione per un periodo non superiore ad undici mesi, continuativo o frazionato, nell'arco dell'intera vita lavorativa.

Durante il periodo di congedo per la formazione il dipendente conserva il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione. Tale periodo non è computabile nell'anzianità di servizio e non è cumulabile con le ferie, con la malattia e con altri congedi.

Il datore di lavoro può non accogliere la richiesta di aspettativa per la formazione ovvero può differirne l'accoglimento nel caso di comprovate esigenze organizzative.

I contratti collettivi dei singoli comparti sono autorizzati a stabilire le modalità, i criteri, i presupposti per la fruizione di tali congedi.

Ai lavoratori iscritti e frequentanti regolari corsi di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, spetta il diritto ad essere inseriti in turni di lavoro volti ad agevolare la frequenza ai corsi e la preparazione degli esami, nonché l'esonero dal lavoro straordinario. Il datore di lavoro non è però tenuto a modificare la propria organizzazione del lavoro creando appositamente un nuovo turno per soddisfare le esigenze del lavoratore.

I lavoratori studenti possono usufruire di permessi giornalieri retribuiti in occasione degli esami (art. 10 St. Lav.).

Permessi per attività di volontariato (D.P.R. 8 febbraio 2001, n. 194; art. 39, D.lgs. n. 1/2018)

L'unica aspettativa per volontariato disciplinata dalla legge è quella per servizio di volontariato prestato presso associazioni inserite nell'elenco nazionale dell'Agenzia di protezione civile.

In questi casi si tratta di aspettativa retribuita perché la retribuzione nei giorni di assenza è versata dal datore di lavoro, il quale ha però diritto a richiederne il rimborso all'autorità di protezione civile territorialmente competente nel termine di due anni dal termine dell'intervento che ha causato l'astensione.

I volontari possono richiedere:

  • un massimo di 30 giorni di seguito e 90 giorni l'anno, per le attività di soccorso e assistenza in catastrofi e calamità (elevabili a 60 e 180 giornate qualora vi sia uno stato di emergenza nazionale);
  • un massimo di 10 giorni di seguito e 30 giorni l'anno, per le attività formative, di pianificazione e di simulazione delle emergenze.

Riferimenti

Normativa:

  • D.lgs. n. 1/2018
  • D.Lgs. n. 80/2015
  • D.lgs. n. 151/2001
  • L. n. 52/2001
  • D.Lgs. n. 267/2000
  • L. n. 53/2000
  • D.M. 21 luglio 2000, n. 278
  • L. n. 104/1992
  • art. 1, L. n. 69/1992
  • art. 124, D.P.R. n. 309/90
  • L. n. 300/1970
  • art. 119, DPR n. 361/1957

Giurisprudenza:

  • Trib. Bergamo , sez. lav. , 25/01/2024
  • Cass., sez. lav., n. 30462/2023
  • C. App. Milano, sez. lav. n. 482/2023
  • Trib. Udine , sez. lav., n. 172/2023
  • C. Cost., n. 158/2023
  • Cass., sez. lav. n. 7307/2023
  • Cass., sez. lav., 17993/2023
  • C. app. Perugia, sez. lav., n. 100/2023
  • Cass., sez. lav., n. 8306/2023
  • C. app. Roma , sez. lav., n. 1397/2023

Prassi:

  • INPS messaggio n. 30/2024
  • INPS circ n. 39/2023
  • INPS circ. n. 36/2022
  • INPS messaggio n. 2147/2022

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario