Provvigioni

Alberto Venezia
27 Aprile 2024

Il contratto di agenzia è un contratto oneroso ed a fronte dello svolgimento di attività promozionale da parte dell'agente è previsto il diritto ad un compenso in funzione della conclusione da parte del preponente degli affari promossi. Il diritto al compenso è disciplinato nell'art. 1748 del codice civile, che ha subito modifiche significative a seguito dell'attuazione della direttiva 86/653 ed in particolare del secondo intervento di cui al d.lgs. 65/1999.

Inquadramento

Il contratto di agenzia è un contratto oneroso e a fronte dello svolgimento di attività promozionale da parte dell'agente è previsto il diritto a un compenso[1] in funzione della conclusione da parte del preponente degli affari promossi. Il diritto al compenso è disciplinato nell'art. 1748 del codice civile, che ha subito modifiche significative a seguito dell'attuazione della direttiva 86/653 e in particolare del secondo intervento di cui al d.lgs. 65/1999.

Sempre nel codice civile l'art. 1749 (II comma), precisa i termini massimi di pagamento del compenso, che coincidono con l'ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel quale le provvigioni sono maturate.

Anche la contrattazione collettiva ha disciplinato il diritto dell'agente al compenso, in buona parte uniformandosi alle norme del codice civile, ma prevedendo altresì una disciplina integrativa di dettaglio per quanto attiene alle provvigioni dovute per gli affari conclusi dopo la cessazione del contratto, così come ai compensi aggiuntivi da riconoscersi laddove l'agente svolga attività ulteriori rispetto a quella principale di promozione della conclusione di contratti e in particolare attività di coordinamento di altri agenti sul territorio, attività di incasso (da tenersi distinta rispetto al semplice recupero del credito) e attività accessorie.

Mi soffermerò in sintesi su tutte le varie caratteristiche del diritto al compenso, partendo dal primo tema di interesse costituito dalle sue modalità di determinazione.

[1] Cfr. per approfondimenti Venezia – Baldi, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, 11a ed., Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2023, p. 264 e ss.

Le modalità di determinazione del compenso

Nella prassi contrattuale il compenso è di norma costituito da una provvigione e cioè una percentuale da calcolarsi sul valore dell'affare concluso. Sussistono tuttavia ulteriori possibilità di determinazione del compenso, tra le quali segnalo qui di seguito quelle di più frequente utilizzo:

  • una provvigione fissa, da calcolarsi sull'intero volume di fatturato realizzato grazie all'attività dell'agente e pagato dalla clientela;
  • una provvigione variabile in funzione di differenti scaglioni di fatturato;
  • una provvigione fissa, integrata con premi riconosciuti al raggiungimento di determinati obbiettivi e/o in funzione dell'esecuzione di specifiche prestazioni ulteriori, secondo parametri predeterminati;
  • una provvigione e un sopra prezzo (rappresentato di norma da una quota della differenza tra il prezzo stabilito dal preponente e il prezzo effettivo corrisposto dal cliente a fronte dell'attività promozionale svolta dall'agente);
  • un compenso fisso, o variabile in funzione del valore, da corrispondersi in relazione alla conclusione e regolare esecuzione di ciascun affare;

In evidenza: Cassazione

La Cassazione, 3 marzo 2016, n. 4217 ha confermato  la legittimità di un compenso costituito da un importo fisso da riconoscersi per ogni contratto concluso.   

  • un compenso fisso mensile integrato da una percentuale provvigionale.

Quest'ultima modalità di determinazione del compenso (fisso mensile integrato con compenso a provvigione sul volume di fatturato realizzato) va tuttavia utilizzata con estrema prudenza. Difatti, due degli elementi caratteristici del contratto di agenzia sono costituiti dall'autonomia e indipendenza dell'agente, che presuppongono una gestione dell'attività con assunzione del rischio collegato al buon esito della stessa in funzione dei risultati effettivamente conseguiti, con la conseguenza che il riconoscimento di un compenso fisso in favore dell'agente tende a ridurre in maniera significativa il fattore rischio collegato allo svolgimento dell'attività. Il venir meno dell'elemento rischio va dunque valutato con estrema attenzione, posto che è suscettibile di mettere in discussione la natura stessa del rapporto in termini di qualificazione.

È quindi opportuno non riconoscere all'agente un fisso mensile e/o un compenso che finisca per avvicinarsi a tale forma di remunerazione, tipica invece del rapporto di lavoro subordinato, proprio al fine di salvaguardare la natura del rapporto in termini di qualificazione. In particolare, nelle forme di remunerazione miste (fisso mensile oltre a provvigioni su base percentuale) bisognerebbe evitare che la provvigione, rapportata al fisso mensile, costituisca una parte non significativa del compenso globalmente inteso.

Lo stesso è a dirsi nel caso in cui si prevedano anticipi provvigionali mensili soggetti a conguaglio solo in positivo, che nella sostanza corrispondono a un compenso fisso minimo garantito.

La giurisprudenza maggioritaria e consolidata ritiene infatti che il rischio sia connaturale alla figura stessa dell'agente, e che quindi il riconoscimento di un importo fisso mensile sia in contrasto con la natura del contratto.

La direttiva comunitaria 18 dicembre 1986 (art. 6.3) sembrerebbe invece implicitamente consentire un'interpretazione differente, costituita appunto da una forma di compenso non provvigionale, ma allo stato va tenuto presente che l'orientamento consolidato e tradizionale della giurisprudenza appare di senso opposto.

In evidenza: Cassazione, merito e direttiva 86/653 (art. 6.3)

La Cassazione, 19 febbraio 1998, n. 1737 ritiene che il riconoscimento di un compenso fisso non sia compatibile con la natura del contratto di agenzia, da considerarsi come un rapporto caratterizzato dall'elemento rischio che l'agente assume su di sé. Nel medesimo senso nella giurisprudenza di merito Trib. Lucca 28 gennaio 2016, n. 60.    

 Diritto al compenso e art. 1748 c.c.

L'art. 1748 c.c., come già accennato, a seguito del d. lgs. 65/1999, ha subito modifiche significative e il testo precedentemente in vigore è stato integralmente sostituito, con un radicale cambiamento dei principi generali sino ad allora vigenti che, utilizzando il criterio del c.d. “buon fine” elaborato nell'ambito della contrattazione collettiva, facevano coincidere la regolare esecuzione dell'affare, condizione necessaria per il sorgere del diritto, con il pagamento da parte del cliente.

In evidenza: Cassazione

La sentenza della Cassazione, 15 dicembre 1997, n. 12668 ha precisato che la regolare esecuzione dell'affare non va intesa come esatto adempimento secondo le previsioni contrattuali, ma piuttosto come risultato economico utile perseguito.   

L'attuale versione dell'art. 1748 c.c. ha invece eliminato il riferimento alla regolare esecuzione dell'affare, con l'inserimento (I comma) di un criterio generale di attribuzione degli affari e di ulteriori precisazioni con riferimento agli affari conclusi nel corso del rapporto.

Sono stati poi migliorati i criteri di attribuzione della provvigione per gli affari conclusi dal preponente dopo la cessazione del contratto ed è stato introdotto un nuovo criterio di carattere generale relativo all'esigibilità della provvigione da parte dell'agente. In particolare si è precisato che, in mancanza di deroga ad opera delle parti[1], la provvigione diviene esigibile da parte dell'agente al momento dell'esecuzione della prestazione da parte del preponente (di norma costituita dalla consegna della merce) e quindi ben prima che il cliente abbia provveduto al pagamento. Infine, proprio in relazione al nuovo criterio generale di esigibilità introdotto, è stata prevista un'ipotesi di restituzione delle provvigioni già corrisposte.

Il primo comma dell'art. 1748 c.c. stabilisce che l'agente ha diritto alla provvigione con riferimento a tutti gli affari conclusi durante il contratto, quando l'operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento. In questo senso sono state allineate anche le corrispondenti disposizioni degli accordi economici collettivi (qui di seguito indicati anche come “aec”), nella loro versione del 2009 (settore commercio, come modificato nel 2010) e 2014 (settore industria e piccola e media industria).

Il secondo comma dell'art. 1748 prevede il diritto dell'agente alla provvigione anche per gli affari conclusi direttamente dal preponente con clienti in precedenza acquisiti dall'agente (per affari dello stesso tipo), con clienti appartenenti alla zona riservata all'agente o con clienti facenti parte di un gruppo contrattualmente riservato all'agente stesso. Si precisa infine che è comunque fatta salva l'eventuale deroga ad opera delle parti, così sottolineando la valenza meramente dispositiva della previsione.

Queste precisazioni appaiono tuttavia sovrabbondanti in quanto potevano, per la maggior parte, ritenersi assorbite dalle previsioni dell'art. 1743 c.c. in tema di esclusiva e dal vecchio art. 1748 c.c. in tema di provvigioni per affari conclusi direttamente dal preponente. Anche in questo campo appare evidente l'influsso determinante della legislazione tedesca (dove l'esclusiva automatica non esiste) che, unitamente alla legislazione francese, caratterizza il testo della direttiva.

Il IV comma dell'art. 1748 c.c.  precisa il momento nel quale la provvigione matura in favore dell'agente («spetta all'agente») fissando un criterio di carattere generale, derogabile, coincidente con il momento e la misura in cui il preponente ha eseguito la sua prestazione o avrebbe dovuto eseguirla in base al contratto concluso con il terzo. Al criterio della regolare esecuzione dell'affare viene dunque sostituito quello dell'esecuzione della prestazione da parte del preponente.

Il preponente dovrebbe quindi corrispondere all'agente le provvigioni (nei termini precisati all'art. 1749 c.c. [2]) del tutto indipendentemente dal pagamento da parte del terzo, ed è in quest'ottica che si giustifica il contenuto del VI comma, che prevede l'ipotesi di restituzione delle provvigioni riscosse da parte dell'agente.

In sostanza il diritto dell'agente alla provvigione maturerebbe al momento dell'esecuzione della prestazione da parte del preponente, e cioè per norma al momento della consegna della merce.

Il criterio generale può tuttavia essere derogato ad opera delle parti, che possono accordarsi diversamente, posticipando l'esigibilità della provvigione a un momento successivo rispetto all'adempimento da parte del preponente. Tale possibilità incontra però un limite nella seconda parte del quarto comma, dove si precisa che al più tardi la provvigione è da considerarsi esigibile, inderogabilmente, dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito la prestazione, o avrebbe dovuto eseguirla qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico. È quindi possibile posticipare la maturazione (o esigibilità) delle provvigioni sino al pagamento da parte del terzo (e cioè sino al buon fine dell'affare). Laddove il cliente effettui pagamenti parziali, la provvigione pare doversi considerare dovuta proporzionalmente ai pagamenti effettuati.

Anche in diritto italiano, così come in diritto tedesco, è stata dunque inserita la distinzione tra il momento acquisitivo (di attribuzione) della provvigione, costituito dalla conclusione, nel corso del rapporto, del contratto promosso dall'agente, e l'esigibilità (cioè la vera e propria maturazione) della provvigione, coincidente, di regola, con l'esecuzione della prestazione da parte del preponente.

In evidenza: Cassazione

La distinzione tra acquisizione ed esigibilità della provvigione è stata confermata in giurisprudenza dalla sentenza della Cassazione, 2 maggio 2000, n. 5467, che ha precisato che la conclusione del contratto va considerata come fatto costitutivo della provvigione, con la conseguenza che la stessa fa sorgere un diritto di credito dell'agente seppur caratterizzato dall'inesigibilità, ma con possibilità di cessione ed eventuale ammissione al passivo fallimentare. L'esigibilità presuppone invece, salvo deroga, l'esecuzione del contratto da parte del preponente.    

Il V comma dell'art. 1748 c.c. precisa infine che laddove preponente e cliente si accordino per non dare in tutto o in parte esecuzione al contratto l'agente avrà diritto, per la parte ineseguita, a una provvigione ridotta, nella misura determinata dagli usi o dal giudice secondo equità.

Negli aec del 16 febbraio 2009, del 30 luglio 2014 e del 17 settembre 2014 è stato effettuato un riferimento esplicito all'art. 1748 c.c., con la contemporanea eliminazione di qualunque riferimento a quel concetto di buon fine che era stato elaborato proprio nell'ambito della contrattazione collettiva per individuare il momento in cui doveva ritenersi sorto il diritto alla provvigione.

Ciò non significa tuttavia che alle parti sia preclusa la possibilità di deroga, difatti l'eliminazione dalla contrattazione collettiva del buon fine significa esclusivamente che il relativo criterio non potrà considerarsi automaticamente richiamato per il solo fatto che al rapporto siano applicabili gli aec di diritto comune.

L'eventuale deroga, senza dubbio ammissibile in applicazione dell'art. 1748 c.c., dovrà semplicemente essere espressamente prevista in ogni singolo contratto, non essendo più sufficiente il mero richiamo della contrattazione collettiva.

Gli aec settore industria 30 luglio 2014 e piccola e media industria 17 settembre 2014 prevedono entrambi (art. 7), così uniformandosi all'aec settore commercio 16 febbraio 2009, che in caso di ritardo da parte del preponente nel pagamento delle provvigioni di oltre 15 giorni rispetto al termine di 30 giorni successivo al trimestre di riferimento, si applicano gli interessi di mora di cui al d.lgs. n. 231/2002, come modificato dal d. lgs. 192 del 9 novembre 2012

Il mancato pagamento delle provvigioni nei termini perdetti darà quindi la possibilità all'agente di richiedere gli interessi di mora, i cui tassi sono come è noto decisamente superiori a quelli di legge.

[1] Deroga che peraltro può essere effettuata, ma con precise limitazioni.

[2] Entro la fine del mese successivo al trimestre nel quale le provvigioni sono maturate

Esclusiva e diritto alla provvigione

Il diritto di esclusiva nel contratto di agenzia è disciplinato dall'art. 1743 c.c., che tuttavia non è una disposizione imperativa e come tale risulta liberamente derogabile dalle parti, sia direttamente, attraverso un'espressa clausola contrattuale, sia indirettamente sulla base delle concrete modalità di svolgimento del rapporto.

In evidenza: Cassazione

La Cassazione, 17 ottobre 2014, n. 22071 e 23 aprile 2014, n. 9226 a conferma di un costante orientamento dottrinale e giurisprudenziale sul punto ha confermato che il diritto di esclusiva nel rapporto di agenzia, così come previsto dall'art. 1743 c.c., è un elemento naturale ma non essenziale del contratto ed è quindi derogabile dalle parti. Conformi nella giurisprudenza di merito App. Venezia 20 novembre 2021, n. 528, Trib. Roma 19 novembre 2021, n. 18101, App. Genova, 21 aprile 2021, n. 86.     

Nel contratto di agenzia, proprio in virtù del disposto di cui all'art. 1743 c.c., salvo diverso accordo tra le parti, l'esclusiva bilaterale perfetta sorge automaticamente con la semplice conclusione del contratto e determina per entrambe le parti un reciproco obbligo di non assumere, né conferire, altri incarichi per analoghi prodotti nella stessa zona, con il diritto per l'agente alle provvigioni su tutti gli affari che il preponente concluda, anche direttamente, nella zona stessa.

Il riconoscimento delle provvigioni anche sugli affari diretti trova tuttavia il limite costituito dall'onere per l'agente di fornirne la prova, che può risultare di non facile adempimento soprattutto laddove il preponente non dia informazioni all'agente sull'attività diretta.

In evidenza: Cassazione

Cassazione, 22 agosto 2001, n. 11197 ha stabilito che il diritto alle provvigioni per affari diretti conclusi in zona dal preponente presuppone l'esistenza di un rapporto immediato tra preponente e acquirente, senza l'intervento di soggetti interposti: nella fattispecie è stato escluso il diritto alle provvigioni per vendite effettuate in zona da un grossista. Cfr. altresì per il riconoscimento del diritto alla provvigione c.d. indiretta in ogni caso di ingerenza nella zona di esclusiva o di captazione di clienti riservati all'agente attraverso l'intervento diretto o indiretto del preponente, quali che siano le modalità della sottrazione così realizzata, Cass. 30 gennaio 2017, n. 2288.  

Gli accordi economici (sia nel settore industria 30/7/2014, sia nel settore commercio 16/2/2009) prevedono infine un utile criterio per l'attribuzione della provvigione nel caso in cui per il medesimo affare la consegna della merce o la fornitura del servizio venga effettuata in una zona diversa rispetto a quella in cui è stato concluso l'affare. In tali ipotesi, ferma la possibilità per le parti di accordarsi diversamente, è previsto un criterio generale che prevede l'attribuzione della provvigione all'agente che abbia effettivamente (e aggiungerei legittimamente) promosso l'affare. Viene quindi inserito, molto opportunamente, anche ad evitare il rischio di dover riconoscere due volte la provvigione sul medesimo affare, un criterio generale suscettibile di risolvere eventuali conflitti tra agenti qualora si verifichino ipotesi di sconfinamento non disciplinate dai singoli contratti individuali.

Affari conclusi dopo la cessazione del contratto

Il terzo comma dell'art. 1748 c.c. è dedicato al tema del diritto alle provvigioni per gli affari conclusi dal preponente dopo la cessazione del contratto.

Il diritto dell'agente alle provvigioni è previsto in due casi:

  1. se la proposta è pervenuta all'agente o al preponente prima della fine del contratto;
  2. se gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dopo lo scioglimento del contratto e la conclusione è da attribuirsi prevalentemente all'attività svolta dall'agente.

Il principio di carattere generale, che prevede il diritto alla provvigione in favore dell'agente uscente, è tuttavia suscettibile di eccezioni nel caso in cui, in relazione a specifiche circostanze, risulti equo ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti per la conclusione dell'affare.

La norma, mentre appare molto chiara nella prima delle ipotesi considerate (salva l'esistenza di un problema di carattere probatorio, laddove il preponente non comunichi all'agente di aver ricevuto ordini nell'imminenza della cessazione del rapporto), sembra lasciare alla discrezionalità del Giudice un ampio spazio nella valutazione di congruità e ragionevolezza in ordine al lasso di tempo da tenere in considerazione per l'attribuzione all'agente del diritto alla provvigione su affari dallo stesso promossi, ma conclusi dopo la cessazione del rapporto.

Ferma la facoltà per le parti di regolare contrattualmente queste ipotesi, resta la possibilità, qualora la previsione contrattuale non risulti particolarmente equilibrata, di ricorrere al Giudice per verificare se sia stato o meno rispettato il vincolo di ragionevolezza del termine di cui all'art. 1748 c.c.

Oltre all'eventuale presenza di clausole contrattuali ad hoc, va altresì considerata, laddove applicabile, la disciplina prevista dagli aec del settore industria (30/7/2014) e commercio (16/2/2009).

In entrambi i settori (commercio e industria) è infatti previsto un meccanismo abbastanza preciso per l'attribuzione delle provvigioni qualora ci si trovi di fronte a contratti conclusi entro un certo termine dopo la cessazione del rapporto, la cui conclusione sia attribuibile all'attività promozionale svolta dall'agente.

In particolare l'aec industria 30/7/2014 (art. 6) stabilisce che al momento della cessazione del contratto, l'agente ha l'obbligo di presentare al preponente una relazione dettagliata indicante le trattative intraprese ma non concluse a causa dello scioglimento del rapporto.

Per la sola ipotesi in cui alcune delle predette trattative vadano a buon fine nel termine di 6 mesi dalla cessazione del rapporto, l'agente avrà diritto alle provvigioni relative.

Una volta decorso il termine di 6 mesi, che può peraltro essere modificato dalla concorde volontà delle parti, nessuna provvigione sarà più dovuta all'agente, in quanto l'eventuale conclusione di affari non potrà ritenersi a lui ascrivibile.

Questo meccanismo, così come la fissazione di un termine preciso in sostituzione della generica previsione dell'art. 1748 c. c. (“termine ragionevole”), mi sembra certamente opportuno anche al fine di apportare alla materia un contributo decisivo in termini di chiarezza e precisione: la facoltà di deroga ad opera delle parti dovrà essere utilizzata con attenzione, posto che l'indicazione nel contratto di un termine troppo breve, pur essendo astrattamente ipotizzabile, rischierebbe di legittimarne l'impugnazione una volta cessato il rapporto.

In senso analogo si è espresso l'aec settore commercio 16 febbraio 2009 (art. 5) che assimila all'ipotesi di cessazione la sospensione del contratto per malattia o gravidanza. La disciplina dell'aec 16 febbraio 2009 è tuttavia più favorevole all'agente, in quanto il termine per la conclusione delle trattative è di 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto, ed è un termine minimo inderogabile.

Non è quindi possibile inserire un termine di minor durata, ferma la possibilità di prevedere un termine maggiore e di ripartire la provvigione tra gli agenti effettivamente intervenuti per la conclusione dell'affare.

Premi, incentivi e rimborsi spese

Nel contratto di agenzia è usuale riscontrare la presenza di incentivi contrattualmente previsti in favore degli agenti sotto forma di premi, che di norma il preponente riconosce a sua discrezione in funzione del raggiungimento di obbiettivi specifici. Generalmente le pattuizioni sono contenute in lettere a parte con durata a tempo determinato e dunque svincolate dal regime previsto per il contratto, solitamente a tempo indeterminato.

In questo settore la libertà del preponente è estremamente ampia, posto che il premio si sostanzia in una forma di compenso aggiuntivo rispetto a quello previsto per l'ordinario adempimento delle obbligazioni contrattuali e che dunque può essere subordinato alle condizioni liberamente fissate dal preponente.

È discutibile, in assenza di espresse diverse previsioni contrattuali e /o della contrattazione collettiva (laddove applicabile), che i premi debbano essere considerati ai fini del computo dell'indennità di fine rapporto, soprattutto se calcolata in applicazione dell'art. 1751 c.c. che parla di “retribuzioni riscosse”.

Per quanto attiene invece alle spese, di norma le stesse sono integralmente a carico dell'agente, come previsto in termini generali dall'ultimo comma dell'art. 1748 c.c. che precisa l'inesistenza del diritto dell'agente al rimborso delle spese sostenute.

Tuttavia, nulla vieta al preponente di contribuire nella misura dallo stesso ritenuta più congrua al rimborso totale, parziale o meramente forfettario delle spese sostenute, soprattutto nella fase iniziale della collaborazione.

In evidenza: Cassazione

La Cassazione 3 aprile 1990, n. 2680, ha confermato la legittimità della corresponsione da parte del preponente in favore dell'agente di un importo mensile a titolo di concorso spese. Cass. 27 ottobre 2017, n. 25579, ha precisato che l'espressione « provvigioni comunque denominate per le prestazioni anche occasionali inerenti a rapporti di commissione, di agenzia ... » deve essere intesa nel senso che i compensi a provvigione corrisposti agli agenti e soggetti assimilati, anche se per una parte erogati a titolo di rimborso spese, costituiscono per intero emolumenti assoggettati a ritenuta d'acconto ex art. 25-bis, D.P.R. n. 600/1973, trattandosi in tale ultimo caso di erogazioni a carattere continuativo e abituale dirette a soddisfare, a titolo remunerativo, esigenze intrinsecamente attinenti alle prestazioni cui è contrattualmente tenuto l'agente.

Va tuttavia considerato il generale principio, già in precedenza accennato, relativo all'incompatibilità del compenso fisso con la natura del contratto di agenzia. Pertanto, l'entità dei rimborsi spese dovrà comunque sempre essere proporzionata alle provvigioni maturate dall'agente nell'espletamento della propria attività.

Attività accessorie, di incasso e di coordinamento

Accanto all'attività centrale dell'agente, costituita come è noto dalla promozione della conclusione di contratti, si sono sviluppate nella prassi contrattuale alcune ulteriori attività di fatto svolte dall'agente in costanza di rapporto e di norma ricomprese nel compenso complessivo riconosciuto sul fatturato realizzato suo tramite.

L'inclusione nel compenso complessivo di tutte le attività comunque svolte dall'agente nell'esecuzione dell'incarico allo stesso affidato non è stata tuttavia ritenuta sufficiente dalle associazioni di categoria che hanno dunque inserito negli accordi economici collettivi cosiddetti di diritto comune una serie di previsioni al fine di garantire all'agente compensi aggiuntivi.

In particolare il solo aec settore commercio 16 febbraio 2009 contempla l'ipotesi che all'agente siano assegnate attività complementari e/o accessorie rispetto a quanto previsto dagli articoli 1742 e 1746 c.c., a condizione che siano specificate nel contratto individuale, stabilendo (art. 5) che in tali casi all'agente deve essere riconosciuto un corrispettivo specifico, in forma non provvigionale.

In evidenza: Cassazione e merito

La Cassazione, 12 dicembre 2012, n. 22828 ha precisato che la causa del contratto di agenzia non è incompatibile con quella del contratto di deposito, con la conseguenza che nel medesimo contratto possono coesistere gli elementi dell'uno e dell'altro e che all'agente depositario venga riconosciuto il rimborso delle spese di custodia. Con specifico riferimento all'attività di merchandising, intesa come oggetto di un contratto relativo alla esposizione di prodotti negli spazi e sugli appositi banchi di vendita di un grande magazzino o centro commerciale, al fine di rendere i prodotti più appetibili per i consumatori, la Cassazione 26 gennaio 2017, n. 1998, ha ritenuto che, stante l'autonomia dei rapporti, non può ritenersi che l'attività di merchandising possa considerarsi in via generale ricompresa in quella di agente e remunerata, salvo specifiche diverse pattuizioni, attraverso le provvigioni. Nella giurisprudenza di merito il Tribunale di Prato, con sentenza del 19 novembre 2012 ha stabilito la libera recedibilità, in mancanza di diversa clausola contrattuale, dell'incarico accessorio senza indicazione di durata, posto che lo stesso deve considerarsi come un rapporto negoziale distinto dal contratto di agenzia, che può quindi venir meno pur perdurando l'incarico principale di agenzia. La Cassazione, 20 febbraio 2019, n. 4945 ha ritenuto di configurare in termini di collegamento negoziale con vincolo di dipendenza unilaterale la struttura del rapporto tra contratto principale di agenzia e incarico accessorio di coordinamento e supervisione. Cfr. nel medesimo senso nella giurisprudenza di merito App. Bari, sez. lav., 15 gennaio 2019, n. 2184.

La precisazione effettuata in ordine alla forma (non provvigionale) del compenso aggiuntivo sembra legittimare l'indicazione di un compenso fisso su base forfettaria, mentre sembrerebbe da escludersi il riconoscimento di una percentuale sul valore dell'affare e cioè di una provvigione aggiuntiva.

Il medesimo aec del settore commercio precisa che tra le attività complementari e accessorie debbono intendersi incluse anche quelle di coordinamento e vi accomuna anche quelle di incasso, con la conseguente possibilità di prevedere un unico compenso aggiuntivo in forma non provvigionale.

L'individuazione di un compenso specifico per l'attività di coordinamento non riveste per la verità particolare importanza, in quanto già nella prassi i cosiddetti agenti generali ricevono una retribuzione aggiuntiva in relazione all'attività di coordinamento di più agenti di zona. Più problematica appare invece l'espressa precisazione relativa al carattere non provvigionale del compenso, che renderebbe inefficace un compenso costituito da una percentuale provvigionale da calcolarsi sul fatturato realizzato dagli agenti coordinati. Dovrà tenersi conto di questa particolarità nella prassi contrattuale, se del caso adeguando il compenso previsto al carattere non provvigionale stabilito dall'aec settore commercio.

In evidenza: Cassazione

La Cassazione, 3 gennaio 2005, n. 30 ha escluso espressamente il diritto dell'agente generale alla provvigione incasso sugli importi incassati dagli agenti coordinati sul presupposto che l'attività di riscossione sia da considerarsi limitata al rapporto tra agente e cliente e non possa conseguentemente essere imputata anche all'agente coordinatore. Interessante è poi la pronuncia della Cassazione del 15 ottobre 2018, n. 25740, che ha escluso dalla base imponibile per il calcolo dell'indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c. il compenso riconosciuto all'agente per l'attività di coordinamento e supervisione, in base al principio di esclusione dal perimetro applicativo dell'art. 1751 c.c. di compiti e funzioni strumentali e accessori rispetto alla centrale attività riferita ai clienti.  Cfr. nella giurisprudenza di merito App. Venezia 4 ottobre 2019, n. 406. 

Sul fronte invece dell'attività di riscossione, affinché possa ritenersi esistente una vera e propria attività di incasso, deve risultare conferito un incarico continuativo di riscuotere per conto della preponente, con responsabilità dell'agente per errore contabile.

Si precisa infine che laddove l'agente svolga esclusivamente attività di recupero di insoluti, non va previsto né risulta dovuto alcun compenso aggiuntivo.

Anche l'aec 30/7/2014 del settore industria prevede il diritto dell'agente a un compenso specifico qualora sia incaricato in forma stabile e con responsabilità per errore contabile dell'attività di incasso, ma precisa che il compenso può essere costituito alternativamente da una provvigione separata o da un compenso aggiuntivo in forma non provvigionale, in relazione agli affari per i quali sussista l'obbligo della riscossione. È dunque lasciata alle parti la scelta tra le due soluzioni alternative, mentre si conferma che l'attività di recupero insoluti non comporta l'obbligo per il preponente di riconoscere il compenso aggiuntivo e pertanto non può definirsi come vera e propria attività di incasso.

Anche per l'attività di coordinamento l'aec 30/7/2014 precisa che l'incarico deve essere specificato in maniera espressa nel contratto individuale e che, a fronte di quest'attività, dev'essere riconosciuto all'agente un compenso specifico alternativamente in forma non provvigionale o con una provvigione separata. Sussiste quindi una netta differenza tra aec settore commercio ed aec settore industria nelle forme di remunerazione delle attività di incasso e coordinamento, posto che l'aec industria 30/7/2014 prevede alternativamente una provvigione separata e/o un compenso in forma non provvigionale, mentre l'aec commercio fissa solo quest'ultima opzione ad evidenti fini anti elusivi.

Non è stata invece colmata né dall'aec settore industria del 30/7/20014 né dall'aec settore commercio 16/2/2009 (come modificato dal Testo unico del marzo 2010) una lacuna rilevante costituita dall'assenza dell'indicazione di una percentuale provvigionale precisa, applicabile in via sussidiaria laddove le parti non abbiano preso accordi specifici sul punto. Tale carenza può determinare soluzioni giurisprudenziali punitive qualora le parti non abbiano previsto una clausola contrattuale ad hoc.

In evidenza: Cassazione

La Cassazione, 26 marzo 2018, n. 7467  ha precisato che laddove il contratto di agenzia preveda sin dall'inizio il conferimento dell'incarico di riscossione, deve presumersi che il relativo compenso sia da considerarsi compreso nella provvigione pattuita.  In tema di oneri probatori, la Cassazione 10 maggio 2019, n. 12544 ha precisato che grava sull'agente, quale condizione necessaria per ottenere il compenso per l'attività di incasso, l'onere di dimostrare l'esistenza di una specifica pattuizione.   

Riferimenti

  • Riferimenti Normativi:

  • Art. 1743 c.c.
  • Art. 1748 c.c.
  • Art. 1749 c.c.  
  • Direttiva 18 dicembre 1986, n. 653
  •  D. lgs. n. 303/1991
  • D. lgs. n. 65/1999

Giurisprudenza:

  • Corte di appello di Venezia, 20 novembre 2021, n. 528
  • Tribunale di  Roma, 19 novembre 2021, n. 18101
  • Corte di appello di Genova, 21 aprile 2021, n. 86
  • Corte di appello di Venezia, 4 ottobre 2019, n. 406
  • Cassazione, 10 maggio 2019, n. 12544
  • Cassazione, 20 febbraio 2019, n. 4945
  • Corte di appello di Bari, 15 gennaio 2019, n. 2184
  • Cassazione, 15 ottobre 2018, n. 25740
  • Cassazione, 26 marzo 2018, n. 7467
  • Cassazione, 27 ottobre 2017, n. 25579
  • Cassazione, 30 gennaio 2017, n. 2288
  • Cassazione, 26 gennaio 2017, n. 1998
  • Cassazione, 3 marzo 2016, n. 4217
  • Cassazione, 17 ottobre 2014, n. 22071
  • Cassazione, 23 aprile 2014, n. 9226
  • Cassazione, 12 dicembre 2012, n. 22828
  • Tribunale di Prato, 19 novembre 2012
  • Cassazione, 23 luglio 2012, n. 12776
  • Cassazione, 3 gennaio 2005, n. 30
  • Cassazione, 22 agosto 2001, n. 11197
  • Cassazione, 2 maggio 2000, n. 5467
  • Cassazione, 19 febbraio 1998, n. 1737
  • Cassazione, 15 dicembre 1997, n. 12668
  • Cassazione, 3 aprile 1990, n. 2680

Bibliografici

Venezia – Baldi, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, 9a ed., Giuffrè, Milano 2015.

Sommario