Impugnazione del licenziamento

26 Agosto 2024

Attraverso l'impugnazione del licenziamento, il lavoratore manifesta la propria volontà di contestare il contenuto del provvedimento espulsivo irrogato dal datore di lavoro. Il lavoratore, entro sessanta giorni dalla ricezione del licenziamento, deve impugnarlo attraverso qualsiasi atto idoneo a manifestare propria volontà di opporsi al contenuto dello stesso. A questa fase di impugnativa stragiudiziale segue quella giudiziale, consistente nel deposito, entro i 180 giorni successivi, di un ricorso presso il Tribunale territorialmente competente. Ebbene tale iter è stato oggetto di numerose modifiche in relazione ai diversi interventi riformatori che hanno caratterizzato il diritto del lavoro negli ultimi anni.

Inquadramento

Attraverso l'impugnazione del licenziamento, il lavoratore manifesta la propria volontà di contestare il contenuto del provvedimento espulsivo irrogato dal datore di lavoro.

Il lavoratore, entro sessanta giorni dalla ricezione del licenziamento, deve impugnarlo attraverso qualsiasi atto idoneo a manifestare propria volontà di opporsi al contenuto dello stesso (Art. 6 l. n. 604 del 1966).

A questa fase di impugnativa stragiudiziale segue quella giudiziale, consistente nel deposito, di un ricorso presso il Tribunale territorialmente competente. Ebbene, tale iter è stato oggetto di numerose modifiche in relazione ai diversi interventi riformatori che hanno caratterizzato il diritto del lavoro negli ultimi anni.

Impugnazione stragiudiziale del licenziamento prima della Legge n. 183/2010 (il c.d.Collegato Lavoro)  

I termini per l'impugnazione di provvedimenti espulsivi sono stati oggetto di numerosi e significativi interventi che nel corso di pochi anni hanno determinato la modifica e revisione di un aspetto della procedura ormai stabile da diverso tempo, e cioè fin dall'approvazione della legge sui licenziamenti individuali (l. n. 604/1966).

Inizialmente è intervenuta la Legge n. 183/2010 (il c.d.Collegato Lavoro) che ha modificato, rispetto al passato, i termini che i lavoratori licenziati devono osservare per poter impugnare il licenziamento loro comminato e poter conseguentemente ricorrere in giudizio.

Ed infatti, prima del Collegato Lavoro, il lavoratore aveva l'onere di impugnare stragiudizialmente, mediante lettera, il licenziamento comminatogli, entro il termine decadenziale di 60 giorni decorrenti dal ricevimento della relativa comunicazione.

Una volta impugnato stragiudizialmente il licenziamento, il lavoratore aveva a disposizione ben cinque anni per impugnare giudizialmente il provvedimento espulsivo innanzi all'Autorità Giudiziaria tramite ricorso.

L'impugnazione del licenziamento dopo il cd. Collegato Lavoro

La Legge n. 183/2010 è intervenuta drasticamente con l'art. 32, comma 1, che ha modificato l'art. 6 l. n. 604/1966.

Fermo, infatti, l'obbligo di impugnazione stragiudiziale del licenziamento entro 60 giorni dalla comunicazione, è stata introdotta una drastica riduzione del termine per adire l'Autorità Giudiziaria, e dunque per presentare il ricorso avanti al Giudice, fissato in duecentosettanta (270) giorni dall'impugnazione stessa (o dalla scadenza dei 60 giorni dal licenziamento per la tesi più estensiva).

In evidenza: giurisprudenza

Il termine di decadenza stabilito dalla L. n. 604 del 1966, art. 6, comma 2, come sostituito dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 1, decorre dalla data di trasmissione dell'atto scritto d'impugnazione del licenziamento, e non dal  perfezionamento dell'impugnazione stessa per effetto della sua ricezione da parte del datore di lavoro. (Cass., sez. lav., n. 29045/2023

Le modifiche introdotte dalla Legge. n. 92/2012 (cd. Riforma Fornero)

La Legge. n. 92/2012 (cd Riforma Fornero) ha successivamente operato una riduzione del termine di duecentosettanta (270) giorni per adire il giudice del lavoro introdotto dal precedente Collegato Lavoro.

Secondo tale riforma, infatti, il lavoratore:

  • avrà sempre sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione di licenziamento per poterlo impugnare stragiudizialmente;
  • tuttavia il precedente termine di 270 giorni per il deposito del ricorso innanzi al Giudice viene ridotto a centottanta (180) giorni.

Tale graduale riduzione dei termini per l'impugnazione in giudizio del licenziamento è stata giustificata con la volontà di porre fine ad atteggiamenti dilatori dei lavoratori, volti cioè a differire nel tempo l'introduzione del giudizio, fino a che non fosse cioè trascorso il termine di prescrizione di cinque anni, con l'effetto di beneficiare di un proporzionale aumento degli importi risarcitori  dovuti dal datore di lavoro nell'eventualità di riconoscimento dell'illegittimità del licenziamento.

L'impugnazione giudiziale del licenziamento: la Riforma Fornero

Come noto, il processo del lavoro è disciplinato da un rito speciale introdotto dalla Legge n. 533/1973 per la trattazione di tutte le controversie individuali relative a rapporti di lavoro ed in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie.

Tale rito, disciplinato dagli articoli 409 ss. del codice di procedura civile, si distingue da quello ordinario per una maggiore celerità e snellezza procedurale, poiché sono state previsti una serie termini (alcuni a pena di decadenza, altri no) entro i quali devono essere compiute le varie attività processuali necessarie per avviare alla definizione del giudizio .

Il rito speciale, inoltre, assegna al giudice più ampi poteri istruttori rispetto al rito ordinario, potendo il giudice disporre d'ufficio, anche ove siano maturate per le parti eventuali preclusioni, qualsiasi mezzo istruttorio.

Giudice competente, indipendentemente dal valore della controversia, è sempre il Tribunale in composizione monocratica, in funzione di giudice del lavoro, e la relativa competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui è sorto il rapporto, o quello in cui si trova l'azienda ovvero una sua dipendenza presso la quale il rapporto ha o aveva effettivo svolgimento.

Le controversie assoggettate al  rito speciale del lavoro si introducono  con ricorso, il cui contenuto è dettato dall'art. 414 c.p.c. e ss.

Alla disciplina del rito speciale del lavoro, la Riforma Fornero ne ha affiancata una specifica relativa all'impugnazione dei licenziamenti ai quali è applicabile l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, anche qualora per la loro decisione sia necessario procedere alla risoluzione di questioni inerenti alla qualificazione del rapporto di lavoro (Art. 1 comma 48 l. n. 92/2012).

Successivamente, con il d.lgs. n. 23 del 2015 (facente parte del cd Job's act)  è stato previsto che tale disciplina non si applicasse ai licenziamenti che, anche se regolati dall'art. 18 dello statuto dei lavoratori, riguardano lavoratori assunti  dal 7.03.2015 (data di entrata in vigore del d.lgs.).

Piu recentemente, la disciplina introdotta dalla Riforma Fornero è stata soppressa dal d.lgs. n. 149 del 2022 (cd Riforma Cartabia), il quale ha introdotto nuove regole per l'impugnazione dei licenziamenti, l'applicazione delle quali decorre dal 28.02.2023, e riguarda i soli giudizi instaurati successivamente a tale data; è stato infatti stabilito che ai giudizi pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicassero le disposizioni anteriormente vigenti.

Per effetto di tale ultima innovazione, la disciplina introdotta dalla l. n. 92/2012, attualmente, trova applicazione ai soli giudizi di impugnazione dei licenziamenti di lavoratori assunti prima del 7.03.2015, che siano ancora pendenti (non ancora definitamente conclusi) alla data del 28.02.2023.

Si darà quindi conto di tale disciplina solo in quanto   essa trova ancora una residua applicazione nei termini appena evidenziati.

La Riforma ha introdotto un procedimento ancora più snello e celere, depurato da tutte le formalità non essenziali ai fini della concreta instaurazione del contraddittorio e caratterizzato da termini ancora più ristretti, benché, di fatto, articolato in più fasi e gradi di giudizio.

Per quanto riguarda il primo grado di giudizio, è stata prevista una doppia fase di giudizio, una a cognizione (secondo alcuni, a istruzione), sommaria, l'altra a cognizione piena.

I grado – Tribunale Lavoro

L'art. 1, comma 48 della l. n. 92/2012 prevede che l'impugnazione di un licenziamento, anche qualora comporti la risoluzione di questioni relative alla natura del rapporto, deve proporsi con ricorso depositato presso la competente cancelleria del Tribunale Lavoro.

A seguito dell'iscrizione della causa a ruolo, il Giudice, è tenuto a fissare con decreto l'udienza di prima comparizione e discussione non oltre 40 giorni dal deposito del ricorso stesso, prevedendo un termine a carico del ricorrente per la notifica, anche a mezzo di posta elettronica certificata, del ricorso con pedissequo decreto non inferiore a venticinque giorni prima dell'udienza.

Il convenuto è tenuto a costituirsi entro cinque giorni prima dell'udienza, mediante deposito in cancelleria di apposita memoria difensiva.

Rispetto alla disciplina prevista dal codice di procedura civile, e sempre nel solco della maggiore celerità e speditezza della procedura in esame, sia ricorrente che resistente sono tenuti a depositare i documenti allegati ai propri atti in duplice copia, al fine di consentire a ciascuna di esse di visionare prontamente i documenti allegati da controparte.

All'udienza il Giudice può procedere all'eventuale istruttoria in maniera molto flessibile a seconda delle esigenze del caso concreto, essendo previsto che  egli procede nel “modo che ritiene più opportuno” agli atti istruttori “ indispensabili” richiesti dalle parti o disposti anche mediante il ricorso ai poteri  ufficiosi concessi dall'art. 421 c.p.c.

Al termine, il Giudice emetterà un'ordinanza, immediatamente esecutiva, di accoglimento o di rigetto del ricorso, con la quale viene posto fine alla cd fase sommaria.

L'ordinanza anzidetta può essere oggetto di specifica opposizione, con la quale si introduce una seconda fase, a cognizione (o istruzione) piena, la quale è assoggettata alle e specifiche disposizioni dettate appositamente per tale fase di giudizio dagli artt. 51 e ss. l. n. 92/2012

Anche tale seconda fase di giudizio si introduce con un ricorso che deve essere depositato presso il Tribunale del Lavoro che ha emesso l'ordinanza anzidetta entro il termine decadenziale di trenta giorni dalla notifica di questa o dalla sua comunicazione ad opera della cancelleria, se anteriore.

Depositato il ricorso in opposizione, il Giudice fissa l'udienza di prima comparizione e discussione con decreto ed entro sessanta giorni dal deposito del ricorso, disponendo al contempo la notifica del ricorso, anche a mezzo di posta elettronica certificata, e del pedissequo decreto a carico dell'opponente almeno trenta giorni prima dell'udienza fissata.

L'opposto è tenuto a costituirsi dieci giorni prima della data di udienza fissata dal decreto nel rispetto di quanto previsto dall'art. 416 c.p.c. e di tutte le decadenze istruttorie ivi previste, pur ritenendosi ormai pacifica la non perentorietà di tale termine.

In evidenza: giurisprudenza

Nell'ambito del rito introdotto dalla L. n. 92 del 2012 (c.d. rito Fornero), il giudizio di primo grado è unico a composizione bifasica, con una prima fase ad istruttoria sommaria, diretta ad assicurare una più rapida tutela al lavoratore, ed una seconda fase, a cognizione piena, che della precedente costituisce una prosecuzione, dal che deriva che la fase di opposizione non è una revisio prioris istantiae, ma una prosecuzione del giudizio di primo grado. (Cass. sez. lav. n. 20284/2023).

Anche in questa fase processuale il Giudice può condurre il processo “nel modo che ritiene più opportuno”, definendo l'istruttoria come richiesta dalle parti o ex art. 421 c.p.c., e, qualora ritenuto opportuno, può fissare una ulteriore udienza di discussione con termine alle parti il deposito di note sino a dieci giorni prima.

Dieci giorni è anche il termine per il deposito della sentenza, provvisoriamente esecutiva e costituente titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale, da parte del Giudice.

II grado – Corte di Appello Lavoro

Tale sentenza è ulteriormente impugnabile attraverso reclamo avanti la Corte di Appello Lavoro competente, presso la cui cancelleria lo stesso deve essere depositato entro trenta giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza.

L'udienza di discussione della causa viene fissata entro i sessanta giorni successivi, con termine al reclamante per la notifica del ricorso e pedissequo decreto alla controparte almeno trenta giorni prima dell'udienza e al convenuto di dieci giorni prima per costituirsi.

In questa fase del procedimento non è possibile introdurre nuovi mezzi di prova o documenti salvo che il reclamante non provi di non aver potuto produrli per cause ad esso non imputabili o che la Corte non li ritenga indispensabili per la decisione.

In prima udienza il giudice può sospendere l'efficacia esecutiva della sentenza ed anche in tal caso, tuttavia, è prevista la possibilità di esperire istruttoria “nel modo ritenuto più opportuno” dal Collegio, con la possibilità di un rinvio per discussione con termine per note sino a dieci giorni prima per le parti.

La sentenza completa di motivazione deve essere depositata entro dieci giorni dall'udienza di discussione.

IV grado – Corte di Cassazione sezione Lavoro

In caso di comunicazione della pronuncia o di notifica della stessa se anteriore, il ricorso per cassazione andrà notificato entro sessanta giorni da tale evento.

In caso contrario, il termine per impugnarla innanzi la Corte di Cassazione è quello previsto dall'art. 327, comma 1, c.p.c., ossia sei mesi dalla data di pubblicazione.

L'udienza sarà fissata dalla Corte di Cassazione entro sei mesi dalla proposizione del ricorso e all'esito verrà emessa sentenza.

In ogni caso si potrà chiedere la sospensione dell'efficacia della sentenza impugnata in sede di legittimità, con apposita inibitoria avanti la Corte di Appello.

In evidenza: giurisprudenza

Nel rito c.d. Fornero, il reclamo previsto dall'art. 1, comma 57, della l. n. 92 del 2012 è nella sostanza un appello, con la conseguenza che, per tutti i profili non regolati da disposizioni specifiche, si applicano le norme sull'appello del rito del lavoro, che realizza il ragionevole equilibrio tra celerità e affidabilità; in particolare,  il giudice del gravame può, tra l'altro, conoscere della controversia dibattuta in primo grado solo attraverso l'esame delle specifiche censure mosse dal reclamante, la cui formulazione consuma il diritto di impugnazione. (Cass. sez. lav. n. 15412/2020).

Orientamenti a confronto

ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Decadenza dall'impugnazione del licenziamento nel caso in cui la stessa non pervenga al datore entro i sessanta giorni di cui all'art. 6 l. n. 604/1966.

Tempestività dell'impugnazione del licenziamento inoltrata entro il termine di sessanta giorni di cui all' art. 6 l. n. 604/1966.

L'atto di impugnazione del licenziamento ha natura di negozio giuridico unilaterale recettizio, ex art. 1335 c.c., e come tale deve giungere a conoscenza del destinatario per produrre i suoi effetti; in particolare, deve pervenire all'indirizzo del datore di lavoro entro i sessanta giorni previsti dall'art. 6 l. n. 604/1966 per evitare la decadenza dalla facoltà di impugnare. Ne consegue che il deposito dell'istanza di espletamento della procedura obbligatoria di conciliazione, contenente l'impugnativa scritta del licenziamento, presso la Commissione di conciliazione, non è sufficiente ad impedire la decadenza, ma è necessario a tal fine che la comunicazione della convocazione pervenga al datore di lavoro prima del termine di sessanta giorni previsto dalla legge, ovvero che il lavoratore provveda autonomamente a notificargli tale richiesta, senza attendere la comunicazione dell'ufficio, onde evitare il rischio del maturarsi della decadenza.

(Cass., sez. lav., n. 11116/2006)

In tema di disciplina, dettata dall'art. 6 l. n. 604/1966, concernente la decadenza dal potere di impugnare il licenziamento, alla luce di una lettura costituzionalmente orientata - che consente l'estensione del principio generale dell'ordinamento in materia di decadenza processuale da impedire tramite la notificazione di un atto (Corte cost., n. 477/2002, n. 28/2004 e n. 97/2004, secondo cui, nei confronti del soggetto onerato, la decadenza è impedita dalla consegna dell'atto stesso all'ufficiale giudiziario oppure all'agente postale) al diritto sostanziale e, segnatamente, anche tramite l'art. 36, comma 1, Cost., alla tutela apprestata contro il licenziamento illegittimo - l'impugnazione anzidetta è tempestiva, e detta decadenza è quindi impedita, qualora la lettera raccomandata con la quale essa viene effettuata sia, entro il termine di sessanta giorni previsto dal citato art. 6, consegnata all'ufficio postale ed ancorché essa venga recapitata dopo la scadenza di quel termine.

(Cass., sez. lav., n. 22287/2008)

Casistica

CASISTICA

Impugnazione licenziamento disciplinare

In caso di impugnazione di un licenziamento disciplinare, il giudice investito della relativa domanda di invalidazione deve valutare la gravità della condotta del lavoratore sia in astratto (rispetto alle previsioni pattizie e alla nozione legale di giusta causa o giustificato motivo) sia in concreto (in relazione alle singole circostanze oggettive e soggettive che l'hanno caratterizzata), sicché il difetto di uno dei due profili esclude la sufficienza dell'altro (nella specie, è stato ritenuto irrilevante che tra il lavoratore autore dell'illecito e il collega vittima vi fosse stata riappacificazione). Cass. sez. lav., n. 17337/2016.

Decadenza dall'impugnazione del licenziamento

La decadenza dall'impugnativa del licenziamento, individuale o collettivo, preclude l'accertamento giudiziale dell'illegittimità del recesso e la tutela risarcitoria di diritto comune, venendo a mancare il necessario presupposto, sia sul piano contrattuale, in quanto l'inadempimento del datore di lavoro consista nel recesso illegittimo in base alla disciplina speciale, sia sul piano extracontrattuale, ove il comportamento illecito dello stesso datore consista, in sostanza, proprio e soltanto nell'illegittimità del licenziamento. Pertanto, escluso il caso dell'azione volta a far dichiarare l'inesistenza del licenziamento per difetto del requisito ad substantiam della forma scritta - che è atto inidoneo a risolvere il rapporto di lavoro, da considerarsi quindi ancora giuridicamente in atto - non si può considerare imprescrittibile l'azione diretta a far valere l'inefficacia del licenziamento in quanto azione di accertamento (Cass. sez. lav. n. 10343/2016).

Validità dell'impugnazione del licenziamento tramite fax

In tema di impugnativa di licenziamento individuale, il termine decadenziale previsto dall'art. 6, comma 2,  l. n. 604/1966, come modificato dall'art. 32, comma 1,  l. n. 183/2010, decorre anche qualora la comunicazione della richiesta stragiudiziale di tentativo di conciliazione o arbitrato sia inoltrata via fax, perché, non prescrivendo la norma specifiche modalità di comunicazione a pena di validità ed efficacia, la ricezione a mezzo fax è del tutto equipollente alle modalità di "consegna", previste dall'art. 410, comma 5, c.p.c. (Cass., sez. lav., n. 17253/2016).

Riferimenti

Normativi

Per i recenti orientamenti sul tema, v.  D.lgs. n. 149/2022 

Legge. 28 giugno 2012, n. 92

Legge 4 novembre 2010, n. 183

Legge 11 agosto 1973, n. 533

Art. 414 c.p.c. ss.

Giurisprudenza

Per i recenti orientamenti sul tema, v. :

Cass., sez. lav., 13 novembre 2023, n. 31469 con commento A. LANZARA, Socio di cooperativa: quale tutela risarcitoria in caso di impugnazione della delibera unica di esclusione dalla società e di licenziamento?

Cass., sez. lav., 14 settembre 2023, n. 26532 con commento  A. TONELLI, G. PASSAQUINDICI,  Licenziamento del dirigente: nessun termine speciale di impugnazione nelle ipotesi di ingiustificatezza del recesso

Cass., sez. lav., 1° giugno 2023, n. 15512

Cass., sez. lav., 21 giugno 2023, n. 17731

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