Francesco Alvaro
18 Gennaio 2024

Le fonti di regolamentazione del lavoro giornalistico sono rappresentate dalla L. 3 febbraio 1963, n. 69 e dal Contratto Collettivo di Lavoro. La prestazione di lavoro giornalistico è di stampo prettamente intellettuale e può essere resa nelle forme del lavoro autonomo o subordinato. Il legittimo svolgimento dell'attività giornalistica presuppone l'iscrizione al relativo albo professionale, il quale è suddiviso nel registro dei praticanti e negli elenchi dei professionisti e dei pubblicisti.

Inquadramento

Le fonti di regolamentazione del lavoro giornalistico sono rappresentate dalla L. 3 febbraio 1963, n. 69 (da ora, L.P.) e dal Contratto Collettivo di Lavoro (da ora, CCNLG).

La prestazione di lavoro giornalistico è di stampo prettamente intellettuale e può essere resa, come del resto qualsiasi attività, nelle forme del lavoro autonomo o subordinato (Cass. civ., sez. lav., 19-08-2013, n. 19199).

Il legittimo svolgimento dell'attività giornalistica presuppone l'iscrizione al relativo albo professionale, il quale è suddiviso nel registro dei praticanti e negli elenchi dei professionisti e dei pubblicisti (v. artt. 29, 33 e 34 L.P.).

Ai sensi dell'art. 1, commi 2 e 3, L.P., “Sono professionisti coloro che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista. Sono pubblicisti coloro che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi”.

A seconda dello status professionale posseduto, il CCNLG individua le qualifiche che possono essere ricoperte dal giornalista: il Redattore, ex artt. 1 e 5, deve essere in possesso dell'iscrizione nell'elenco dei giornalisti professionisti; il Collaboratore Fisso, ex art. 2, ed il Corrispondente, ex art. 12, possono essere anche in possesso del titolo di Pubblicisti.

Il CCNLG, ancora, regolamenta le modalità di svolgimento della prestazione del giornalista Praticante (art. 35), nonché il possibile utilizzo, nell'ambito dell'impresa editoriale, del Giornalista Pubblicista (art. 36).

Sempre il CCNLG, all'art. 11, contempla una serie di qualifiche giornalistiche, di pertinenza del giornalista Professionista, che rappresentano la progressione di carriera del giornalista Redattore, qualifica, questa, suddivisa a seconda che l'anzianità di servizio sia inferiore o superiore a mesi 30 di anzianità [art. 11, lett. a) e b)].

Dette qualifiche sono quelle del: vice capo servizio o redattore esperto [art. 11, lett. c)]; capo servizio o redattore senior [art. 11, lett. d)]; vice capo redattore [art. 11, lett. e)]; capo redattore [art. 11, lett. f)].

Il CCNLG contempla, infine, le figure giornalistiche apicali, qualificate di livello dirigenziale (artt. 6 e 27), individuate in quelle del Direttore, Condirettore e Vice Direttore, le quali possono essere ricoperte dai giornalisti sia Professionisti sia Pubblicisti (Corte Costituzionale con la sentenza 10 luglio 1968, n. 98).

L'attività giornalistica come presupposto

L'attività giornalistica consiste nella diffusione, attraverso gli organi di informazione, di notizie e di fatti, acquisiti, elaborati e commentati (v. artt. 2 e 34 L.P., art. 5 CCNLG, l'Allegato N del contratto medesimo).

Il giornalista non si limita a comunicare la notizia, la quale, in sé, rappresenta una semplice annotazione dei fatti, ma procede al confezionamento dell'articolo.

Cassazione:

Secondo la Cass., sez. lav., 21 febbraio 1992, n. 2166, l'attività giornalistica è individuata nell'informazione critica su avvenimenti di attualità, diretta alla generalità di cittadini, per il tramite della raccolta, della selezione, dell'elaborazione, della presentazione e del commento della notizia, posta in essere con il dovere insopprimibile di informare e criticare liberamente, lealmente e secondo buona fede, rispettando la verità sostanziale dei fatti e delle norme che tutelano l'altrui personalità.

La natura giornalistica della prestazione può essere integrata attraverso una pluralità di attività, le quali si estrinsecano nella divulgazione dell'informazione con forme diverse ed alternative rispetto a quelle dell'elaborazione di articoli o servizi o della descrizione degli eventi mediante la parola.

In questo senso, può costituire attività giornalistica anche la documentazione fotografica, la ripresa cinematografica, la trasmissione televisiva, la ricostruzione iconografica dei disegni.

La natura giornalistica della prestazione può essere anche riconosciuta al Telecinefotooperatore (da ora TCFO), la cui attività, ai sensi dell'art. 1, d.P.R. n. 649/1976, viene svolta “attraverso immagini che completano o sostituiscono l'informazione scritta, nell'esercizio di autonomia decisionale operativa e avuto riguardo alla natura giornalistica della prestazione”, nonché al giornalista grafico che svolge attività grafica e di video-impaginazione, il quale è addetto alla ideazione, progettazione, elaborazione, realizzazione ed eventuale modifica delle pagine.

L'attività del TCFO può essere considerata di natura giornalistica qualora risulti idonea ad assurgere a strumento di informazione su avvenimenti di attualità per il tramite della raccolta, selezione, elaborazione e presentazione della notizia; abbia una propria «essenza creativa», concorrendo alla descrizione e alla valutazione di una notizia.

In tal guisa, l'interpretazione giurisprudenziale che ha riconosciuto al TFCO lo svolgimento di attività giornalistica allorquando: l'immagine sia in grado di sostituire o, anche di completare, l'informazione, scritta e parlata; l'operatore agisca nell'esercizio di una propria autonomia decisionale ed operativa; il TCFO svolga, “nell'ambito del mezzo di informazione, un'attività determinante del processo di elaborazione intellettuale e di commento della notizia” (Cass., sez. lav., 19 gennaio 1993, n. 626).

Cassazione:

Secondo la Cass. civ., sez. lav., 11-09-2009, n. 19681, “Il tele-foto-cine operatore assume la qualifica di giornalista ove lo stesso non si limiti a riprendere immagini destinate ad un giornale, scritto o parlato, ma, dovendo realizzare la trasmissione di un messaggio, effettui con continuità, in condizioni di autonomia tecnica, per il datore di lavoro, riprese di immagini di valenza informativa, tali da sostituire o completare il pezzo scritto o parlato, e, successivamente, partecipi alla selezione, al montaggio e, in genere, all'elaborazione del materiale filmato o fotografato in posizione di autonomia decisionale, come desumibile dell'idoneità del servizio televisivo a svolgere, di per sé, la necessaria funzione informativa”.

L'addetto stampa non svolge un'attività propriamente e prettamente giornalistica, occupandosi dell'attività di selezione e filtro delle informazioni, ha il fine di illustrare l'attività svolta da enti o aziende allo scopo di presentarne l'immagine e la struttura in modo migliore.

Detta attività è considerata di natura giornalistica qualora sussista il collegamento funzionale tra l'ufficio stampa e l'azienda editoriale (Cass. sez. lav., 11 settembre 2003, n. 13375).

Discorso diverso riguarda gli addetti agli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni e degli enti locali, regolamentati dalla legge 7 giugno 2000, n. 150 e dal successivo d.P.R. 21 settembre 2001, n. 422, ai sensi dei quali, presso i predetti uffici è prescritta l'adibizione di personale in possesso dell'iscrizione nell'albo dei giornalisti.

La subordinazione

Lo svolgimento della prestazione di lavoro giornalistico dipendente determina, nel concreto svolgersi del rapporto, una attenuazione dell'esercizio del potere di eterodirezione e di controllo in capo al datore di lavoro.

Ciò discende dalla natura squisitamente intellettuale della prestazione giornalistica, che si estrinseca nella marcata autonomia che ne caratterizza il relativo svolgimento.

La definizione della subordinazione nel contesto del rapporto di lavoro giornalistico è oggetto di due diverse prospettazioni da parte della giurisprudenza:

  • il primo orientamento (Cass. civ., sez. lav., 26-08-2013, n. 19568) ritiene che il rapporto di lavoro giornalistico può essere qualificato subordinato in presenza dell'assoggettamento del dipendente al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che deve estrinsecarsi in ordini specifici oltre che in una vigilanza e in un controllo assiduo delle prestazioni lavorative, da valutarsi con riferimento alla peculiarità dell'incarico conferito al lavoratore e alle modalità della sua attuazione;
  • il secondo orientamento (Cass., sez. lav., 07-09-2006, n. 19231), invece, ritiene che la sussistenza del vincolo di subordinazione debba risultare da un insieme di circostanze, tra le quali assumono rilevanza gli elementi c.d. sussidiari, che, in concreto, hanno caratterizzato lo svolgimento del rapporto di lavoro e che assurgono ad elementi probatori della sussistenza della subordinazione (Cass., sez. lav., 24 febbraio 2006, n. 4171).

In tal modo, la giurisprudenza ha finito per attribuire valore dirimente agli indici essenziali esterni ed all'elemento della collaborazione (Cass., 5 dicembre 1988, n. 6598).

Gli elementi che assumono precipuo rilievo qualificatorio della fattispecie sono, infatti:

- la continuità della prestazione e, quindi, la persistenza nel tempo dell'obbligo giuridico di effettuare le prestazioni e di mantenere a disposizione del datore di lavoro la propria energia lavorativa;

- l'inserimento continuativo della prestazione nell'organizzazione dell'impresa.

Cassazione:

Secondo la Cass. 13 aprile 2012, n. 5886, l'esistenza del vincolo della subordinazione nel rapporto di lavoro giornalistico presuppone l'assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro.

La continuità della prestazione deve essere intesa nel senso di affidamento sulla permanente disponibilità del lavoratore, anche come “risultato di un patto” in forza del quale il datore non è esposto al rischio di dovere contrattare volta per volta la prestazione.

Il concetto dell'inserimento, invece, presuppone la sussistenza della subordinazione qualora l'attività giornalistica sia caratterizzata dalla particolare ampiezza delle prestazioni e dall'intensità della collaborazione e, quindi, comporta che il lavoratore costituisca il punto di riferimento fisso sia per l'acquisizione di notizie sia per la preparazione di articoli e servizi (Cass., sez. lav., 28 luglio 1995, n. 8260, in GC, 1996, I, 2356).

Nel rapporto di lavoro giornalistico la subordinazione si atteggia in termini diversi a seconda della qualifica di appartenenza del giornalista: redattore (artt. 1, 5, 7, 11 CCNLG), collaboratore fisso (art. 2 CCNLG), corrispondente (art. 12 CCNLG).

I criteri distintivi tra autonomia e subordinazione

In tali ipotesi, ad avviso della giurisprudenza, è possibile operare una distinzione tra due casi, riconducibili: al lavoro autonomo, in cui è configurabile una fornitura scaglionata nel tempo, ma predeterminata, di più opere e servizi secondo un unico contratto; al lavoro subordinato, in cui il datore di lavoro ripone affidamento sulla permanente disponibilità del lavoratore allo svolgimento della prestazione, in base alle esigenze variabili, ed alle direttive, di volta in volta, impartite dalla Redazione (Cass., sez. lav., 28 luglio 1995, n. 8260).

Nella individuazione di una o dell'altra tipologia di rapporto di lavoro, gli elementi che maggiormente rilevano sono: l'esistenza del potere di eterodirezione; l'esistenza di un rischio in capo al prestatore di lavoro autonomo; le modalità di attribuzione dei singoli articoli o incarichi; l'esistenza, o meno, di altri rapporti di collaborazione in favore di altre testate o di altri editori.

Il numero degli articoli pubblicati costituisce un elemento meramente presuntivo in ordine alla qualificazione del rapporto di lavoro (T. Milano 16-10-2000, in OGL, 2000, I, p. 930; in RCDL, 2001, p. 132).

La valutazione e la verifica circa la natura della prestazione resa deve essere effettuata in concreto, non assumendo valore dirimente ed assorbente la qualificazione operata dalle parti con la formalizzazione del contratto (c.d. nomen iuris) (Cass. civ., sez. lav., 21ottobre 2014, n. 22289).

La prestazione giornalistica di fatto

La fattispecie viene ad integrarsi allorquando un giornalista iscritto nell'elenco dei pubblicisti, oppure un soggetto sprovvisto dell'iscrizione all'albo professionale, anche nell'adempimento di una collaborazione autonoma o di un rapporto di lavoro subordinato (limitatamente al caso del giornalista pubblicista), si trovino a svolgere le mansioni proprie del giornalista professionista e, quindi, le mansioni propriamente redazionali (la fattispecie, pertanto, non riguarda l'ipotesi in cui la prestazione sia riconducibile a quella del “Corrispondente” o del “Collaboratore Fisso”, le quali possono essere prestate anche dal soggetto iscritto all'albo dei giornalisti pubblicisti).

In simili ipotesi, definite anche “professionismo di fatto”, la giurisprudenza di legittimità ha elaborato i seguenti principi:

a) la prestazione di lavoro è affetta da nullità;

b) la nullità del contratto viene ad integrarsi non per illiceità della causa o dell'oggetto, ma per violazione di norme imperative, risultando carente il requisito soggettivo presupposto per lo svolgimento della prestazione giornalistica;

c) lo svolgimento dell'attività lavorativa affetta da nullità determina l'applicazione dell'art. 2126 c.c. per il tempo in cui il rapporto di lavoro ha avuto esecuzione (Cass. sez. lav. 11 febbraio 2011, n. 3385);

d) l'iscrizione nell'elenco dei pubblicisti non è idonea alla costituzione di un regolare rapporto di lavoro giornalistico;

e) il lavoratore illegittimamente impiegato, cui sia riconosciuto lo svolgimento delle mansioni redazionali, non ha titolo per rivendicare il diritto alla ricostituzione del rapporto di lavoro affetto da nullità (Cass., sez. lav., 25-06-2009, n. 14944; Cass., sez. lav., 12-11-2007, n. 23472);

f) nessuna rilevanza può essere attribuita, in ogni caso, né all'iscrizione retroattiva nel registro dei praticanti pronunciata dall'ordine dei giornalisti (Cass. civ., sez. lav., 25 giugno 2009, n. 14944) nè alla sopravvenuta iscrizione nell'elenco del giornalisti professionisti che sia successiva alla risoluzione del pregresso rapporto (Cass. civ., sez. lav., 6 febbraio 2006, n. 2476).

L'esistenza di una prestazione affetta da nullità e la tutela fondata sull'applicazione dell'art. 2126 c.c., ha ingenerato incertezze in merito alla determinazione della retribuzione spettante al “professionista di fatto” (si veda infra Orientamenti a confronto).

L'impostazione suddetta, relativa sia alla qualificazione dell'attività giornalistica resa sia inerente alla quantificazione della retribuzione spettante per lo svolgimento della predetta attività, non trova applicazione nel caso cui, seppure in assenza di un formale rapporto di lavoro dipendente, un giornalista iscritto nell'elenco dei pubblicisti svolga un prestazione di lavoro integrante le mansioni proprie delle qualifiche del “Collaboratore fisso”, ex art. 2 CCNLG o del “Corrispondente”, ex art. 12 CCNLG, il cui svolgimento non presuppone l'iscrizione nell'elenco dei giornalisti professionisti (v. art. 36 CCNLG).

In simili evenienze, infatti, non solo la prestazione non è affetta da nullità, ma il giornalista, legittimamente, può rivendicare la costituzione di un rapporto di lavoro dipendente nella qualifica corrispondente alla mansioni svolte.

I giornalisti praticanti

Il praticante è un aspirante all'esercizio del giornalismo di professione.

Il praticantato, per chiunque voglia sostenere l'esame di idoneità professionale ed accedere all'elenco dei giornalisti professionisti, rappresenta la fase iniziale del rapporto di lavoro giornalistico, costituisce il suo presupposto indefettibile.

Ai sensi dell'art. 34, L.P., la pratica professionale può svolgersi presso: un quotidiano; un servizio giornalistico della radio o della televisione; un'agenzia quotidiana di stampa a diffusione nazionale, con almeno 4 giornalisti professionisti redattori ordinari; un periodico a diffusione nazionale, con almeno 6 giornalisti professionisti redattori ordinari.

Il periodo di praticantato può essere prestato anche presso un ufficio stampa che, di per sé, non rappresenta una struttura giornalistica.

In questa ipotesi, il praticantato potrà essere oggetto di idoneo riconoscimento alla sussistenza delle seguenti condizioni:

- esistenza di una pubblicazione, regolarmente registrata, la cui direzione sia affidata ad un giornalista, professionista o pubblicista, regolarmente iscritto all'albo;

- esistenza di una struttura redazionale all'interno della quale vengano svolte quella attività che, qualitativamente e quantitativamente, possono considerarsi giornalistiche.

L'iscrizione nel registro dei praticanti avviene su domanda dell'interessato, di età superiore ai 18 anni (art. 33 L.P.), il quale deve allegare la dichiarazione di effettivo inizio della pratica stessa rilasciata dal Direttore dell'organo di stampa che ne attesti l'effettivo inizio (art. 36 Reg. Att. L.P.).

Il praticante non può permanere iscritto nel relativo registro per un periodo superiore a tre anni (art. 34, L.P.), ai fini del cui computo restano esclusi i periodi di interruzione dell'attività dipendenti da cause di forza maggiore (art. 41, comma 1, Reg. Att. L.P.).

Durante il triennio, l'esercizio della pratica professionale deve essere continuato ed effettivo (v. ancora, art. 41, comma 1 Reg. Att. L.P.).

Alla scadenza del predetto periodo, qualora l'interessato non abbia richiesto l'iscrizione nell'elenco dei professionisti, il Consiglio dell'Ordine competente per territorio delibera la cancellazione del praticante dal relativo registro, previa l'audizione dell'interessato (art. 41, comma 2, Reg. Att. L.P.).

Il periodo minimo di praticantato, ritenuto utile per la richiesta di iscrizione nell'elenco dei giornalisti professionisti, è pari a 18 mesi.

Detto periodo, per poter essere ritenuto utile ai fini dell'iscrizione nell'elenco dei professionisti, deve essere effettuato continuativamente ed attraverso un'effettiva attività nei quadri organici dei servizi redazionali.

Il praticante, ai fini della più compiuta formazione professionale, deve essere impiegato, a rotazione, in più servizi redazionali, ed affidato alla guida di un capo servizio o di persona dallo stesso delegata. In ogni caso, non può essere chiamato a svolgere mansioni direttive.

Il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, in data 17 aprile 2002, in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 20-bis, Reg. Att. L.P., ha approvato il Quadro di indirizzi per il riconoscimento delle strutture di formazione al giornalismo, il quale contiene l'analitica descrizione degli elementi ritenuti presupposto legittimante della pratica professionale.

Il collaboratore fisso

La figura del collaboratore fisso è prevista e disciplinata dall'art. 2 CCNLG.

La subordinazione che caratterizza detta qualifica è particolarmente attenuata, assumendo, ai fini qualificatori, valore dirimente: l'inserimento nell'organizzazione aziendale e la continuità della prestazione (Cass., 28-04-1988, n. 3229).

Giusto il disposto dell' art. 36 CCNLG, possono essere collaboratori fissi anche i giornalisti pubblicisti.

La prestazione resa dal collaboratore fisso è istituzionalmente estranea alla redazione, ragion per cui, questi non è tenuto al rispetto di un orario di lavoro predeterminato, imposto, ai sensi dell'art. 7 CCNLG, ai giornalisti redattori, e neppure è obbligato a garantire la propria presenza in redazione.

L'attività propria del collaboratore fisso, ancora, non comprende lo svolgimento dell'attività redazionale, riservata ai redattori.

Ai sensi dell'art. 2 CCNLG, il collaboratore fisso è il giornalista che:

a) non opera quotidianamente, anche se è tenuto a fornire una prestazione non occasionale;

b) svolge un'attività rivolta a soddisfare le esigenze formative o informative riguardanti uno specifico settore di sua competenza;

c) pone a disposizione la propria opera con il vincolo della continuità, in relazione agli obblighi degli orari, legati alla specifica prestazione e alle esigenze di produzione e di circostanza derivanti dal mandato conferito;

d) redige, normalmente e con carattere di continuità, articoli su specifici argomenti o rubriche (Cass. civ., sez. lav., 16 maggio 2001, n. 6727).

Cassazione:

Secondo la Cass. civ., sez. lav., 9 marzo 2004, n. 4797, il collaboratore fisso, quindi, è sistematicamente inserito nel contesto redazionale, pur non svolgendo l'attività propriamente redazionale, in quanto la sua opera rappresenta lo strumento volto al soddisfacimento dell'esigenza informativa relativa al settore, agli argomenti, alle rubriche di sua competenza.

Il collaboratore fisso ha diritto ad una retribuzione mensile “proporzionata all'impegno di frequenza della collaborazione ed alla natura ed importanza delle materie trattate ed al numero mensile delle collaborazioni”, fermo rimanendo il diritto alla retribuzione stabilita contrattualmente.

Detta determinazione è operata in riferimento ad “almeno 4 o 8 collaborazioni al mese” e, per i collaboratori fissi addetti ai periodici, “per almeno 2 collaborazioni al mese”.

Il corrispondente

La figura del corrispondente tout court (così definita per differenziarla da quella del corrispondente redattore, prevista dall'art. 5 CCNLG) è disciplinata dall'art. 12 CCNLG, il quale, più che adoperarsi in un'opera definitoria della fattispecie, è diretto a determinare la retribuzione spettante al giornalista titolare della qualifica, retribuzione che è stabilita in base all'ambito territoriale di pertinenza del corrispondente.

I corrispondenti sono suddivisi in sei diverse fasce stipendiali:

a) i corrispondenti da Milano, Napoli e Palermo, ai quali può essere richiesto di fornire servizi, informazioni e notizie dalle rispettive regioni;

b) i corrispondenti dagli altri capoluoghi di regione, ai quali, come nell'ipotesi precedente, può essere richiesto di fornire servizi, informazioni e notizie dall'intera regione;

c) i corrispondenti dai capoluoghi di provincia, ai quali può essere richiesto di fornire servizi, informazioni e notizie dall'intera provincia;

d) i corrispondenti da tutti gli altri centri con almeno 30 mila abitanti;

e) i corrispondenti da più comuni con una popolazione complessiva di almeno 50 mila abitanti;

f) i corrispondenti da tutti gli altri centri non contemplati nei punti precedenti.

Per le prime cinque categorie è garantita la retribuzione minima stabilita dal contratto, alla quale può essere aggiunto un compenso parametrato alle notizie pubblicate.

Per i corrispondenti di cui alla lett. f), invece, il compenso è liquidato a notizia.

Ai sensi dell'art. 12 CCNLG, il corrispondente, che, al pari del collaboratore fisso, può essere anche un giornalista pubblicista, può operare nei giornali quotidiani o periodici e nelle agenzie di informazioni quotidiane per la stampa, svolgendo una prestazione che non necessita di una comunicazione, “telefonica o postale”, giornaliera con la redazione .

La qualifica di corrispondente tout court, quindi, spetta al giornalista che, dalla zona assegnatagli, metta a disposizione la propria attività, finalizzata alla ricerca e alla raccolta di notizie, attenendosi alle direttive impartitegli per la scelta delle stesse e per le modalità attuative della prestazione.

La figura in esame, per le modalità di svolgimento della prestazione, presenta, indubbiamente, notevoli aspetti di consonanza con la qualifica del collaboratore fisso, non foss'altro perché entrambe le figure operano all'esterno del contesto redazionale senza l'obbligo di fornire la prestazione giornaliera.

La differenza tra le due qualifiche è che: il corrispondente è uno specialista per territorio, sprovvisto di uno specifico campo di attività, che fornisce, in relazione agli avvenimenti della zona assegnatagli, notizie e servizi riguardanti le materie di natura molto diversa, mentre il collaboratore fisso è uno specialista per materia (Cass., 28 aprile 1984, n. 2656).

Detta consonanza porta a ritenere che anche nei confronti del corrispondente trovino applicazione i principi relativi alla modificazione della consistenza della prestazione e del relativo trattamento economico in conseguenza delle mutate esigenze redazionali.

Orientamenti a confronto

Per la subordinazione nel lavoro giornalistico

  • Il 1° orientamento, Cass. civ., sez. lav., 26 agosto 2013, n. 19568, ritiene che il rapporto di lavoro giornalistico può essere qualificato subordinato in presenza dell'assoggettamento del dipendente al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che deve estrinsecarsi in ordini specifici oltre che in una vigilanza e in un controllo assiduo delle prestazioni lavorative, da valutarsi con riferimento alla peculiarità dell'incarico conferito al lavoratore e alle modalità della sua attuazione.
  • Il 2° orientamento, Cass., sez. lav., 7 settembre 2006, n. 19231, invece, ritiene che la sussistenza del vincolo di subordinazione debba risultare da un insieme di circostanze, tra le quali assumono rilevanza gli elementi c.d. sussidiari, che, in concreto, hanno caratterizzato lo svolgimento del rapporto di lavoro e che assurgono ad elementi probatori della sussistenza della subordinazione (Cass., sez. lav., 24 febbraio 2006, n. 4171).

Per la prestazione giornalistica di fatto e relativa retribuzione

  • 1° orientamento: la determinazione deve essere operata secondo la previsione contrattuale e che, quindi, al professionista di fatto spetti la piena retribuzione riconosciuta al giornalista redattore (Cass. civ., sez. lav., 7 settembre 2006, n. 19231), con eventuale esclusione dei trattamenti accessori esclusi dal concetto di giusta retribuzione (Cass., sez. lav., 18 marzo 2004, n. 5519).
  • 2° orientamento: la giusta retribuzione deve essere individuata in applicazione degli artt. 2099 c.c. e 36 Cost., da cui discende la discrezionalità in capo al Giudice in merito alla relativa quantificazione, la quale può essere condizionata anche valutando l'espletamento di ulteriori attività lavorative rese in favore di terzi (Cass. civ., sez. lav., 10 marzo 2004, n. 4941; Cass., sez. lav., 18 aprile 1990, n. 3191).
  • 3° orientamento: la retribuzione, stante la carenza di iscrizione al relativo all'elenco dei professionisti, può essere parametrata a quella del giornalista praticante (Cass., sez. lav., 12 novembre 2007, n. 23472).

Riferimenti

Normativa:

Per i recenti orientamenti sul tema, v.  L. 21 aprile 2023, n. 49

CCNL 26 marzo 2009

L. 3 febbraio 1963, n. 69

Giurisprudenza:

Per i recenti orientamenti sul tema, vCass., ord. 18 gennaio 2024, n.1998

Cass. pen., 8 novembre 2022, n. 8956

Cass. sez. lav., 21 ottobre 2014, n. 22289

Cass. sez. lav., 26 agosto 2013, n. 19568

Cass. sez. lav., 19 agosto 2013, n. 19199

Cass. sez. lav., 13 aprile 2012, n. 5886

Cass. sez. lav. 15 maggio 2015, n. 10046