MalattiaFonte: Cod. Civ. Articolo 2110
16 Febbraio 2015
Inquadramento
Per malattia del lavoratore deve intendersi ogni stato di alterazione della salute fisica e psichica che determini una incapacità parziale o totale al proficuo svolgimento della propria prestazione lavorativa e che, quindi, richieda l'utilizzo di cure sanitarie. Un lavoratore può dirsi in malattia solo allorquando non sia in grado di svolgere le mansioni cui è addetto senza una significativa sofferenza fisica, in buona sostanza quindi lo stesso è essenzialmente legato alla concreta attività svolta dal lavoratore.
In base all'art. 2110 c.c., in caso di malattia , il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un certo periodo di tempo, denominato periodo di comporto, e di assentarsi dallo stesso e può godere di un trattamento economico adeguato, stabilito dalla legge e dai contratti collettivi.Durante tale periodo non si interrompe l'anzianità di servizio e il lavoratore ha diritto alla retribuzione o a un'indennità nella misura e nel tempo individuati dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità.
Come accennato, il periodo di sospensione del rapporto di lavoro, e di contestuale conservazione del medesimo, è stabilito dalla contrattazione collettiva e la sua durata varia in funzione dell'anzianità di servizio. Può essere unico o frazionato, nel caso di più periodi di malattia in un determinato arco temporale, intervallati dalla ripresa dell'attività lavorativa. Decorso tale periodo e perdurando lo stato di malattia, o qualora la sommatoria dei singoli episodi morbosi superi il periodo massimo stabilito, il datore di lavoro può procedere al licenziamento riconoscendo al lavoratore l'indennità sostitutiva del preavviso.
Trattamento economico
La disciplina del trattamento economico spettante al lavoratore trova il suo fondamento direttamente nel diritto al sostentamento e all'assistenza previsto dall' art. 38 Cost.
Le retribuzioni sono a carico del datore di lavoro per quanto riguarda lavoratori ammalati aventi la qualifica di impiegato e quadro (con esclusione di quelli operanti nel commercio) che hanno diritto:
Per tutte le altre categorie il trattamento economico è a carico dell'Istituto Previdenziale INPS, con la possibile previsione di integrazione da parte del datore di lavoro.
In particolare, in questo ultimo caso, l'INPS è tenuto a garantire un'indennità giornaliera di malattia dal quarto giorno di malattia fino a un massimo di 180 giornate nell'anno solare. I primi tre giorni di malattia (c.d. periodo di carenza) sono a carico del datore di lavoro sulla base di quanto stabilito dal contratto collettivo, mentre il restante periodo è a carico dell'INPS. In via generale, lo stato di malattia non permetterebbe al lavoratore lo svolgimento di alcuna attività lavorativa durante lo stesso. Tuttavia, ai fini dell'individuazione delle attività lecite o illecite del lavoratore in malattia, la giurisprudenza ha affermato la non sussistenza, a carico del dipendente assente per malattia, di un divieto assoluto di svolgere un'altra attività, tranne nel caso in cui questa evidenzi una simulazione di infermità o comporti, anche attraverso la compromissione della guarigione, l'inosservanza dei suoi doveri, ed in particolare, del dovere di fedeltà. In buona sostanza, l'attività svolta in corso di assenza per malattia può giustificare il licenziamento quando la stessa è tale da rendere evidente l'inesistenza della malattia stessa o comunque tale da pregiudicare o ritardare la guarigione.
Riassumendo:
Quanto sopra, risulta peraltro in linea con i principi di correttezza e buona fede che regolano tra le parti lo svolgimento del rapporto di lavoro, che consistono nel dovere di ciascuna di salvaguardare l'interesse della controparte alla prestazione dovuta ed all'utilità che la stessa assicura, nei limiti in cui ciò non importi un apprezzabile sacrificio della propria posizione giuridica.
In relazione a quanto sopra, è da considerarsi pienamente legittimo l'adozione e l'incarico dato ad agenzie investigative affinché controllino se il lavoratore in stato di malattia stia svolgendo al contempo altre attività atteso che gli stessi sono diretti ad accertare un illecito disciplinare del dipendente.
Certificazione medica e controllo ispettivo delle assenze
Dopo aver informato il datore di lavoro circa la propria assenza, il lavoratore deve ottenere dal proprio medico curante apposita certificazione di malattia che deve essere trasmessa in via telematica direttamente all'Istituto previdenziale, il quale provvederà a sua volta a comunicarla al datore di lavoro.
A seguito della trasmissione telematica, il lavoratore è esonerato dall'obbligo di invio dell'attestato al proprio datore di lavoro che potrà usufruire dei servizi messi a disposizione dall'INPS per la visualizzazione o la ricezione dell'attestato stesso. Qualora la trasmissione telematica non sia possibile, il lavoratore deve, entro due giorni dalla data del rilascio, presentare o inviare il certificato di malattia all'INPS e l'attestato al proprio datore di lavoro. Le attestazioni di ricovero e della giornata di pronto soccorso carenti di diagnosi non sono ritenute certificative. Per essere considerate certificative dovranno contenere le generalità dell'interessato, la data del rilascio, la firma leggibile del medico e l'indicazione della diagnosi comportante incapacità lavorativa.
Ai fini dell'erogazione dell'indennità di malattia, il lavoratore ha l'onere di rendersi reperibile al proprio domicilio per essere sottoposto, nelle fasce di reperibilità previste dalla legge, ai controlli aventi come scopo quello di verificarne l'effettiva temporanea incapacità lavorativa, avviati per iniziativa diretta dell'INPS o su richiesta all'Istituto da parte del datore di lavoro.
Invero, l' art. 5 della L. 300/70 , c.d.Statuto dei Lavoratori , prevede la possibilità per il datore di lavoro di controllare le assenze per infermità del lavoratore dipendente soltanto attraverso i servizi ispettivi degli Istituti Previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierli quando siano richiesti.
In buona sostanza, si tratta di un accertamento atto a verificare non la presenza del dipendente presso il proprio domicilio, ma l'esistenza o meno della patologia per la quale è stata emessa la certificazione.
In ragione di quanto sopra, nei casi in cui si verifichi l'effettiva necessità per il lavoratore di dover cambiare il proprio indirizzo di reperibilità, durante il periodo rientrante nella prognosi del certificato, egli dovrà darne avviso tempestivamente, con congruo anticipo, oltre che al datore di lavoro, anche all'Istituto Previdenziale cui è demandato il controllo, secondo le modalità dallo stesso previste.
Per quanto riguarda il personale dipendente da privato, le fasce di reperibilità alla visita medica di controllo domiciliare sono, per tutti i giorni compresi nella certificazione di malattia, dunque anche durante festivi e weekend:
L'assenza immotivata o l'impossibilità all'accesso o alla visita medica di controllo, se non giustificata, comporterà l'applicazione di sanzioni e quindi la non indennizzabilità delle giornate di malattia nel seguente modo:
Il medico di controllo domiciliare riscontra l'assenza mediante il rilascio (in busta chiusa) di invito a visita medica di controllo ambulatoriale.
Vi sono comunque 15 giorni di tempo per fornire una giustificazione in merito all'assenza.
A tal proposito, la legge consente al lavoratore di assentarsi dal proprio domicilio anche durante le fasce orarie di reperibilità in ipotesi di “giustificato motivo”, il quale non può essere inteso come qualunque motivo di convenienza o di opportunità, ma deve consistere in una improvvisa e indefettibile necessità che richieda la presenza del lavoratore in un luogo diverso dal proprio domicilio.
Sono state peraltro recentemente precisate dal Ministero del Lavoro con Decreto dell'11 gennaio 2016, per i lavoratori del settore privato, specifiche ipotesi di esenzione dal rispetto delle fasce di reperibilità in caso di malattia.
Ciò in ragione delle novità introdotte dal Jobs Act e nello specifico dall'art. 25 del D.L. n. 151/2015, rubricato “Esenzione reperibilità” del Titolo II Disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, Capo I, Disposizioni in materia di rapporto di lavoro.
In particolare, sono esclusi dal citato obbligo i dipendenti di datori di lavoro privati per i quali l'assenza è eziologicamente riconducibile o a patologie gravi che richiedono terapie salvavita (es. malati oncologici, sieropositivi, diabetici, ecc…), risultanti da idonea documentazione, o a stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità già riconosciuta che abbia determinato una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 67%.
Sotto altro profilo, granitica giurisprudenza ha riconosciuto che reiterate visite di controllo sul lavoratore assente per malattia, richieste dal datore di lavoro, possono configurare un comportamento vessatorio e persecutorio nei confronti dello stesso e dunque generare il diritto in capo al dipendente al risarcimento del danno subito a causa di tale comportamento.
Ciò significa che la predetta condotta del datore di lavoro, astrattamente di per sé lecita, a certe condizioni può essere ritenuta illecita – nel caso di specie perché esercitata con modalità vessatorie – e, per questo, il presupposto di un risarcimento di danno, ivi compreso quello biologico.
Periodo di comporto e licenziamento
Come anticipato, l' art. 2110 c.c. prescrive, per il lavoratore in malattia, il diritto alla conservazione del posto di lavoro per il periodo c.d. di comporto.
Allo stesso modo, nel predetto periodo, al lavoratore è assicurato il diritto alla retribuzione o ad una indennità alternativa, nonché la prosecuzione della maturazione dell'anzianità di servizio.
In buona sostanza, in caso di malattia, il rapporto di lavoro viene sospeso e il datore di lavoro non può procedere al licenziamento del dipendente in malattia se non alla scadenza del termine di comporto e, dunque, il lavoratore non può essere destinatario di un provvedimento espulsivo per il semplice fatto di essere ammalato.
Il licenziamento per superamento del periodo di comporto rientra nell'ambito del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e il lavoratore destinatario del suddetto recesso ha diritto al preavviso o, più concretamente, al pagamento dell'indennità sostitutiva dello stesso.
A tutela dei lavoratori – in caso di accertamento da parte del Giudice della violazione dell' art. 2110 c.c. e qualora la fattispecie rientri nell'ambito di applicazione dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori – la legge prevede l'applicazione in favore degli stessi della tutela reintegratoria c.d. “attenuata”, la quale comporta, oltra alla reintegra nel posto di lavoro, una tutela risarcitoria da computarsi entro il limite massimo delle 12 mensilità.
Al fine di rafforzare ulteriormente la tutela dei lavoratori in caso di malattia (ed in particolare in caso di malattie particolarmente serie e di lungo periodo), spesso la contrattazione collettiva prevede la possibilità per il dipendente malato di ricorrere all'istituto dell'aspettativa non retribuita. In buona sostanza, per un periodo massimo indicato dal contratto collettivo, il rapporto di lavoro può proseguire, sebbene in assenza di retribuzione, anche una volta superato il termine di comporto. Peraltro, il datore di lavoro non potrà non concedere la suddetta aspettativa, salvo il ricorrere di seri motivi impeditivi alla fruizione della stessa.
Ed ancora, la giurisprudenza ha riconosciuto l'illegittimità del licenziamento per superamento nel periodo di comporto, nei casi nei quali è dimostrato che la malattia del dipendente è imputabile a responsabilità del datore di lavoro. Invero, il licenziamento comminato per superamento del periodo di comporto è ingiustificato quando l'infermità trovi causa nella nocività delle mansioni assegnate al lavoratore o dell'ambiente di lavoro o in comportamenti di cui il datore di lavoro sia responsabile ai sensi dell' art. 2087 c.c. In questi casi, infatti, l'impossibilità della prestazione non è imputabile al lavoratore, ma al datore di lavoro stesso, parte destinataria della prestazione.
Come noto la L. n. 81/2017, il c.d. “Jobs Act del lavoro autonomo”, ha inteso promuovere una disciplina organica delle tutele economiche e sociali a favore dei lavoratori autonomi non imprenditori, con particolar riguardo alla tutela del diritto alla salute del lavoratore.
La legge in questione, infatti, prevede che, in caso di malattia o infortunio di gravità tale da impedire lo svolgimento della attività lavorativa per oltre sessanta giorni, venga sospeso il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi per l'intera durata della malattia o dell'infortunio, fino ad un massimo di due anni, decorsi i quali il lavoratore è tenuto a versare i contributi e i premi maturati durante il periodo di sospensione in un numero di rate mensili pari a tre volte i mesi di sospensione.
Inoltre, al fine di garantire un rafforzamento ed un'integrazione delle prestazioni previdenziali a favore dei lavoratori iscritti alla Gestione separata, l'odierno Provvedimento legislativo ha delegato al Governo l'adozione di uno più Decreti legislativi orientati a garantire la modifica dei requisiti dell'indennità di malattia di cui all'art. 1, comma 788, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, e all'art. 24, comma 26, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, ovvero le norme che disciplinano le modalità e l'ammontare dell'indennità giornaliera di malattia a carico dell'INPS e a favore dei professionisti, lavoratori a progetto e categorie assimilate, iscritti alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.
Obbiettivo del Governo dovrà essere incrementare la platea dei beneficiari anche comprendendovi soggetti che abbiano superato il limite del 70 per cento del massimale di cui all'articolo 2, comma 18, della L. 8 agosto 1995, n. 335, ed eventualmente prevedendo l'esclusione della corresponsione dell'indennità per i soli eventi di durata inferiore a tre giorni.
L'art. 8, comma 10 della Legge in questione stabilisce inoltre che per gli iscritti alla Gestione separata i periodi di malattia, certificata come conseguente a trattamenti terapeutici di malattie oncologiche, o di gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti o che comunque comportino una inabilità lavorativa temporanea del 100 per cento, sono equiparati alla degenza ospedaliera.
L'art. 14 inoltre introduce rilevanti novità in favore dei lavoratori autonomi in materia di gravidanza, malattia e infortunio stabilendo che i lavoratori autonomi che prestano la loro attività in via continuativa per il committente non perderanno il loro posto di lavoro in casi di gravidanza, malattia e infortunio, non comportando gli stessi l'estinzione del rapporto di lavoro.
La prestazione lavorativa, inoltre, su richiesta del lavoratore, rimane sospesa, senza diritto al corrispettivo, per un periodo non superiore a centocinquanta giorni per anno solare, fatto salvo il venir meno dell'interesse del committente.
Ulteriore novità introdotta è la possibilità per le lavoratrici autonome, previo consenso del committente, di farsi sostituire, totalmente o parzialmente, da altre “lavoratrici autonome di fiducia” delle lavoratrici stesse, purché in possesso dei necessari requisiti professionali, nonché dai soci, anche mediante forme di compresenza della lavoratrice e del suo sostituto. Orientamenti a confronto
Casistica
Riferimenti
Normativa
Giurisprudenza
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