Processo previdenziale

Antonino Sgroi
17 Febbraio 2015

Scheda in fase di aggiornamento

L'INPS e l'INAIL hanno modalità diverse per il recupero dei propri crediti da quando il legislatore, con l'art. 30 del D.L. n. 78/2010, conv.to con modif.ni dalla L. n. 122/2010, ha previsto limitatamente ai crediti vantati dall'INPS che questo ente previdenziale, a far data dall'1 gennaio 2011, possa avvalersi al ...

Inquadramento

L'INPS e l'INAIL hanno modalità diverse per il recupero dei propri crediti da quando il legislatore, con l'art. 30 del D.L. n. 78/2010, conv.to con modif.ni dalla L. n. 122/2010, ha previsto limitatamente ai crediti vantati dall'INPS che questo ente previdenziale, a far data dall'1 gennaio 2011, possa avvalersi al predetto fine di un titolo stragiudiziale dallo stesso formato, denominato avviso di addebito, scomparendo pertanto l'iscrizione a ruolo e utilizzandosi il concessionario della riscossione per la fase successiva alla notifica del titolo.
Con riguardo ai crediti vantati dall'INAIL invece continua a persistere il modello di recupero delineato con il D. Lgs. n. 46/1999, modello che prevede l'iscrizione a ruolo dei crediti vantati dall'ente previdenziale, la sua trasmigrazione al concessionario della riscossione territorialmente competente, l'emissione da parte di questi della cartella esattoriale e la sua successiva notifica al debitore.
I delineati modelli si ricongiungono in sede di contestazione giudiziale, perché per entrambi è previsto lo stesso termine perentorio di opposizione ed è prevista l'applicazione delle regole dettate dal codice di procedura civile per il processo previdenziale (si v. l'art. 10, comma 14, D.L. ult. cit. e gli artt. 24, comma 6 e 29, comma 2, D. Lgs. ult. cit.).

Premessa

Il D.Lgs. n. 46/1999 aveva previsto l'iscrizione a ruolo dei premi e dei contributi degli enti pubblici previdenziali, con affidamento della notifica della cartella esattoriale e successivamente dell'eventuale recupero coattivo al concessionario della riscossione.

La Corte costituzionale, con l'ordinanza del 29 marzo 2007, n. 111, ha rigettato la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento all'art. 24 del D. Lgs. cit., in considerazione da un verso della natura pubblicistica del creditore, e dall'altro verso, in considerazione della circostanza che il preteso debitore ha comunque la possibilità di promuovere entro un termine perentorio ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far efficacemente valere le proprie ragioni, potendo eventualmente ottenere nelle more la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo e/o dell'esecuzione, sia grazie alla ripartizione dell'onere probatorio in base alla posizione sostanziale assunta dalle parti nel giudizio di opposizione.

La giurisprudenza ha costantemente ritenuto che l'iscrizione a ruolo è solo uno dei meccanismi che la legge accorda agli enti previdenziali per il recupero dei loro crediti, ferma restando anche la possibilità che costoro agiscano nelle forme ordinarie (si v. da ultimo: Cass. 26 maggio 2014, n. 11717).

Successivamente il D.L. n. 78/2010, limitatamente ai crediti vantati dall'INPS e a decorrere dall'1 maggio 2011, ha consentito a questo ente l'emissione di un titolo stragiudiziale, denominato avviso di addebito, con valore di titolo esecutivo da comunicare al debitore.

La tutela giudiziale avverso entrambi i titoli è omogenea, infatti con riguardo al merito della pretesa è affidata al giudice del lavoro e il processo è regolato dalla disciplina dettata dal codice di rito all'art. 442 e ss. c.p.c. (art. 24, commi quinto e sesto, D.Lgs. cit.).

Tale tipo di processo benché instaurato mediante opposizione a cartella esattoriale da luogo, in ogni caso, ad un giudizio ordinario di cognizione su diritti e obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio e, specificamente, al rapporto contributivo, con la conseguenza che l'ente previdenziale convenuto può chiedere, oltre che il rigetto dell'opposizione, anche la condanna dell'opponente all'adempimento dell'obbligo contributivo, portato dalla cartella, sia pure nella minore misura residua ancora dovuta, senza che ne risulti mutata la domanda (Cass. 26 maggio 2014, n. 11717).

Con riguardo invece alle opposizioni riguardanti i vizi formali della cartella esattoriale, o questioni attinenti alla pignorabilità dei beni, o fatti estintivi del credito sopravvenuti alla formazione del titolo resta ferma la competenza del giudice del lavoro nel caso in cui l'esecuzione non sia ancora iniziata; mentre la competenza è del giudice dell'esecuzione se la stessa è iniziata.

In evidenza: Cassazione (Ricorso per) – Motivi riguardanti solo vizi formali della cartella opposta

La Cassazione, con la sentenza 19.1.2015 n. 774 (si tratta di Giurisprudenza univoca e costante), ha statuito la carenza d'interesse del ricorrente che, in sede di ricorso per cassazione, ha censurato la sentenza di merito limitatamente alle statuizioni afferenti alle questioni relative ai vizi formali della cartella opposta, senza proporre censure relative alle statuizioni sul merito della pretesa azionata dall'ente previdenziale. E questo perché in tema di riscossione di contributi e premi assicurativi, il giudice dell'opposizione alla cartella esattoriale che ritenga illegittima l'iscrizione a ruolo non può limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell'ente previdenziale, valendo gli stessi principi che governano l'opposizione a decreto ingiuntivo, con la conseguenza che gli eventuali vizi formali della cartella esattoriale opposta comportano solo l'impossibilità, per l'ente previdenziale, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fanno decadere dal diritto di chiedere l'accertamento in sede giudiziaria dell'esistenza e dell'ammontare del proprio credito.

Si ricordi però che è di competenza esclusiva del giudice amministrativo l'opposizione alla cartella esattoriale o all'avviso di addebito con i quali l'ente previdenziale proceda al recupero delle riduzioni dell'ordinario onere contributivo ritenuti essere aiuti di Stato dalla Commissione europea (si v. l'art. 49 L. n. 234/12 che ha introdotto la lettera m quinquies all'art. 119, comma primo, del codice del processo amministrativo, articolo che individua le controversie alle quali si applica il rito abbreviato).

Il ricorso in opposizione a cartella esattoriale

L'incardinazione del processo

Una volta notificata la cartella esattoriale, il debitore ha quaranta giorni di tempo dalla predetta per proporre ricorso in opposizione innanzi al giudice del lavoro, termine che è dimidiato se ci si lamenta solo di vizi formali della cartella.

Entrambi i termini, quaranta giorni per l'opposizione di merito e venti giorni per l'opposizione agli atti esecutivi, sono perentori (si v. da ultimo Cass. 9 giugno 2014, n. 12870), conseguendone l'irretrattabilità del titolo una volta decorsi i predetti termini. Perentorietà diretta a rendere incontrovertibile il credito contributivo dell'ente previdenziale e a consentire una rapida riscossione del credito iscritto a ruolo.

Il predetto termine si applica anche per le cartelle la cui giurisdizione è del giudice amministrativo, ovverosia quelle con le quali si procede al recupero degli aiuti di Stato.

Per i giudizi di opposizione a cartella per crediti relativi ad omissioni contributive, soggetti al rito di cui all'art. 442 c.p.c. e segg., non trova applicazione, L. n. 742 del 1969, ex art. 3, la sospensione feriale dei termini prevista da tale legge (Cass. ord. 26 giugno 2014, n. 14571).

Giudice del lavoro territorialmente competente è il giudice del luogo ove ha sede l'ufficio dell'ente preposto alla riscossione della contribuzione dovuta dal datore di lavoro in favore dei dipendenti.

Nell'ipotesi che lo stesso datore di lavoro abbia plurime posizioni assicurative presso più sedi degli enti previdenziali, non avendo lo stesso utilizzato l'istituto dell'accentramento del pagamento degli oneri previdenziali, la competenza sarà di ciascun giudice, per la contribuzione previdenziale dovuta in favore di ciascuna sede dell'ente previdenziale e pertanto, ancorché si tratti di crediti portati da un'unica cartella esattoriale, i dovranno presentare tanti ricorsi in opposizione quante sono le sedi degli enti previdenziali preposte alla riscossione del credito di loro competenza (Cass. 23 dicembre 2013, n. 28631).

Di converso la controversia inerente agli obblighi contributivi facenti capo a un lavoratore autonomo rientra nella competenza del tribunale, in funzione di giudice del lavoro, nella cui circoscrizione risiede l'attore (Cass. ord. 29 ottobre 2013, n. 24327).

Insegna la giurisprudenza che onere del giudice è quello di verificare (Cass. 23 agosto 2011, n. 17559), in via preliminare di rito e d'ufficio a prescindere dalla sollecitazione della parti, il rispetto del termine di opposizione, in quanto involge la verifica di un presupposto processuale quale la proponibilità della domanda (e, perciò, un'ipotesi di decadenza prevista ex lege, avente natura pubblicistica). A tal fine il giudice pertanto dispone l'acquisizione degli elementi utili anche aliunde, in applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c.

Il giudizio in opposizione a cartella esattoriale è ritualmente incardinato, allorché si tratti di omissioni contributive a carico del datore di lavoro, nei confronti degli enti previdenziali e, qualora si tratti di crediti ceduti, nei confronti della società cessionari degli stessi (per l'INPS si v. l'art. 13, comma ottavo, L. n. 448/98); di converso alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario è predicabile nel processo previdenziale fra datore di lavoro e lavoratore.

Esiste altresì litisconsorzio necessario con il concessionario della riscossione allorché con il ricorso in opposizione si predichino vizi della cartella esattoriale o vizi attinenti alla notifica di questa.

In evidenza: Litisconsorzio necessario datore di lavoro e lavoratore - Esclusione

La Cassazione ritiene che non sono litisconsorti necessari il lavoratore e il datore di lavoro, rispettivamente, nelle controversie fra il secondo e l'ente previdenziale, aventi a oggetto il versamento dei contributi, e in quelle, fra il primo e lo stesso ente, aventi a oggetto l'erogazione delle prestazioni assicurative, poiché, pur essendo il rapporto di lavoro e quello previdenziale connessi, rimangono, comunque, rapporti diversi e in siffatte controversie l'accertamento con forza di giudicato è chiesto solo con riferimento al rapporto previdenziale per le obbligazioni che ne derivano, di guisa che l'insorgere di una contestazione fra le parti circa la sussistenza del rapporto di lavoro non implica la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti dell'uno o dell'altro soggetto di quello stesso rapporto, rimasto estraneo alla causa in corso, potendo la relativa questione essere risolta in via meramente incidentale, al limitato fine dell'accertamento dei presupposti suddetti, senza che tale soggetto subisca pregiudizio da una decisione incidenter tantum, inidonea a costituire giudicato nei suoi confronti (Cass. 25 agosto 2014, n. 18205).

L'ente previdenziale, costituendosi nel giudizio in opposizione a cartella esattoriale, non è necessario che proponga domanda riconvenzionale, per la condanna alla minore somma; in considerazione del fatto che l'istituto assicuratore è attore in senso sostanziale (Cass. 15 giugno 2007, n. 13982).

Domanda riconvenzionale, di accertamento e condanna, che è invece necessaria allorquando l'ente previdenziale sia convenuto in giudizio dal datore di lavoro, con azione di accertamento tesa al disconoscimento di un credito dell'ente previdenziale radicato su un verbale ispettivo, o con azione di accertamento finalizzata alla modificazione dell'inquadramento (Cass. 16 febbraio 2007, n. 3628).

L'istruzione probatoria

Ai sensi dell'art. 2697 c.c., l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo, con la conseguenza che la sussistenza del credito contributivo dell'INPS, preteso sulla base di un verbale ispettivo, deve essere provata dall'ente previdenziale, con riguardo ai fatti costitutivi rispetto ai quali il verbale non riveste efficacia probatoria (si v. fra le tante Cass. 6 settembre 2012, n. 14965).

Sulla scorta dello stesso principio, allorché sia il datore di lavoro a richiedere una riduzione dell'onere ordinario contributivo, affermando il proprio diritto a fruire di un beneficio in tal senso, deve essere questi a dare la prova dei fatti costitutivi dello stesso e ciò anche quando il datore di lavoro abbia proposto opposizione alla cartella esattoriale con la quale l'ente previdenziale ha iscritto a ruolo le differenze contributive non pagate (Cass. 24 luglio 2014, n. 16930).

All'interno di tale quadro di ripartizione dell'onere probatorio si pongono le singole questioni riguardanti l'efficacia probatoria degli atti prodotti dalle parti, del comportamento dalle stesse tenute fuori dal processo e nel processo medesimo.

Resta fermo che spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere tra le complessive risultanze istruttorie quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova (in questi termini con riguardo al processo previdenziale si v. Cass. 23 maggio 2013, n. 12734).

Il verbale ispettivo sul quale si fondano le ragioni degli enti previdenziali fa, per giurisprudenza costante, piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata del documento non si estende agli apprezzamenti e alle valutazioni del verbalizzante. Parimenti i verbali di accertamento non fanno fede dei fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, né dei fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche (da ultimo Cass. 7 novembre 2014, n. 23800).

Il verbale ispettivo può essere da solo idonea fonte di prova, purché il giudice di merito indichi esaurientemente le ragioni del proprio convincimento (Cass. 23 maggio 2013, n. 12734).

Altra fonte di prova sono le dichiarazioni rese dai lavoratori in sede di ispezione, ma spesso le stesse sono modificate e/o integrate dai lavoratori allorché sono escussi quali testi e pertanto il giudice di merito è chiamato a valutare a quale delle due dichiarazioni si debba dare prevalenza. La predetta valutazione, ovverosia il giudizio di attendibilità sulle fonti probatorie, è di esclusiva competenza del giudice di merito ed è estraneo al sindacato di legittimità (in questi termini Cass. 19 agosto 2014, n. 18037).

Tale giudizio di attendibilità è necessario allorché si riconosce che i lavoratori possono essere sentiti come testi, nel giudizio tra l'ente previdenziale e il datore di lavoro, che ha per oggetto il pagamento di contributi che si assumono evasi, in assenza di un interesse giuridico attuale e concreto che legittimi il lavoratore-teste a intervenire in giudizio, non essendo configurabile l'incapacità a testimoniare che l'art. 246 c.p.c. ricollega non solo alla posizione di parte formale o sostanziale del giudizio, ma anche alla titolarità di una situazione giuridica dipendente da quella dedotta in giudizio da altro soggetto (in termini Cass. 2 luglio 2014, n. 15075).

Con riguardo alle prove costituite fanno prova contro l'imprenditore, ai sensi dell'art. 2709 c.c., i libri e le altre scritture contabili limitatamente ai fatti e ai rapporti che positivamente risultano dalle scritture; mentre le stesse non possono costituire prova negativa dell'inesistenza di altri rapporti o prestazioni, a meno che questi non siano logicamente incompatibili con quello risultante dalla scrittura (da ultimo Cass. 26 settembre 2012, n. 16373).

Anche per il processo previdenziale si pone il problema delle condizioni di esercizio dei poteri d'ufficio del giudice del lavoro in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova; i predetti poteri possono essere esercitati, ai sensi dell'art. 437, secondo comma, c.p.c., ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa e sono esercitabili con riferimento ai fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse (in questi termini si v. Cass. ord. 2 febbraio 2015, n. 1808).

La decisione

La giurisprudenza costantemente afferma che il tribunale, nell'accogliere parzialmente il ricorso in opposizione alla cartella non l'annulla integralmente la stessa ma, anche d'ufficio, ne dichiara l'inefficacia limitatamente alle somme non dovute.

In evidenza: L'annullamento parziale della cartella esattoriale

Nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale, emessa per la riscossione di contributi previdenziali, con la quale si contesti la sussistenza del credito, se viene accertata la solo parziale fondatezza dell'opposizione non si determina per questa sola ragione la totale inefficacia della cartella, ma il giudice deve, anche d'ufficio, dichiarare l'inefficacia della cartella solo alle somme non dovute, una declaratoria di totale inefficacia potendo imporsi solo nel caso in cui, tenuta presente anche la normativa sostanziale applicabile, debba ritenersi che l'ente creditore non abbia assolto, in alcuna misura, l'onere di provare anche nel quantum i suoi crediti (Cass. ord. 21 gennaio 2015, n. 1073).

L'opposizione ad avviso di addebito

L'art. 30 del D.L. n. 78/2010 al quattordicesimo comma, prevede che i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo, alle somme iscritte a ruolo e alla cartella di pagamento si riferiscono anche all'avviso di addebito emesso dall'INPS.

Tale estensione dell'ambito di efficacia delle disposizioni dettate in tema di iscrizione a ruolo all'avviso di addebito comporta agli odierni fini pertanto la piana applicazione delle disposizioni processuali dianzi delineate nei limiti dell'odierna trattazione, non rinvenendosi ostacoli che ne possano precludere l'applicazione.

Pertanto l'opposizione deve essere presentato entro quaranta giorni dalla notifica dell'avviso di addebito se si tratta di opposizione riguardante il merito e si presenta innanzi al giudice del lavoro secondo le regole dettate dal codice di rito per il processo previdenziale.

Riferimenti

Normativi:

Art. 49 Legge 24 dicembre 2012, n. 234

Art. 30 Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78

Art. 24 Decreto Legislativo 26 febbraio 1999, n. 46

Prassi:

INPS, Circolare 30 dicembre 2010, n. 168

Giurisprudenza:

Cassazione, sez. lav., ordinanza 2 febbraio 2015, n. 1808

Cassazione., sez. lav., sentenza 19 gennaio 2015, n. 774

Cassazione, sez. lav., sentenza 25 agosto 2014, n. 18205

Cassazione, sez. lav., sentenza 2 luglio 2014, n. 15075

Cassazione, sez. lav., sentenza 26 maggio 2014, n. 11717

Cassazione, sez. lav., sentenza 23 maggio 2013, n. 12734

Corte costituzionale, ordinanza 29 marzo 2007, n. 111

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