Risoluzione stragiudiziale delle controversie

Francesco Geria
14 Dicembre 2015

Nell'ambito del diritto del lavoro un posto primario è necessariamente da riservarsi alla disponibilità he il lavoratore ha dei propri diritti e della forma con cui questa disponibilità può estrinsecarsi. Ed infatti affinché una rinunzia formulata dal lavoratore possa dirsi “blindata” e quindi non più impugnabile dallo stesso è essenziale che venga proposta e formulata in una delle cosiddette sedi protette ossia in Tribunale avanti il Giudice designato per la trattazione della controversia, presso l'Ispettorato Territoriale del Lavoro e infine in sede sindacale. Solo in tal modo la rinunzia potrà dirsi definitiva. Diversamente ai sensi dell'art. 2113 c.c. potrà esser impugnata entro 6 mesi dalla sottoscrizione della conciliazione.
Introduzione

Nell'ambito delle controversie in tema di lavoro, la conciliazione stragiudiziale ha lo scopo di verificare, prima di iniziare un procedimento giudiziario o arbitrale, se vi sono spazi per risolvere la lite tra le parti in tempi più brevi e a costi notevolmente ridotti rispetto ad una azione dinnanzi al giudice ordinario.

La normativa si applica non solo ai rapporti di lavoro subordinato, ma a tutti i rapporti cui si applica il rito del lavoro: dunque anche ad alcuni rapporti di lavoro autonomo come la mezzadria, i contratti agrari e ai rapporti di lavoro parasubordinato, quali l'agenzia, la rappresentanza commerciale e i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

La norma

L'art. 2113 c.c. stabilisce che le rinunce e transazioni aventi ad oggetto i diritti inderogabili del lavoratore in virtù di norme di legge o di contratti collettivi non sono valide, fatti salvi i casi in cui siano contenute nei verbali di conciliazione sottoscritti:

  • in sede giudiziale;
  • avanti la commissione di conciliazione istituita presso l'ITL;
  • presso la commissione di conciliazione istituita in sede sindacale;
  • dinnanzi i collegi di conciliazione ed arbitrato irrituale,
  • presso le sedi di certificazione all'interno degli organi abilitati alla certificazione dei contratti di lavoro.

Il dettato normativo stabilisce, inoltre, che il lavoratore può proporre, a pena di decadenza, impugnativa avverso le transazioni “non protette” entro 6 mesi decorrenti dalla data di cessazione del rapporto, qualora l'atto di disposizione sia intervenuto in costanza di rapporto di lavoro, oppure entro 6 mesi dalla data dell'atto di disposizione, nel caso in cui l'atto sia intervenuto dopo la cessazione del rapporto di lavoro.

Tale impugnazione può essere effettuata attraverso qualsiasi atto scritto del lavoratore, idoneo a rendere nota la sua volontà di adire le vie legali ma può essere effettuata anche nei casi in cui il lavoratore abbia già ricorso alle vie legali, in quanto la sua posizione di soggezione nei confronti del datore di lavoro non viene meno per il fatto che egli si sia rivolto alle vie legali.

Pertanto, risultano sempre impugnabili tutte le rinunce e transazioni che non sono state effettuate nel rispetto della forma della conciliazione giudiziale o sindacale, non avendo rilevanza l'eventualità che esse siano intervenute successivamente alla decisione del lavoratore di chiedere la tutela dei suoi diritti in giudizio.

Definizioni

La rinuncia

È un atto unilaterale di volontà che consiste in una dichiarazione con cui una parte accetta di non esercitare più di un proprio diritto. Essa può manifestarsi anche attraverso un comportamento concludente, che può assumere il significato di una rinuncia tacita, atta ad incidere sui suoi diritti soggettivi, ricadendo nell'ambito di applicazione dell'art. 2113 c.c.

È valida la rinuncia tacita purché non vi siano dubbi sulla volontà di rinunciare e non sia possibile una diversa interpretazione.

La determinazione dell'oggetto della rinuncia costituisce condizione di validità di qualsiasi manifestazione negoziale di volontà abdicativa; infatti la rinuncia deve contenere la chiara individuazione dei diritti che sono oggetto di abdicazione. Infine, non può essere fornita legittimità negoziale di rinuncia ad una quietanza a saldo, qualora risulti accertato che la dichiarazione sia stata formata con la consapevolezza dell'esistenza di diritti determinati e con l'intento di abdicare o transigere sugli stessi. Gli accordi transattivi costituiscono lo strumento negoziale cui più frequentemente le parti ricorrono per comporre i conflitti, giudiziali e stragiudiziali, relativi a vertenze che riguardano le generalità dei dipendenti.

La transazione

E il contratto o accordo con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già iniziata o prevengono una lite che può insorgere tra loro.

Il presupposto di ogni transazione è, in ogni caso, l'esistenza di una lite anche se non è indispensabile che le rispettive e contrapposte tesi abbiano già assunto la determinatezza propria della pretesa, è sufficiente la sussistenza di un potenziale dissenso, anche se non ancora definito nei termini di una lite. In altre parole, la transazione richiede la mera preesistenza di valutazioni discordi tra le parti, relativamente ad una questione giuridicamente rilevante e relativa ad un rapporto di lavoro. Ciò che conta, pertanto, è la volontà di farsi reciproche concessioni per porre fine alla lite o per prevenirla.

Oggetto della transazione è la lite sorta tra le parti o che le parti intendono avviare; pertanto è importante che le parti vogliano proseguire, mediante il raggiungimento di un accordo, lo scopo di porre fine all'incertezza della lite.

La legge non richiede particolari requisiti di forma per la validità della transazione, anche se è necessaria la forma scritta per provare l'accordo transattivo.

Affinché la transazione sia valida occorre che il suo oggetto sia lecito, determinato o determinabile; ulteriori requisiti sono quelli della consapevolezza dei diritti e della sussistenza di una reale volontà abdicativa. Enunciazioni generiche assimilabili alle clausole di stile non sono sufficienti a comprovare alcuna volontà dispositiva dell'interessato.

La volontà abdicativa è da escludersi quando il lavoratore rinuncia a diritti esistenti, ma ancora ignoti al titolare e quindi non consapevolmente oggetto di disposizione (non è possibile rinunciare a ciò che non si conosce).

Non costituisce ostacolo al riconoscimento di una transazione il fatto che le parti abbiano definito transattivamente solo una parte del contenzioso, riservandosi un successivo accordo sulla residua materia controversa.

Efficacia novativa

La transazione può anche avere efficacia novativa, ogni qual volta emerga una situazione di incompatibilità tra il rapporto di lavoro per cui si controverte e quello avente causa nell'accordo transattivo.

La caratteristica principale consiste nell'essere analogamente alla transazione propria, un negozio di secondo grado che però non è qualificabile come un negozio ausiliario, ma come negozio principale.

Infatti, nella transazione novativa il contratto di transazione è l'unica fonte dei diritti e degli obblighi intercorrenti tra le parti.

Il tentativo di conciliazione

Con il Collegato Lavoro (art. 31 L. 183/2010) si è provveduto a ridisegnare la parte del codice di procedura civile avente ad oggetto le disposizioni in materia di conciliazione e arbitrato nelle controversie di lavoro.

In particolare, il tentativo di conciliazione precedentemente obbligatorio diviene facoltativo. Oltre a questa sostanziale modifica si introducono diversi mezzi di composizione delle controversie di lavoro in alternativa al ricorso al giudice e vengono rafforzate le competenze delle commissioni di certificazione dei contratti di lavoro.

Con la integrale sostituzione dell'art. 410 c.p.c. si stabilisce che “chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall'art. 409, può promuovere, anche tramite l'associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione”.

Dal punto di vista procedurale l'art. 410 e seguenti non sono applicabili alla domanda riconvenzionale.

La ratio di tale norma risiede nell'intento di favorire la composizione stragiudiziale delle controversie di lavoro.

La L. 183/2010 ha completamente ridisegnato tale istituto trasformando il tentativo da obbligatorio a facoltativo e prevedendo l'estensione della procedura in esame anche alle controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione.

Rimane, invece, obbligatorio il tentativo di conciliazione previsto dall'art. 80, c. 4, D.Lgs. 276/2003, che deve essere attivato da chiunque intenda proporre ricorso giurisdizionale avverso un contratto certificato da una delle apposite commissioni.

In alternativa alle sedi giudiziali, le rinunce e le transazioni per essere pienamente valide devono essere contenute nei verbali di conciliazione di:

  • Ispettorato territoriale del lavoro;
  • sedi sindacali;
  • collegi di conciliazione e arbitrato irrituale;
  • sedi di certificazione.

Le commissioni istituite all'ITL

Le commissioni presso gli ITL (Ispettorato Territoriale del Lavoro) sono composte da:

  • il direttore dell'ufficio o un suo delegato o un magistrato collocato a riposo in funzione di Presidente;
  • 4 rappresentanti effettivi e 4 supplenti dei datori di lavoro;
  • 4 rappresentanti effettivi e 4 supplenti dei lavoratori designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello territoriale.

Le commissioni, qualora vi sia la necessità, affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista; in ogni caso per la validità della riunione è necessaria la presenza del Presidente e di almeno un rappresentante dei lavoratori e uno dei datori di lavoro.

Per i rapporti di lavoro subordinato è competente la commissione costituita presso l'ITL nella cui circoscrizione è sorto il rapporto oppure dove si trova l'azienda o la dipendenza alla quale il lavoratore è, o era, addetto al momento dell'estinzione del rapporto.

Per i rapporti di collaborazione, agenzia e rappresentanza è competente la commissione costituita presso l'ITL nella cui circoscrizione si trova il domicilio del prestatore di lavoro.

Nel caso non trovino applicazione i criteri sopracitati di competenza territoriale è necessario fare riferimento ad un criterio unico sussidiario, cioè il foro generale delle persone fisiche.

Per richiedere un tentativo di conciliazione avanti all'ITL l'istante predispone un'apposita richiesta, sottoscritta, che deve essere consegnata direttamente in originale, o spedita a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno o inviata tramite PEC alla Commissione competente e alla controparte. In caso di raggiunto accordo, che necessita solo di essere formalizzato avanti all'ITL, le parti possono presentare la richiesta congiuntamente.

Tale richiesta deve precisare:

  • i dati anagrafici dell'istante e del convenuto;
  • il luogo dove è sorto il rapporto di lavoro oppure dove si trova l'azienda;
  • il luogo dove la parte intende ricevere le comunicazioni;
  • l'esposizione dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della pretesa.

I funzionari dell'ITL, ricevuta la richiesta, verificano che questa possegga tutti i requisiti essenziali e, se parzialmente omessi, invitano le parti ad integrarli oppure, se completamente mancanti, considerano la richiesta improcedibile.

Se la controparte non intende aderire alla procedura di conciliazione lo comunica al richiedente, oppure, in caso di inerzia, trascorsi 20 giorni dalla richiesta, ciascuna delle parti è libera di adire l'autorità giudiziaria. Se invece la controparte accetta la procedura, essa deve depositare presso la commissione, entro 20 giorni dal ricevimento della richiesta, una memoria contenente le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, nonché le eventuali domande in via riconvenzionale.

Entro 10 giorni successivi al deposito, la commissione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi 30 giorni. Dinanzi alla commissione il lavoratore può farsi assistere anche da un'organizzazione cui aderisce o conferisce mandato.

Se la conciliazione riesce, anche limitatamente ad una parte della domanda, viene redatto un verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dagli altri componenti della commissione che ha esperito il tentativo. Va, inoltre, depositato a cura delle parti o dell'ITL nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione il verbale è stato formato. Sarà poi il giudice a dichiararlo esecutivo mediante decreto in seguito ad un controllo in merito alla sua regolarità formale.

Se, in caso contrario, non si raggiunge l'accordo tra le parti, la commissione deve formulare una proposta per la bonaria definizione dell'azienda. Innovazione apportata dalla L. 183/2010 consiste nell'obbligo per la commissione di conciliazione di formulare una proposta conciliativa nell'ipotesi in cui le parti non riescano a raggiungere un accordo autonomamente. In seguito, sarà il giudice a tenere conto della proposta formulata dalla commissione e delle motivazioni che hanno spinto le parti a rifiutare di accettarla ai fini della condanna al pagamento delle spese di lite.

Il verbale di conciliazione stipulato davanti all'ITL ha efficacia soltanto per le parti che l'hanno stipulato e non nei confronti di terzi, ed in particolare nei confronti degli Uffici o Enti territoriali di interessi pubblici. La comunicazione della richiesta dal tentativo di conciliazione determina l'interruzione della prescrizione e sospende il decorso di ogni termine di decadenza per la durata del tentativo di conciliazione e per i 20 giorni successivi alla sua conclusione.

Le sedi sindacali

Le parti possono tentare di raggiungere un accordo con l'assistenza delle rappresentanze sindacali. Il tentativo di conciliazione sindacale è svolto presso le sedi protette con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.

Il verbale di avvenuta conciliazione può essere depositato presso l'ITL a cura di una delle parti o per il tramite dell'associazione sindacale.

Al momento del deposito presso l'ITL il direttore dell'ufficio deve verificare l'autentica dell'atto e la validità della conciliazione in sede sindacale. Il direttore dell'ITL provvede a depositare il verbale in cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è stato redatto: il giudice, su istanza della parte interessata, lo dichiara esecutivo con decreto.

I rappresentanti sindacali legittimati ad assistere il lavoratore sono in genere individuati dai CCNL. La giurisprudenza, partendo dal presupposto che la funzione del sindacato nelle conciliazioni è quella di assistere il lavoratore e non di rappresentarlo, ritiene sufficiente il mandato del lavoratore.

In questo tipo di conciliazione è necessario che l'accordo sia raggiunto con l'assistenza del lavoratore da parte di un rappresentante dell'associazione sindacale di appartenenza. Tale accordo deve quindi risultare da un documento sottoscritto contestualmente dalle parti e dal rappresentante sindacale.

Si precisa inoltre che l'assistenza dei rappresentanti delle relative organizzazioni sindacali è necessaria ai fini della validità e quindi dell'inoppugnabilità della transazione.

È in ogni caso possibile impugnare gli atti di rinuncia e transazione proponendo le ordinarie azioni di nullità, non soggette a prescrizione, e di annullamento, soggette a prescrizione ordinaria quinquennale previste dal codice civile per i contratti e gli atti giuridici.

È onere del datore di lavoro che intenda far valere la rinuncia o la transazione eccepire la decadenza del lavoratore dall'impugnazione.

I collegi di conciliazione e arbitrato irrituale

Il collegio di conciliazione e arbitrato è composto da:

  • un rappresentante di ciascuna delle parti;
  • un terzo membro, con funzione di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte. Questo deve essere nominato tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione.

La parte che intenda ricorrere al collegio di conciliazione e arbitrato deve notificare all'altra parte un ricorso sottoscritto, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, e lo deve fare personalmente o attraverso un rappresentante al quale abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio.

Il ricorso deve contenere al suo interno la nomina dell'arbitro di parte e indicare precisamente l'oggetto della domanda, le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, i mezzi di prova e il valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda. Il ricorso deve altresì contenere riferimento alle norme invocate dal ricorrente a sostegno della sua pretesa e l'eventuale richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e dei principi regolatori della materia, anche derivanti da obblighi comunitari.

Se la parte convenuta intende:

  • accettare la procedura di conciliazione e arbitrato, nomina il proprio arbitro di parte, il quale entro trenta giorni dalla notifica del ricorso procede, ove possibile, concordemente con l'altro arbitro, alla scelta del presidente e della sede del collegio;
  • non accettare la procedura, la parte che ha presentato ricorso può chiedere che la nomina sia fatta dal presidente del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato.

Se le parti non hanno ancora determinato la sede, il ricorso è presentato al presidente del tribunale del luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro o ove si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto. Se la scelta del terzo arbitro è concorde, così come la sede del collegio, la parte convenuta deve depositare, entro trenta giorni, una memoria difensiva.

La memoria deve contenere le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, le eventuali domande in via riconvenzionale e l'indicazione dei mezzi di prova. Entro dieci giorni dal deposito della memoria difensiva il ricorrente può depositare presso la sede del collegio una memoria di replica senza modificare il contenuto del ricorso. Nei successivi dieci giorni il convenuto può depositare presso la sede del collegio una controreplica senza modificare il contenuto della memoria difensiva. Il collegio quindi fissa il giorno dell'udienza, che dovrà tenersi entro trenta giorni dalla scadenza del termine della controreplica del convenuto. All'udienza il collegio esperisce il tentativo di conciliazione.

Le sedi di certificazione

Con la L. 183/2010 si è definito che anche le commissioni istituite presso sedi di certificazione dei contratti di lavoro sono idonee ad esperire il tentativo di conciliazione.

Questi sono:

  • gli enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di riferimento;
  • le Direzioni provinciali del lavoro e le province;
  • le università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie, registrate ad un apposito albo istituito presso il ministero del Lavoro con apposito decreto in concerto con il ministro dell'Istruzione, delle Università e della Ricerca;
  • il ministero del Lavoro - Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro, esclusivamente nei casi in cui il datore di lavoro abbia le proprie sedi di lavoro in almeno due province anche di regioni diverse ovvero per quei datori di lavoro con unica sede di lavoro associati ad organizzazioni imprenditoriali che abbiano predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati dalla commissione di certificazione istituita presso il ministero del Lavoro, nell'ambito delle risorse umane e strumentali già operanti presso la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro;
  • i consigli provinciali dei consulenti del lavoro (L. 12/79), esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati nell'ambito territoriale di riferimento senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Le commissioni istituite all'interno degli organi sopracitati possono concludere convenzioni con le quali prevedano la costituzione di una commissione unitaria di certificazione.

Successivamente alla conclusione del tentativo di conciliazione, l'eventuale mancanza di un'effettiva assistenza sindacale del lavoratore all'atto della stipula di una transazione non priva la dichiarazione negoziale della sua natura ma, risultando viziata deve essere impugnata nel termine semestrale.

Riferimenti
  • art. 2113 c.c.;
  • art. 31, c. 13, L. 183/2010;
  • art. 412 ter c.p.c.;
  • art. 412 quater c.p.c.;
  • art. 76 D.Lgs. 276/2003;
  • Cass. 5 maggio 2016 n. 9064.
Sommario