La nuova disciplina dei rapporti giurisdizionali con autorità straniereFonte: D.Lgs. 3 ottobre 2017 n. 149
19 Ottobre 2017
Abstract
Il d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149 immuta radicalmente il libro XI del codice di procedura penale, dedicato ai rapporti giurisdizionali con autorità straniere. La novella ridisegna secondo principi di semplicità ed efficacia i principi generali del mutuo riconoscimento delle decisioni e dei provvedimenti giudiziari, modificando la disciplina in materia di estradizioni, di assistenza giudiziaria internazionale, di effetti delle sentenze penali straniere e di esecuzione all'estero delle sentenze penali italiane e introducendo il nuovo istituto del trasferimento di processi tra Paesi dell'Unione europea. La legge delega e i principi generali della riforma
La l. 21 luglio 2016, n. 149 ha operato un consistente intervento innovatore della normativa in tema di cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale, secondo tre direttrici operative:
Il recente d.lgs. 5 aprile 2017, n. 52, in attuazione della suddetta delega, aveva recepito nell'ordinamento interno i contenuti della Convenzione di Bruxelles, semplificando i rapporti tra autorità giudiziarie (artt. 1-9) e prevedendo specifiche forme di assistenza giudiziaria, come il trasferimento temporaneo di detenuti, l'audizione di indagati, testimoni e periti in videoconferenza, le squadre investigative comuni, l'attività intercettiva (artt. 10-23). Il consistente ritardo nell'adeguamento del diritto interno alle norme eurounitarie ha reso in buona parte rapidissimamente obsoleto questo intervento normativo, dal momento che il successivo d.lgs. 21 giugno 2017, n. 108, attuativo della l. 9 luglio 2015, n. 114, di delegazione europea per il 2014, ha a sua volta recepito la più recente direttiva 2014/41/Ue, diretta a ricondurre la disciplina dell'acquisizione transfrontaliera delle prove a un assetto coerente e connotato dalla necessaria flessibilità operativa, mediante un unico strumento, l'ordine europeo d'indagine (Oei), applicabile a qualsiasi atto investigativo (sequestro probatorio, trasferimento temporaneo di persone detenute, controlli dei conti bancari e delle operazioni finanziarie, operazioni di infiltrazione, intercettazione di telecomunicazioni, misure di protezione delle prove, etc.), tranne che all'istituzione di una squadra investigativa comune e all'acquisizione di prove nell'ambito di tale squadra. Ad oggi, l'ordine europeo sostituisce dunque la maggior parte delle forme tradizionali di assistenza giudiziaria transfrontaliera tra Stati membri. La radicale riforma del libro XIdel codice di procedura penale, attuata con il d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149 (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 16 ottobre 2017, in vigore dal successivo 31 ottobre), si inserisce in questo articolato quadro ordinamentale, dando attuazione ai principi e ai criteri direttivi indicati dalla delega, improntati a una generale ottica di semplificazione e velocizzazione delle procedure di assistenza giudiziaria passiva. In questa sede, data la complessità dell'intervento normativo, è possibile procedere soltanto ad una sintetica disamina delle linee generali della riforma, rinviando per l'approfondimento dei singoli istituti alla diretta lettura dell'articolato (o a successivi approfondimenti settoriali). Ambito di applicazione: la sussidiarietà della disciplina codicistica
L'ambito applicativo delle novellate disposizioni codicistiche assume, nel più generale contesto dei rapporti intra- ed extra-Ue, un valore residuale: dovranno essere sempre applicate le norme sovranazionali di derivazione europea e internazionale (pattizie e consuetudinarie). Il carattere sussidiario della nuova disciplina si inserisce dunque in quegli spazi residui derivanti dall'assenza di una diversa regolamentazione da parte delle suddette fonti, per quel che riguarda nello specifico, ex art. 1 d.lgs. 149/2017 (che comunque prevede da ultimo anche la clausola di chiusura relativa a tutti gli altri rapporti con le autorità straniere in materia di assistenza penale):
Tutti questi rapporti, secondo il nuovo art. 696 c.p.p. (come modificato dall'art. 2 d.lgs. 149/2017), sono disciplinati in primo luogo dalle norme dei trattati sull'Unione europea e sul funzionamento dell'Unione europea e in genere dal diritto eurounitario (quando, evidentemente, entrambi gli Stati siano membri Ue) e, in seconda battuta, dalle vigenti convenzioni internazionali ovvero dal diritto internazionale generale. Solo quando, nei rapporti con Paesi dell'Unione europea o con Paesi diversi, queste norme mancano o non dispongono diversamente, si applicano le disposizioni contenute nel libro undicesimo. In assenza di idonee garanzie di reciprocità, è comunque confermato il potere del ministro della giustizia di non dare corso alla richiesta di cooperazione. Mutuo riconoscimento delle decisioni e dei provvedimenti giudiziari tra stati membri dell'Unione
Il nuovo titolo I-bis (artt. 696-bis - 696-decies c.p.p.), inserito dall'art. 4 d.lgs. 149/2017, enuncia i principi generali del mutuo riconoscimento delle decisioni e dei provvedimenti tra Stati membri dell'Unione europea, mantenendo ferme le altre vigenti disposizioni di legge «in quanto […] compatibili». Resta dunque rimessa all'interprete l'individuazione di precetti che contrastino con la nuova disciplina, implicitamente abrogati con l'entrata in vigore della novella. In particolare, i punti cardine della riforma possono essere così riassunti:
Estradizione attiva e passiva
Anche l'istituto della estradizione verso l'estero (cosiddetta passiva) e dall'estero (cosiddetta attiva), pure confermato nei suoi elementi strutturali (fase giurisdizionale, presso la corte d'appello, e fase amministrativa, gestita dal ministro della giustizia, che apre e chiude il procedimento), è stata sottoposto dall'art. 4 d.lgs. 149/2017 ad un corposo ripensamento, nella medesima duplice ottica di semplificazione e snellezza procedimentale e di rafforzamento delle garanzie difensive dell'estradando. D'altronde, in ambito Ue, il principale e più efficace strumento di consegna dell'indagato/imputato/condannato resta il mandato d'arresto europeo, basato sul principio del mutuo riconoscimento (l. 22 aprile 2005, n. 69). Per quel che riguarda l'estradizione verso l'estero (artt. 697-719 c.p.p., come incisi dall'art. 4 d.lgs. 2017), può sinteticamente osservarsi:
La riforma dell'estradizione dall'estero (art. 5 d.lgs. 149/2017, che modifica gli artt. 720 e 721 c.p.p. e introduce i nuovi artt. 721-bis e 722-bis) trova i principali elementi di novità, oltre che nella limitazione dei poteri del ministro della giustizia in termini analoghi a quanto già previsto per la procedura passiva,
Rogatorie attive e passive
Le rogatorie, ovvero le richieste di assistenza giudiziaria inoltrate al giudice italiano dalle autorità giudiziarie estere (cosiddette rogatorie passive) e viceversa (cosiddette rogatorie passive), rappresentano strumenti alternativi – e sussidiari nei termini imposti dal già illustrato carattere residuale delle procedure codicistiche – a quelli già disciplinati dalla normativa Ue (in particolare e tra l'altro, le squadre investigative comuni e, da ultimo, l'ordine di investigazione europeo) e internazionale (in particolare, la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959). La disciplina delle rogatorie passive (artt. 723 -726-sexies c.p.p.) risulta innovata, in particolare, in questi termini:
La nuova disciplina delle rogatorie attive (artt. 727-734 c.p.p.) prevede, quali elementi di novità di maggior rilievo:
Effetti delle sentenze straniere in italia ed esecuzione delle sentenze italiane all'estero
Gli artt. 8 e 9 d.lgs. 149/2017 recano modifiche alle disposizioni codicistiche in materia di riconoscimento delle sentenze penali straniere (artt. 730-737-bis c.p.p.) e di esecuzione di sentenza all'estero (artt. 742 e 743 c.p.p.) Le novità introdotte sono essenzialmente volte a semplificare e accelerare, in primo luogo, il procedimento che porta al riconoscimento della decisione da parte della corte d'appello,
Le modifiche alla disciplina dell'esecuzione di una sentenza italiana all'estero riguardano essenzialmente:
Il trasferimento dei procedimenti tra stati Ue
La possibilità del reciproco trasferimento dei procedimenti penali tra Paesi membri dell'Unione mira a risolvere eventuali conflitti di giurisdizione. La materia era sinora priva di disciplina. Il nuovo Titolo IV-bis, inserito dall'art. 10 d.lgs. 149/2017, regola ex novo la materia con esiti fortemente innovativi, funzionali a soluzioni “concordate” delle litispendenze internazionali. L'intervento novellatore era assolutamente necessario, dal momento che l'Italia non ha mai ratificato la Convenzione di Strasburgo del 15 maggio 1972 (seppure siano comunque in vigore altri accordi multilaterali e bilaterali) e che il principio del divieto di doppio giudizio assume un rilievo fondamentale nell'ordinamento europeo. Le disposizioni generali prevedono, anzitutto, quale limite temporale per il trasferimento del procedimento all'estero e per la sua riassunzione in Italia, l'esercizio dell'azione penale, fissando criteri predeterminati (relativi al più stretto rapporto con le forme di manifestazione del fatto di reato e con l'assunzione delle fonti di prova) per l'individuazione della competenza (art. 746-bis c.p.p.). La procedura attiva (l'assunzione in Italia, cioè, di procedimenti penali aperti all'estero) è possibile, ove previsto da convenzioni internazionali, mediante rapporto diretto tra autorità giudiziarie, con obbligo per il pubblico ministero di dare tempestiva comunicazione al ministro della giustizia. Quest'ultimo, quando la richiesta di assunzione debba essere invece da lui ricevuta, riveste comunque il ruolo di mero collettore, dovendo poi semplicemente procedere alla trasmissione all'ufficio di procura presso il giudice competente, informando poi lo Stato estero delle decisioni assunte dal giudice italiano. Possono essere ripristinate le misure cautelari eventualmente emesse all'estero e l'efficacia probatoria degli atti ivi assunti. La decisione di assunzione del procedimento è notificata alla persona offesa con l'avviso della facoltà di proporre querela, se questa è richiesta dall'ordinamento dello Stato (art. 746-ter c.p.p.). La procedura passiva (il trasferimento all'estero di un procedimento penale già pendente in Italia) muove dall'ipotesi che gli inquirenti italiani abbiano notizia della pendenza di un procedimento all'estero per gli stessi fatti per cui si è già proceduto all'iscrizione ex art. 335 c.p.p. All'esito di consultazioni con l'autorità straniera, il pubblico ministero assume le proprie determinazioni, comunicando l'eventuale decisione di trasferire il procedimento al ministro della giustizia. Quest'ultimo, entro trenta giorni dalla ricezione degli atti, può vietarne l'esecuzione, nel caso ne risultino compromessi la sicurezza, la sovranità o altri interessi essenziali dello Stato ovvero quando non sussistano sufficienti assicurazioni sul rispetto da parte dello Stato estero dei principi fondamentali dell'ordinamento italiano ovvero ancora vi sia motivo di ritenere che l'indagato possa essere sottoposto a atti persecutori o discriminatori, a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti ovvero comunque a violazioni di un diritto fondamentale della persona. Qualora siano in vigore accordi internazionali che sanciscano la necessità di un formale intervento delle autorità centrali, la procedura è invece di diretta pertinenza del guardasigilli. In entrambi i casi, il procedimento resta sospeso sino alla decisione o al mancato diniego dell'autorità politica, ma possono essere compiuti gli atti urgenti o irripetibili. All'esito del trasferimento, il giudice per le indagini preliminari – evidentemente su richiesta del pubblico ministero, vista la sua generale impossibilità di provvedere motu proprio – emette decreto di archiviazione, restando escluso il contraddittorio con la persona offesa ai sensi degli artt. 408-410 c.p.p. Se lo Stato estero non esercita l'azione penale nel termine convenuto nell'atto di trasferimento, è possibile la riapertura delle indagini (art. 746-quater c.p.p.). In conclusione
La riforma pressoché integrale del Libro XI del codice di procedura penale è destinata ad un ambito applicativo assai limitato nella pratica, operando in via residuale, solo dove non sia prevista una diversa regolamentazione discendente da norme eurounitarie o internazionali. Le modifiche più rilevanti, oltre alla nuova disciplina del trasferimento dei processi, paiono essere quelle apportate alla materia dell'assistenza giudiziaria, quella parte della cooperazione penale internazionale specificamente volta a disciplinare la raccolta della prova, al fine di superare i limiti dell'attuale sistema normativo e di fronteggiare le nuove forme di criminalità, specialmente organizzata, che hanno esteso il proprio raggio di azione oltre i confini dei singoli Stati. Pertanto, in chiave di semplificazione, parallelamente alla regolamentazione dei rapporti con i Paesi membri dell'Unione europea, sono state introdotte regole speciali per la cooperazione tra le autorità degli Stati che non fanno parte dell'Ue. Nei rapporti con gli Stati membri dell'Unione europea, quindi, soltanto in assenza di strumenti di attuazione dei trattati, troveranno applicazione le convenzioni internazionali e le norme di diritto internazionale generale e, solo in via residuale, le norme del codice di rito. Invece, nei rapporti con gli Stati che non siano membri dell'Unione europea, la cooperazione giudiziaria si dovrà svolgere nel rispetto delle convenzioni internazionali e delle norme di diritto internazionale generale e, anche in questo caso solo in via residuale, nel rispetto delle disposizioni del nuovo libro undicesimo (con l'ulteriore precisazione che le richieste di cooperazione giudiziaria potranno essere nondimeno rifiutate in difetto di adeguate “garanzie di reciprocità”). Nell'ottica di adeguamento ai principi ispiratori della nascente procedura penale europea, il codice di rito integra e completa dunque lo strumentario offerto dalla citata Convenzione di Bruxelles e dalla corona di strumenti convenzionali più frammentari, delineando un sistema di collaborazione giudiziaria in materia penale fondata sull'idea di un'assistenza giudiziaria rapida, efficace, compatibile con i principi fondamentali del diritto interno e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La modalità esecutiva privilegiata, seppure non esclusiva, diviene pertanto lo scambio diretto di richieste tra le autorità giudiziarie. La novella si pone dunque esplicitamente sulla scia di quella articolata e copiosa produzione normativa recente diretta a colmare, sia pure con qualche consistente ritardo, le lacune di coordinamento tra il vigente sistema procedimentale penale e il diritto internazionale e sovranazionale (in primis, come ovvio, il diritto eurounitario). È opportuno richiamare, a tale proposito, i recenti decreti legislativi in tema di
Guida all'approfondimento
BONFANTI, Niente estradizione per la madre detenuta se il Paese richiedente non può garantire la tutela del minore; BONIFACIO, Divieto di esecuzione del mandato di arresto europeo in caso di pericolo di trattamenti inumani per l'arrestato; CAMPOLI, Estradizione dall'estero: preclusioni e limiti dell'incidente di esecuzione in materia di Mae e di violazione della clausola di specialità su ilPenalista, 15 giugno 2017 CARACCIOLI (a cura di), La legge penale, la fattispecie oggettiva e soggettiva, Giuffrè, Milano, 2017 CHELO, Mandato di arresto europeo. La procedura attiva di consegna su ilPenalista, 14 Luglio 2017 KOSTORIS (a cura di), Manuale di procedura penale europea, Giuffrè, Milano, 2014 MARCHETTI (a cura di), I nuovi orizzonti della giustizia penale europea, Giuffrè, Milano, 2015 NOCERA, Le norme attuative della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale (Bruxelles, 29 maggio 2000); NOCERA, Norme di attuazione della direttiva 2014/41/Ue sull'ordine europeo di indagine penale: il procedimento in generale. |