La non veridicità delle dichiarazioni irrilevanti ai fini della partecipazione alla gara
20 Ottobre 2017
L'art. 75 d.P.R. n. 445 del 2000, nel comminare la decadenza del dichiarante dai benefici eventualmente conseguiti sulla base della dichiarazione non veritiera, non trova applicazione ogniqualvolta la dichiarazione tacciata di falsità non sia necessaria ai fini della partecipazione alla gara: in tale ipotesi, infatti, la giurisprudenza ha ripetutamente evidenziato come venga meno quella stretta correlazione tra il beneficio (l'aggiudicazione) e la dichiarazione, che impone di rilevare la falsità di quest'ultima (cfr. Cons. St., Sez. V, 1 agosto 2016, n. 3446; id., Sez. III, 17 novembre 2015, n. 5240). L'orientamento giurisprudenziale secondo cui la veridicità delle dichiarazioni rese in gara costituisce un valore in sé, e può giustificare l'esclusione del concorrente a prescindere dal contenuto intrinseco della circostanza falsamente dichiarata, non trova spazio a fronte di dichiarazioni irrilevanti ai fini della partecipazione. Queste infatti non soltanto sono inidonee ad arrecare indebiti vantaggi al dichiarante, ma neppure necessitano - per legittimare la partecipazione alla gara - di essere classificate come falso “innocuo” (categoria rifiutata dalla giurisprudenza prevalente in materia), proprio perché estranee all'ambito delle dichiarazioni richieste a pena di esclusione (Cons. St., Sez. V, 5 maggio 2016 n. 1812). A conclusioni non diverse induce la lettura dell'art. 80, comma 5, lett. f-bis) d.lgs. n. 50 del 2016 che va ragionevolmente inteso nel senso di riferire la falsità determinante l'esclusione alle sole dichiarazioni necessarie ai fini della partecipazione, e non anche a quelle del tutto irrilevanti allo scopo, con la conseguenza che una eventuale clausola escludente della lex specialis che disponesse in senso diverso non potrebbe che essere dichiarata nulla per violazione del principio di tassatività oggi sancito dall'art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016.
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