Diniego di rinnovazione (locazione ad uso diverso)

Riccardo Redivo
07 Settembre 2017

La legge sull'equo canone (l. n. 392/1978) ha previsto la durata dei contratti di locazione (salvo poche eccezioni) di quattro anni per gli immobili ad uso abitativo e di sei o nove anni (locazioni alberghiere) per quelli ad uso diverso dall'abitazione, stabilendo, altresì, per le sole locazioni di immobili ad uso non abitativo, da un lato, l'obbligo di rinnovo del contratto per il locatore alla prima scadenza (art. 28) e, dall'altro, la possibilità per lo stesso di negare il rinnovo alla stessa prima scadenza nell'ipotesi di suo intendimento serio di adibire l'immobile ad un uso abitativo o lavorativo proprio o dei propri congiunti più stretti, nonché nel caso di ristrutturazione del bene locato (art. 29)
Inquadramento

La l. n. 392/1978, tuttora pienamente operativa per le locazioni non abitative, ha, da un lato, riconosciuto il diritto dei proprietari ad una libera determinazione del canone mensile (canone di mercato) e, dall'altro, nell'interesse dei conduttori, ha stabilito con norme imperative (non derogabili dalla volontà delle parti se non in casi particolari), una durata rilevante del rapporto locatizio (con l'obbligo per il locatore di rinnovare il contratto per ugual durata alla prima scadenza), essendo, in particolare, stata ispirata la ratio della legge prevalentemente al «favor conductoris», con beneficio soprattutto per le attività di lavoro, anche autonomo, di ogni tipo, nonchè di varie attività particolari, ritenute anch'esse meritevoli di tutela.

La disciplina prevede una durata di sei anni per tutte le attività, con l'eccezione dei contratti ad uso alberghiero, per i quali è fissata una durata di nove anni.

L'art. 27 della l. n. 392 citata (cui si ricollega l'art. 42 riguardante le altre attività particolari),stabilisce che il contratto di locazione si rinnova tacitamente di sei anni (ovvero di nove per le attività alberghiere) se il contratto non viene disdetto con comunicazione, che deve pervenire al conduttore tramite lettera raccomandata (rispettivamente dodici o diciotto mesi prima della scadenza). Trattasi - come si dirà meglio esaminando il tema della disdetta - di un atto unilaterale ricettizio, che raggiunge il suo scopo nel momento in cui il conduttore ne prende conoscenza.

L'art. 28, poi, strettamente correlato al successivo art. 29, sancisce l'obbligo di rinnovo del contratto per il locatore alla sola prima scadenza, mentre questi potrà negare il rinnovo del rapporto in presenza dei gravi e tassativi motivi, con le modalità indicate nella norma.

Va subito chiarito in tema che il diritto alla rinnovazione tacita alla prima scadenza previsto a favore del conduttore, non può essere oggetto di una sua rinuncia preventiva, perché ciò comporterebbe una palese violazione dell'art. 79 della l. n. 392/1978 (tuttora in vigore per i contratti ad uso diverso), con il quale vengono esclusi per nullità i patti contrari alla legge, quando stabiliti contro l'interesse dei conduttori.

Locazioni non abitative: le attività protette

L'art. 27 della l. n. 392/1978, titolato «Durata della locazione» e riguardante anche le sublocazioni, come si è detto in precedenza, limita la durata del contratto ad un minimo di sei anni per gli immobili adibiti alle attività industriali, commerciali, di interesse turistico (comprese quelle di cui all'art. 2 della l. n. 326/1968), artigianali, nonché a quelli destinati all'esercizio abituale e professionale di ogni attività di lavoro autonomo, precisandosi, altresì, che per le destinazioni alberghiere la durata minima non può essere inferiore a nove anni.

Peraltro, se è convenuta una durata inferiore o non è pattuita alcuna durata, la norma, rivestendo un carattere imperativo, s'applica ugualmente (come recitato espressamente dal IV comma della disposizione), con conseguente nullità di clausole contrattuali comportanti un arco di tempo inferiore.

Tali disposizioni legislative, di carattere imperativo, dimostrano con chiarezza la volontà del legislatore di tutelare in particolare ogni tipo di attività commerciale e di lavoro, conferendo ad essa una lunga e significativa stabilità, tenuto conto soprattutto del fatto che la durata del rapporto locatizio raddoppia per il primo periodo, in conseguenza dell'obbligo di rinnovo posto a carico del locatore dal legislatore per la prima scadenza (art. 28 della l. n. 392/1978), salvi gli specifici e tassativi casi di diniego indicati nell'articolo successivo.

Stessa durata ed ugual obbligo di rinnovo per il locatore, inoltre, è previsto dall'art. 42 della l. n. 392/1978 della normativa per gli immobili destinati a particolari attività, con riferimento agli immobili adibiti ad attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche, nonché a sedi di partiti o di sindacati e, infine, a quelli stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori.

Anche per tali contratti, inoltre, si applica l'art. 29 della l. n. 392/1978 relativo al diniego di rinnovo alla prima scadenza (come affermato costantemente dalla giurisprudenza sia di legittimità, sia di merito da oltre trenta anni).

Parimenti, le regole esposte sulla durata del rapporto locatizio valgono anche per le aree nude ove adibite ad attività industriali o commerciali.

Per finire, deve considerarsi che la massima tutela dei conduttori (comprensiva dei diritti di avviamento, prelazione, riscatto e prelazione in caso di nuova locazione) è prevista per i soli contratti comportanti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori dagli artt. 34, 35, 38, 39 e 40 della l. n. 392/1978.

Rinnovo tacito e disdetta

Va premesso, in ordine alla normativa, che, in relazione alle locazioni di immobili adibiti all'esercizio di attività teatrali, l'art. 7 della l. n. 9/2007 ha esteso, in considerazione della loro rilevanza sociale e culturale, anche ad esse espressamente il privilegio di consentire un periodo più lungo per la durata del contratto, equiparandoli di fatto con le attività alberghiere (nove anni più nove, con facoltà delle parti di prevedere anche una durata maggiore).

Ciò posto va esaminato, anzitutto, il tema della disdetta.

Si può senz'altro affermare (anche se in un primo momento si è anche sostenuto che poteva valere anche una disdetta verbale) che questa deve essere comunicata per scritto (raccomandata a.r. o altro equipollente, quale, ad esempio, notifica attraverso ufficiale giudiziario), come precisato nel primo comma dell'art. 28 l. n. 392 citata, almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza.

In evidenza

Il termine perentorio per l'invio si perfeziona, quale atto ricettizio, solo dal momento in cui la raccomandata sia pervenuta al conduttore destinatario della stessa (non rilevando la data in cui la raccomandata sia stata spedita, seppure ciò sia avvenuto nel termine di legge)

E' pacifico, inoltre, che, dovendosi indicare nell'atto (nonché nell'intimazione di sfratto per finita locazione) la data della scadenza, ove questa sia errata, la disdetta vale, comunque, per la scadenza successiva

Inoltre, la disdetta non sottoscritta dal locatore non è necessariamente invalida: infatti, ove vi siano elementi certi che il conduttore ne ha riconosciuto l'autenticità, il giudice può ben ritenerla valida ed efficace.

Se la stessa, poi, è stata firmata da un falsus procurator, la giurisprudenza ne ha ammesso la ratifica da parte del locatore con effetto retroattivo, mentre, in caso di trasferimento del bene locato, l'avente causa non può servirsene, in quanto la disdetta è un atto personale soggettivo e non è legato all'immobile, quale oggetto del trasferimento di proprietà.

Nell'ipotesi, infine, di più locatori comproprietari del bene, l'invio della disdetta da uno solo di loro è valida, presumendosi il consenso degli altri proprietari dell'immobile locato (i quali, comunque, potranno opporsi giudizialmente, ove contrari alla cessazione del rapporto locatizio, in particolare, se non informati della decisione del comproprietario di chiudere il contratto).

Per quanto concerne, infine, il rinnovo tacito, si ribadisce che questo si verifica automaticamente alla prima scadenza, ove il locatore non abbia tempestivamente esercitato il diniego di rinnovo di cui agli artt. 28 e 29 della legge n. 392 (così Cass. civ., sez. un. 16 maggio 2013, n. 11830, cui si è sempre adeguata la giurisprudenza successiva), mentre va anche evidenziato che, se il contratto sia stato concluso per una durata superiore al minimo di legge, il rinnovo tacito si verifica, comunque, solo per la durata minima di legge (così, da ultimo Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2016, n. 14367).

La Suprema Corte ha chiarito, con un'interessante decisione, senza che vi siano precedenti in tema, che, ove venga data disdetta per il secondo sessennio e, successivamente, venga richiesto, prima della scadenza indicata, l'adeguamento del canone da parte del locatore, ciò non comporta una rinuncia alla finita locazione, «trattandosi di un atto di per sé compatibile con il perdurare dell'effetto di cessazione del rapporto, in quanto diretto solo ad assicurare che, ove il conduttore non rilasci l'immobile alla scadenza, nella misura del canone dovuto ai sensi dell'art. 1591 c.c., sia compreso anche l'adeguamento» (Cass. civ. sez. III, 14 maggio 2014, n. 10542).

I motivi del diniego di rinnovo alla prima scadenza

Passando all'esame dei motivi previsti dall'art. 29 della l. n. 392/1978, il diniego di rinnovo alla prima scadenza è previsto e legato, innanzitutto, all'intenzione del locatore di utilizzare l'immobile ad abitazione, propria, del coniuge o dei parenti, in linea retta entro il secondo grado (lett. a), ovvero per fini non abitativi, limitatamente ai soggetti sopra indicati ed alle attività di cui all'art. 27 cit. (art. 29, lett. b).

La norma è più favorevole al locatore rispetto alla legislazione precedente che prevedeva la «necessità» al posto dell'attuale «intenzione», in quanto la categoria degli utilizzatori della norma è più ampia rispetto al passato (comprendendo anche nonni e nipoti ex avo) e, infine, perché il locatore non deve più provare di non potere trovare per questi altra sistemazione.

In ogni caso la serietà dell'intento deve essere provata quanto meno in ordine alla sua realizzabilità tecnica e giuridica, seppure non nella sua concreta realizzazione (così Cass. civ., sez. III, 12 giugno 2016, n. 12891).

Se il locatore è la Pubblica Amministrazione o un ente pubblico o di diritto pubblico, per esercitare il diniego di rinnovo è sufficiente che l'immobile sia destinato ad esercizio di un'attività tendente al conseguimento di finalità istituzionali degli stessi ovvero che sia inerente ai compiti il cui svolgimento sia affidato ad essi medesimi (sempre lett. b). E', in tale ipotesi, comunque, insufficiente per un valido diniego di rinnovo un generico richiamo nella disdetta ai fini istituzionali (così Cass. civ., sez. III, 19 giugno 2015, n. 12711).

Con la lett. c), poi, il legislatore ha preso in considerazione situazioni obiettive che riguardano solo l'immobile e le esigenze di procedere: alla sua demolizione per la ricostruzione, alla sua integrale ristrutturazione o restauro completo ed all'esecuzione di interventi edilizi che siano richiesti da un programma comunale pluriennale di attuazione (si veda al riguardo la nota legge n. 457/1978, come modificata dal T.U. sull'edilizia di cui al D.P.R. n. 380/2001).

In tema, va precisato anche che le opere debbono riguardare l'unità immobiliare locata e non l'intero stabile.

La lett. d), infine, che prevedeva come motivo di rinnovo la ristrutturazione dell'immobile per rendere la superficie dei locali adibiti alla vendita conforma ai piani comunali - sempre purché gli interventi fossero incompatibili con la permanenza del conduttore nell'immobile - è stata abrogata dal noto decreto Bersani (d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114) che ha riformato la disciplina del commercio.

Ciò nel senso che, eliminati con esso i piani commerciali, il controllo delle attività distributive è divenuto una componente della pianificazione urbanistica, cui è demandato il compito di gestire l'equilibrio tra le concentrazioni commerciali spontanee e pianificate (con attribuzione alle Regioni ed ai Comuni del compito di attuare le norme destinate a regolare tale equilibrio).

Locazioni alberghiere ed affini

Il comma 2 dell'art. 29 prevede un regime più articolato per il diniego di rinnovo alla prima scadenza relativo alle locazioni di immobili adibiti ad albergo, pensione o locanda, anche se ammobiliati, per i quali il rifiuto del rinnovo da parte del locatore è ammesso, in primo luogo, in ipotesi di ristrutturazione dell'immobile, indicato nell'art. 7 della l. n. 191/1963, come modificata dalla l. n. 628/1967, ove l'immobile sia oggetto di un intervento previsto da un programma pluriennale di attuazione ai sensi delle leggi vigenti.

La riconsegna anticipata al locatore dell'immobile può, quindi, ottenersi alla prima scadenza del contratto quando questi si proponga di ricostruire l'immobile stesso, ferma restando la destinazione alberghiera, o di apportarvi notevoli migliorie che ne aumentino la capacità ricettiva o che comportino, comunque, il passaggio ad una categoria superiore. Inoltre, va evidenziato che gli interventi debbono essere documentati con il provvedimento amministrativo richiesto dalla normativa vigente, nonché con il parere favorevole del Ministero del Turismo.

Il locatore, inoltre, può godere del beneficio del diniego ove intenda esercitare personalmente nell'immobile o farvi esercitare dal coniuge o dai parenti inlinea retta, la stessa attività del conduttore, purché siano rispettate le condizioni previste dall'art. 5 della l. n. 191/1963, come modificata dalla successiva l. n. 628/1967.

Infine, la Suprema Corte ha voluto chiarire, in tempi recenti, che deve escludesi, per questo tipo di locazioni, la possibilità di diniego di rinnovo per le necessità abitative di cui all'art. 29, lett. a) (così Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2015, n. 9286).

Le sanzioni

L'art. 31 della l. n. 392/1978 pone alcune sanzioni precise a carico del locatore, il quale, una volta ottenuta la disponibilità dell'immobile locato per uno dei motivi previsti dall'art. 29 in esame, nel termine di sei mesi dall'avvenuta riconsegna non abbia adibito l'immobile ad abitazione propria, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta; non abbia adibito l'immobile all'esercizio diretto di una delle attività di cui all'art. 27; non abbia rispettato i termini previsti dalla concessione o dai piani comunali in caso di attività edilizie di demolizione, di ricostruzione, ristrutturazione o restauro del'immobile e, nel caso di destinazione alberghiera, abbia omesso di completare i lavori di ricostruzione nel termine stabilito dal Ministero del turismo e della spettacolo.

Il conduttore, in base a detta norma ha diritto di scegliere tra il ripristino del contratto di locazione (oltre al rimborso delle spese di trasloco e degli altri oneri sopportati) ed il risarcimento del danno in misura non superiore a 48 mensilità dell'ultimo canone versato, oltre, se spettante in virtù del'attività svolta, all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale prevista dall'art. 34 della disciplina.

Restano, in ogni caso, salvi i diritti dei terzi, i quali, in buona fede, abbiano preso in locazione l'immobile dopo la sua liberazione ex art. 29 cit.

L'obbligazione prevista dalla disposizione in esame riveste una duplice natura risarcitoria e sanzionatoria, che esplica i suoi effetti sui criteri di quantificazione del danno.

Premesso, inoltre, che le sanzioni previste dall'art. 31 non sono applicabili se il rilascio dell'immobile, dopo una disdetta nulla, sia avvenuto per effetto di una transazione sottoscritta dalle parti, che abbiano così regolato , con concessioni reciproche, il loro rapporto, va rilevato, in generale, che: il termine semestrale entro il quale il locatore deve adibire l'immobile all'uso indicato nella disdetta di diniego, decorre dal momento in cui questi ha ottenuto la disponibilità del bene; la prova della violazione da parte del locatore delle norme dell'art. 29, è posta a carico del conduttore, mentre solo un comportamento doloso o colposo del locatore consente l'applicabilità dell'art. 31, esclusa, invece, nell'ipotesi di sopravvenute esigenze di forza maggiore.

In tal senso la Suprema Corte si è espressa costantemente più volte, ancora di recente (v., da ultimo, Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2016, n. 1050), ove si afferma la predetta inapplicabilità della disposizione quando la tardiva o mancata destinazione dell'immobile all'uso dichiarato sia giustificata da «esigenze, ragioni o situazioni non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore» (conforme Cass. civ., sez. III, 19 dicembre 2013, n. 28469, ove si precisa che l'onere del superamento della presunzione di colpa a suo carico grava sul locatore stesso; Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2011, n. 11014, in ipotesi di esigenze abitative del figlio del locatore, indicato come nubendo nella disdetta ex art. 29 e, invece, rimasto celibe, essendo andate effettivamente a monte le nozze).

Cenni sul procedimento

Il procedimento per il diniego di rinnovo, già esaminato nella bussola relativa al diniego di rinnovo relativamente alle locazioni abitative, è parimenti a queste, quello previsto dal disposto dell'art. 30 della l. n. 392/1978.

Sostanzialmente si debbono seguire le medesime regole previste per il processo delle locazioni, modellato su quello del lavoro, di cui all'art. 447-bis c.p.c.

In particolare, l'art. 30 prevede che, avvenuta la comunicazione di diniego di rinnovo e prima della data per la quale è richiesta la disponibilità ovvero quando tale data sia trascorsa senza che il conduttore abbia rilasciato l'immobile, il locatore può ottenerne il rilascio, convenendo in giudizio il conduttore ed utilizzando le disposizioni di cui all'art. 447 bis c.p.c., riguardante le locazioni, il comodato e l'affitto di azienda e modellato, come accennato, secondo il più celere processo del lavoro.

Infatti, già alla prima udienza, se il convenuto non compare o non si oppone, il giudice, su istanza del locatore, pronuncia ordinanza di rilascio (costituente titolo esecutivo e conclusivo del giudizio) per la scadenza di cui alla comunicazione prevista dall'art. 29.

Nell'ipotesi di opposizione, poi, il giudice deve esperire tentativo di conciliazione (redigendo verbale, in caso di accordo, valido come titolo esecutivo). Se questo non riesce, in ogni momento del processo, lo stesso giudice, valutate le ragioni addotte dalle parti e le prove raccolte, potrà o meno disporre «ordinanza di rilascio costituente titolo esecutivo».

CASISTICA

Comunicazione da parte dell'originario locatore della disdetta per la seconda scadenza

In tema di locazioni ad uso non abitativo, l'avvenuta comunicazione, da parte dell'originario locatore, della disdetta del contratto alla sua seconda scadenza, ove effettuata in epoca anteriore al decorso del termine per esercitare la facoltà di impedire il rinnovo contrattale alla prima scadenza, implica la rinuncia ad esercitare tale facoltà e vale a rendere irrevocabile detta rinuncia, in applicazione del principio secondo cui l'avvenuta comunicazione di un atto negoziale comportante per il suo autore l'assunzione di vincoli di prestazione (anche di non fare), deve ritenersi definitivamente irrevocabile ove il terzo destinatario dell'atto non ne abbia ricusato gli effetti favorevoli;di conseguenza, ricorrendo la descritta evenienza, resta preclusa la facoltà di diniego di rinnovo alla prima scadenza anche all'acquirente dell'immobile locato, poiché egli subentra nella stessa posizione contrattuale del suo dante causa (Cass. civ., sez. III, 13 dicembre 2016, n. 25508).

Durata iniziale del contratto superiore al minimo di legge

Deve escludersi che, nelle locazioni non abitative, ove le parti abbiano ab initioprevisto una durata convenzionale superiore al minimo fissato dalla legge (sei o nove anni), la rinnovazione tacita del contratto, in conseguenza del difetto di rinnovo della rinnovazione stessa, possa comportare una durata superiore al minimo suddetto, ovvero pari a quella stabilita convenzionalmente all'inizio del rapporto, in quanto l'art. 28 della l. n. 392/1978 stabilisce che per le locazioni non abitative il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni e per gli immobili adibiti ad uso alberghiero di nove anni in nove anni (Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2016, n. 14367).

Realizzabilità tecnica e giuridica dell'intento

Il locatore che agisce per far valere la facoltà di diniego di rinnovo alla prima scadenza per il motivo di cui all'art. 29, comma 1, lett. b), della l. n. 392/1978, ha l'onere di provare la serietà della dedotta intenzione di adibire l'immobile all'esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una delle attività di cui all'art. 27 e, quindi, la realizzabilità tecnica e giuridica, ma non anche l'effettiva e concreta realizzazione di quell'intento (Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2016, n. 12891).

Diniego per necessità abitativa per locazioni alberghiere

In tema di diniego di rinnovo nelle locazioni alberghiere l'art. 29, II comma legge n. 392/1978 ha natura speciale rispetto al I comma e contiene una regolamentazione autonoma per questo tipo di immobili, coerente con lo scopo di assicurare una più ampia durata di tali rapporti locatizi. Ne consegue che solo nelle specifiche ipotesi ivi previste è possibile il diniego di rinnovo alla prima scadenza da parte del locatore, mentre resta esclusa la possibilità di esercitare il diniego stesso per necessità abitativa, che pure è contemplata per gli altri immobili con destinazione ad uso non abitativo dal I comma dell'art. 29, lett. a), della l. n. 392 cit. (Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2015, n. 9286).

Rinnovo tacito alla prima scadenza e effetto automatico

Il rinnovo tacito del contratto alla prima scadenza per mancato esercizio della facoltà di diniego da parte del locatore non deriva da una manifestazione di volontà negoziale, ma costituisce un effetto automatico scaturente direttamente dalla legge; pertanto, se, dopo la stipula del contratto, l'immobile sia stato sottoposto ad esecuzione forzata, è opponibile al terzo aggiudicatario (o acquirente) anche nel caso in cui non sia stata autorizzata dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 560, comma 2, c.p.c. (Cass. civ., sez. Un., 16 maggio 2013, n. 11830).

Guida all'approfondimento

Di Marzio, Locazione: ultime sul diniego di rinnovo, in Immob. & proprietà, 2010, 716;

Scarpa, Diniego di rinnovo alla terza scadenza: quali le conseguenze nell'uso diverso?, in Immob. & diritto, 2008, fasc. 3, 84;

Zerusceck - Magini, La disciplina del diniego di rinnovo nel contratto di locazione, in Immob. & proprietà, 2007, 234;

Carrato, E' dovuta l'indennità di avviamento anche se è nullo il divieto di rinnovo? in Immob. & diritto, 2008, fasc. 2, 73;

De Tilla, Disdetta e successiva scadenza contrattuale, in Rass. locazioni, 2006, 141.

Sommario