Gli obblighi dichiarativi sui requisiti di moralità nel caso di cessione di ramo d’azienda
23 Ottobre 2017
La vicenda. Una società cooperativa a responsabilità limitata impugnava dinanzi al Consiglio di Stato la sentenza emessa dal giudice amministrativo di prime cure di rigetto del ricorso proposto avverso gli esiti sfavorevoli della procedura concorsuale indetta dall'Acquedotto Lucano s.p.a. per l'aggiudicazione di un «accordo quadro con un unico operatore economico per l'esecuzione dei lavori di manutenzione di pronto intervento, realizzazione degli allacciamenti idrici e fognari, migliorie urgenti su reti idriche e fognarie e collegamenti alle nuove urbanizzazioni», conclusasi infatti con l'aggiudicazione a favore di una controinteressata società per azioni. Venivano riproposte, in sostanza, le medesime doglianze già dedotte in primo grado: ossia che la società aggiudicataria avrebbe dovuto invero essere esclusa dalla procedura perché aveva, da un lato, attestato in termini non veritieri l'inesistenza di soggetti cessati dalla carica, pur avendo viceversa acquisito, nell'anno antecedente al bando di gara, un ramo di azienda, con conseguente violazione del combinato disposto di cui all'art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006 e dell'art. 75 d.P.R. n. 445 del 2000; dall'altro, omesso di rendere le dichiarazioni in ordine ai requisiti di moralità relativi ai cessati dalla carica. Nello specifico, il disciplinare di gara testualmente imponeva alle imprese partecipanti alla gara, «a pena di esclusione», che l'attestazione del requisito di moralità fosse «resa personalmente anche da ciascuno dei soggetti indicati nell'art. 38, comma 1, lett. c) del Codice, cessati dalla carica nell'anno precedente la data di pubblicazione del bando di gara”, con la precisazione che “in caso di incorporazione, fusione societaria o cessione d'azienda, le suddette attestazioni [dovessero] essere rese anche dagli amministratori e dai direttori tecnici che [avessero] operato presso la società incorporata, fusasi o che [aveva] ceduto l'azienda nell'ultimo anno». Secondo l'appellante, quindi, l'obbligo di legge dichiarativo dell'esistenza di soggetti cessati dalla carica nonché dell'inesistenza di loro pregiudizi penali era da intendersi riferito sia alla cessione di un complesso aziendale, sia all'ipotesi di un suo ramo.
La distinzione tra cessione d'azienda e cessione di ramo d'azienda rileva, invece, anche ai fini degli obblighi dichiarativi sui requisiti di moralità. Il percorso argomentativo sostenuto dal ricorrente-appellante non viene tuttavia condiviso dal Consiglio di Stato. Premesso in via generale, quanto all'estensione degli obblighi dichiarativi sui requisiti di moralità di cui all'art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 alla fattispecie della cessione del ramo d'azienda, che secondo Cons. Stato, ad. plen., 4 maggio 2012, n. 10, nella cessione di azienda o di un ramo di essa si verifica una successione a titolo particolare, per cui passano all'avente causa tutti i rapporti attivi e passivi in cui l'azienda o il suo ramo si sostanziano, con conseguente continuità tra la precedente e la nuova gestione imprenditoriale, la sentenza segnalata stabilisce che in caso di omessa dichiarazione non deve procedersi necessarimente all'esclusione del concorrente quando:
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