L'istanza di rottamazione non preclude la condanna dell'imprenditore

La Redazione
24 Ottobre 2017

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 47596/2017, ha ricordato che in tema di evasione IVA, l'imprenditore può essere condannato anche se aveva presentato domanda per la rottamazione delle cartelle.

Evasione IVA? L'imprenditore può essere condannato anche se aveva presentato domanda per la rottamazione delle cartelle. Lo conferma la Suprema Corte, con la sentenza del 16 ottobre 2017 n. 47596. I giudici della Corte hanno però precisato che la pena di evasione IVA può essere ridimensionata se non si sia superata la nuova soglia di 250mila euro.

Con la sentenza esaminata dai Giudici, è stato condannato un imprenditore che aveva un debito IVA superiore a 100mila euro e che si era giustificato affermando di essere in crisi di liquidità; ebbene, la Cassazione ha confermato che, secondo una linea giurisprudenziale ormai consolidata, la crisi di liquidità non è una giustificazione bastante per far venir meno la responsabilità penale.

Il reato di omesso versamento, hanno annotato i giudici, è istantaneo, nel senso che il legislatore ha voluto punire il mancato versamento nel termine all'uopo stabilito.

L'istanza di rottamazione e la richiesta di rateizzazione del debito non erano poi sufficienti a “salvare” il contribuente: in seguito alle istanze, infatti, l'uomo non aveva effettuato l'integrale pagamento dell'IVA dovuta. Infatti, secondo la Corte di piazza Cavour, “in caso di procedure conciliative o di adesione, presupposto dell'applicabilità della circostanza attenuante è l'intervenuta integrale estinzione del debito d'imposta”.

L'uomo ha comunque potuto sfruttare uno sconto di pena, alla luce del nuovo limite di 250mila euro previsto dal D.Lgs. n. 158/2015.

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