Reato omissivo improprioFonte: Cod. Pen Articolo 40
24 Ottobre 2017
Inquadramento
Definiti anche come commissivi mediante omissione, i reati omissivi impropri sono rappresentati da quelle fattispecie delittuose che, a differenza dei reati omissivi propri, presentano un evento naturalistico tra i propri elementi costitutivi. I reati omissivi impropri sono reati di evento in base alla concezione “naturalistica” di evento, ovvero di evento di danno in base alla concezione “giuridica” di evento. Alla condotta giuridica del soggetto deve seguire un evento dannoso nei confronti di un bene giuridico tutelato dall'ordinamento. Tali reati non sono espressamente tipicizzati da una norma penale, tuttavia sono ricavabili dal combinato disposto della clausola generale di equivalenza di cui all'art. 40 cpv. c.p. e la norma incriminatrice di parte speciale originariamente strutturata secondo il modello del reato di azione, di volta in volta applicabile. Ai sensi dell'art. 40 cpv. c.p. «non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo»: in questo modo, il Legislatore ha inteso ricollegare la causazione di un evento dannoso e lesivo di un bene giuridico tutelato alla condotta omissiva, a condizione che sussista in capo al soggetto un obbligo giudico di impedire l'evento in concreto realizzatosi. È necessario sottolineare che la clausola di cui all'art. 40 cpv. c.p. è limitata ai soli reati commissivi di evento, non a quelli di pura condotta dove non si ha un evento da impedire e, tra questi, alle fattispecie casualmente orientate dove, non essendo indicate specifiche modalità di condotta, l'evento potrà realizzarsi anche tramite una condotta omissiva. La caratteristica dei reati omissivi propri consiste nella particolare qualificazione del soggetto titolare dell'obbligo di impedire l'evento dannoso nei confronti del soggetto leso, qualificazione che la dottrina definisce come posizione di garanzia: ad esempio la madre nei confronti dei figli, il bagnino nei confronti dei bagnanti. In proposito si è affermato: «In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente dell'agente, consistente nella presa in carico del bene protetto»Cass. pen., Sez. IV, 23 ottobre 2015, n. 2536. Requisiti del reato omissivo improprio
I requisiti caratterizzanti il reato omissivo improprio consistono in una serie di circostanze che, qualora sussistenti, consentono di inquadrare la fattispecie particolare in esame; tra queste è necessaria la contemporanea presenza di una situazione tipica da cui discende il presupposto di fatto, ovvero giuridico, che genera una situazione di pericolo per un bene tutelato dall'ordinamento, e da cui discende l'obbligo di attivarsi a protezione del bene stesso. È necessaria inoltre la mancata realizzazione dell'azione che l'ordinamento impone ad un determinato soggetto posto in una posizione c.d. di garanzia, dalla cui omissione discende la causazione dell'evento e, infine, la sussistenza di un rapporto di causalità tra la condotta omissiva e l'evento dannoso.
La situazione tipica. La situazione tipica, come detto sopra, coincide con la sussistenza di quell'insieme di presupposti fattuali che generano una situazione di pericolo, da cui scaturisce, in capo al soggetto, l'obbligo di attivarsi. Tale situazione di fatto deve essere ricompresa all'interno della condotta tipica in quanto, l'obbligo giuridico di compiere una determinata azione, non può essere distinto e scollegato da un determinato contesto attuale in presenza del quale nasce la necessarietà dell'azione positiva in capo al soggetto agente.
L'obbligo giuridico di attivarsi. In base alla cosiddetta teoria formale, l'obbligo di attivarsi può derivare esclusivamente da una fonte giuridica formale perciò, in primo luogo, la legge (sia penale che extrapenale), in secondo luogo, il contratto e, infine, una precedente azione pericolosa (la cosiddetta ingerenza). Tale teoria presenta il vantaggio si porsi in linea con il principio di tassatività ma, al contempo, lo svantaggio di legarsi, in maniera eccessivamente vincolante, ai criteri formalistici che nel diritto penale potrebbero portare a conseguenze inaccettabili (ad esempio si consideri il caso di una baby sitter che, avendo concretamente assunto l'incarico di protezione del minore, per evitare la responsabilità penale, invochi un vizio formale del contratto di lavoro, in forza del quale ha assunto la posizione di garanzia.) Viceversa sulla base della teoria contenutistica formale, l'ordinamento dovrebbe apprestare una tutela sanzionatoria solo in casi particolari: l'azione del soggetto è necessaria solo quando occorre proteggere beni di elevato valore per l'ordinamento, non proteggibili in un determinato momento (situazione tipica) dal titolare degli stessi. Ciò nonostante, detti beni, in virtù di un principio solidaristico, sono affidati ad un soggetto che si trova in una particolare situazione di garanzia con il bene stesso. La situazione di garanzia, in virtù di questa teoria, consiste in una situazione di fatto e prescinde dalla necessità di previsioni formalistiche. Deve a questo riguardo evidenziarsi che l'abbandono assoluto del criterio formale comporta un'eccessiva dilatazione dell'ambito applicativo dell'art. 40 cpv. c.p. e un inevitabile contrasto con i principi di legalità e tassatività. La concezione mista mira a raggiungere una sintesi tra le prime due teorie fin qui esposte. In base a quest'ultima concezione, l'obbligo giuridico di attivarsi, in linea con la teoria formale, discende dalla legge e dal contratto ma è richiesto che l'obbligo abbia un contenuto specifico (in linea con il principio di tassatività) e indichi con precisione quali siano i soggetti destinatari dell'obbligo stesso e i beneficiari dell'azione richiesta. La posizione di garanzia
L'obbligo rilevante ai fini dell'applicabilità dell'art. 40 cpv. c.p. è quello che si atteggia alla stregua di uno specifico obbligo di garanzia. È definito come “«quell'obbligo, gravante su specifiche categorie di soggetti (c.d. garanti), muniti dei necessari poteri giuridici, di vigilare ed intervenire direttamente sulla situazione di pericolo per impedire eventi lesivi degli altrui beni, la cui tutela è loro affidata, per l'incapacità dei titolari di salvaguardarli appieno» (LEONCINI). La posizione di garanzia ed il susseguente obbligo scaturente, deve avere la propria fonte nella legge o in altro atto dotato di “giuridicità formale”. Inoltre, nel rispetto del principio di legalità, la posizione di garanzia deve preesistere al verificarsi del presupposto fattuale che attualizza lo specifico obbligo di impedire l'evento lesivo del bene giuridico protetto. Pertanto, affinché sussista l'obbligo di garanzia è necessaria la presenza di una norma giuridica che faccia sorgere in capo al soggetto garante il c.d. obbligo di protezione dotandolo dei necessari poteri di intervento atti ad impedire, in modo tangibile e valutabile, l'evento o la situazione di pericolo. Si tenga presente che l'obbligo di garanzia deve essere distinto dall'obbligo di sorveglianza, perché la violazione di quest'ultimo assumerà rilievo penale solo nei casi in cui esista una norma penale, che preveda ad hoc una pena per tale violazione. In proposito si è ritenuto che: «Per l'individuazione dell'obbligo giuridico di impedire l'evento non basta far riferimento al principio del neminem laedere sancito dall'art. 2043 c.c. ma è necessaria una norma di legge che lo prevede specificamente ovvero l'esistenza di particolari rapporti giuridici od ancora una data situazione in ragione della quale il soggetto sia tenuto a compiere una determinata attività a protezione del diritto altrui». Cass. pen., Sez. III, 14 aprile 1983, n. 2619. Ed ancora: «In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia – che può essere generata da investitura formale o dall'esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante – opera purché l'agente assuma in concreto la gestione dei rischi connessi all'attività assunta, non estendendosi oltre la sua sfera di governo degli stessi». Cass. pen., Sez. IV, 11 ottobre 2016, n. 48793.
La posizione di controllo. Si ha qualora il contenuto dell'obbligo, in capo al soggetto che riveste la posizione di garanzia, sia di impedire che una fonte di pericolo possa ledere gli interessi di soggetti terzi. In questa ipotesi sorge in capo al garante, l'obbligo di eliminare gli specifici pericoli che proprio dalla fonte di cui sopra possono scaturire. Gli obblighi di controllo pertanto sono previsti a carico di: soggetti proprietari di edifici, costruzioni, animali e veicoli pericolosi (cfr. art. 2054 c.c.); esercenti attività pericolose tenuti all'adozione di misure di salvaguardia; coloro che sono tenuti ad impedire i reati commessi da terzi.
La posizione di protezione. La posizione di protezione attiene alla protezione del titolare del bene tutelato dall'ordinamento da qualsivoglia pericolo proveniente da qualunque fonte; essa, pertanto, presuppone un preesistente legame tra il garante ed il soggetto da tutelare. Gli obblighi di protezione sono: quelli previsti dal diritto di famiglia dei genitori nei confronti dei figli e dei tutori nei confronti dei pupilli, nonché quelli reciproci dei coniugi (cfr. gli artt. 354 e 427 c.c. nonché l'art. 143 c.c.); quelli previsti da leggi speciali per il ruolo sociale svolto dal soggetto (i.e. obblighi posti a carico dei dipendenti dell'Amministrazione penitenziaria a protezione dei detenuti).
Un'omissione potrà essere considerata causale, rispetto al verificarsi di un evento, esclusivamente nell'ipotesi in cui l'autore dell'omissione sia un soggetto gravato di un obbligo giuridico impeditivo. Pertanto, l'indagine circa la sussistenza del nesso di causalità tra un'omissione e un evento tipico lesivo di un bene tutelato dall'ordinamento sarà compiuta solo nel caso in cui il soggetto sia titolare dell'obbligo previsto dall'art. 40 cpv. c.p. Al rapporto di causalità reale proprio dell'illecito commissivo corrisponde, nell'illecito di commissione mediante omissione, la coppia concettuale formata dal nesso di causalità ipotetica e dalla posizione di garanzia (FIANDACA). Esattamente come per i reati di azione, anche nei reati commissivi mediante omissione la sussistenza del nesso causale viene accertata attraverso il c.d. giudizio controfattuale, il quale è applicato basandosi sui risultati di senso comune ovvero, attraverso il ricorso alla sussunzione sotto leggi scientifiche. Tuttavia, mancando la condotta doverosa, il giudizio controfattuale verrà svolto solo in un secondo momento infatti, in primo luogo andrà ricercata la reale (nel senso di naturalistica e fisica) causa dal quale è scaturito l'evento dannoso e, solo in un secondo momento, sarà possibile stabilire quale condotta avrebbe dovuto porre in essere il soggetto titolare della posizione di garanzia. Lo sviluppo della giurisprudenza in materia di nesso causale omissivo ha portato a considerarlo sussistente nell'ipotesi in cui, verificata la portata della legge scientifica e dunque della c.d. probabilità statistica, questa sia affiancata dalla presenza della imprescindibile probabilità logica, in base alla quale viene verificata l'attendibilità della legge statistica per il singolo caso specifico.
La colpevolezza
L'art. 27 Cost. stabilisce il principio della personalità della responsabilità penale, in base al quale nessun soggetto può essere punito se non per un fatto da lui oggettivamente commesso con dolo o colpa. Nei reati omissivi impropri, essendo rovesciata la fattispecie, il soggetto sarà responsabile penalmente qualora si discosti, dolosamente o colposamente, dall'azione che l'ordinamento si auspicava da lui, quando, dunque, non abbia agito come avrebbe potuto per impedire l'evento dannoso poi verificatosi. Affinché possa integrarsi una fattispecie di reato omissivo improprio doloso è necessaria la sussistenza dei seguenti elementi:
Per l'integrazione delle ipotesi colpose saranno invece elementi necessari:
Casistica
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