Legge - 24/03/2001 - n. 89 art. 5 - (Notificazioni e comunicazioni) 1

Rosaria Giordano

(Notificazioni e comunicazioni) 1

 

1. Il ricorso, unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, e' notificato per copia autentica al soggetto nei cui confronti la domanda e' proposta.

2. Il decreto diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e la domanda di equa riparazione non puo' essere piu' proposta.

3. La notificazione ai sensi del comma 1 rende improponibile l'opposizione e comporta acquiescenza al decreto da parte del ricorrente.

4. Il decreto che accoglie la domanda e' altresi' comunicato al procuratore generale della Corte dei conti, ai fini dell'eventuale avvio del procedimento di responsabilita', nonche' ai titolari dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento.

[1] Articolo sostituito dall'articolo 55, comma 1, lettera e), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 con la decorrenza di cui al comma 2 del medesimo decreto.

Inquadramento

L'art. 5 legge 24 marzo 2001, n. 89, stabilisce che, nell'ipotesi di accoglimento, anche solo in parte, della domanda monitoria, il ricorso, unitamente al decreto, è notificato per copia autentica al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta, a pena di inefficacia del provvedimento emesso, entro il termine di trenta giorni dal deposito dello stesso in cancelleria.

Poiché conseguenza dell'inefficacia è, nel caso in esame, la non riproponibilità della domanda la Corte di legittimità ha chiarito che, in materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, l'inefficacia del decreto ingiuntivo reso ex art. 3, comma 5, della l. n. 89/2001, perché notificato oltre il termine previsto dall'art. 5, comma 2, di quest'ultima, deve essere fatta valere con l'opposizione di cui al successivo art. 5-ter, la quale, instaurando il contraddittorio tra le parti, impone alla corte di appello non solo di esaminare l'eccezione d'inefficacia di quel decreto ma anche di valutare la fondatezza, o meno, della domanda introdotta con il ricorso monitorio (Cass. n. 20695/2016).

Onere di notifica del decreto e conseguenze dell'omessa e/o tardiva notifica

L'art. 5, stabilisce che, nell'ipotesi di accoglimento, anche solo in parte, della domanda monitoria, il ricorso, unitamente al decreto, è notificato per copia autentica al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta, a pena di inefficacia del provvedimento emesso, entro il termine di trenta giorni dal deposito dello stesso in cancelleria.

La S.C. ha recentemente evidenziato che il decreto di rigetto della Corte d'Appello, pronunziato sul ricorso avverso il rifiuto del cancelliere di rilasciare alla parte copia in forma esecutiva del decreto ingiuntivo reso ai sensi dell'art. 5 della l. n. 89 del 2001 e motivato sul presupposto dell'intervenuta inefficacia del decreto medesimo, siccome notificato senza il ricorso introduttivo del giudizio ex lege Pinto, non è impugnabile in cassazione a norma dell'art. 111 Cost., trattandosi di atto di volontaria giurisdizione - adottato sulla base della sola audizione del cancelliere e senza necessità di instaurazione del contraddittorio con il soggetto passivo del diritto alla copia - privo, pertanto, dei caratteri di decisorietà e definitività, stante la possibilità di far valere in via ordinaria contenziosa le ragioni della parte creditrice (Cass. n. 28423/2019).

La notifica, essendo convenuta in ogni caso in giudizio un'Amministrazione dello Stato, deve essere eseguita, a pena di nullità, ai sensi dell'art. 11 del r.d. n. 1611/1933, presso l'ufficio dell'avvocatura dello Stato nel quale ha sede l'autorità giudiziaria, ossia l'ufficio distrettuale dell'avvocatura dello Stato con sede presso la Corte d'Appello che ha pronunciato sulla domanda di equa riparazione (Martino, 570).

Occorre tener presente che, secondo quanto più volte affermato in sede di legittimità, la notificazione dell'atto introduttivo di un giudizio eseguita direttamente all'Amministrazione dello Stato e non presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato, nei casi nei quali non si applica la deroga alla regola di cui all'art. 11 r.d. n. 1611/1933, non può ritenersi affetta da mera irregolarità o da inesistenza, bensì, secondo quanto disposto dalla predetta norma, da nullità, ed è quindi suscettibile di rinnovazione ai sensi dell'art. 291 c.p.c. ovvero di sanatoria nel caso in cui l'Amministrazione si costituisca in giudizio (Cass. n. 5212/2008).

Alla luce di siffatti principi occorre chiedersi se il decreto che si pronuncia sulla domanda di equa riparazione divenga inefficace – con le gravi conseguenze di cui si dirà in ordine alla riproponibilità della domanda medesima — nell'ipotesi di nullità della notificazione dello stesso, ad esempio per errata notificazione presso la sede dell'Avvocatura generale dello Stato e non dell'Avvocatura distrettuale, con sede presso la Corte d'Appello che ha pronunciato sulla domanda di equa riparazione.

Potrebbe ritenersi che la nullità della notifica del decreto non ne comporti l'inefficacia, considerato che il vizio di nullità e non di inesistenza della notificazione comporta la sanatoria della relativa attività processuale e tenuto conto dell'orientamento, assolutamente consolidato, relativo al procedimento per ingiunzione di cui al libro IV del codice di procedura civile, secondo cui nell'ambito della disciplina dettata dall'art. 644 c.p.c., l'inefficacia del decreto ingiuntivo è legittimamente riconducibile alla sola ipotesi in cui manchi o sia inesistente la notifica nel termine stabilito dalla norma predetta poiché la notificazione del decreto ingiuntivo comunque effettuata, anche se nulla, è pur sempre indice della volontà del creditore di avvalersi del decreto stesso, di talché potendo tale nullità od irregolarità essere fatta valere a mezzo dell'opposizione tardiva di cui al successivo art. 650 c.p.c., deve essere esclusa la presunzione di abbandono del titolo che costituisce il fondamento della previsione di inefficacia di cui all'art. 644 c.p.c. (Cass. n. 17478/2011).

A quest'ultimo riguardo, invero, sebbene il richiamo ad alcune specifiche norme come l'art. 640 c.p.c. relative al procedimento per ingiunzione potrebbe far ritenere le altre per converso inapplicabili, crediamo difatti che, sulla scorta dei principi generali, debba essere riconosciuta all'Amministrazione destinataria dell'ingiunzione di pagamento la possibilità di proporre opposizione, anche tardivamente, laddove la mancata conoscenza del decreto si correli a circostanze non imputabili alla stessa, tra le quali rientra senz'altro la nullità della notifica del provvedimento.

Questa tesi è stata recentemente confermata dalla S.C., la quale ha espresso il principio secondo cui, in tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo, non può essere proposta opposizione al decreto di ingiunzione ai sensi dell'art. 5-ter della l. n. 89 del 2001, al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia del decreto in conseguenza della nullità della sua notificazione, essendo tale procedimento assoggettato allo stesso principio affermato con riguardo al procedimento monitorio, secondo il quale la nullità della notificazione del decreto ingiuntivo rileva unicamente per consentire la proposizione dell'opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.) e non anche per conseguire la declaratoria d'inefficacia del decreto (artt. 644 c.p.c. e 188 disp. att. c.p.c.), la quale può esser pronunciata solo in caso di mancata notifica o di notifica giuridicamente inesistente del menzionato decreto (Cass. n. 21420/2018).

Il comma 2 dell'art. 5 della legge c.d. Pinto stabilisce che il decreto che si è pronunciato sulla domanda di equa riparazione diventa inefficace se non tempestivamente notificato alla parte convenuta nell'indicato termine di trenta giorni dal deposito dello stesso in cancelleria, precisando – con una soluzione ancora una volta differente da quella propria del procedimento per ingiunzione ex artt. 633 e ss. c.p.c. – che l'inefficacia preclude la possibilità di riproporre la domanda in sede monitoria(sul punto v., di recente, Cass. n. 10879/2018).

Si tratta, evidentemente, di una conseguenza sanzionatoria molto più grave rispetto a quella prevista nell'ordinario giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo dall'art. 644 c.p.c. per l'ipotesi di notificazione tardiva del provvedimento monitorio. Invero, a riguardo, è stato più volte ribadito il principio per il quale la notificazione del decreto ingiuntivo oltre il termine di quaranta giorni dalla pronuncia comporta, ai sensi dell'art. 644 c.p.c., l'inefficacia del provvedimento, vale a dire rimuove l'intimazione di pagamento con esso espressa e osta al verificarsi delle conseguenze che l'ordinamento vi correla, ma non tocca, in difetto di previsione in tal senso, la qualificabilità del ricorso per ingiunzione come domanda giudiziale, sicché, ove su detta domanda si costituisca il rapporto processuale, ancorché su iniziativa della parte convenuta (in senso sostanziale), la quale eccepisca quell'inefficacia, il giudice adito, alla stregua delle comuni regole del processo di cognizione, ha il potere-dovere non soltanto di vagliare la consistenza dell'eccezione (con le implicazioni in ordine alle spese della fase monitoria), ma anche di decidere sulla fondatezza della pretesa avanzata dal creditore ricorrente (Cass. n. 951/2013). In sostanza, a venire meno, nell'ipotesi di tardiva notificazione, è soltanto il decreto pronunciato con persistenza del dovere dell'autorità giudiziaria, in sede di opposizione, di vagliare la fondatezza della domanda proposta dal ricorrente sin dalla fase monitoria monitoria(sul punto v., di recente, Cass. n. 10879/2018).

Sotto altro e concorrente profilo, la Corte di legittimità ha anche precisato che, in materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo, l'inefficacia del decreto ingiuntivo resoexart. 3, comma 5, della l. n. 89 del 2001, perché notificato oltre il termine previsto dall'art. 5, comma 2, di quest'ultima, deve essere fatta valere con l'opposizione di cui al successivo art. 5- ter, la quale, instaurando il contraddittorio tra le parti, impone alla corte di appello non solo di esaminare l'eccezione d'inefficacia di quel decreto ma anche di valutare la fondatezza, o meno, della domanda introdotta con il ricorso monitorio (Cass. n. 20695/2016).

La S.C. ha utilizzato la medesima impostazione anche per risolvere la distinta problematica della notifica del solo decreto ingiuntivo all'Amministrazione e non altresì del ricorso monitorio. È stato in particolare affermato che nel procedimento di equa riparazione per durata irragionevole del processo, come modificato dalla l. n. 134/ 2012, la notifica al Ministero del solo decreto ingiuntivo e non anche del ricorso, integra una nullità formale ai sensi dell'art. 156, comma 2, c.p.c., poiché non realizza lo scopo dell'atto, costituito dalla piena conoscenza legale della domanda giudiziale da parte dell'amministrazione ingiunta, ma è suscettibile di sanatoria, con efficacia «ex tunc», ove, a seguito dell'opposizione erariale, il ricorrente esegua tempestivamente la rinnovazione della notifica del ricorso disposta dalla corte d'appello ex art. 291 c.p.c. (Cass. n. 3159/2016).

Le radicali conseguenze dell'inefficacia del decreto pronunciato sul ricorso di equa riparazione rispetto a quelle determinate dall'inefficacia del provvedimento monitorio ex art. 644 c.p.c. rendono ragione delle perplessità espresse sulla previsione, anche da parte dell'art. 5, secondo comma, legge c.d. Pinto, della decorrenza del termine di trenta giorni per la notifica dello stesso dal momento della pronuncia e non già da quello di comunicazione al ricorrente. In particolare, si è osservato che la disciplina in questione può suscitare, pur in presenza di una fattispecie generale di rimessione nei termini processuali come quella oggi contemplata dall'art. 153, secondo comma, c.p.c., dubbi di legittimità costituzionale alla luce, peraltro, dei consolidati principi affermati dalla Corte Costituzionale in tema di decorrenza del termine per la riassunzione del procedimento interrotto ex art. 305 c.p.c. (cfr. De Santis Di Nicola, Ragionevole durata del processo e rimedio effettivo, cit., 294 ss., il quale richiama, tra le altre, Corte cost. n. 17/2010, in Corr. giur., 2010, 610, con nota di Murino, Fictio iuris della regola dell'»ora zero» e dies a quo per la prosecuzione del giudizio da parte della curatela fallimentare, secondo cui non è fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 305 c.p.c., censurato, in riferimento agli artt. 3,24 e 111, comma 2, Cost., nella parte in cui fa decorrere dalla data dell'interruzione del processo per intervenuta dichiarazione di apertura di fallimento ex art. 43, comma terzo, della l.fall., e non dalla data di effettiva conoscenza dell'evento interruttivo, il termine per la riassunzione del processo ad opera di parte diversa da quella dichiarata fallita (ovvero diversa dai soggetti che comunque hanno partecipato al procedimento per la dichiarazione di fallimento), essendo da tempo acquisito il principio per cui nei casi di interruzione automatica del processo il termine per la riassunzione decorre non già dal giorno in cui l'evento interruttivo è accaduto, bensì dal giorno in cui esso è venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione medesima, la norma censurata non viola gli indicati parametri ove sia interpretata nel senso che, anche nell'ipotesi di interruzione automatica del processo per fallimento di parte costituita, fa decorrere il termine per la riassunzione, ad opera della parte interessata, dalla data di effettiva conoscenza dell'evento interruttivo).

Peraltro, potrebbe essere patrocinata proprio alla luce di tale disposizione normativa una disciplina costituzionalmente orientata della disciplina normativa, considerato che, come è stato condivisibilmente osservato anche in sede di merito, il nuovo comma secondo dell'art. 153, aggiunto dalla l. n. 69/2009 di modifica del codice di rito, prevede ora un principio generale, non limitato alla fase istruttoria del procedimento ordinario di cognizione, di rimessione in termini per la parte che sia incorsa in decadenze senza colpa, in quanto l'abrogazione dell'art. 184-bis c.p.c. e lo spostamento del suo contenuto nell'art. 153, cioè nel capo del codice dedicato in via generale ai termini processuali, dunque, non può che avere il significato di applicazione generalizzata dell'istituto della rimessione in termini che pertanto è adesso ammessa anche nel caso di mancata notificazione del decreto ingiuntivo nel termine di 60 gg. previsto dall'art. 644 c.p.c., che non sia dovuta a colpa del creditore (Trib. Torino 12 giugno 2012).

In ogni caso, deve ritenersi che anche nella fattispecie in esame operi il principio in forza del quale il termine previsto per la notifica al debitore del decreto è di natura processuale per cui non incidendo su situazioni giuridiche sostanziali delle parti e non essendo inerente alle controversie indicate all'art. 3 l. n. 742 del 1969, è da ritenersi assoggettato alla sospensione feriale (v., tra le altre, Trib. Trento 13 gennaio 2012, n. 55, in Guida dir., 2012, n. 3, 67).

Inoltre, ai fini del rispetto del termine per la notifica del decreto occorrerà aver riguardo al momento nel quale il creditore/notificante abbia esaurito le formalità rientranti nel proprio onere (ad esempio, consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario) e non a quello di perfezionamento della notifica stessa nei confronti del destinatario, considerata la valenza generale del principio, espresso a partire da Corte cost. n. 477/2002 in tema di notifiche a mezzo del servizio postale, secondo cui la notifica di un atto processuale, almeno quando debba compiersi entro un determinato termine, si intende perfezionata, dal lato dell'istante, al momento dell'affidamento dell'atto all'ufficiale giudiziario, posto che, come affermato nella giurisprudenza costituzionale, il notificante deve rispondere soltanto del compimento delle formalità che non esulano dalla sua sfera di controllo, secondo il «principio della scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio» (Cass. n. 359/2010).

Il provvedimento dichiarativo dell'inefficacia del decreto ingiuntivo reso a norma dell'art. 188 disp. att. c.p.c. (mancata notificazione nel termine prescritto) ha contenuto decisorio, in quanto incide sulle posizioni di diritto soggettivo del creditore e del debitore, e, pertanto, non essendo altrimenti impugnabile, è ricorribile per cassazione solo per violazione di legge, ai sensi dell'art. 111 Cost.

Il comma 3 dell'art. 5 l. n. 89/2001, prevede, inoltre, sempre nell'obiettivo deflattivo di evitare l'incardinarsi di giudizi di opposizione sul provvedimento che ha pronunciato in ordine alla domanda di equa riparazione, che nell'ipotesi di decreto di accoglimento parziale di tale domanda, laddove il ricorrente notifichi lo stesso il decreto all'Amministrazione convenuta senza proporre, come possibile, opposizione avverso siffatto provvedimento, tale notifica deve essere intesa quale presunzione di acquiescenza al decreto da parte del ricorrente.

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