L'assegno per il coniuge tra separazione e divorzio

02 Novembre 2017

Con la sentenza della Cassazione 10 maggio 2017, n. 11504, si è determinata una forte discrasia tra assegno di divorzio e assegno di mantenimento. L'Autore rilegge, alla luce del révirement giurisprudenziale la tesi diffusa secondo cui il Giudice del divorzio può disporre la somministrazione di un assegno anche in presenza di una pronuncia attributiva dell'assegno di separazione.
La svolta della Cassazione e il problema dei rapporti tra separazione e divorzio

La svolta, ormai notissima e in via di consolidamento, impressa dalla sentenza Cass. civ. 10 maggio 2017, n. 11504 (cfr. A. Simeone, Il “nuovo” assegno di divorzio secondo la Cassazione: modernità o arretramento?, in ilFamiliarista.it) e dalle successive pronunzie (Cass. civ. 11 maggio 2017, n. 11538; Cass. civ. 22 giugno 2017, n. 15481 nonché da Cass., ord., 26 luglio 2017, n. 18527 e Cass., ord., 29 agosto 2017, n. 20525) al modo di intendere l'art. 5, comma 6, l. 1 dicembre 1970, n. 898, in forza della quale per l'assegno di divorzio non vale più la correlazione al tenore di vita ante crisi che, invece, secondo costante giurisprudenza (Cass. civ. 16 maggio 2017, n. 12196), continua a valere per l'assegno di mantenimento, sollecita a ripensare al tema - su cui, come si chiarirà, il révirement ha una incidenza concreta notevole - della possibilità, per il Giudice del divorzio, di decidere del pagamento di un assegno determinato secondo i canoni previsti dalla norma appena citata, laddove, nel corso o al termine del processo di separazione, sia stato attributo ad uno dei coniugi un assegno di mantenimento.

Il tema si pone sia allorché il processo divorzile si apra dopo che quello di separazione si è definitivamente ed integralmente chiuso, sia allorché il processo divorzile si apra mentre quello di separazione è ancora pendente, dopo la sentenza sullo status, in primo grado o in grado superiore, per il persistere della controversia sull'assegno di mantenimento.

La tesi della limitazione temporale dei provvedimenti di separazione sino all'udienza presidenziale del giudizio di divorzio

È diffusa la tesi secondo cui il provvedimento emesso in sede di separazione non preclude che, in sede di divorzio, il Presidente e il Giudice istruttore possano imporre la somministrazione di un contributo determinato secondo i canoni dell'art. 5, comma 6, l. div, ed anzi si ritiene che la pronuncia del Giudice del divorzio limiti temporalmente l'efficacia del suddetto provvedimento sostituendosi ad esso a decorrere dal giorno in cui è emessa; del pari quel provvedimento non precluderebbe al Collegio di disporre un assegno di mantenimento con effetto dal giorno del deposito del ricorso, ai sensi dell'art. 4, comma 13, l. div. (Trib. Milano, ord., 26 febbraio 2016, secondo cui «dal momento del deposito del ricorso divorzile (o, comunque, quanto meno dall'adozione dei provvedimenti provvisori ex art. 4 l. div.)» il Giudice del divorzio ha potestà esclusiva sulle questioni economiche e il Giudice della separazione «non può più pronunciarsi sulle questioni economiche se non con riguardo al periodo compreso tra la data di deposito del ricorso per separazione e la data di deposito del ricorso divorzile»; conforme, App. Catania, ord., 6 febbraio 2014; Trib. Arezzo, 5 luglio 2017, n. 826; in dottrina, F. Tommaseo, Sui profili processuali della crisi della famiglia, in Fam. e dir., 2017, 484 ss., in part. 486: secondo cui «L'attuazione del cumulo fa sì che l'oggetto del giudizio di separazione sia fortemente ridimensionato, in particolare, per quanto riguarda l'assegno di mantenimento, previsto dall'art. 156 c.c.: il giudice, pronunciandosi sulla domanda di divorzio, dovrà applicare i criteri più restrittivi previsti dall'art. 5, comma 6, e può disporre che l'obbligo della somministrazione dell'assegno decorra dal momento della domanda di divorzio riducendo in modo molto sensibile il periodo in cui il coniuge potrà percepire l'assegno di mantenimento previsto in caso di separazione senza addebito»; F. Danovi, I rapporti tra il processo di separazione e il processo di divorzio alla luce della L. 55/2015, in Fam. e dir., 2016, 1093 ss., spec. 1104 s.: «nel momento in cui il Presidente in sede di divorzio assume i provvedimenti di sua competenza, il giudizio è ormai incardinato verso l'attribuzione (…) di un assegno divorzile (che potrebbe, oltretutto, essere riconosciuto ex tunc, a far data tempo dalla domanda ex art. 4, comma 13, l. div.), sicché sarebbe del tutto irragionevole consentire al giudice della separazione di mantenere ancora inalterata nella sua dimensione temporale la potestas decidendi sulla domanda di assegno di mantenimento»).

Fino al révirement la tesi di cui sopra è invalsa, per un verso, in ragione del fatto che essa è sembrata in grado di offrire una soluzione ragionevole alla questione che occupa nella cornice più ampia del problematico coordinamento tra processo di separazione e processo di divorzio (su cui F. Danovi, I rapporti tra il processo di separazione e il processo di divorzio alla luce, cit.), per altro verso, e principalmente, in ragione del fatto che entrambi gli assegni sono stati riferiti al criterio del tenore di vita ante crisi e che, dunque, nel diritto vivente, si è assistito «ad una sorta di interscambiabilità» tra l'uno e l'altro (G. Casaburi, Tenore di vita ed assegno divorzile (e di separazione): c'è qualcosa di nuovo oggi in Cassazione, anzi di antico, in Foro it., 2017, I, 1983 s.), per altro verso ancora, in corrispondenza dell'adozione da parte di molti Tribunali di provvedimenti organizzativi in forza dei quali, in caso di contemporanea pendenza, presso quegli Uffici, del processo di divorzio e del processo di separazione (ancora pendente in primo grado dopo la sentenza parziale, per le questioni accessorie e specificamente, riguardo a quanto qui interessa, per le questioni economiche), il primo giudizio è assegnato al Giudice investito del secondo per una trattazione unitaria (previo provvedimento ex art. 274 c.p.c. o indipendentemente da tale provvedimento di riunione), con assorbimento di quello di separazione in quello di divorzio (Trib. Milano, delibera organizzativa, 25 maggio 2015, che parla di processi legati da un vincolo di «connessione ex lege n. 55/2015»; analogamente, pur senza richiamare la figura della connessione, i Tribunali di Pistoia, Roma, Torino e Verona, con provvedimenti di ripartizione tabellare degli affari, rispettivamente, in data 9 giugno 2015, 25 giugno 2015, 10 luglio 2015 e 31 luglio 2015, citati da F. Danovi, op. cit., 1101, nota 32 e Tribunale di Torino, con variazione tabellare in data 10 luglio 2015, nonché il Tribunale di Arezzo, ove i due processi sono riuniti da parte del Giudice istruttore).

Rilettura della tesi dopo il révirement della Cassazione

Vi è tuttavia motivo per dissentire: fino al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio (parziale o definitiva), i coniugi, sebbene separati, sono ancora tali; in coerenza con questo status, ciascuno di essi ha diritto a conservare l'assegno di mantenimento attribuitogli in sede di separazione, salva la possibilità di modifica per sopravvenienze ex art. 710 c.p.c., da parte, in ogni caso, del Giudice della separazione (Cass. civ., 8 febbraio 2012, n. 1779), non del Giudice del divorzio (così, invece, ma in base alle considerazioni che seguono non condivisibilmente, Cass. civ. 10 febbraio 2008, n. 28990); il Giudice del divorzio non ha il potere di pronunciarsi sull'assegno se non con la sentenza, con la quale soltanto si determina il nuovo status di ex coniugi, presupposto logico giuridico dell'attribuzione dell'assegno divorzile, e con effetto dal passaggio in giudicato della sentenza stessa o, trattandosi di sentenza parziale, da un momento successivo, stabilito con la sentenza definitiva (Cass. civ. 18 giugno 2009, n. 14214, punto 3 della motivazione) e mai, invece, con effetto retroattivo.

Provvedimento attributivo dell'assegno divorzile in assenza di assegno di mantenimento

Nell'ipotesi in cui, in sede di separazione, niente sia stato disposto quanto all'obbligo di mantenimento, il Presidente e il Giudice istruttore del giudizio di divorzio possono adottare un provvedimento attributivo di un assegno; nel far ciò essi devono peraltro applicare non i canoni di cui all' art. 5 l. div. ma le regole di cui all'art. 156 c.p.c. essendo queste ultime le regole appropriate al persistente stato coniugale delle parti (in senso conforme, C. Bona, Il révirement sull'assegno divorzile e gli effetti sui rapporti pendenti, in Foro it., 2017, c. 1900); il Collegio, a propria volta, può, con la sentenza parziale o definitiva, stabilire l'obbligo di somministrazione dell'assegno, questa volta propriamente di divorzio, con decorrenza, se del caso, anche dal momento della domanda laddove necessità assistenziali della parte debole giustifichino il temperamento consentito dall'art. 4, comma 13, l. 1 dicembre 1970, n. 898, alla regola per cui l'assegno decorre dal passaggio in giudicato della statuizione di risoluzione del vincolo coniugale.

La lettera della legge è perfettamente conseguente a quanto precede: l'art. 5, comma 6, l. div., menziona l'assegno come oggetto della sentenza che pronuncia lo scioglimento del matrimonio; l'art. 4, comma 8, l. div. non parla di assegno di divorzio ma di «provvedimenti opportuni».

In conclusione

In conclusione, il potere del Presidente e del Giudice istruttore in sede divorzile di decidere di un assegno allorché sia già stato attribuito ad una delle parti un assegno di mantenimento va negato; va parimenti, in tal caso, negato il potere del Collegio di attribuire l'assegno con decorrenza dalla domanda; la parte conserva l'assegno di mantenimento fino al passaggio in giudicato della sentenza (parziale o definitiva) di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio; da questo momento può avere diritto ad un assegno divorzile sempre che, stando ai principi posti dalla sentenza Cass. civ. 10 maggio 2017, n. 11504, versi in condizioni di incapacità di procurarsi i mezzi necessari per essere economicamente autosufficiente.

La conseguenza di quanto precede è, oggi, una volta sciolto quel rapporto di sostanziale interscambiabilità tra i due assegni, di immediato impatto pratico: la tesi qui criticata porta ad accentuare, rispetto a quanto accade nel quadro della soluzione che qui si sostiene essere corretta, il ricorso, da parte di chi benefici di un assegno di mantenimento ma tema di vedersi attribuire un molto più modesto assegno divorzile o addirittura di perdere del tutto ogni ausilio, a strategie processuali volte ad ostacolare, in primo luogo, la pronuncia di separazione e, in secondo luogo, specie attraverso strumentali eccezioni di riconciliazione, la pronuncia, anche non definitiva, di divorzio, con ciò andando in contrasto al favor libertatis espresso già nella novella del 1987 (l. 6 marzo 1987, n. 74) e, da ultimo, con la l. 6 maggio 2015, n. 55, ed ispirato alla necessità di consentire una pronta acquisizione dello stato libero indispensabile, successivamente alla disgregazione del primo gruppo familiare, per l'esercizio del fondamentale diritto alla costituzione di una nuova famiglia riconosciuto dall'art. 12 CEDU e dall'art. 9 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (Cass. civ. 10 maggio 2017, n. 1504, punto 2.2. della motivazione).

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