La legge Gelli salva il medico imperito indipendentemente dal grado della colpa
07 Novembre 2017
La Corte di cassazione, Sez. IV, con la sentenza n. 50078 depositata il 31 ottobre 2017 ha affermato il seguente principio di diritto: «l'art. 590-sexies comma 2 c.p., articolo introdotto dalla legge 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), prevede una causa di non punibilità dell'esercente la professione sanitaria, operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto alle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico assistenziali adeguate alla specificità del caso), nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la condotta imperita nell'applicazione delle stesse».
Con l'introduzione dell'art. 590-sexies, comma 2, c.p. ad opera della legge Gelli (art. 6, legge 8 marzo 2017, n. 24), il Legislatore ha dunque deciso di prevedere, in relazione alla colpa per imperizia nell'esercizio della professione sanitaria, un trattamento diverso e più favorevole rispetto alla colpa per negligenza o per imprudenza. L'operatività di tale causa di esclusione della punibilità è subordinata alla condizione che dall'esercente la professione sanitaria siano state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali e che dette raccomandazioni risultino adeguate alla specificità del caso concreto. Rispetto alla disciplina contenuta nella legge Balduzzi, inoltre – in un'ottica di attenuazione del giudizio sulla colpa medica – non è ora attribuito più alcun rilievo al grado della colpa e ciò comporta che alla colpa grave non può più attribuirsi un rilievo differente rispetto alla colpa lieve, essendo entrambe ricomprese nell'ambito di operatività della causa di non punibilità di cui all'art. 590-sexies c.p. |