Diritto di accesso agli atti relativi a notifica a mezzo PEC

Elia Barbujani
07 Novembre 2017

In tema di accesso agli atti, sussiste il diritto di visionare ed estrarre copia dei documenti conservati dal Comune, in capo alla parte, coinvolta in altra vertenza, in cui l'Ente abbia eccepito la nullità della notifica dell'atto introduttivo del giudizio.
Massima

In tema di accesso agli atti, sussiste il diritto di visionare ed estrarre copia dei documenti conservati dal Comune, in capo alla parte, coinvolta in altra vertenza, in cui l'Ente abbia eccepito la nullità della notifica dell'atto introduttivo del giudizio.

La Pubblica Amministrazione, secondo un principio consolidato in giurisprudenza, deve consentire l'accesso al documento se questo contiene notizie e dati che, secondo l'esposizione dell'istante ed alla luce di un esame oggettivo, attengano alla situazione giuridica tutelata, fondandola, integrandola, rafforzandola o citandola, ovvero con essa interferiscano, ledendola, diminuendone gli effetti o ancora documentino parametri, criteri e giudizi rilevanti al fine di individuare il metro di valutazione utilizzato.

Conseguentemente, accertato il collegamento, ogni altra indagine sull'utilità ed efficacia in chiave difensiva del documento o sull'ammissibilità o tempestività della domanda di tutela prospettata è sicuramente ultronea, così come è ultronea l'indagine sulla natura degli strumenti di tutela disponibili poiché essi possono essere giurisdizionali, ma anche amministrativi e di natura non rimediale (Cons. Stato n. 1211/2014).

Il caso

L'odierna ricorrente, società vittoriosa in primo grado, riceveva in sede di appello contestazione circa la validità della propria notifica telematica dell'atto di citazione introduttivo dell'originaria vertenza di primo grado, ciò in quanto l'appellante, Ente Locale, riferiva la mancata inclusione, nell'elenco pubblico di cui all'art. 16-ter d.l. n. 179/2012, dell'indirizzo PEC ove veniva effettuata, lamentando dunque la nullità della notifica effettuata ad indirizzo non risultante da pubblico registro e conseguentemente richiedendo alla Corte di Appello la riforma dell'impugnata sentenza.

In ragione di ciò, la ricorrente presentava all'Ente appellante mediante raccomandata domanda di accesso ai documenti amministrativi ex l. n. 241/1990, richiedendo espressamente le note e/o informazioni di registrazione a Protocollo e segnatura sul documento in questione in riferimento alla ricezione della notifica effettuata in relazione alla causa di primo grado.

A tale richiesta, il Comune formulava risposta negativa, affermando che la medesima istanza avesse natura generica ed esplorativa, altresì rilevando carenza di interesse dell'istante ad ottenere quanto richiesto, avendo il legale attestato sotto la propria responsabilità l'avvenuta notificazione per via digitale dell'atto in questione.

In motivazione veniva statuita la fondatezza del ricorso, meritevole di accoglimento, poiché:

«l'interesse attuale e concreto all'accesso al documento in capo alla società ricorrente discende dalla titolare del rapporto, prima contrattuale e poi processuale, con il Comune Convenuto»,

ciò, secondo un principio consolidato in giurisprudenza (Cons. Stato, sez. IV, 13 maggio 2014 n. 1211), per cui la PA deve consentire l'accesso al documento contenente notizie e dati che secondo l'esposizione dell'istante attengano alla situazione tutelata, oppure interferiscano con la stessa o anche documentino aspetti circa le valutazioni effettuate dalla PA: con la conseguenza che una volta accertato il collegamento, ogni ulteriore indagine circa utilità ed efficacia del documento, ammissibilità o tempestività della richiesta, è da intendersi ultronea.

Sicché nel caso, «l'istanza di accesso presentata è puntuale e ben circoscritta, poiché a fronte del motivo di appello avversario costituito dall'eccepita nullità della notifica dell'atto introduttivo del giudizio, viene richiesta la visione delle risultanze documentali del Protocollo, con riferimento ad una data determinata».

La conseguenza giuridica finale è dunque l'accoglimento del ricorso, con condanna all'Ente al pagamento alle spese processuali ed ordine al medesimo di consentire l'accesso al documento mediante visione ed estrazione di copia come da richiesta della ricorrente.

La questione

La sentenza pone l'attenzione su alcuni aspetti di rilievo.

Sotto un profilo sostanziale, si evidenzia la tematica del diritto di accesso, che nel caso assume un'ulteriore rilevanza, alla luce della questione, particolarmente attuale, del Protocollo Informatico degli Enti Locali, di cui ai d.P.C.M. 3 dicembre 2013 e 13 novembre 2014.

In ambito processuale, si evidenzia come di principale interesse, per le ricadute sull'intero Processo Telematico, la questione relativa al mancato utilizzo, per le notifiche via PEC, di un indirizzo collocato sul Registro di legge (nel caso, il registro di cui all'art. 16-ter d.l. n. 179/2012, quale ad esempio il Registro delle PA tenuto dal Ministero della Giustizia), ma presente su altro Registro (nel caso, il Registro IPA, oggetto della celebre Nota del Dipartimento Affari di Giustizia del 20 giugno 2016).

Le soluzioni giuridiche

La sentenza del TAR Piemonte analizza la questione del diritto di accesso e ritiene, in ossequio all'orientamento giurisprudenziale maggioritario, accoglibile la richiesta avanzata da un soggetto, parte sostanziale e processuale in altri rapporti con l'Ente oggetto della medesima domanda, in quanto strettamente correlata ad un interesse concreto ed attuale, non essendo necessitato lo svolgimento di ulteriori valutazioni circa l'utilità ed efficacia in sede di strategia processuale del documento così acquisito.

Viene infatti dato risalto, ai fini della valutazione di tale interesse, ad alcuni aspetti:

  • sussistenza della titolarità di un rapporto, contrattuale e processuale, tra parte istante ed Ente;
  • attinenza delle notizie o dei dati alla situazione giuridica, sotto un profilo di carattere positivo (circostanze in grado di fondare, integrare, rafforzare o anche solo citare la posizione della parte), negativo (circostanze in grado di interferire, ledere o diminuire l'efficacia di quanto fatto valere dalla parte) oppure meramente fattuale (quale un dato documentale relativo a parametri, criteri e giudizi applicati per valutare la fattispecie);
  • nonrilevanzadiulterioriindagini circa il merito della richiesta ed in particolare, con riguardo ad utilità ed efficacia in chiave difensiva del documento richiesto, ammissibilità e tempestività della richiesta stessa, possibilità di ricorrere ad altri strumenti giurisdizionali ed amministrativi;
  • modalità di svolgimentodell'istanza, puntuale e circoscritta, poiché riferita alla richiesta di visione delle risultanze documentali del Protocollo con riguardo ad una data determinata ed in ragione del motivo di appello presentato dal Comune;

Da ciò discende conseguentemente l'autorizzazione in capo all'istante ad accedere alle informazioni richieste, riguardanti il Protocollo Informatico del Comune ed i relativi dati, generati dalla ricezione della notifica a mezzo PEC presso un indirizzo reperito sull'Indice delle Pubbliche Amministrazioni.

L'Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA) è «l'archivio ufficiale degli Enti Pubblici e dei Gestori di Pubblici Servizi» ed è realizzato e gestito dall'Agenzia per l'Italia Digitale (AGID); in esso vengono pubblicate le informazioni circa gli Enti, strutture e competenze, indicando in particolare le informazioni di recapito (codice fiscale, indirizzi postali e telematici), di struttura organizzativa e gerarchica e degli uffici di protocollo.

L'IPA svolge dunque la funzione di fornire, in trasparenza, i dati dell'Amministrazione e consente il reperimento dei dati utili per l'invio di comunicazioni mediante PEC, ivi comprese le Fatture Elettroniche.

Malgrado l'elevato e dettagliato livello di copertura dei dati delle Pubbliche Amministrazioni, tuttavia, l'IPA non risulta più ricompreso, sulla scorta della modifica dell'art. 16-ter d.l. n. 179/2012 operata dall'art. 45-bis, comma 2, d.l. n. 90/2014 conv. con modificazioni dalla l. n. 114/2014 in cui veniva eliminato il richiamo all'art. 16, comma 8, d.l. n. 185/2008 istitutivo dell'IPA e stante il tenore della Nota del Ministero della Giustizia – Dipartimento Affari di Giustizia del 20 giugno 2016, nel novero dei pubblici elenchi ai fini della notifica e comunicazione in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale.

Osservazioni: in ambito PTT

di Gabriele Carazza

La sentenza in commento si colloca, sotto il profilo sostanziale, in conformità con l'orientamento tracciato dalla Giurisprudenza di maggior rilievo; la tematica del diritto di accesso segue infatti il consolidato indirizzo giurisprudenziale di cui alla sentenza Cons. Stato, sez. IV, n. 1211/2014, richiamata dal TAR Piemonte in parte motiva.

Sempre per quanto di interesse generale di tutte le procedure telematiche di notificazione, viene altresì in evidenza la più recente posizione, con riguardo alla contestualità tra notifica e registro pubblico, la quale opta per la necessità di svolgere la notificazione al medesimo indirizzo risultante dal pubblico registro tenuto dal Ministero, non ritenendo sufficiente l'adempimento svolto presso altro registro qualora la parte non si costituisca in giudizio; da ciò conseguentemente discende l'impossibilità di declaratoria di contumacia e l'onere di disporre la rinnovazione della notificazione al convenuto non comparso (Cass., sez I civ., ord, 9 giugno 2017, n. 14523).

Per quanto invece al confronto tra le diverse regolamentazioni dei vari Processi Telematici delle diverse giurisdizioni, assume particolare interesse e rilievo, la tematica correlata relativa alla notificazione svolta mediante strumenti telematici ed alle modalità di reperimento dell'indirizzo sui Registrioggetto di previsione normativa e segnatamente la questione del contrasto derivante dall'impiego dell'Indice PA invece del Registro PA del Ministero del Giustizia.

È opportuno in primo luogo rilevare un disallineamento delle prassi operative dei differenti Processi Telematici ed in particolare, la collocazione in maniera del tutto a sé stante del Processo Tributario Telematico.

In ambito PTT, infatti, la problematica relativa all'impiego di indirizzi tratti dall'IPA anziché dal Registro PA, non risulterebbe allo stato avere il grave impatto che si verifica negli altri processi telematici.

Nel PTT, infatti, si rinviene un riferimento, operato in maniera imperativa, contenuto nell'art. 7 Regolamento PTT, tale da rendere obbligatorio l'impiego dei registri

INIPEC

o

IPA

per esperire la valutazione circa l'utilizzabilità dell'indirizzo ai fini dell'espletamento delle notifiche.

Si osserva altresì che nella normativa primaria collocata a fondamento del PTT il riferimento anche esplicito all'IPA non risulta essere venuto meno: si ritrova infatti espressa menzione del medesimo, oltre che nel menzionato art. 7 (comma 5, in cui si si individua quale indirizzo PEC degli Enti Impositori, quello individuato dall'art. 47 CAD e pubblicato nell'IPA), anche nell'art. 5, comma 3, in cui viene indicato l'IPA come mezzo di individuazione dell'indirizzo PEC eleggibile per la consegna, all'

UNEP

, degli atti da notificare.

Risulta dunque che non si rinvengano problematiche correlate all'impiego dell'IPA per lo svolgimento delle notifiche, in quanto procedura fornita di adeguata copertura normativa; tuttavia, stante il tenore letterale della norma, parrebbe potenzialmente problematico l'impiego erroneo del Registro PA del Ministero della Giustizia che, pur valido in ambito PCT, non sarebbe formalmente regolare nel PTT poiché svolta in assenza di previsione legislativa specifica.

Altresì, stante la particolare configurazione del PTT, in cui l'iscrizione a ruolo telematica del ricorso è strettamente correlata al previo impiego della PEC per lo svolgimento della notifica del medesimo, non rende possibile a differenza di quanto accade per altri procedimenti telematici (cfr. TAR Palermo, 13 luglio 2017, n. 1842) lo svolgimento di una notifica cartacea tradizionale, il cui impiego sarebbe in realtà ostativo per la successiva iscrizione a ruolo telematica mediante il

SIGIT

, che allo stato esclude tale modalità.

Occorre da ultimo segnalare che allo stato non sussistono pronunce in merito, anche per la relativa novità del PTT, che è giunto alla sua massima espansione territoriale soltanto da pochi mesi e che, in ragione della norma specialistica che opera una previsione espressa ed imperativa, non risultano esservi allo stato particolari contestazioni.

segue: in ambito PAT

di Elia Barbujani

La disciplina della notificazione a mezzo posta elettronica certificata, sia per quanto riguarda il processo civile telematico che per quanto riguarda il processo amministrativo telematico, fa riferimento alla legge 21 gennaio 1994, n. 53.

Secondo l'art. 3-bis, tutti i difensori possono notificare atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale, anche senza l'autorizzazione dell'Ordine professionale di appartenenza invece necessaria per le notifiche in proprio con modalità cartacee.

Pertanto, ai sensi dell'art. 6 l. 21 gennaio 1994, n. 53, il difensore assume le vesti del pubblico ufficiale nella compilazione della relata di notifica da inviare a mezzo PEC unitamente all'atto. La veridicità del contenuto della relata e l'affidabilità del processo notificatorio, infatti, devono essere garantite dallo stesso mittente, che dovrà prestare particolare cura nell'applicare le disposizioni in materia di notifica a mezzo PEC.

La legge sulle notifiche in proprio, inoltre, pone ulteriori garanzie a favore dei destinatari. In primo luogo, non tutti gli indirizzi di posta elettronica certificata sono idonei a ricevere una notificazione, ma solo quelli censiti all'interno di uno dei pubblici elenchi indicati all'art. 16-ter d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.

Si tratta di un elenco tassativo, pertanto gli unici elenchi dai quali è possibile estrarre un indirizzo PEC ai fini delle notificazioni sono il Registro PP.AA., il Registro delle imprese, il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) e l'Indice Nazionale della posta elettronica certificata (INIPEC).

In secondo luogo, l'art. 11 l. n. 53/1994 prescrive una nullità assoluta per le notificazioni eseguite senza rispettare i requisiti oggettivi o soggettivi richiesti dalla legge.

Con riferimento alla vicenda esaminata dal Giudice Amministrativo sabaudo, il Comune resistente, in sede civile, aveva proprio eccepito la nullità della notificazione per l'assenza di un indirizzo PEC nei pubblici elenchi richiamati.

Si tratta di vicenda tristemente nota, che non riguarda solo l'Amministrazione parte della pronuncia in commento. Il Registro PP.AA., infatti, risulta desolatamente privo della maggior parte degli indirizzi PEC delle Amministrazioni italiane. Il completamento di tale registro era previsto per il 30 novembre 2014, termine stabilito dall'art. 47 d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 114. Tuttavia, complice una difficoltà tecnica riguardante l'associazione tra indirizzi PEC e codici fiscali, la maggior parte delle Amministrazioni italiane non ha effettuato la comunicazione dell'indirizzo PEC al Registro PP.AA..

La giurisprudenza sia del giudice ordinario che del giudice amministrativo ha chiarito che tale inadempienza dell'Amministrazione non permette al difensore di estrarre l'indirizzo PEC da altre fonti: la notificazione a mezzo PEC deve considerarsi preclusa (in tal senso si richiama, ex multis, TAR Catania, sez. III, sent., 13 ottobre 2017, n. 2401).

Per tale motivo, dalla pronuncia in oggetto non si comprende quale sia il fine cui mira la difesa della Società con l'esercizio della domanda di accesso.

In primo luogo, la richiesta parrebbe non avere ad oggetto il contenuto della busta elettronica notificata. L'attivazione del rimedio giurisdizionale in tale ipotesi sarebbe infatti, oltre che economicamente sproporzionato, manchevole di interesse ad agire. Il contenuto della busta elettronica ricevuta è in tutto sovrapponibile a quello della busta inviata. A differenza delle notificazioni cartacee, nelle quali ben si può parlare di “originale” e “copia”, tale distinzione non sussiste in informatica. Una volta inviata la busta, il mittente riceverà un messaggio di accettazione e un messaggio di avvenuta consegna. Il messaggio di avvenuta consegna conterrà i duplicati dell'atto e della relata di notifica ricevute dal destinatario. Si tratta di “duplicati” e non di “copie”, in quanto i due documenti informatici sarebbero formati dalla stessa sequenza binaria, senza possibilità di essere distinti. Per tale motivo, a differenza di quanto potrebbe avvenire in una notificazione cartacea, il mittente è in possesso del medesimo documento informatico inviato al destinatario.

Pertanto, il ricorrente sarebbe in grado in ogni momento di verificare se l'indirizzo PEC indicato nella relata sia effettivamente assente dal pubblico elenco dichiarato, senza necessità di richiedere in visione la relata effettivamente recapitata.

In secondo luogo, parrebbe che oggetto della domanda di accesso fosse la registrazione della ricezione della notifica al protocollo dell'Ente locale.

Anche con riferimento a tale domanda, non è possibile comprendere quale sia il fine cui mira il ricorrente. La clausola di nullità assoluta prevista dall'art. 11 l. n. 53/1994, infatti, parrebbe escludere nel caso di specie, la possibilità di richiamare il principio di raggiungimento dello scopo di cui all'art. 156 c.p.c..

segue: in ambito PCT

di Nicola Gargano

Si può dunque concludere che il tentativo portato avanti con la richiesta di accesso agli atti fosse mirato a dimostrare la eventuale acquisizione della notifica stessa nel protocollo informatico e di conseguenza della effettiva conoscenza da parte dell'amministrazione.

Non è raro, infatti, che la mancata costituzione da parte della PA nel giudizio civile derivi da una vera e propria scelta, dettata dalla altissima probabilità che quella notifica, effettuata ad un indirizzo non censito nel registro PP.AA., possa venir dichiarata nulla.

Com'è noto, infatti, la giurisprudenza più recente della Suprema Corte ha esteso anche alle notifiche in proprio a mezzo PEC il principio del raggiungimento dello scopo sancendo che la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l'atto, malgrado l'irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario (cfr. Cass., S.U., n. 7665/2016).

Secondo la Suprema Corte sarebbe dunque inammissibile l'eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della corte.

Appare evidente dunque come, la costituzione della PA avrebbe fatto venir meno la possibilità di dichiarare la nullità della notifica.

Occorrerà dunque chiedersi se, in assenza di costituzione della PA la prova del raggiungimento dello scopo dell'atto possa desumersi da eventi diversi dalla costituzione in giudizio quali ad esempio la protocollazione dell'atto. Ebbene a detta del ricorrente, tale protocollazione dimostrerebbe in maniera inequivocabile l'ingresso di quell'atto nella sfera giuridica della PA destinataria.

Tuttavia vi è da chiedersi se sussiste il diritto in capo alla PA, ad avvalersi della eccezione di nullità, tanto da non ritenere valida quella notifica e quindi a non costituirsi in giudizio.

A tal proposito un unico precedente favorevole è quello del Tribunale di Milano che, con l'ordinanza dell'8 dicembre 2016, ha aperto la strada ad una diversa analisi della normativa in materia di pubblici elenchi.

Infatti, con l'ordinanza in parola si è ritenuta valida la notificazione effettuata ad un'amministrazione pubblica all'indirizzo PEC censito nel registro IPA, benché il medesimo indirizzo non fosse anche censito nel registro PP.AA., ritenendo nello specifico che: «Anche se il registro indicato dal difensore non fosse questo [Registro PP.AA. n.d.r.], ma il registro IPA, che era indicato fra gli elenchi pubblici sino al 18 agosto 2014 ed è pubblicamente consultabile all'indirizzo http://www.indicepa.gov.it/documentale/index.php, la notifica dovrebbe intendersi comunque valida.

Difatti sotto un primo profilo l'elenco oggi indicato dall'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012 non è pubblico, ma esplicitamente ristretto alla consultazione “esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni. esecuzioni e protesti, e dagli avvocati”; soprattutto, sotto secondo profilo, se imperativa ed esclusiva è la prescrizione di utilizzare un pubblico registro, non “esclusiva” è invece la elencazione dei pubblici registri, che deve ritenersi essere fondata più sul carattere della pubblica riconducibilità dell'indirizzo al soggetto, per sua dichiarazione, che su una elencazione tassativa. La indicazione nel IPA, questo sì di carattere pubblico, è difatti operata dalla PA che deve aver previamente aperto la casella e che con la pubblicazione ne assume la riferibilità».

Invero, nel caso all'esame del Tribunale meneghino, sussisteva un ulteriore profilo a favore della validità della notifica e del raggiungimento dello scopo, ovvero la richiesta da parte dell'Avvocatura dello Stato di copia degli atti e di una successiva nota in cui si manifestava l'intenzione di non costituirsi, dimostrando così il conseguimento dell'effetto e cioè la conoscenza del ricorso e del decreto di fissazione di udienza.

Emerge dunque che non possa ritenersi sufficiente una mera prova di protocollazione dell'atto da parte della PA, atto peraltro dovuto anche in caso di corrispondenza non “certificata”, ma dovrebbe rintracciarsi anche la prova di una eventuale “valutazione” dal punto di vista legale dell'atto da parte della PA.

Ad ogni buon conto non si può non sottolineare che, la sentenza in commento, costituisca solo un primo passo di un complesso percorso esegetico sulla sanabilità della notifica che, al momento in cui si scrive, non risulta ancora portato avanti dalla Corte di Appello a cui spetterà l'ultima parola.

Tuttavia, pur non potendosi discutere i principi enunciati dalle Sezioni Unite a proposito dell'estensione del principio del raggiungimento dello scopo in tema di notificazioni a mezzo PEC, in nome della certezza del diritto, sarebbe opportuno scomodare i principi dell'art. 156 c.p.c. solo laddove sussista la prova provata dell'effettivo raggiungimento dello scopo. Ad avviso di scrive, e leggendo tra le righe delle Sezioni Unite richiamate in questo commento, tale prova può essere raggiunta solo con l'effettiva costituzione in giudizio.

Da un altro punto di vista è però evidente come l'esclusione dell'IPA dall'elenco dei pubblici registri utilizzabili per le notifiche alla pubbliche amministrazioni e la contestuale ritrosia da parte delle stesse PA a comunicare un valido indirizzo PEC al ministero della Giustizia, si ponga come vero e proprio ostacolo alla auspicabile espansione dei processi telematici.

È evidente dunque che, in assenza di provvedimenti legislativi di armonizzazione – come ad esempio una eventuale riqualificazione dell'IPA al rango di pubblico elenco anche per il PCT e PAT – la giurisprudenza e la dottrina cerchino di riportare in auge l'utilizzabilità di un elenco che, pur essendo ontologicamente pubblico, non lo è dal punto di vista legale.

Nelle more, al di là delle isolate pronunce in commento, non si può che continuare a sconsigliare al lettore di avventurarsi in interpretazioni azzardate che, al momento in cui si scrive, appaiono tutt'altro che consolidate.

Guida all'approfondimento

N. Gargano, L. Sileni, Il codice commentato del PCT, Giuffrè, 2017, art. 156 c.p.c., art. 3-bis l. n. 53/1994;

V. Carollo, Lo stato dell'arte delle notifiche a mezzo PEC ad indirizzi non estratti da pubblici elenchi in www.ilProcessotelematico.it;

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