Allegati con estensione .p7m regolarmente formati: la non leggibilità è imputabile al destinatario
08 Novembre 2017
Massima
L'autorizzazione all'impiego della notifica col mezzo telematico implica l'onere che il suo destinatario si doti degli strumenti minimali per leggere una notifica che rispetti i requisiti, anche tecnici, stabiliti dalle norme sul processo telematico. Il caso
Un avvocato riceveva la notifica a mezzo PEC, da parte di altro avvocato di atti di precetto (si ritiene relativi a debiti personali dell'avvocato notificato, n.d.A.) fondati su due sentenze. Interponeva, quindi, opposizioni ex art. 617 c.p.c., incentrate sull'illeggibilità degli allegati firmati digitalmente in formato CAdES , con estensione .p7m; le opposizioni venivano rigettate, con unica sentenza, dal Tribunale di Lecco.Veniva così presentato ricorso per cassazione, sulla base di due motivi: 1) con primo motivo veniva dedotto, da un lato, che la notificazione in forma telematica realizzi una disparità di trattamento rispetto alle notifiche tradizionali, che a differenza delle prime sono “pienamente conoscibili” senza strumenti specifici; d'altro lato si negava l'esistenza di norma che imponga al destinatario di un atto di munirsi di un programma di lettura dei file con suffisso .p7m, che comporta oneri particolari e non esigibili per il soggetto notificato, in violazione degli artt. 3 e 24 Cost.; 2) con secondo motivo veniva dedotta la violazione dei doveri di lealtà e probità in capo all'avvocato notificante (verosimilmente - anche se ciò non emerge dal testo dell'ordinanza della Corte - per avere lo stesso provveduto ad una notifica telematica senza quantomeno fornire indicazioni al notificato su come aprire i file). Sul ricorso veniva proposta definizione in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380-bis, comma 1, c.p.c.. La questione
La questione giuridica affrontata è quella della «ascrivibilità o meno della mancata lettura dei documenti sottoscritti […] in CAdES al destinatario della notifica, che non si sia dotato degli strumenti per decodificarla o leggerla, ovvero al notificante».Le soluzioni giuridiche
La VI sezione della Corte di Cassazione [ossia quella deputata alla verifica dei presupposti per la pronuncia in camera di consiglio di inammissibilità o di accoglimento o rigetto dei ricorsi per per manifesta fondatezza o infondatezza (art. 376, comma 1, primo periodo, c.p.c.)], dichiarava manifestamente infondato il ricorso, per inammissibilità del primo motivo e manifesta infondatezza del secondo. Il Collegio riteneva, per quanto qui di interesse, che nessuna censura dovesse muoversi all'avvocato notificante, in quanto, da un lato, l'autorizzazione all'impiego della notifica telematica (purché soddisfi e rispetti i requisiti tecnici stabiliti dalla normativa regolamentare e tecnica) implica l'onere che il destinatario della stessa si doti degli strumenti minimali per leggerla: diversamente opinando, infatti, si ammetterebbe che la validità dell'attività posta in essere dal soggetto notificante venga rimessa «alla mera condiscendenza o buona volontà o discrezionalità del destinatario», in netto contrasto con qualunque principio processuale e, ancor prima, con il buon senso. Soggiungeva il Collegio che, allo stato attuale della diffusione del PCT, non comporta per il professionista un onere eccezionale, o eccessivamente gravoso, il dotarsi di quanto gli consenta di leggere correttamente un atto firmato digitalmente e notificato in via telematica nel rispetto delle regole. Osservazioni
L'ordinanza è indubbiamente corretta circa le conclusioni assunte, non foss'altro sulla base del fatto che sono agevolmente reperibili sulla Rete (a titolo gratuito) numerosi software e servizi che consentono di “leggere” i file sottoscritti digitalmente con struttura CAdES , aventi estensione .p7m (sul punto: http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/infrastrutture-architetture/firme-elettroniche/software-verifica).Qualche parola in più merita il singolare percorso argomentativo seguito dal Collegio per pervenire a tali conclusioni. L'ordinanza ricostruisce alcuni aspetti tecnici e normativi del processo telematico in modo alquanto curioso e talora improprio. Le considerazioni svolte sono identiche a quelle contenute nell'ordinanza interlocutoria di qualche mese prima (Cass., ord., 31 agosto 2017, n. 20672 se non per l'aggiunta di espressioni quali «in via descrittiva ed accettando il rischio di banalizzazioni od imprecisioni tecniche») (v. P. Calorio, Notifica a mezzo PEC: per la firma digitale è ammesso il solo formato .p7m? in ilProcessotelematico.it). Ci si limita a far notare che tali rilievi circa estensioni, firme e funzione tecnica e giuridica del formato .p7m nel PCT sembrano inconferenti e comunque del tutto ultronee ai fini della decisione del caso di specie, che non verte su aspetti tecnici (file asseritamente privi di firma, come nell'ordinanza Cass. n. 20672/2017), ma su aspetti meramente organizzativi (il destinatario della notifica ingiustificatamente sprovvisto degli adminicula necessari alla corretta lettura dei file firmati digitalmente). |