Luca Jeantet
Paola Vallino
09 Novembre 2017

A seguito delle riforme concorsuali degli ultimi anni, il commissario giudiziale ha visto modificare, il proprio ruolo nel senso di una dettagliata declinazione dei poteri e dei doveri collegati ad ogni fase in cui si articola la procedura di concordato preventivo dal deposito della domanda riservata di cui all'art. 161, comma 6, l. fall. sino all'udienza di omologazione di cui all'art. 180 l. fall., esaurita la quale si apre la fase esecutiva.

Inquadramento

A seguito delle riforme concorsuali degli ultimi anni mediante il d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134 (cd. Decreto Sviluppo), il d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98 (cd. Decreto del Fare) ed il d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2015, n. 132 (cd. Decreto Competitività), il commissario giudiziale ha visto modificare, il proprio ruolo nel senso di una dettagliata declinazione dei poteri e dei doveri collegati ad ogni fase in cui si articola la procedura di concordato preventivo dal deposito della domanda riservata di cui all'art. 161, comma 6, l. fall. sino all'udienza di omologazione di cui all'art. 180 l. fall., esaurita la quale si apre la fase esecutiva . Merita allora verificare ciascuna di queste fasi al fine di individuare, nel dettaglio, i compiti cui è chiamato il Commissario giudiziale nei rapporti con il debitore, con i suoi creditori, con il Tribunale e con ogni altro attore che opera nel contesto concordatario, avendo particolare riguardo all'ipotesi dell'esecuzione di un piano in continuità aziendale ai sensi dell'art. 186-bis l. fall.

I requisiti di nomina

Devono essere chiamati alla carica, in ragione del riferimento operato agli artt. 28 e 29 l. fall., coloro i quali possono essere nominati curatori, vale a dire: (a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti; (b) studi professionali associati o società tra professionisti, purché i soci abbiano i requisiti di cui alla lettera (a); e (c) chi ha svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali purché non sia intervenuta nei loro confronti una dichiarazione di fallimento.

Se la procedura ha una particolare importanza o complessità, è possibile nominare un organo di natura collegiale avente funzioni e responsabilità del commissario giudiziale.

In evidenza: Trib. Benevento, 29 agosto 2013

“La disposizione di cui all'art. 161, comma 4, l.fall., la quale prevede la nomina di un commissario giudiziale, non esclude che tale organo possa avere natura collegiale qualora sia ravvisabile una particolare importanza, rilevanza o complessità dell'impresa o della procedura”.

Non possono essere nominati commissari giudiziali, gli stessi soggetti che l'art. 28, comma 2, l. fall. sono esclusi dall'incarico di curatore.

Entro due giorni dal ricevimento della comunicazione di nomina, il commissari giudiziale deve far pervenire al Tribunale la propria dichiarazione di accettazione; in mancanza, il Tribunale procede ad una nuova nomina.

Dal giorno dell'accettazione, il curatore assume, nell'esercizio delle funzioni, la qualifica di pubblico ufficiale, con conseguente applicazione degli artt. 228 e 229 l. fall.

Il ruolo del commissario giudiziale nel concordato cd. in bianco

La Legge 9 agosto 2013, n. 98 (cd. Decreto del Fare) ha previsto, al novellato art. 161, comma 6, l. fall., che con il decreto motivato che fissa il termine di cui al primo periodo, il tribunale può nominare il commissario giudiziale di cui all'art. 163, comma 2, n. 3 l. fall..

Il commissario giudiziale, se nominato (ma, nella prassi, è sempre nominato), è chiamato a vigilare sull'amministrazione dei beni del debitore e sulla predisposizione della proposta definitiva; a riferire al Tribunale il compimento d'eventuali condotte nella prospettiva di cui all'art. 173 l. fall. che il Decreto del Fare ha reso applicabile anche al concordato con riserva; a rassegnare il proprio parere (obbligatorio, ma non vincolante) sulle richieste di autorizzazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione ai sensi dell'art. 161, comma 7, l. fall.; e ad esprimersi rispetto agli altri atti (i.e., finanziamenti interinali, pagamenti di crediti anteriori e scioglimento di contratti).

Con il che, il commissario giudiziale risulta essere un organo di riferimento ogni qual volta il Tribunale debba assumere una decisione.

Con la Legge 6 agosto 2015, n. 132 (cd. Decreto Competitività), il legislatore ha ulteriormente rafforzato, sebbene anche nel regime previgente il relativo obbligo non fosse in discussione, i compiti di controllo conferiti al commissario giudiziale, prevedendo che egli debba comunicare senza ritardo al pubblico ministero i fatti che possono interessare ai fini delle indagini preliminari in sede penale e dei quali viene a conoscenza nello svolgimento delle sue funzioni.

Il commissario giudiziale esercita i poteri e le prerogative proprie della sua funzione nella fase concordataria riservata principalmente attraverso l'esame di quanto il debitore rende (o non rende) noto in adempimento degli obblighi informativi prescritti dal tribunale ai sensi dell'art. 161, comma 8, l. fall..

Questi obblighi informativi sono diretti a consentire di monitorare l'andamento gestione (finanziaria e preparatoria del concordato) nel periodo che intercorre tra la data del deposito del ricorso in bianco e quello di pronuncia del decreto ammissivo di cui all'art. 163 l. fall. e sono sanzionati, per il caso di mancato loro adempimento, con una declaratoria d'inammissibilità della domanda ai sensi dell'art. 162, commi 2 e 3, l. fall.

La disposizione deve essere interpretata ed applicata, oltre che nella prospettiva dei creditori (che hanno un diritto di essere informati) e del debitore (che ha diritto a non essere gravato di incombenti eccessivi), anche e soprattutto nella prospettiva tribunale, e con esso del commissario giudiziale, che devono poter concretamente verificare e valutare lo sviluppo concordatario nella cd. fase bianca.

(segue): nella fase tra il decreto di ammissione e la fase iniziale della procedura “piena”

L'art. 163, comma 2, n. 3, l. fall. dispone che il Tribunale, col decreto di apertura del concordato, nomina il commissario giudiziale, salvo conferma in caso di precedente nomina in occasione dell'ammissione con riserva del debito alla procedura.

Il commissario giudiziale deve, anzi tutto, comunicare ai creditori, con lettera raccomandata, telegramma o posta elettronica certificata, un avviso che contenga la data dell'adunanza e la proposta del debitore, con facoltà di procedere, in casi di particolare complessità e previa autorizzazione del Tribunale, mediante pubblicazione su uno o più quotidiani a diffusione nazionale o locale.

Al commissario giudiziale spetta, in secondo luogo, il compito di controllare che il debitore depositi, entro il termine (non superiore a quindici giorni) fissato nel decreto di cui all'art. 163 l. fall., la somma che si presume necessaria per l'intera procedura ed il cui mancato versamento determina l'improseguibilità del concordato.

Il commissario giudiziale deve, poi, verificare l'elenco dei crediti e dei debiti, apportando le necessarie rettifiche alle scritture contabili, stilare l'inventario del patrimonio del debitore, riferire al tribunale l'accertamento di eventuali condotte rilevanti ai sensi dell'art. 173 l. fall. (occultamento o dissimulazione del passivo; doloso omessa denuncia di o più crediti; esposizione di passività insussistenti; compimento di atti straordinari non autorizzati; commissione di atti in frode) e predisporre, eventualmente con l'ausilio di uno o più stimatori nominati dal giudice delegato, una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulla proposta di concordato, sulle garanzie offerte ai creditori, sulla correttezza della formazione delle eventuali classi e sul rispetto del regole di decurtazione dei crediti privilegiati, da depositare quarantacinque giorni prima dell'adunanza dei creditori.

Questo è sicuramente l'atto più rilevante che la legge richiede al commissario giudiziale d'eseguire, dato che esso assolve allo scopo di consentire ai creditori d'esprimere un consenso informato sulla proposta loro sottoposta dal debitore ed al tribunale di valutare la necessità d'assumere un provvedimento ai sensi dell'art. 173 l. fall.

La relazione commissariale, che non può limitarsi a replicare il contenuto della relazione dell'attestatore designato dal debitore e deve, anzi, risolversi in un suo riesame critico auspicabilmente tramite tabelle comparative che rendano d'immediata evidenza l'esito dell'indagine, ha quale oggetto principale una previsione di fattibilità, giuridica ed economica, del piano concordatario, ponendosi l'indagine in essa svolta quale necessaria premessa per la prosecuzione della procedura concordataria.

Eventuali conclusioni difformi rispetto a quelle del debitore non determinano però l'arresto immediato del procedimento, ben potendo i creditori esprimere voto adesivo nonostante diverse, e meno favorevoli, prospettive di soddisfacimento ipotizzate nella relazione commissariale.

Inoltre, ove siano state presentate proposte concorrenti, il commissario giudiziale deve riferire in merito ad esse ai creditori almeno dieci giorni prima dall'adunanza in una relazione integrativa, che contenga una descrizione comparativa delle proposte depositate, allo scopo di garantire il consenso informato dei creditori in vista dell'adunanza.

Con la Legge 7 agosto 2012, n. 134 (cd. Decreto Competitività), il contenuto della relazione di cui all'art. 172 l. fall. è stato esteso anche all'illustrazione delle utilità che, in caso di fallimento, possono essere apportate da azioni risarcitorie, recuperatorie e revocatorie, la stessa relazione va depositata quarantacinque giorni prima dell'adunanza dei creditori, il commissario giudiziale deve comunicare senza ritardo al pubblico ministero i fatti che possono interessare ai fini di un'indagine penale e dei quali venga a conoscenza nell'esercizio delle sue funzioni, il commissario giudiziale è tenuto a fornire, se richiesto e previa l'adozione di adeguate misure di riservatezza, ogni utile informazione per la formulazione di offerte concorrenti e di proposte concorrenti ed in caso di presentazione di queste ultime deve riferire su di esse mediante una relazione integrativa.

In evidenza: Trib. Padova, 23 ottobre 2014

“La possibilità di esperire azione di responsabilità nei confronti dell'amministratore della società, nonché dell'esperto contabile che abbia negligentemente redatto la perizia in sede di trasformazione da società di persone a società a responsabilità limitata, costituiscono voci attive del patrimonio del debitore che debbono essere indicate nel piano concordatario, in quanto idonee ad influire sul giudizio dei creditori e ad influenzarne il voto”.

Il quadro che emerge è che il commissario giudiziale, lungi dal costituire un mero ausiliario del giudice, va considerato uno degli organi della procedura, al pari del tribunale e del giudice delegato, essendo le sue funzioni autonome e decisive tanto nella fase iniziale, quanto in quella istruttoria, quanto ancora in quella esecutiva, giacché egli funge da raccordo tra il debitore, i creditori ed il tribunale; e ciò senza rappresentare il debitore oppure i creditori, non avendo, a differenza del curatore fallimentare, la legittimazione al compimento di atti di amministrazione oppure di resistere nelle cause che riguardano il patrimonio del debitore.

Con il Decreto Sviluppo, l'art. 179, comma 2, l. fall. è stato modificato al fine di attribuire al commissario giudiziale il compito di comunicare ai creditori il mutamento delle condizioni di fattibilità del piano verificatesi tra l'approvazione del concordato e la sua omologazione, affinché´ valutino l'opportunità di modificare il voto espresso in adunanza o nei venti giorni successivi.

In particolare, la norma prevede che il commissario giudiziale, quando rileva il mutamento delle condizioni di fattibilità del piano dopo la sua approvazione, deve darne avviso ai creditori, cui viene attribuito il diritto di costituirsi nel giudizio d'omologazione fino all'udienza di cui all'art. 180 l. fall. per modificare il proprio voto.

La norma non chiarisce se il commissario giudiziale debba effettuare la prescritta comunicazione ai creditori in presenza di ogni mutamento, negativo o positivo, delle condizioni di fattibilità oppure se sussista un discrimine rappresentato dalla rilevanza delle sole modifiche che incidano negativamente sul corretto adempimento della proposta concordataria.

Potrebbe ritenersi che, dando l'art. 179, comma 2, l. fall. per presupposto che si sia giunti al giudizio di omologazione, il legittimato a costituirsi per esprimere un voto differente a seguito del mutamento delle condizioni di fattibilità sia soltanto chi abbia votato positivamente, con la conseguenza che il mutamento rileverebbe esclusivamente in pejus e non in melius.

In realtà, se si considera che la norma si riferisce a qualunque condizione di fattibilità e che l'approvazione d'un concordato è per definizione precaria, siccome soggetta a controllo in sede di omologazione e passibile d'essere caducata per effetto delle dichiarazioni di nullità e x officio di voti favorevoli, il mutamento rilevante nella prospettiva di cui all'art. 179, comma 2, l. fall. potrebbe (anzi, dovrebbe) essere anche quello positivo, consentendo cosı` di conseguire il risultato dell'omologazione.

In evidenza: App. Firenze, 10 febbraio 2014

Il secondo comma dell'articolo 179 L.F., secondo il quale "Quando il commissario rileva, dopo l'approvazione del concordato, che sono mutate le condizioni di fattibilità del piano, ne da avviso al creditori, i quali possono costituirsi nel giudizio di omologazione fino all'udienza di cui all'articolo 180 per modificare il voto." introduce la possibilità di esaminare e sottoporre ai creditori non solo modifiche peggiorative, ma anche migliorative. Deve, pertanto, considerarsi corretto il comportamento del commissario giudiziale che abbia ritenuto di sottoporre eventuali miglioramenti alla proposta ai creditori dissenzienti, per consentire loro di rimeditare la scelta di voto in funzione delle migliorie introdotte al piano, ovvero alle sue condizioni di fattibilità, come la citata norma testualmente recita.”.

E' ragionevole ritenere, pena la compressione del diritto di difesa, che possa modificare il proprio voto anche il creditore che sia venuto, comunque, a conoscenza di questo mutamento, nonostante non sia stato reso destinatario della comunicazione prescritta dall'art. 179, comma 2, l. fall..

Resta comunque il fatto per cui la nuova formulazione di questa norma porta ad escludere l'esigenza di procedere a nuove votazioni ma affida alla responsabilità ed alla volizione di ciascun creditore la decisione se modificare o meno il proprio voto: si tratta di un diritto personale ed individuale, non surrogabile, che non può consentire a chi aveva già votato in senso negativo (così mostrando in realtà di ritenere irrilevante il fatto sopravvenuto) di imporre agli altri votanti la propria volontà.

In evidenza: Trib. Ravenna, 22 maggio 2014

La nuova formulazione dell'art. 179, comma 2, l.f. porta ad escludere l'esigenza di procedere a nuove votazioni ma affida alla responsabilità ed alla volizione di ciascun creditore la decisione se modificare o meno il proprio voto. Si tratta di un diritto personale ed individuale, non surrogabile, che non può consentire a chi aveva già votato in senso negativo (così mostrando in realtà di ritenere irrilevante il fatto sopravvenuto) di imporre agli altri votanti la propria volontà.”.

(segue): nel corso del giudizio di omologazione

Una volta che il concordato sia stato approvato dai creditori, entro dieci giorni prima dell'udienza fissata per l'omologazione, il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere ai sensi dell'art. 180 l. fall.

Questo parere rappresenta il principale documento attraverso il quale il tribunale assume le informazioni necessarie per operare il controllo sulla legittimità (e, ove ne ricorrano i presupposti, sulla convenienza) della proposta di concordato; e ciò indipendentemente dalla proposizione di opposizioni all'omologa.

A questa stregua, il commissario giudiziale, che deve depositare il proprio motivato parere e può costituirsi nel giudizio di omologazione, assume la duplice veste di ausiliario del giudice e di parte necessaria della fase conclusiva della procedura di concordato.

(segue): nella fase esecutiva del concordato preventivo

La pubblicazione del decreto di omologazione determina l'esaurimento della procedura di concordato preventivo, alla quale fa seguito l'apertura di una fase esecutiva volta a dare attuazione al programma di ristrutturazione oggetto del concordato.

A seguito dell'omologa, il commissario giudiziale è chiamato a sorvegliare l'adempimento della proposta ed a riferire al giudice delegato tutte le circostanze che possano recare pregiudizio ai creditori, potendosi oggi vedere attribuiti, per effetto delle modifiche introdotte dal Decreto Competitività ed in sede esecutiva, i poteri necessari per provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti necessari per eseguire la proposta di concordato omologata.

In evidenza: Trib. Roma, 14 aprile 2016

“Il commissario giudiziale, ai sensi dell'articolo 185, comma 1, legge fall., sorveglia l'adempimento del concordato preventivo ed è tenuto ad effettuare una valutazione prognostica sul rispetto delle previsioni del piano allo scopo di consentire ai creditori, debitamente informati, di chiedere la risoluzione del concordato anche prima della scadenza del termine previsto per l'adempimento. Nello svolgimento di tale compito, il commissario giudiziale, il quale deve essere posto nelle condizioni di riferire al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori, potrà disporre di opportuni poteri di indagine ed acquisire dagli organi dell'impresa ogni genere di atti e informazioni. Nella fase di esecuzione del concordato preventivo, la verifica della conformità dell'atto all'interesse dei creditori, che avviene di regola in un momento successivo rispetto al compimento dell'atto, rischia di rivelarsi intempestiva, e, quindi, scarsamente efficace; pertanto, rispetto alle attività di particolare rilievo economico e finanziario è opportuno che, ferma l'esigenza di preservare lo spazio di autonoma determinazione dell'imprenditore, i poteri di sorveglianza siano declinati in chiave "anticipatoria" nella forma del controllo preventivo, da realizzare mediante la previsione di un obbligo del debitore di sottoporre esclusivamente determinati atti di straordinaria amministrazione al parere facoltativo non vincolante del commissario giudiziale.”.

(segue): il potere integrativo del tribunale e le ipotesi di intervento del commissario giudiziale

Norma generale di riferimento è l'art. 185 l. fall., che, a seguito della riforma del Decreto Competitività, è stato integrato mediante l'introduzione di ulteriori quattro commi che partono dal principio pacifico in base secondo cui, con l'omologazione, l'imprenditore riprende in pieno i propri poteri di gestione e di disposizione del patrimonio ed è tenuto ad adempiere alla proposta concordataria, aggiungendo che lo stesso imprenditore è del pari tenuto ad adempiere alla proposta concorrente approvata e omologata, compiendo ogni atto necessario a tal fine.

In particolare, l'art. 185 l. fall., nel fare riferimento alle “modalità stabilite nella sentenza di omologazione” rimette l'indicazione delle specifiche modalità di esecuzione del concordato al Tribunale, il quale nel decreto di omologazione dovrà tenere conto delle previsioni di piano nel caso concreto.

In evidenza: Trib. Monza, 13 febbraio 2015

“Nella fase esecutiva del concordato le funzioni degli organi della procedura si limitano ad un'attività di supervisione e controllo e trovano sostegno nelle specifiche istruzioni dettate dal decreto di omologazione. L'articolo 185 l. fall. attribuisce un potere di sorveglianza dell'esecuzione del concordato esclusivamente in capo al commissario giudiziale, come si evince dal fatto che il predetto articolo si limita a richiamare l'applicazione della l. fall., art. 136, in tema di concordato fallimentare solo relativamente al comma 2, che prevede il potere del giudice delegato di stabilire le modalità di deposito delle somme relative a crediti condizionati, contestati o facenti capo a soggetti irreperibili, senza richiamare, invece, il comma 1, il quale attribuisce il potere di sorveglianza in questione anche al giudice delegato. Da ciò consegue che l'intervento di quest'ultimo nella procedura risulta alquanto limitato e deve ritenersi che ogni potere inerente alla gestione effettiva spetti esclusivamente all'amministratore ove non sia stato nominato un liquidatore ai sensi dell'art. 182 l. fall.”.

Oltre a tale potere “integrativo” rispetto all'indicazione delle specifiche modalità di esecuzione del concordato, il Tribunale può anche attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti esecutivi della proposta di concordato in due casi: (i) nel caso in cui riceva una segnalazione da parte del commissario giudiziale che il debitore non sta provvedendo al compimento degli atti necessari a dare esecuzione alla proposta concordataria o ne sta ritardando il compimento; e (ii) nel caso in cui riceva, da parte del soggetto che ha presentato la proposta di concordato approvata e omologata dai creditori, una denuncia – tramite ricorso al tribunale notificato al debitore e al commissario giudiziale – circa i ritardi o le omissioni da parte del debitore, con richiesta allo stesso tribunale di attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti a questo richiesti.

In questo secondo caso, fermo restando il disposto dell'art. 173 l. fall., l'art. 185 l. fall. attribuisce al Tribunale, sentiti in camera di consiglio il debitore e il commissario giudiziale, il ben più penetrante potere di revocare l'organo amministrativo, se si tratta di società, e nominare un amministratore giudiziario stabilendo la durata del suo incarico e attribuendogli il potere di compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla proposta omologata, ivi inclusi, in caso di previsione di un aumento del capitale sociale, la convocazione dell'assemblea straordinaria dei soci avente ad oggetto la delibera di tale aumento di capitale e l'esercizio del voto nella stessa.

(segue) in caso di concordato con continuità aziendale

Il concordato preventivo con continuità aziendale è stato introdotto a livello legislativo tramite il Decreto Sviluppo, trovando per la prima volta espresso riferimento legislativo nelle disposizioni dell'art.186-bis e 182-quinquies, comma 4, l. fall.

Conseguentemente, alla luce del testo normativo, il concordato in continuità può avere sostanzialmente tre declinazioni, vale a dire: (i) diretta, allorquando la continuità dell'azienda è garantita dallo stesso debitore tramite la diretta prosecuzione dell'attività di impresa, (ii) indiretta, allorquando la continuità dell'azienda viene attuata ad opera di un terzo, attraverso gli strumenti giuridici della cessione o del conferimento dell'azienda “in esercizio” in una o più società anche di nuova costituzione; o (iii) mista, quando si preveda la liquidazione dei soli beni non funzionali all'esercizio dell'impresa, ferma la prosecuzione dell'attività con i relativi beni strumentali.

Quale che sia la declinazione della continuità, è oggi consolidato il principio per cui al fine di includere il concordato nella fattispecie di cui all'art. 186-bis l. fall. occorre accertare la continuità in senso “oggettivo”, da intendersi come prosecuzione dell'attività aziendale a prescindere dl profilo “soggettivo”, vale a dire dal soggetto (debitore o terzo) che conduca questa attività.

In evidenza: Trib. Alessandria, 18 Gennaio 2016

“il presupposto per la continuità è costituito da una "continuità aziendale" di tipo oggettivo più che soggettivo, in quanto ciò che in definitiva rileva è che l'azienda sia in esercizio, non importa se ad opera dello stesso imprenditore o di un terzo, tanto al momento dell'ammissione che all'atto del successivo trasferimento poiché non appare concretamente contestabile che il rischio di impresa continui comunque a gravare, seppure indirettamente, sul debitore in concordato e che l'andamento dell'attività incida quindi sulla fattibilità del piano”.

Ad oggi, manca una disciplina chiara e precisa dell'esecuzione di un concordato con continuità aziendale e la norma di riferimento è l'art. 185 l. fall. che finisce per “disciplinare” indifferentemente il concordato liquidatorio ed il concordato con continuità aziendale.

Il concordato con continuità aziendale, con riferimento alla proposta, è qualificabile generalmente come concordato con garanzia, comportando l'assunzione dell'obbligo da parte del debitore di assicurare ai creditori una percentuale certa di soddisfazione dei loro crediti, con potere di controllo del commissario in relazione al pagamento nei termini della percentuale concordataria.

In evidenza: Trib. Monza, 13 febbraio 2015

“Nel concordato con continuità aziendale diretta, il debitore deve sempre garantire ai creditori (quando sia prevista una soddisfazione in termini monetari) una percentuale certa, non potendosi ritenere ammissibile una proposta che prometta genericamente di soddisfare i creditori, consentendo nel contempo al debitore di mantenere la titolarità dei beni. Il concordato con continuità aziendale è generalmente catalogabile come concordato con garanzia, con obbligo del debitore di assicurare ai creditori una percentuale certa di soddisfazione dei loro crediti e con potere di controllo del commissario in relazione al pagamento nei termini della percentuale concordataria.”.

A questa stregua ed anche considerato che il pagamento dei creditori deriva dagli utili della continuazione dell'attività d'impresa, il controllo del commissario giudiziale non può limitarsi alla verifica del corretto adempimento della proposta, avuto esclusivo riguardo al momento in cui è previsto il pagamento dei creditori.

Il commissario giudiziale deve, infatti, effettuare una “valutazione prognostica” sul rispetto delle previsioni di piano che si estende anche al periodo precedente il termine previsto per l'adempimento, e riguardare il rispetto delle previsioni del piano.

E ciò in quanto un andamento della gestione disallineato, in negativo, rispetto alle previsioni del piano, avrebbe, naturalmente, delle conseguenze dirette ed immediate sulle sorti della proposta.

In evidenza: Trib. Monza, 13 febbraio 2015

“Nel concordato con continuità aziendale, ove le risorse per il pagamento dei creditori derivano solitamente dagli utili della continuazione dell'attività d'impresa, il controllo del commissario non può limitarsi alla verifica del corretto adempimento della proposta, avuto esclusivo riguardo al momento in cui è previsto il pagamento dei creditori, ma può e deve estendersi anche al periodo precedente il termine previsto per l'adempimento e riguardare il rispetto delle previsioni del piano e ciò in quanto un andamento della gestione disallineato, in negativo, dalle previsioni del piano, avrebbe delle conseguenze dirette ed immediate sulle sorti della proposta. Il commissario deve, pertanto, verificare che l'andamento economico dell'impresa sia in linea con quanto previsto dal piano ed omologato dal tribunale, che non vengano compiuti atti gestionali estranei alle previsioni del piano omologato che prospettino come probabile, se non certo, il futuro inadempimento della proposta.”.

Il commissario giudiziale deve dunque verificare che l'andamento economico del piano industriale, come collegato al piano di concordato ed al piano di ripagamento, sia in linea con quanto ha costituito oggetto di omologazione giudiziale, e soprattutto che non vengano compiuti atti gestionali estranei alle previsioni del piano omologato o comunque tali da rendere probabile, se non certo, il futuro inadempimento della proposta.

Sussiste in capo al commissario giudiziale un generale potere di iniziativa istruttoria consistente nella richiesta di specifici atti e informazioni volti alla verifica del raggiungimento degli obiettivi del piano industriale, come collegato al piano di concordato ed al piano di ripagamento, al fine di verificare in chiave prognostica e anticipatoria eventuali disallineamenti rispetto alle previsioni approvate dai creditori ed omologate dal Tribunale.

Tutto ciò al fine specifico di assicurare ai creditori una constante informazione e, con essa, la valutazione della possibilità, in caso di inadempimento attuale o prospettivo, di attivare il rimedio di risoluzione di cui all'art. 186 l. fall.

Va poi considerato che, in caso di inadempimento attuale o prospettico e di inerzia dei creditori, potrebbe essere riconosciuta al commissario giudiziale la facoltà di interessare la Procura della Repubblica competente affinché decida se, nell'interesse dei creditori ed al cospetto di una situazione di insolvenza irreversibile, sia necessaria o quanto meno utile una istanza di fallimento ai sensi dell'art. 7 l. fall..

Il reclamo, la revoca e la responsabilità del commissario giudiziale

Il Commissario Giudiziale, secondo quanto previsto dall'art. 165, comma 2, legge fall., soggiace alle disposizioni degli artt. 36,37,38 e 39 l. fall., trovando così applicazione le disposizioni previste per il curatore rispetto al reclamo contro gli atti da lui eseguiti, la revoca, la responsabilità e la determinazione del compenso.

Tutto ciò deve allora condurre a ritenere che, in fase esecutiva del concordato preventivo, gli eventuali rimedi a disposizione del debitore nel caso in cui il commissario giudiziale si spinga oltre ai limiti della sua sfera di azione possano farsi coincidere con quelli che la legge fallimentare prevede nei confronti del curatore, essendo ragionevole ritenere che, in casi estremi, si possa fare ricorso allo strumento della revoca.

In particolare e quanto all'impugnabilità degli atti, va detto che, benché il commissario giudiziale non compia atti di gestione, la circostanza che l'art. 165 l. fall. richiami l'art. 36 l. fall. e le correlate modalità processuali comporta la sottoponibilità dei suoi atti e delle sue omissioni a quel rimedio impugnatorio, che diventa mezzo di verifica e di contestazione del suo operato da parte del giudice delegato; e gli effetti dell'accoglimento del reclamo avverso un comportamento commissivo od omissivo del commissario giudiziale comportamento un suo obbligo di adeguamento alla statuizione giudiziale.

Quanto invece alla revoca, l'unico legittimato a richiederla è il giudice delegato, salvo l'intervento d'ufficio del Tribunale e senza possibilità d'impulso dei creditori.

Con il che, può escludersi che il commissario giudiziale sia sostanzialmente assimilabile al curatore fallimentare, restando le due figure distinte nelle funzioni e nelle prerogative, anche e soprattutto perché´ il commissario giudiziale non rappresenta il debitore ed è privo di legittimazione processuale, attiva o passiva.

La responsabilità del commissario giudiziale è prevalentemente e correttamente intesa in termini extracontrattuali perché l'incarico deriva da un provvedimento giudiziale e non sussiste alcun rapporto obbligatorio con il debitore od i creditori, è collegata non già all'attività gestoria tipica del curatore, bensì a comportamenti commissivi od omissivi che si traducano in un negligente adempimento dei doveri propri dell'ufficio oppure imposti dal piano concordatario.

Il compenso del commissario giudiziale

La disciplina normativa del compenso dovuto e liquidabile al commissario giudiziale è contenuta nell'art. 165, comma 2, l. fall., il quale richiama l'art. 39 l. fall. sul compenso al curatore, che a sua volta rinvia, per la qualificazione, alle “norme stabilite con decreto del Ministero della giustizia” (comma 1) e prevede che “è in facoltà del tribunale di accordare al curatore acconti sul compenso per giustificati motivi” (comma 2).

L'abrogato decreto ministeriale 28 luglio 1992, n. 570, artt. 1 e 5 (sostituito dal vigente decreto ministeriale 25 Gennaio 2012 n. 30) stabiliva che la misura del compenso del commissario andasse determinata facendo riferimento all'attivo e al passivo, quali risultanti dall'inventario.

Attualmente, la disciplina dei compensi liquidabili al commissario giudiziale è stata modificata con il decreto ministeriale, il D.M. 25 gennaio 2012 n. 30, applicabile a partire dal 27 marzo 2012, il quale (art. 5, primo e secondo comma) ha introdotto un diverso criterio di determinazione del compenso, a seconda che si tratti di concordato con liquidazione dei beni e procedure di concordato “diverse”.

L'art. 5 stabilisce, infatti, che nelle “procedure di concordato preventivo in cui siano previste forme di liquidazione dei beni”, il compenso è determinato con le percentuali, relative al compenso del curatore, sull'ammontare dell'attivo realizzato dalla liquidazione e sull'ammontare del passivo risultante dall'inventario redatto ai sensi dell'art. 172 l. fall.

Questa norma è diversa da quella precedente di cui al D.M. n. 570/1992 che, non solo prevedeva due compensi: uno per l'attività fino all'omologa ed un altro per l'attività successiva, ma distingueva anche i criteri di determinazione del compenso.

Nel secondo caso, di “procedure di concordato preventivo diverse”, il compenso è determinato, sulla base delle suddette percentuali, sull'ammontare dell'attivo e del passivo risultanti dall'inventario redatto ai sensi dell'art. 172 l. fall.

La finalità della norma è palese: troppo spesso i concordati preventivi con cessione dei beni si sono, infatti, arenati nella fase liquidatoria, perché le stime operate dal commissario giudiziale nella relazione ex art. 172 l. fall si sono poi rivelate aleatorie e scarsamente rispondenti alla realtà del mercato.

L'ammontare del compenso del commissario giudiziale comprende anche l'attività spiegata nella fase successiva all'omologazione.

In evidenza: Cass. 15 dicembre 2011, n. 27085

“in tema di concordato preventivo con cessione di beni, nel caso in cui il medesimo soggetto ricopra il doppio incarico, prima di commissario giudiziale del concordato e poi anche di liquidatore, il relativo compenso non può prescindere dal distinto ruolo assunto e dal conseguente espletamento dell'ulteriore e diversa attività, che merita, quindi, separata ed autonoma remunerazione”.

La liquidazione del compenso avviene ad opera del tribunale, con decreto collegiale, che deve essere congruamente motivato, con indicazione dei criteri seguiti per la liquidazione, con la conseguenza che, ove il provvedimento sia pronunciato con motivazione apparente, detto vizio può essere denunziato con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost.

L'art. 1 del decreto ministeriale n. 30/2012 stabilisce inoltre che compete al tribunale, nella scelta delle percentuali del minimo e massimo, deve tenere conto dell'opera prestata, dei risultati ottenuti, dell'importanza della procedura e della sollecitudine con cui sono state condotte le operazioni.

Riferimenti

Normativi:

  • Art. 28, l. fall.
  • Art. 29, l. fall.
  • Art. 36, l. fall.
  • Art. 39, l. fall
  • Art. 161 l. fall.
  • Art. 165, l. fall.
  • Art. 167, l. fall.
  • Art. 172, l. fall.
  • Art. 173 l. fall.
  • Art. 175, l. fall.
  • Art. 180, l. fall.
  • Art. 181, l. fall.
  • Art. 182, l. fall.
  • Art. 182-quinquies, l. fall.
  • Art. 185, l. fall.
  • Art. 186-bis, l. fall.
  • Art. 228. l. fall.
  • Art. 229, l. fall.

Giurisprudenziali:

  • App. Firenze, 10 febbraio, 2014
  • Cass. 15 dicembre 2011, n. 27085
  • Trib. Alessandria, 18 Gennaio 2016
  • Trib. Benevento, 29 agosto 2013
  • Trib. Monza, 13 febbraio 2015
  • Trib. Padova, 23 ottobre 2014
  • Trib. Ravenna, 22 maggio 2014
  • Trib. Roma, 14 aprile 2016

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