La nozione di litispendenza internazionale nelle controversie in materia di divorzio, separazione e annullamento del matrimonio
10 Novembre 2017
Massima
Il regolamento (CE) n. 2201/2003 accoglie, all'art. 19, par. 1, una nozione ampia di litispendenza internazionale che comprende, oltre alle ipotesi di connessione in senso stretto, anche i casi di c.d. “falsa litispendenza” che ricorrono tra domande simultaneamente pendenti tra le medesime parti, pur se connesse solamente quanto all'oggetto o al titolo. Il caso
Con ricorso depositato il 2 giugno 2016 Tizia propone nei confronti di Caio domanda di divorzio innanzi al Giudice inglese. Il 15 giugno 2016 Caio propone domanda di separazione innanzi al Tribunale di Milano. Tizia, costituitasi nel giudizio innanzi al Giudice italiano, eccepisce la litispendenza internazionale ai sensi dell'art. 19, par. 1, Reg. (CE) n. 2201/2003 rilevando come, a fronte dell'accoglimento della domanda di divorzio dalla stessa proposta, il Giudice inglese, preventivamente adito, emetterà un provvedimento destinato a circolare liberamente negli Stati membri (salva la ricorrenza di una causa ostativa tra quelle previste a partire dall'art. 21 del medesimo regolamento). Conseguentemente, secondo la convenuta in Italia, determinando la decisione inglese sul divorzio il venir meno del vincolo matrimoniale, non potrà più esservi la pronuncia sulla domanda di separazione da parte del Giudice italiano atteso che la permanenza del matrimonio è presupposto giuridico della separazione. La questione
Qual è l'ampiezza della nozione di litispendenza internazionale accolta dall'art. 19, par.1, Regolamento (CE) n. 2201/2003? Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Milano è chiamato a pronunciarsi sull'art. 19, par. 1, Reg. (CE), n. 2201/2003 ai sensi del quale, nel caso in cui, innanzi a giudici di Stati membri diversi siano, tra le stesse parti, proposte domande di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio, il giudice successivamente adito è tenuto a sospendere d'ufficio il giudizio sino a quando non sia accertata la competenza dell'autorità adita preventivamente. Pur consapevole di orientamenti giurisprudenziali (Cass., S. U., 20 ottobre 1995, n. 10935) e dottrinari (G. Giacalone, Il regolamento 2201/2003: criteri di competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali in materia di separazione, divorzio e affidamento, relazione all'incontro di studio del C.S.M., sul tema “Gli strumenti sovranazionali in materia di famiglia”, Roma, 14 maggio 2010) di diverso avviso, il Giudice ambrosiano accoglie una nozione di litispendenza internazionale ampia, destinata ad includere anche le ipotesi che, secondo le regole nazionali, dovrebbero essere annoverate tra i casi di connessione. Ad una simile conclusione la decisione in commento perviene (anche sulla scorta di Corte di giustizia UE, 6 ottobre 2015, C-489/14) osservando che l'art. 19, par. 1, Reg. (CE), n. 2201/2003 equipara, ai fini della litispendenza, le domande di divorzio, separazione personale ed annullamento del matrimonio, richiedendo (a differenza dell'art. 29, par.1, Regolamento UE, n. 1215/2012 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale) semplicemente che tali domande (pur se differenti per il titolo e l'oggetto) presentino identità di parti. Tanto a differenza del secondo paragrafo del medesimo art. 19, Reg. (CE), n. 2201/2003 il quale, invece, con riferimento alle domande in materia di responsabilità genitoriale richiede, ai fini della litispendenza, che le domande siano relative ad uno stesso minore ed abbiano il medesimo oggetto ed il medesimo titolo. Così interpretato l'art. 19.1, rilevato che il Giudice inglese non ha declinato d'ufficio la propria competenza e ritenuto che sia sufficiente (al fine dell'accertamento della competenza del Giudice innanzi al quale è stata proposta la prima domanda) verificare che il giudice per primo adito non abbia declinato la propria competenza, il Tribunale di Milano sospende la causa di separazione, disponendo la prosecuzione del giudizio con riferimento alle domande relative alla responsabilità genitoriale. Osservazioni
Il Reg. (CE) n. 2201/2003 ha adottato una nozione di litispendenza diversa e più ampia rispetto a quella fatta propria da altri strumenti di cooperazione giudiziaria in materia civile. Se il Reg. n. 1215/2012 (concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale) e il Reg. n. 4/2009 (relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari) hanno (si vedano, rispettivamente, gli artt. 29, par. 1, e 12, Reg. n. 4/2009) accolto una nozione di litispendenza in senso proprio (che richiede, quindi, l'identità di parti, oggetto e titolo della domanda), non altrettanto ha fatto il Reg. n. 2201/2003 con riferimento alle controversie in materia matrimoniale. L'art. 19, par. 1, Reg. 2201/2003, infatti, ricomprende nella litispendenza oltre ai casi di litispendenza in senso stretto, le ipotesi di “azioni dipendenti”, anche qualificabili (adoperando il dato lessicale impiegato dalla relazione Borrás del 28 maggio 1998 relativa alla convenzione stabilita sulla base dell'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea concernente la competenza, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni nelle cause matrimoniali) comec.d. “falsa litispendenza”; ipotesi cioè accomunate dalla identità di parti e da una mera connessione di titolo o di oggetto. La convincente decisione milanese si pone nella scia di quella giurisprudenza (in termini, Trib. Belluno, 23 dicembre 2009) e della dottrina maggioritaria (Scarafoni, Il regolamento n. 2201/2003 sulla competenza ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e genitoriale, in Scarafoni (a cura di), Il processo civile e la normativa comunitaria, 2012, Torino; Campeis De Pauli, Sul regolamento CE (2201/2003) relativo alle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, in Giust. proc. civ., 2008) che da tempo, ormai, hanno accolto una nozione ampia di litispendenza internazionale ai sensi dell'art. 19, par. 1. Nozione che, in verità, appare difficilmente contestabile in considerazione tanto della lettera della norma, quanto del confronto tra il primo ed il secondo paragrafo dell'art. 19. La scelta del legislatore comunitario ha molteplici spiegazioni. Essa discende, innanzitutto, dalla consapevolezza delle differenze esistenti tra le legislazioni degli Stati membri in materia di separazione, divorzio ed annullamento del matrimonio. Ancora, considerata la funzione dell'istituto della litispendenza (che sta nell'esigenza di evitare decisioni contrastanti destinate, in caso di litispendenza internazionale, a circolare liberamente nell'Unione), è evidente come l'ampia nozione di litispendenza si giustifichi anche in considerazione dell'elevato numero di fori concorrenti contemplati dal Reg. n. 2201/2003 (con conseguente incremento dei possibili casi di contrastanti giudicati); elevato numero di fori che trova giustificazione nell'evidente favor libertatis che permea le norme in materia di divorzio, separazione ed annullamento del matrimonio dettate dal Regolamento Bruxelles II-bis. Peraltro, sotto tale profilo, deve segnalarsi come, specie prima dell'introduzione in Italia del c.d. divorzio breve, non infrequentemente si è verificata l'ipotesi opposta rispetto a quella esaminata nel provvedimento qui commentato. È cioè sovente accaduto che sia stato preventivamente adito con una domanda di separazione il Giudice italiano e che tale previa domanda abbia precluso al giudice di altro Stato membro successivamente adito, di ponunciare sulla domanda di divorzio innanzi allo stesso proposta (in termini, tra le altre, Trib. Milano 8 aprile 2011, App. Perugia, 10 marzo 2011). Da ultimo, deve segnalarsi come il primo paragrafo dell'art. 19 debba essere letto alla luce del paragrafo 3 del medesimo articolo (del quale il provvedimento qui esaminato fa corretta applicazione) ai sensi del quale, in caso di accertata competenza giurisdizionale del giudice preventivamente adito, l'autorità successivamente adita è tenuta (con provvedimento che, in Italia, è impugnabile solo mediante appello, Cass., 10 settembre 2014, n. 19004) a dichiarare la propria incompetenza a favore dell'autorità giurisdizionale preventivamente adita. |