Misure di prevenzione anticorruzione: l'equiparazione tra mafiosi e corrotti (o corruttori) nel nuovo codice antimafia

Maria Hilda Schettino
13 Novembre 2017

Con la legge 17 ottobre 2017, n. 161, pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 258 il 19 novembre 2017, il Legislatore torna ancora una volta a porre mano al sistema delle misure di prevenzione previsto nel codice antimafia e lo fa introducendo interessanti novità in materia di lotta alla corruzione.
Abstract

Con la legge 17 ottobre 2017, n. 161, pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 258 il 19 novembre 2017, il Legislatore torna ancora una volta a porre mano al sistema delle misure di prevenzione previsto nel codice antimafia e lo fa introducendo interessanti novità in materia di lotta alla corruzione.

L'Autore, dopo aver contestualizzato le ragioni dell'intervento normativo nella più ampia esigenza del Legislatore di predisporre idonei strumenti di prevenzione e contrasto delle c.d. forme di criminalità da profitto (criminalità organizzata, criminalità di impresa e corruzione), analizza le norme che, ampliando la categoria dei destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, equiparano i mafiosi ai corrotti (o corruttori).

Prevenire e contrastare la c.d. criminalità da profitto

«È meglio prevenire i delitti che punirgli. Questo è il fine principale d'ogni buona legislazione, che è l'arte di condurre gli uomini al massimo di felicità o al minimo d'infelicità possibile, per parlare secondo tutt'i calcoli dei beni e dei mali della vita». Così scriveva Cesare Beccaria nella sua opera Dei delitti e delle pene evidenziando, già nel 1764, come la prevenzione dei reati fosse un imprescindibile compito del Legislatore, prioritario rispetto alla sua stessa potestà punitiva, giacché un ordinamento giuridico che si fosse limitato alla sola repressione dei reati avrebbe rischiato di non intervenire tempestivamente, quando ormai beni giuridici fondamentali del singolo o della collettività sarebbero potuti essere irrimediabilmente compromessi. Ma se non ci sono dubbi sulla necessità della prevenzione dei reati, le controversie sorgono non appena si passi ad individuare gli strumenti mediante i quali tale prevenzione debba essere effettuata.

Nel diritto penale dell'economia il problema della prevenzione si è posto, in particolare, per l'emergere negli ultimi anni di numerosi casi di corruzione tra pubblica amministrazione e imprese, soprattutto nella realizzazione dei c.d. Grandi Eventi, imprese spesso contaminate da infiltrazioni mafiose (basti pensare solo alle vicende di Expo 2015, MOSE e Mafia Capitale).

È frequente, infatti, che l'organizzazione mafiosa trovi conveniente ricorrere alla corruzione per consolidare la propria posizione monopolistica in un certo mercato illegale, conseguendo così profitti più elevati, o per aumentare le speranze d'impunità. Pagare politici, funzionari, magistrati o agenti di polizia perché chiudano un occhio sui traffici illegali serve a ridurre i rischi di quelle attività e schiacciare la concorrenza.

Corruzione, criminalità organizzata mafiosa e criminalità d'impresa in senso lato diventano, così, tre facce di un'unica realtà strettamente connesse fra loro, senza soluzione di continuità e con una forte sinergia reciproca, come dimostra ampiamente l'esperienza.

Tuttavia, la percezione della loro pericolosità e la reazione ad esse si sono sviluppate in modo diverso nella coscienza sociale, culturale e istituzionale: probabilmente perché la criminalità organizzata era ed è connotata soprattutto dalla violenza, mentre la corruzione e la criminalità d'impresa erano e sono tuttora connotate da caratteristiche di potere, di abuso e di conflitto di interessi.

Conscio dell'importanza fondamentale della prevenzione di queste c.d. forme di criminalità da profitto, il Legislatore italiano è intervenuto più volte al fine di individuare le strategie preventive più idonee; le recenti riforme in materia di corruzione e criminalità organizzata, nonché le proposte di riforma in materia di responsabilità degli enti, dimostrano la consacrazione del ruolo della prevenzione e la minore fiducia in quello della repressione.

Il particolare allarme che discende da tali forme di criminalità ha spinto il Legislatore a utilizzare strumenti differenziati a seconda dei diversi fenomeni criminali da contrastare, ispirandosi tuttavia ad una logica emergenziale, fuori dalle garanzie del diritto penale liberale e privilegiando un'ottica di soddisfazione delle esigenze di difesa sociale.

Il primo di questi strumenti è rappresentato dalle misure di prevenzione previste dal codice antimafia, vale a dire quelle misure special-preventive, dirette ad evitare la commissione di reati da parte di determinate categorie di soggetti ritenuti socialmente pericolosi, considerate un tertium genus tra pene e sanzioni amministrative e applicate su base indiziaria, indipendentemente dall'accertamento, con le forme del processo penale, della previa commissione di un reato. La dottrina le ha, infatti, definite pene per il sospetto giacché sono applicate in mancanza dei normali presupposti probatori e senza le garanzie sostanziali previste nell'ambito dell'ordinamento penalistico (tassatività, irretroattività della norma sfavorevole, colpevolezza), nonostante incidano fortemente sulla libertà personale o sul patrimonio.

La riforma del codice antimafia e l'applicabilità delle misure di prevenzione all'area dei c.d. colletti bianchi

A seguito di un progetto di riforma durato più di due anni ha finalmente visto la luce la legge 17 ottobre 2017, n. 161 recante Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate.

Il provvedimento in esame, che si compone di 38 articoli suddivisi in sette capi, rappresenta il risultato di numerose iniziative legislative finalisticamente indirizzate, da un lato, a supportare e ottimizzare il tessuto normativo volto a regolare l'amministrazione, oggi gravemente deficitaria, delle aziende - anche di medie e grandi dimensioni - assoggettate a provvedimento di sequestro e, da altro lato, a contrastare il fenomeno della corruzione attraverso l'estensione del sistema special-preventivo delle misure di prevenzione ad una nuova tipologia di autore.

L'art. 1 l. 161/2017, infatti, prevede un ampliamento dei soggetti potenzialmente destinatari di misure di prevenzione personali (e anche patrimoniali, in virtù del rinvio mobile contenuto nell'art. 16, comma 1, d.lgs. 159/2011), introducendo all'art. 4 del codice antimafia, tra le altre, la lettera i-bis) che allarga il già esteso catalogo di fattispecie di c.d. pericolosità qualificata anche ai «soggetti indiziati del delitto di cui all'art. 640-bis o del delitto di cui all'art. 416 del codice penale, finalizzato alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 314, primo comma (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 316-ter (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per l'esercizio della funzione), 319 (corruzione per un atto contrari o ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 319-quater (induzione indebita a dare o promettere utilità), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), 321 (pene per il corruttore), 322 (istigazione alla corruzione) e 322-bis (peculato, concussione, induzione a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri) del medesimo codice».

La proposta di riforma originaria: gli “indiziati” dei delitti contro la pubblica amministrazione

La disposizione di apertura della novella normativa aveva originariamente sollevato critiche e preoccupazioni, poiché la versione proposta inizialmente dalla Camera dei deputati prevedeva l'applicabilità delle misure di prevenzione a soggetti meramente indiziati di uno di quei delitti contro la pubblica amministrazione. Stando alla lettera della norma, dunque, sarebbe stato sufficiente disporre di indizi (non meglio qualificati) relativi alla commissione, ad esempio, anche di un solo reato di peculato o corruzione per avviare, nei confronti del sospettato, un procedimento suscettibile di culminare nel sequestro o nella confisca del suo patrimonio.

Questo sistema trovò la forte opposizione della dottrina secondo la quale ciò avrebbe creato una categoria di soggetti sottoponibili a misure di prevenzione personali ma soprattutto patrimoniali, rispetto alla quale l'unico elemento indiziario sarebbe stato, in concreto, l'avvio di indagini per reati contro la P.A., giacché nei confronti di un singolo pubblico ufficiale sembrava difficile desumere la pericolosità specifica dalle frequentazioni o dai vincoli relazionali.

Ciò significava che, a fronte di un'indagine archiviata o di un processo definito con sentenza assolutoria – anche ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p. – il dipendente o funzionario pubblico sarebbe potuto essere sottoposto a misura di prevenzione e privato dei beni di cui disponeva, anche indirettamente. Di conseguenza il procedimento di prevenzione sarebbe diventato un facile strumento per infliggere pesanti sanzioni di carattere patrimoniale al di fuori del processo penale e delle sue garanzie.

In sintesi, il testo risultante dalla proposta di modifica avrebbe consentito l'applicazione del sequestro e della confisca di prevenzione dell'intero patrimonio a coloro che fossero soltanto indiziati di una unica condotta, potenzialmente priva di vantaggi di natura economica, consentendo la applicazione di “sanzioni” al di fuori dei principi di legalità, tassatività e presunzione di non colpevolezza e in senso peggiorativo rispetto al diritto vivente.

Si pensi, ad esempio, alla ipotesi di accettazione della promessa di remunerazione, non seguita dalla concreta dazione di denaro o altra utilità che integra la fattispecie di corruzione per l'esercizio della funzione, ai sensi dell'art. 318 c.p.

A tal proposito vale la pena di ricordare che, in tema di patrimonialità della pericolosità, le Sezioni unite Spinelli (Cass. pen., Sez. unite, 26 giugno 2014, n. 4880) hanno fatta salva la natura “non sanzionatoria” della confisca di prevenzione proprio in ragione della connessione temporale fra l'acquisizione dei beni al patrimonio del proposto e il momento in cui la sua pericolosità stessa sussisteva, ritenendo così legittima sul piano della conformità convenzionale e costituzionale la presunzione di pericolosità della res.

La natura prevenzionistica del sequestro e della confisca perderebbe quindi ogni ragione di esistere ove venisse a mancare la componente patrimoniale legata alla qualità di soggetto ritenuto pericoloso in quanto incluso in una delle categorie previste dall'art. 4 del codice antimafia e che si vorrebbe estendere a coloro che siano raggiunti da indizi di reità per i reati contro la P.A.

Le riserve della dottrina si giustificavano per effetto dell'omessa previsione nella novella normativa del requisito dell'abitualità della condotta ritenuta idonea a circoscrivere l'avvio del procedimento ablativo e di applicazione delle misure personali e patrimoniali.

In tale direzione muoveva anche la Commissione parlamentare di inchiesta antimafia che, nella sua relazione presentata al Parlamento, aveva rilevato l'importanza di inserire tra i soggetti destinatari di misure di prevenzione gli indiziati di reati contro la P.A., purché fossero abitualmente dediti a traffici illeciti o vivessero abitualmente, anche in parte, dei proventi di tali delitti.

La Commissione suggeriva, infatti, di modificare l'art. 4 del d.lgs. 159/2011 indicando come nuovi soggetti gli «indiziati di uno dei delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal Titolo II, Capo I del codice penale che rientrino nelle categorie di cui all'articolo 1, lettere a) e b)».

Tuttavia, la proposta della Commissione antimafia suscitò a sua volta le obiezioni di chi riteneva del tutto superflua una siffatta estensione della categoria dei destinatari di misure di prevenzione, sostenendo che nell'interpretazione giurisprudenziale i “corrotti abituali” fossero già ricompresi tra coloro che – ai sensi dell'art. 1, letterea) e b) del d.lgs. 159/2011– dovessero ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi o che, per condotta o tenore di vita e (sempre) sulla base di elementi di fatto, dovessero ritenersi vivere abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose, indipendentemente dalla tipologia di reati posti in essere – norma richiamata dall'art. 4, comma 1, lettera c) del codice antimafia.

Al contrario, l'esplicita previsione dei delitti contro la pubblica amministrazione avrebbe potuto legittimare la tesi dell'esclusione dall'applicazione del sistema di prevenzione di tutte le altre tipologie di delitto, pur se riconducibili a soggetti abitualmente dediti a traffici delittuosi o che vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di tali attività delittuose, come ad esempio l'evasore fiscale o il truffatore abituale.

E ciò non era ammissibile in considerazione del fatto che l'applicabilità della misura di prevenzione personale all'evasore fiscale o al truffatore abituale socialmente pericoloso consente, anche disgiuntamente, il sequestro e la confisca dei beni di provenienza illecita che siano nella sua disponibilità diretta o indiretta, ai sensi degli articoli 20 e 24 del d.lgs. 159/2011.

Difatti, i sequestri e le confische di prevenzione collegati ai reati fiscali o ai reati contro il patrimonio rappresentano il risultato di un processo evolutivo del sistema della prevenzione che oggi tende sempre di più a fare emergere patrimoni illecitamente accumulati e volti al contrasto di nuove manifestazioni di pericolosità, al fine di osteggiare le forme di “criminalità da profitto”.

Si passa, così, dalla pericolosità della persona alla pericolosità dei beni e del patrimonio perché il sistema di prevenzione oggi non punta solo a colpire il soggetto considerato pericoloso ma vuole individuare anche le ricchezze utilizzate o ottenute mediante l'attività delittuosa.

In conseguenza di ciò, le misure di prevenzione devono tendere a neutralizzare la pericolosità insita nei patrimoni e nelle ricchezze illecitamente acquisiti, indipendentemente dal tipo di attività delittuosa dalla quale provengono.

Le modifiche apportate dal Senato e confermate dalla Camera: l'associazione per delinquere finalizzata ai reati contro la pubblica amministrazione

A fronte di un tale dibattito scientifico, il Senato ha proposto un emendamento al nuovo art. 4, comma 1, lettera i-bis) del codice antimafia, confermato poi dalla Camera dei Deputati nella versione definitiva del disegno di legge.

L'applicazione delle misure di prevenzione ai reati contro la pubblica amministrazione sarà ora limitato ai soli casi in cui questi siano commessi in forma associativa ai sensi dell'art. 416 c.p.e non più in forma individuale.

Astrattamente potrebbe, comunque, restare ferma la possibilità di colpire con misure di prevenzione fenomeni di c.d. corruzione seriale o abituale che vengano ricondotti nelle fattispecie di pericolosità generica di cui all'art. 1 del codice antimafia, anche se, in concreto, questa possibilità rischia di essere preclusa qualora la Corte costituzionale dovesse accogliere le questioni volte a censurare la legittimità costituzionale delle lettere a) e b) del predetto art. 1, alla luce dei principi affermati dalla sentenza della Corte Edu, Grande Camera, depositata il 23 febbraio 2017 (De Tommaso c. Italia).

Nel caso di specie, la Corte Edu ha affermato la violazione dell'art. 2 del IV protocollo che garantisce la libertà di circolazione, da parte degli artt. 1 e ss. della l.1423/1956 (oggi art. 1 del d.lgs. 159/2011), che a loro volta prevedono l'applicabilità delle misure di prevenzione a soggetti a pericolosità generica.

Secondo la Corte, infatti, tale legislazione pur essendo accessibile non garantirebbe la prevedibilità della misura, la cui applicazione sarebbe rimessa all'eccessiva discrezionalità dei giudici.

In particolare, viene contestato un deficit di tassatività della normativa nel determinare sia le categorie dei destinatari e che lo stesso contenuto della misura di prevenzione personale.

La motivazione addotta dalla Corte in particolare, implica che l'applicazione della misura, seppur ancorata a un giudizio meramente prognostico, debba trovare il suo presupposto indefettibile in “fattispecie di pericolosità” previste e accuratamente descritte dalla legge.

Pertanto, simili fattispecie costituiscono, parallelamente, il parametro dell'accertamento giudiziale e il fondamento di ogni prognosi di pericolosità in tema di prevenzione.

La determinatezza della fattispecie legale assurge, dunque, a presupposto logico necessario e indefettibile, al punto che l'intervento del giudice – e la presenza della difesa, la cui necessità è stata affermata senza riserve – nel procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione non avrebbe significato sostanziale – o ne avrebbe uno pericolosamente distorcente la funzione giurisdizionale nel campo della libertà personale – se non fosse preordinato a garantire, nel contraddittorio tra le parti, l'accertamento di fattispecie legali predeterminate (Corte cost., sent. 177/1980).

La sentenza De Tommaso, pur riguardando una misura di prevenzione personale, appare di grande rilievo in relazione a tutte le possibile ricadute sull'intero sistema di prevenzione; ciò, in considerazione del fatto che anche le misure di prevenzione patrimoniali (del sequestro e della confisca) sono ancorate allo stesso parametro di pericolosità dei soggetti proposti, di cui all'art. 4 del codice antimafia.

In definitiva, il Senato, accogliendo le istanze provenienti da dottrina e giurisprudenza, non si è fatto promotore di una equiparazione tout cout tra mafiosi e corrotti/corruttori ritenendo più opportuno ancorare le presunzioni di pericolosità che giustificano l'eventuale applicazione delle misure di prevenzione a forme organizzate di produzione di profitti illeciti, similari proprio a quelle delle mafie.

In conclusione

Per concludere, si ritiene opportuno segnalare le ulteriori novità che la legge 161/2017 introduce nel codice antimafia in relazione ai reati contro la Pubblica Amministrazione.

In particolare, con specifico riguardo alle misure di prevenzione patrimoniale, l'art. 5, comma 1, l. 161/2017 di riforma ha provveduto a modificare l'art. 17 del codice antimafia, relativo alla titolarità della proposta, precisando che il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo può in ogni caso proporre la misura patrimoniale e che, nel caso di applicazione rivolta ai c.d. pericolosi generici di cui all'art. 1 o alle persone indiziate di cui alle nuove lettere i-bis e i-ter dell'art. 4, le funzioni e le competenze del Procuratore distrettuale sono attribuite anche al procuratore della Repubblica del tribunale nel cui circondario dimora la persona, previo coordinamento con il Procuratore distrettuale.

Infine, la riforma interviene anche sull'art. 71 del codice antimafia, che prevede un'aggravante – con aumento di pena da un terzo alla metà – per un catalogo di delitti commessi da chi è sottoposto in via definitiva a una misura di prevenzione personale durante il periodo di applicazione e fino ai tre anni successivi all'esecuzione della misura.

L'art. 23 l. 161/2017 amplia tale catalogo aggiungendovi il riferimento al reato di scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.), a quello di assistenza agli associati (art. 418 c.p.) e a una serie di delitti contro la pubblica amministrazione, coincidenti con quelli oggi inclusi alla lettera i-bis) dell'art. 4 del codice antimafia (con la differenza però che in questo caso i reati non devono necessariamente essere stati commessi in forma associativa e che è qui incluso anche il peculato d'uso di cui all'art. 314, comma 2, c.p.).

Quelle che precedono costituiscono solo brevi note a prima lettura della riforma del codice antimafia appena varata e soltanto con l'applicazione concreta delle nuove norme si potrà verificare se gli strumenti predisposti dal legislatore saranno effettivamente in grado di consentire un'idonea prevenzione di fenomeni di criminalità da profitto, primo fra tutti la corruzione.

Guida all'approfondimento

E. APRILE, Gli effetti dell'intervento penale sull'economia delle imprese. Nuovi equilibri tra repressione dei reati e continuità delle attività produttive?, in www.penalecontemporaneo.it;

A. BALSAMO, La riforma del codice antimafia: prime valutazioni e proposte, in senato.it;

S. FINOCCHIARO, La riforma del codice antimafia (e non solo): uno sguardo d'insieme alle modifiche appena introdotte, in www.penalecontemporaneo.it;

A.M. MAUGERI, Misure di prevenzione e fattispecie a pericolosità generica: la Corte Europea condanna l'Italia per la mancanza di qualità della “legge”, ma una rondine non fa primavera, in www.penalecontemporaneo.it.

F. MENDITTO, Verso la riforma del D.lgs. n. 150/2011 (cd. codice antimafia) e della confisca allargata, in www.penalecontemporaneo.it;

F. MENDITTO, Presente e futuro delle misure di prevenzione (personali e patrimoniali): da misure di polizia a prevenzione della criminalità da profitto, in www.penalecontemporaneo.it; F. MENDITTO, Le confische nella prevenzione e nel contrasto alla criminalità “da profitto” (mafie, corruzione, evasione fiscale), in www.penalecontemporaneo.it;

G. PIGNATONE, Mafia e corruzione: tra confische, commissariamenti e interdittive, in Diritto Penale Contemporaneo, Rivista Trimestrale n- 4/2015;

F. ROBERTI – M.V. De Simone, Osservazioni a margine dei lavori del senato sull'iter di approvazione dell'A.S.N. 2134 recante modifiche al codice delle leggi antimafia. La posizione della procura nazionale, in www.penalecontemporaneo.it;

C. VISCONTI, Proposte per recidere il nodo mafie-imprese, in www.penalecontemporaneo.it;

C. VISCONTI, Criminalità economica e criminalità organizzata. Strategie di contrasto dell'inquinamento criminale dell'economia: il nodo dei rapporti tra mafie e imprese, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, n. 2/2014, p. 705;

C. VISCONTI, Approvate in prima lettura dalla camera importanti modifiche al procedimento di prevenzione patrimoniale, in www.penalecontemporaneo.it;

La Giunta dell'Unione delle Camere Penali Italiane, Osservazioni al testo del ddl 2134 contenente proposte di modifica al testo del codice delle leggi antimafia con emendamenti, in senato.it.

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