Concordato fallimentare proposto da una società in concordato preventivo in continuità

16 Novembre 2017

Con il decreto in commento il Tribunale di Verona ha omologato, a quanto consta per la prima volta in Italia, il piano di concordato fallimentare proposto da una società in stato di procedura di concordato preventivo con continuità aziendale ex art.186-bis l.fall..
Premessa

Con il decreto in commento il Tribunale di Verona ha omologato, a quanto consta per la prima volta in Italia, il piano di concordato fallimentare proposto da una società in stato di procedura di concordato preventivo con continuità aziendale ex art. 186-bis l.fall..

Il Collegio giudicante, in piena adesione ai principi di continuità aziendale sottesi alla omologazione di un piano di concordato che preveda la prosecuzione dell'attività in capo al soggetto debitore, con sostanziale persistenza in capo allo stesso del potere gestorio, ha ritenuto la piena legittimità della proposta di concordato fallimentare proveniente da un soggetto in concordato preventivo.

Il fabbisogno concordatario del soggetto in stato di fallimento, quindi, ben può essere soddisfatto con le risorse derivanti dai flussi di cassa generati dalla gestione in continuità della società assoggettata a procedura di concordato preventivo, oltre che dalla dismissione di quote di alcuni immobili non strategici.

In sostanza, la società in procedura di concordato con continuità aziendale, proprio per le sue caratteristiche di società che prosegue normalmente la gestione aziendale, pur sotto la vigilanza degli organi della procedura concordataria, mantiene le sue caratteristiche di autonomia patrimoniale, compresa quella di poter validamente porsi sul mercato quale soggetto proponente un concordato fallimentare.

Ciò a condizione che non vi siano profili di illegittimità nella formazione delle classi, che la votazione si sia svolta nelle forme di legge, e che il comitato dei creditori abbia espresso il proprio parere favorevole.

Per meglio comprendere il percorso seguito per porre in essere un'operazione così articolata, vale la pena ripercorrere i passaggi attraverso i quali la procedura di concordato preventivo, una volta omologato, è giunta alla decisione di presentare una proposta di concordato fallimentare di una ditta individuale in stato di fallimento.

Genesi della proposta di concordato preventivo formulata dalla società

La società in concordato preventivo trae origine dal conferimento, da parte della ditta individuale (prima del suo fallimento), dell'unica azienda in una società in accomandita semplice in cui la carica di socio accomandatario era rivestita dal titolare della ditta individuale.

L'atto di conferimento, regolarmente trascritto nei pubblici registri, non risultava opposto nei termini di legge.

L'operazione di conferimento consentiva, pertanto, la creazione di un soggetto economico-giuridico dotato di un'adeguata capacità reddituale e patrimoniale, in modo tale da consentire l'accesso ad una procedura concordataria con prosecuzione dell'attività, e ciò sia al fine di salvaguardare la continuità aziendale, sia per offrire la migliore tutela ai creditori dell'azienda conferita, ed altresì a quelli della società risultante dal conferimento.

In tale ottica, nella società venivano altresì conferiti, da parte del titolare della ditta individuale, tutti i beni immobili di sua proprietà personale.

La s.a.s. depositava quindi il ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, ai sensi dell'art. 186-bis l.fall..

Pendente la procedura concordataria, il Tribunale successivamente dichiarava, su istanza di un unico creditore, il fallimento della ditta individuale.

Essendo il titolare della ditta individuale anche il socio accomandatario della s.a.s., il suo fallimento personale comportava la conseguente sua esclusione di diritto, ex art. 2288 c.c., dalla compagine sociale della s.a.s., la quale prontamente si attivava per ricostituire la pluralità dei soci, nominare un nuovo accomandatario, così garantendo la regolare prosecuzione della attività di impresa.

Contestualmente i soci incaricavano il nuovo amministratore di presentare, in qualità di terzo, e sulla base di un elenco provvisorio di creditori, non essendo ancora stata celebrata l'udienza di verifica dello stato passivo, una proposta di concordato fallimentare nel fallimento della ditta individuale.

Sull'ammissibilità di una proposta di concordato fallimentare avanzata da società in concordato preventivo

Nella fattispecie in esame, la proposta di concordato fallimentare è stata avanzata dalla società in concordato preventivo in qualità di soggetto terzo, diverso dal fallito, che si è obbligato ad adempiere le obbligazioni derivanti dal concordato fallimentare, obbligazioni che risultano in parte coincidenti con quelle del concordato preventivo: la peculiarità del caso risiede nella circostanza che il proponente era assoggettato a procedura di concordato preventivo, che prevedeva la prosecuzione dell'attività di impresa. Si poneva, quindi, il problema di verificare, nella totale assenza di precedenti sul punto, se la proposta avanzata da tale soggetto, e con queste modalità, fosse compatibile con il concordato fallimentare delineato dagli artt. 124 e seguenti l.fall..

Quanto alla qualifica del soggetto proponente, è pacifico che il terzo possa essere una società, sia di persone, sia di capitali: se la società è in concordato preventivo, tale circostanza non limita la sua capacità di agire, dovendosi solo il soggetto agente, per gli atti di straordinaria amministrazione, munire eventualmente di apposita autorizzazione.

Lo schema di concordato fallimentare così configurato appare effettualmente assimilabile al concordato preventivo con assunzione, essendo questo caratterizzato dalla presenza di un terzo che, dietro corrispettivo della cessione dei benifallimentari, si obbliga direttamente, sostituendosi o affiancandosi al fallito, ad adempiere le obbligazioniscaturenti dal concordato proposto. In tale prospettiva, l'elemento traslativo della cessione delle attivitàfallimentari si combina con un elemento obbligatorio, e cioè l'accollo, privativo o cumulativo, delleobbligazioni nascenti dal concordato da parte dell'assuntore, tenuto, dopo l'omologazione, ad adempieredebiti propri.

Dopo la riscrittura dell'art. 124 l.fall. ad opera del D.Lgs n. 5/2006, pur essendo stato eliminato dal tenore letterale della norma ogni riferimento all'assuntore (che però continua ad essere citato nell'art. 160, comma 1, lett. b, l.fall.), nessuno dubita che anche oggi sia possibile per qualsiasi proponente prevedere la cessione dei beni ad un assuntore, che si accolli le obbligazioni concordatarie, secondo lo schema tradizionale.

Va altresì precisato che la continuità aziendale attiene alla società in concordato preventivo, e non alla odierna proposta di concordato fallimentare, a nulla rilevando le modalità con le quali il terzo proponente si procura la risorse da destinare al soddisfacimento delle obbligazioni concordatarie: in tal modo il concordato fallimentare mantiene inalterata la sua caratteristica di procedura liquidatoria finalizzata a definire la procedura fallimentare, mentre il concordato preventivo, che assume il ruolo di terzo assuntore, si sviluppa secondo il piano in continuità previsto, offrendo il pagamento dei creditori nell'arco temporale di durata del piano.

Nella fattispecie in esame la presentazione della proposta di concordato fallimentare, ad opera della società in concordato preventivo, è stata considerata, in tutti i suoi effetti, e anche in termini di aggravio di oneri, all'interno del piano di concordato preventivo, in sede di modifica della proposta (il piano di concordato preventivo in continuità, una volta modificato, ha ottenuto, quindi, il parere favorevole del commissario giudiziale, il voto positivo dei creditori, e infine l'omologa dal Tribunale).

Il piano sottostante alla proposta di concordato fallimentare

La prima proposta ex artt. 124 e 125 l.fall. avanzata dalla società ricorrente ai creditori prevedeva la loro soddisfazione attraverso le disponibilità liquide generate principalmente dalla continuità aziendale della s.a.s., secondo lo stesso piano, con le stesse modalità e scadenze proposte ai creditori della stessa, e quindi con pagamento integrale dei crediti prededucibili e privilegiati, e nella percentuale del 15% di quelli chirografari.

Su tale proposta, nonostante il parere favorevole del curatore fallimentare, il comitato dei creditori si esprimeva negativamente, determinando per ciò stesso l'arresto della procedura di concordato fallimentare.

Nel frattempo, a seguito della avvenuta verifica dello stato passivo del fallimento, emergevano alcune difformità tra i crediti già oggetto di precisazione nella procedura di concordato preventivo, e quelli definitivamente ammessi nello stato passivo fallimentare.

Per allineare i crediti alle risultanze di quest'ultimo, nonché per rappresentare ai creditori i maggiori costi (di massa) derivanti dall'apertura della procedura fallimentare, la società modificava l'originaria domanda di concordato preventivo con continuità aziendale, proponendo, invariato il pagamento integrale di prededuzioni e privilegi, l'aumento dal 15 al 25% della percentuale di pagamento dei chirografari.

La proposta veniva approvata dai creditori a larghissima maggioranza, e si apriva quindi la fase di omologa.

Il decreto di omologa affrontava incidenter anche il tema del complesso rapporto tra concordato preventivo e concordato fallimentare, soprattutto con riferimento al legame di reciproca dipendenza esistente tra le procedure, disciplinando i pagamenti da effettuarsi in esecuzione del piano con effetti esdebitatori su entrambe le procedure [“….per quanto concerne la fattibilità giuridica della proposta (da intendersi nel senso della compatibilità della medesima con norme giuridiche inderogabili, da valutarsi tenendo conto del contenuto della proposta stessa e delle finalità perseguite: verifica operabile dal Tribunale anche in assenza di opposizioni), ricorrono le condizioni per poter formulare un giudizio positivo e segnatamente un giudizio:

a) di legittimità delle azioni programmate per la realizzazione della proposta concordataria e

b) di potenziale idoneità del piano ad assicurare il soddisfacimento della causa della procedura, intesa come superamento della situazione di crisi dell'imprenditore con il soddisfacimento, sia pur ipoteticamente parziale, dei creditori chirografari, non potendo per contro valorizzarsi in termini negativi le circostanze, pure adeguatamente segnalate dal commissario, per cui 'le sorti del concordato preventivo sono legate all'esito favorevole della proposta di concordato fallimentare (omissis) e della sua successiva omologa' e che 'la fattibilità della proposta di concordato dipenderà essenzialmente dall'andamento della gestione (omissis) fino all'anno 2019', trattandosi di profili incidenti sulla concreta realizzabilità del piano, ma non anche sulla fattibilità giuridica della proposta concordataria, considerato che la nuova proposta di concordato fallimentare rivolta al fallimento (omissis), pur autorizzata, non risulta essere stata ancora formulata e depositata (e non è stata quindi ancora esaminata dagli organi di quella procedura) e che i riflessi esdebitatori potenzialmente concorrenti dei pagamenti che saranno eseguiti dal concordato a favore di creditori titolari di una analoga posizione creditoria nell'altra procedura saranno oggetto di opportuna valutazione nella proposta di concordato fallimentare (non potendosi ipotizzare una duplicazione dei pagamenti a fronte del medesimo titolo) ed in ogni caso di segnalazione agli organi di entrambe le procedure”; così il decreto di omologa del Tribunale di Verona).

Nel frattempo, la s.a.s. veniva autorizzata a presentare la seconda proposta di concordato fallimentare, sul presupposto che la proposta concordataria, in ottica di continuità aziendale, rappresentasse la migliore prospettiva di soddisfacimento anche per i creditori del fallimento della ditta individuale.

Considerato che dallo stato passivo definitivamente accertato dal curatore emergeva una sostanziale coincidenza, per importi e trattamento giuridico, dei creditori della ditta individuale con quelli della società in concordato preventivo, fatta eccezione per due posizioni, veniva previsto per queste ultime un trattamento differenziato, attraverso la creazione di apposite classi.

La proposta di concordato fallimentare per classi

Il nuovo piano di concordato fallimentare prevedeva, infatti, la suddivisione dei creditori chirografari in 3 distinte classi: I classe (unico creditore: società in fallimento) con previsione di soddisfacimento al 40%, II classe (unico creditore: istituto di credito – proposta condizionata) con previsione di soddisfacimento al 25%, III classe (residui creditori chirografari) con previsione di soddisfacimento al 25%.

Sulla possibilità di costituire in classe l'unico creditore in stato di fallimento

Con riferimento alle caratteristiche del creditore, per il quale la possibilità di essere costituito in classe autonoma era legata alla titolarità in capo allo stesso di una posizione oggettivamente diversa da quella degli altri, l'argomento sviluppato del ricorrente si basava sul rilievo che, nel caso di soggetto fallito, il pagamento del suo credito sarebbe andato a beneficio della massa dei creditori concorsuali della procedura fallimentare, e non di un creditore uti singuli.

Tale circostanza, cioè la presenza di interessi di più soggetti facenti capo ad un'unica procedura concorsuale, qualifica un fattore aggregante che giustifica la creazione di un'apposita classe, composta da un unico creditore (ma in realtà dalla massa dei creditori ammessi nello stato passivo del fallimento), alla quale viene offerto il pagamento di una percentuale di pagamento superiore a quella offerta agli altri creditori.

Il trattamento differenziato, in questa sede configurato, risultava, secondo la prospettazione del ricorrente, lecito e rispondente ad interessi meritevoli di tutela nell'accezione fornita dall'art. 1322 c.c., in base ai valori assunti nell'ordinamento giuridico (cfr. A.Jorio (a cura di), Fallimento e concordato fallimentare, WKI 2016), mentre sull'ammissibilità di una classe composta da un unico creditore, il ricorrente assumeva che il creditore assoggettato a procedura fallimentare era portatore di un interesse economico-giuridico irriducibile a quello degli altri creditori concorrenti, e dunque la creazione di classe apposita si poneva come scelta necessitata [l'organo giudicante non riteneva condivisibile la scelta del ricorrente, argomentando, in base ai principi generali, che “ciascun creditore, mirando ad ottenere un pagamento che incrementa la sua garanzia patrimoniale (art.2740 c.c.), realizza indirettamente gli interessi anche dei suoi creditori”].

La classe formata dall'istituto di credito con ipoteca sugli immobili oggetto di conferimento, con offerta di pagamento sottoposta a condizione

Merita un breve cenno la tecnica sottesa alla creazione della classe costituita dall'istituto di credito titolare, tra l'altro, di un credito di natura ipotecaria con vincolo iscritto sui beni immobili, di proprietà del soggetto fallito, oggetto del conferimento iniziale nella s.a.s..

Per le peculiarità dell'accertamento del passivo, tale credito ipotecario era stato ammesso nel passivo fallimentare in chirografo, pur essendone stata richiesta l'ammissione in via privilegiata ipotecaria, “ in quanto i beni su cui è stata iscritta ipoteca sono stati conferiti ….alla….. Sas, e pertanto non sono più parte dell'attivo fallimentare; il privilegio ipotecario richiesto verrà riconosciuto esclusivamente laddove i beni dovessero rientrare nell'attivo fallimentare a seguito di azione revocatoria”.

Nel passivo del concordato preventivo, al contrario, il credito dell'istituto veniva previsto con il rango ipotecario, giusta la considerazione dell'esistenza, nel patrimonio della società, all'esito del conferimento dell'azienda della ditta individuale nella s.a.s., degli immobili gravati da ipoteca.

Giustificata, in virtù delle citate difformità di valutazione in sede di verifica, la creazione di apposita classe a favore dell'istituto di credito, restava da sciogliere il nodo relativo ai tempi di pagamento.

Mentre, infatti, il pagamento dei chirografi al 30% veniva previsto nel 2019, nel 2017 e 2018, la società in concordato preventivo avrebbe già dovuto liquidare, come previsto nel piano omologato, i creditori ipotecari con il pagamento del 100% del loro credito.

E' stata quindi elaborata, per tale classe, un'offerta di pagamento al 5%, pari alla differenza tra la percentuale offerta nell'ambito della proposta di concordato fallimentare (30%) e la percentuale prevista nella proposta di concordato preventivo (25%), risolutivamente condizionata all'avvenuto integrale pagamento del credito da parte del concordato preventivo della S.a.s..

Il mancato avverarsi di tale condizione risolutiva avrebbe comportato il riconoscimento a favore dell'istituto di credito del pagamento del 30% del credito a tale titolo vantato.

Epilogo

Il Tribunale, contestando l'utilizzo dei criteri di cui all'art. 124, comma 2, lettere a) e b) l.fall. limitatamente alla prima classe formata dall'unico creditore in fallimento, arrestava la procedura.

Si giungeva quindi alla terza proposta di concordato fallimentare, nella quale i creditori chirografari venivano suddivisi in sole due classi (1. istituto di credito con proposta sottoposta a condizione, nella forma in precedenza descritta – 2. tutti i creditori chirografari), secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei.

L'eliminazione della classe oggetto di censura, per la quale era stato previsto il pagamento al 40%, consentiva di aumentare la proposta per entrambe le classi al 30%, di raccogliere il favore dei creditori senza alcun dissenso espresso, di ottenere il parere favorevole del curatore fallimentare (in sostituzione del comitato dei creditori ex art. 129, comma 2, l.fall.) e quindi l'omologa del Tribunale di Verona (con le seguenti precisazioni: “1) I pagamenti previsti entro la fine del 2016 dovranno essere effettuati entro 6 mesi dalla definitività dell'omologa; 2) che il concordato istante relazioni con cadenza semestrale il curatore circa le entrate realizzate e da destinare alla procedura di concordato; 3) che l'istante informi il curatore dell'attuazione delle vendite almeno tre mesi prima del 31/12/2018, al fine di consentire I pagamenti nei termini previsti”), presentando la proposta tutte le prescrizioni di legge (e quindi l'intervenuto decorso del termine annuale dalla dichiarazione di fallimento, l'esecutività dello stato passivo fallimentare, la provenienza della proposta da un terzo, diverso dal fallito, da società cui egli partecipi e da società sottoposte a comune controllo, nonché il rispetto, nella suddivisione dei creditori in classi, del disposto dell'art. 124, comma 2, a) e b), l.fall.).

Considerazioni conclusive

Va sottolineata l'originalità e singolarità della fattispecie concordataria esaminata e omologata, ad oggi priva di precedenti, che si pone in maniera lungimirante nell'ottica del legislatore della riforma della legge fallimentare di salvaguardia e risanamento dell'impresa in crisi attraverso l'utilizzo della continuità aziendale e del proficuo impiego delle risorse dalla stessa provenienti nell'interesse dei creditori e del sistema economico in generale.

Sommario