Valida la notifica ad un Ministero a prescindere dal pubblico elenco dal quale è stato estratto l'indirizzo PEC
16 Novembre 2017
Massima
Per gli atti giudiziari, la notifica presso l'avvocatura ex art. 11 R.D. n. 1611/1933 è sempre valida, e ad essa si aggiunge quella ex art. 3-bis l. n. 53/1994 all'ente; non rileva da quale elenco sia stato estratto l'indirizzo ( ReGIndE , registro PP.AA., ex art. 16, comma 12,d.l. n. 179/2012, o Registro IPA).Il caso
Una società notificava a mezzo PEC un ricorso ex art. 702-bis c.p.c. e relativo decreto di fissazione d'udienza al Ministero della Giustizia, all'indirizzo PEC dell'Avvocatura dello Stato di Milano, dichiarando nella relazione di notificazione di aver estratto l'indirizzo «dal registro PP.AA.». Il Ministero della Giustizia rimaneva contumace; il Giudice era dunque chiamato a decidere in merito a tale questione. La questione
La questione giuridica affrontata è se sia valida la notifica effettuata al Ministero presso l'avvocatura dello Stato, all'indirizzo PEC di quest'ultima reperito da un “pubblico elenco” (qualunque esso sia). Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Milano riteneva valida la notificazione effettuata dal ricorrente all'indirizzo PEC dell'Avvocatura dello Stato di Milano, dichiarando contumace il Ministero resistente, e condannandolo al pagamento della somma richiesta in ricorso oltre alla rifusione delle spese di lite al ricorrente. Venivano ritenuti utilizzabili gli indirizzi PEC contenuti nell'Indice delle Pubbliche Amministrazioni (c.d. IPA di cui all'art. 6-ter, d.lgs. n. 82/2005), sul presupposto che l'art. 16-ter,d.l. n. 179/2012 (riguardante i «pubblici elenchi per notificazioni e comunicazioni») non contenga un'elencazione “esclusiva” dei pubblici elenchi, ma unicamente la prescrizione di utilizzare un pubblico elenco. La decisione veniva basata sull'esigenza di non introdurre disparità di trattamento tra il privato/professionista e l'ente pubblico: mentre il primo sarebbe responsabile della domiciliazione informatica risultante dall'apertura della casella di PEC, il secondo sarebbe sostanzialmente facoltizzato ad aprirne una da indicare in un elenco e altre per differenti finalità, con conseguente confusione per il soggetto che debba indirizzare una notificazione all'ente stesso. Soggiungeva il Tribunale, in ogni caso, che la norma concernente la domiciliazione dell'Amministrazione dello Stato presso l'Avvocatura (art. 11 R.D. 1611/1933) deve considerarsi in rapporto di specialità con l'art. 3-bis,l. n. 53/1994. Da tutto ciò consegue che per gli atti giudiziari la notifica all'avvocatura è sempre valida, in aggiunta a quella a mezzo PEC ai sensi della l. n. 53/1994, all'indirizzo estratto da un qualunque elenco (purché pubblico). Veniva ad ogni buon conto osservato che, nel caso di specie, l'Avvocatura aveva richiesto le copie degli atti e documenti di cui al ricorso e manifestato la propria intenzione di non costituirsi, con ciò dimostrando di aver avuto conoscenza del procedimento a seguito della notificazione. Osservazioni
Come noto, a seguito delle disposizioni introdotte dal d.l., 4 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, è stato modificato, con l'art. 45-bis, comma 2, l'art. 16-ter, comma 1, d.l. n. 179/2012. In particolare è stato eliminato il riferimento all'art. 16, comma 8, d.l. n. 185/2008, rendendo così di diritto non più valido ai fini delle notificazioni l'elenco di cui all'allora art. 57-bis (oggi art. 6 ter, d.lgs. n. 82/2005), meglio noto come IPA. L'art. 16-ter, d.l. n. 179/2012 prevede dunque ora quanto segue: «a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto; dall'art. 16, comma 6, d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla l. 28 gennaio 2009, n. 2, dall'articolo 6-bis del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia». Il problema che si è innestato su tale novella legislativa, e che porta dottrina e giurisprudenza a cercare strade per superare l'impasse creatasi è dato dal fatto che il cosiddetto Registro PP.AA. avrebbe dovuto essere popolato dalle Pubbliche Amministrazioni entro il 30 novembre 2014. La norma però non prevedeva sanzioni per l'inadempimento ed è stata largamente disattesa, tant'è che al giugno 2017 il registro in questione contava 935 amministrazioni iscritte, di cui appena 591 con indirizzo di PEC (63%) (fonte: https://pst.giustizia.it/PST/resources/cms/documents/PCT3anniObbligatorietav1.pdf). È evidente il contrasto con il registro c.d. IPA sul quale, al momento in cui si scrive, sono accreditati 22.740 enti, con 110.482 indirizzi PEC (http://www.indicepa.gov.it/documentale/index.php) Nel caso di specie, dunque, il giudicante ha tentato superare un impasse concreto e grave, ossia quello di un registro, come l'IPA, di diritto non più utilizzabile ma nettamente più popolato rispetto al Registro PP.AA.: tale situazione determina indubbiamente una forte asimmetria degli obblighi di “reperibilità telematica” tra settore pubblico da un lato e utenza privata e professionale dall'altro; basti a tal fine pensare al caso eclatante dell'INPS, che non è tuttora censita sul Registro ex art. 16, comma 12, d.l. n. 179/12 e alla quale non è pertanto possibile effettuare una notifica telematica. Che la materia desti notevoli problemi e preoccupazioni è testimoniato anche da una curiosa vicenda che interessò il Dipartimento Affari Giustizia nel corso della primavera del 2016, dove ad un primo comunicato che apriva all'utilizzo dell'IPA per le notifiche telematiche seguì pochi giorno dopo un comunicato di segno contrario (reperibile su: http://www.fiif.it/wp-content/uploads/2016/06/m_dg.DAG_.21-06-2016.0116974.U.pdf), che chiudeva ogni possibilità in tal senso. Visti anche tali precedenti, la sentenza in commento va dunque considerata più come un atto di denuncia che come un precedente vero e proprio; si dubita infatti che la stessa possa dar vita ad un filone giurisprudenziale in grado di “rivitalizzare” il Registro IPA ad onta del Registro PP.AA.; osta purtroppo a simili fughe in avanti il chiaro disposto legislativo. Le strade da battere sarebbero semmai altre e dovrebbero passare attraverso l'ipotizzata (in sede di riforma del Codice dell'Amministrazione Digitale) confluenza del registro ex art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012 all'interno dell'IPA, questa volta però, si auspica, accompagnata da adeguata sanzione che spinga le P.A. a comunicare i propri indirizzi utilizzabili per le notificazioni telematiche. |