Le clausole che disciplinano il conflitto di interesse

17 Novembre 2017

È legittimo il bando di gara che prevede l'assenza di condizioni di incompatibilità o conflitto di interesse come requisito di ordine generale. Detto requisito, invero, costituisce espressione del principio generale di cui all'art. 6-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. In tema di appalti pubblici, al fine di garantire il rispetto dei principi sovrastanti di trasparenza, imparzialità e buon andamento, si configura un conflitto tra un interesse privato e quello pubblico anche quando l'incompatibilità delle rispettive posizioni sia solo potenziale.

La vicenda. Un Comune bandiva una gara volta all'affidamento del servizio di supporto tecnico, amministrativo, legale, economico, finanziario e fiscale al RUP nell'espletamento delle attività istruttorie relative alle prossime procedure di affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale. L'avviso pubblico della procedura prevedeva, tra i requisiti generali, quello di non trovarsi in condizioni di conflitto di interesse in relazione al rapporto tra l'ente locale e i gestori attuali del servizio di distribuzione del gas nell'ambito territoriale di riferimento. Partecipavano alla gara soltanto due operatori economici, uno dei quali veniva escluso in ragione dell'assenza del requisito generale suddetto. All'esito di una verifica, invero, la stazione appaltante rilevava la presenza di un legame di parentela collaterale di secondo grado tra il legale rappresentante dell'ATI partecipante e quello di una società che svolgeva attività di distribuzione del gas in numerosi comuni ricadenti nell'ambito territoriale rilevante. L'operatore economico interessato impugnava l'esclusione dalla gara deducendo l'illegittimità della clausola sul conflitto d'interesse.

Le clausole del bando sul conflitto d'interesse. Il Collegio afferma che la clausola del bando di gara richiedente il suddetto requisito generale è legittima, non solo perché riproduttiva di disposizioni di legge, ma anche in considerazione della specifica natura del servizio oggetto dell'affidamento.

Secondo la pronuncia, la clausola costituisce applicazione del principio generale di cui all'art. 6-bis, l. 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall' art. 1, comma 41, della legge n. 190 del 2012, secondo cui «Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale».

Per di più, tenuto conto della specifica natura del servizio da affidare, il Collegio evidenzia che il rischio di giudizi non imparziali da parte dell'operatore economico escluso si coglie nella considerazione che l'impresa già affidataria del servizio di distribuzione del gas ha un interesse non solo potenziale ma concreto a partecipare alla gara di prossima indizione che l'aggiudicataria del servizio di assistenza al RUP concorrerà a definire in tutti i suoi aspetti di natura tecnica, amministrativa, legale e finanziaria.

Alla luce di tali ragioni – si legge nella pronuncia – appariva indispensabile il requisito generale inserito nel bando di gara, al fine di assicurare l'imparzialità ed buon andamento dell'azione amministrativa e garantire l'assenza di situazioni di incompatibilità tra il soggetto affidatario del servizio di assistenza tecnico-legale e i gestori attuali del servizio di distribuzione del gas.

Il conflitto d'interesse potenziale. Il ricorrente rilevava che il mero legame di parentela non è di per sé sufficiente in mancanza di un effettivo e comprovato rapporto di vicinanza tra i soggetti in questione. Al contrario, il Collegio afferma che per comune opinione i rapporti di parentela e coniugio costituiscono elementi rivelatori di una comunanza di interessi, costituendo indizi che consentono di ritenere, secondo l'id quod plerumque accidit, che un soggetto non sia in grado di valutare con serenità e obiettività l'atto da compiere. Peraltro, in tema di pubblici appalti, affinché possa configurarsi un conflitto tra un interesse privato di cui sia titolare una delle società partecipanti e quello pubblico, perseguito dall'amministrazione aggiudicatrice, è sufficiente che l'incompatibilità delle rispettive posizioni sia anche solo potenziale. Tale rigore – si legge nella pronuncia – risponde all'esigenza di garantire il rispetto dei principi sovrastanti di trasparenza, imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione.

L'irrilevanza di modifiche societarie per sanare la carenza del requisito. Il ricorrente prospettava la possibilità di superare la riscontrata situazione di conflitto mediante la mera sostituzione del legale rappresentante pro tempore della società interessata. La pronuncia afferma che ogni verifica sulla sussistenza dei requisiti non può che essere condotta dalla stazione appaltante durante la procedura di gara; sicché eventuali avvicendamenti nella compagine societaria delle imprese partecipanti, carenti ab origine dei requisiti di partecipazione alla gara, non possono assumere rilevanza al fine di integrare il requisito mancante.

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