La madre casalinga può curare il figlio: niente congedo parentale per il padre
21 Novembre 2017
Il caso. In prime cure, il TAR Friuli Venezia Giulia n. 321/2016 aveva parzialmente accolto il ricorso di un poliziotto che si era visto negare i periodi di riposo ex art. 40, lett. c), d.lgs. n. 151/2001, annullando il provvedimento di diniego, ma non concedendo il richiesto indennizzo. Infatti la ratio della norma, per il TAR, è quella di «beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività (nella fattispecie, quella di casalinga), che la distolgano dalla cura del neonato». Il Viminale, di opposta opinione, ha impugnato la decisione sostenendo la non spettanza: la casalinga non può essere considerata una lavoratrice dipendente. Il Consiglio di Stato, come detto, ha accolto il ricorso e la tesi secondo cui la casalinga può prendersi cura del figlio salvo comprovati impedimenti.
I militari ed i poliziotti possono godere dei congedi parentali? Sì, come detto. In un primo momento si ritenne di non concedere loro queste misure di ausilio alla genitorialità previste dal d.lgs. citato per il «particolare status rivestito e agli speciali compiti istituzionali svolti da tali organizzazioni» (Cons. Stato n. 5730/2011 e Cons. Stato n. 3278/2010).
Contrapposti orientamenti in materia. Il Consiglio di Stato rileva come le tesi sulla spettanza del diritto ai congedi parentali al padre nel caso in cui la madre non sia una lavoratrice dipendente (libera professionista, casalinga etc.) non siano uniformi.
Nessun diritto ipse iure per il padre. Per il Cons. giust. amm. Sicilia n. 1241/2012, la legge non riconosce al padre alcun diritto ai riposi giornalieri autonomi, indipendente e parallelo a quello della madre, ma questi potranno essere concessi se esistono «concreti impedimenti che si frappongano alla possibilità per la moglie casalinga (e dunque lavoratrice non dipendente, come si ritiene debba essere qualificata) di assicurare le necessarie cure al bambino». Ostacoli che dovranno essere provati e documentati concretamente.
La tesi del Consiglio di Stato. In definitiva, in conclusione di un lungo excursus su tutte queste opinioni, il Consiglio di Stato ribadisce che, pur dovendosi attuare un equo bilanciamento dei contrapposti (e reciproci) interessi e valori, è questa la tesi cui ritiene di aderire, rilevando che il padre non ha provato detti ostacoli, poiché non è un impedimento alla cura del figlio il fatto che la compagna non avesse la patente.
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it |