L’amministratore ed il liquidatore di s.r.l. devono risarcire il creditore sociale per il danno a lui cagionato
22 Novembre 2017
Massima
Quando l'atto compiuto dall'amministratore di una Società di capitali integra un concreto e diretto pregiudizio al patrimonio del creditore sociale, quest'ultimo può agire per il risarcimento del danno personalmente e direttamente nei confronti dell'autore della condotta illecita. Il caso
Caio vanta un credito nei confronti della Società Alfa e per conseguire quanto spettantegli aziona un procedimento giudiziale, che si concluderà a distanza di diversi anni ed in grado di Appello. Conseguito il titolo giudiziale ed appurato l'infruttuoso ottenimento spontaneo del dovuto, Caio notifica la sentenza e scopre che la Società debitrice era stata posta in liquidazione già due anni prima, senza che mai nel corso delle udienze svoltesi dinanzi alla Corte d'Appello fosse stato notiziato l'attore o il giudicante dello stato di liquidazione sopraggiunto. Oltre al mancato rispetto delle forme di pubblicità a termini di legge, Caio scopre che l'Amministratore della Società Alfa, divenuto poi anche Liquidatore, non aveva tenuto in alcuna considerazione il suo credito e aveva ignorato l'iter che conduce alle varie fasi precedenti la cessazione dell'attività e la dismissione del patrimonio aziendale. Caio ricorre dunque al Tribunale di Bari – Sezione Specializzata in Materia di Impresa, per chiedere la condanna al risarcimento del danno. La questione
Risponde personalmente l'Amministratore o il Liquidatore di una s.r.l. che ha compromesso irrimediabilmente la possibilità per il creditore di ottenere soddisfacimento della propria pretesa creditoria? Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Bari, chiamato alla verifica del comportamento assunto dall'Amministratore, poi Liquidatore della Società debitrice, ha accertato la grave violazione degli obblighi di diligenza, prudenza e perizia, sanzionandolo ai sensi degli artt. 2476, 2489 e 2491 c.c. I motivi di tale condanna risiedono nelle documentate evidenze processuali. Segnatamente, l'attore, dopo anni di lungaggini processuali legati anche alla resistenza in giudizio della Società debitrice, otteneva l'agognato titolo esecutivo ma, tentata la notifica, scopriva che la Società era chiusa per cessata attività. In sede di successivo pignoramento era risultato che presso la sede della Società era presente una nuova Società recante gli stessi segni distintivi, avente il medesimo oggetto sociale e la pressoché identica ragione sociale. La liquidazione della Società debitrice era stata disposta due anni prima la conclusione del processo per il riconoscimento del credito, ed il Liquidatore, oltre a sottacere intenzionalmente le vicende aziendali nel corso del pendente giudizio, aveva disposto dell'intero complesso societario in favore di una nuova Società costituita dai propri figli. Simile operazione era stata compiuta senza predisporre e depositare alcun bilancio di liquidazione, rendendo sostanzialmente impossibile la ricostruzione esatta della situazione patrimoniale e finanziaria dell'azienda disciolta, ed impedendo ogni controllo sulle attività compiute. Il Tribunale di Bari ha riscontrato come il Liquidatore, già Amministratore, ponendo delle condotte illecite, avesse irrimediabilmente compromesso la possibilità per il creditore di ottenere il soddisfacimento della giusta pretesa. Tra le condotte ingiuste sono state annoverate la mancata inclusione tra i debiti della Società in liquidazione, seppure in forma condizionata, del credito che era oggetto di accertamento dinanzi al giudizio pendente in secondo grado; il mancato accantonamento delle risorse necessarie per far fronte agli obblighi derivanti dalla conclusione del pendente giudizio; la predisposizione di bilanci fallaci inidonei a ricostruire l'attività liquidatoria e le attività compiute per la dismissione del patrimonio aziendale; l'intervenuta cessione degli assets aziendali in favore di altra Società, intestata ai figli, recante gli stessi segni distintivi, avente il medesimo oggetto sociale e la pressoché identica ragione sociale; la mancata attivazione delle procedure concorsuali per far fronte ai debiti. Il Tribunale di Bari, inoltre, ha tenuto a precisare, in guisa con l'art. 2476, comma 8, c.c., che «l'intervenuta approvazione del bilancio finale di liquidazione senza alcuna opposizione non può valere ad escludere la responsabilità dell'amministratore e del liquidatore» le cui qualità, nel caso in esame, erano rivestite dalla medesima persona. Pertanto, esclusa la “sanatoria” dall'approvazione del bilancio finale, l'Amministratore/Liquidatore, alla stregua degli accertamenti evintisi e stante il pregiudizio irrimediabile cagionato dalla protratta frustrazione delle legittime aspettative creditorie, è stato condannato a risarcire il danno in favore dell'attore pari alla medesima somma risultante dal precetto notificatogli. Osservazioni
La questione affrontata dal Tribunale di Bari interessa l'azione individuale del creditore sociale nei confronti dell'Amministratore di una s.r.l. Trattasi di un'iniziativa scaturente dall'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale ed ha natura extracontrattuale, stante l'assenza di un preesistente vincolo obbligatorio tra le parti. L'azione in argomento presuppone un atto colposo o doloso compiuto dall'Amministratore, funzionale ad una diminuzione del patrimonio sociale di entità tale da rendere lo stesso inidoneo per difetto ad assolvere la sua funzione di garanzia generica (art. 2740 c.c.), con conseguente diritto del creditore sociale di ottenere, a titolo di risarcimento, l'equivalente della prestazione che la società non è più in grado di compiere. Tuttavia, per ottenere il risarcimento, il creditore deve aver riportato un danno diretto; in buona sostanza, deve trattarsi di una lesione che integra la violazione del precetto del neminem laedere direttamente ed immediatamente nella sfera del creditore sociale. Il pregiudizio deve essere concreto e non di carattere riflesso o mediato, non potendo in tali ultime ipotesi trovare ristoro. Ipotesi di danno diretto, come riscontrato proprio dal Tribunale di Bari nella sentenza in epigrafe, risiedono, ex multis, nella predisposizione di bilanci fallaci inidonei a ricostruire l'attività liquidatoria e le attività compiute per la dismissione del patrimonio aziendale. È significativo ricordare che l'art. 2476 c.c., diversamente dalla formulazione degli artt. 2394 e 2395 c.c., afferenti le Società per Azioni, non contempla in maniera esplicita un'azione di responsabilità dei creditori sociali verso gli amministratori, se non attraverso una lettura ampia che potrebbe discendere dal comma 6 che, però, menziona unicamente la figura del terzo, legittimato ad agire peraltro, e diversamente dal creditore, sulla scorta di una responsabilità contrattuale. A supplire alla carenza normativa è intervenuta la giurisprudenza di merito (Trib. Roma, sent. 8 giugno 2015, n. 12474; Trib. Milano, sez. Spec. Impresa, sent. 23 settembre 2015, n. 10652; Trib. Monza, sez. I, sent. 10 dicembre 2012, n. 3226), che ha riconosciuto l'applicabilità dell'art. 2394 c.c. in via analogica a tutte le Società di capitali sulla scorta dell'art. 12 preleggi. Non può sottacersi come l'unitarietà della regolamentazione sia di fondamentale rilevanza, dal momento che la disciplina della responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali nella società per azioni regge sui medesimi presupposti della società a responsabilità limitata.
Una diversa previsione determinerebbe l'esistenza di una forma societaria “agevolata”, sottratta ad ogni contrappeso in termini di responsabilità verso i creditori sociali.
Occorre considerare, in nuce, che gli amministratori di una società a responsabilità limitata sono già responsabili, ai sensi degli artt. 2485 ed 2486 c.c., verso i creditori sociali quando abbiano omesso o ritardato l'accertamento di una causa di scioglimento, ovvero abbiano omesso o ritardato gli adempimenti conseguenti o, ancora, abbiano violato il divieto di gestire la società al solo fine di tutelarne il patrimonio.
Pertanto, rispondendo già di simili condotte, sarebbe contraddittorio mandarli assolti, senza alcuna evidente ragione, per i casi di mancata conservazione dell'integrità del patrimonio sociale.
Va ancora sottolineato un altro aspetto saliente che si potrebbe verificare ove la disciplina fosse differente, ossia il plausibile incidente di incostituzionalità.
Interpretare differentemente le norme sulla società a responsabilità limitata implicherebbe, infatti, un serio sospetto di incostituzionalità per il diverso e migliore trattamento riservato agli amministratori delle s.r.l. rispetto alle severe conseguenze previste invece per gli organi di controllo delle società per azioni.
A tal fine, quindi, è preferibile privilegiare un'interpretazione costituzionalmente orientata, che equipari i casi simili e le materie analoghe, in guisa con il citato art. 12 delle preleggi.
Atteso quanto innanzi, appurata la legittimazione attiva del creditore sociale, anche nei confronti degli amministratori di s.r.l., valutata la condotta colposa o dolosa degli amministratori / liquidatori, analizzata la natura extracontrattuale della responsabilità in esame e la tipologia di danno derivato suscettibile di risarcimento, il creditore può quindi agire per il risarcimento del danno e può farlo entro cinque anni, decorrenti dal momento in cui è in grado di venire a conoscenza dell'insufficienza patrimoniale ai fini della soddisfazione del credito.
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