Necessario il bilanciamento tra verità biologica e interesse del minore alla stabilità dei rapporti familiari

24 Novembre 2017

Accertato che non sussiste un legame biologico fra padre e figlio, può rigettarsi in giudizio la domanda di disconoscimento della paternità se tale azione va contro il superiore interesse del minore?
Massima

Se l'interesse del minore lo richiede, la domanda di disconoscimento della paternità deve essere respinta quando il minore sia stabilmente inserito nella famiglia del marito della madre, padre legale, e l'accoglimento della domanda comprometta il benessere del minore stesso.

Il caso

Il curatore speciale nominato a favore del minore Caietto conveniva in giudizio i genitori dello stesso, Caio e Caia, esercitando azione di disconoscimento della paternità. Si costituiva in giudizio Caio chiedendo che l'istanza fosse dichiarata inammissibile per mancanza di pregressa valutazione dell'interesse ad agire del minore alla proposta azione. Il Pubblico Ministero concludeva con la richiesta di rigetto della domanda ritenendo insussistente l'interesse del minore al disconoscimento di paternità. Il Tribunale rigettava la domanda del curatore.

La questione

Accertato pacificamente in giudizio che non sussiste un legame biologico tra padre e figlio, ma che quest'ultimo mantiene solidi e stabili legami affettivi con il primo e la sua famiglia e che un suo sradicamento dalla rete di tutti i rapporti sociali ed affettivi determinerebbe per il minore un grave pregiudizio psicologico, può rigettarsi la domanda di disconoscimento di paternità promossa dal curatore speciale, nominato per proporre l'azione?

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza è sempre stata attenta ad orientare le decisioni nella materia in oggetto alla tutela del superiore interesse del minore, da considerarsi preminente rispetto all'esigenza di tutela della paternità biologica, anche alla luce della normativa internazionale e dell'interpretazione datane dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione.

Vi sono state però pronunce di merito (cfr. App. Ancona, 29 aprile 2014, n. 305) che hanno ritenuto «che le deduzioni dell'appellato circa i rischi per il minore derivanti dal disconoscimento (effetti traumatici con senso di sradicamento desumibili da una consulenza tecnica esperita in altro giudizio svoltosi avanti il Tribunale per i Minorenni) non potevano essere prese in considerazione, in quanto il contesto affettivo e psicologico non attesta la carenza d'interesse al disconoscimento e risulta avulso dal quadro del favor legittimationis» . Di fatto un giudizio di irrilevanza del pregiudizio che il minore avrebbe subìto a seguito del disconoscimento.

La sentenza in commento, invece, ha evidenziato che «occorre sempre bilanciare il favor veritatis con l'esigenza di preservare la stabilità e la certezza dello status di figlio legittimo, il cui venir meno può generare un grave turbamento psicologico del minore» e ribadito che «il termine di decadenza sancito dall'art. 244 c.c. non ha attribuito un valore indefettibilmente preminente alla verità biologica rispetto a quella legale demandando al legislatore ordinario di poter privilegiare la paternità legale rispetto a quella naturale (…) affidandogli la valutazione in via generale della soluzione più idonea all'interesse dei figli».

Già App. Milano, 18 marzo 1997, aveva statuito che «Il Giudice chiamato a decidere in ordine all'azione di disconoscimento di paternità promossa con riguardo ad un figlio minore, deve valutare l'interesse di quest'ultimo ai fini dell'esigenza di evitare che l'eventuale mutamento dello status familiare possa pregiudicarne gli equilibri affettivi, psicologici e pedagogici» e Trib. Roma, 8 agosto 2014, sullo scambio di embrioni, aveva evidenziato la centralità del diritto del minore a conservare la sua identità famigliare rilevando che «il diritto alla personalità costituito dal diritto all'identità appare sempre più sganciato dalla verità genetica della procreazione e sempre più legato al mondo degli affetti ed al vissuto della persona cresciuta ed accolta all'interno della famiglia».

Cass. civ., 22 dicembre 2016, n. 26767 ha ribadito, poi, che «pur a fronte di un accentuato favore per una conformità dello status alla realtà della procreazione il favor veritatis non costituisce un valore di rilevanza costituzionale assoluta da affermarsi comunque, atteso che l'art. 30 Cost., non ha attribuito un valore indefettibilmente preminente alla verità biologica rispetto a quella legale, ma, nel disporre al comma 4 che “la legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”, ha demandato al legislatore ordinario il potere di privilegiare, nel rispetto degli altri valori di rango costituzionale, la paternità legale rispetto a quella biologica, nonché di fissare le condizioni e le modalità per far valere quest'ultima, così affidandogli anche la valutazione in via generale della soluzione più idonea per la realizzazione dell'interesse del figlio» e che «con riferimento, poi, all'ipotesi in cui l'azione venga promossa, come nel caso di specie, da un curatore speciale ai sensi dell'art. 244, u.c., c.c., vale bene ricordare che la Corte Costituzionale in una non recente, ma sempre attuale, pronuncia (Corte Cost., 27 novembre 1991, n. 429) ha affermato che «se si tratta di un minore di età inferiore ai sedici anni, la ricerca della paternità, pur quando concorrono specifiche circostanze che la fanno apparire giustificata ai sensi dell'art. 235 c.c. o art. 274, comma 1, c.c., non è ammessa ove risulti un interesse del minore contrario alla privazione dello stato di figlio legittimo o, rispettivamente, all'assunzione dello stato di figlio naturale nei confronti di colui contro il quale si intende promuovere l'azione: interesse che dovrà essere apprezzato dal giudice soprattutto in funzione dell'esigenza di evitare che l'eventuale mutamento dello status familiare del minore possa pregiudicargliene gli equilibri affettivi e l'educazione» perché «il quadro normativo attuale impone un bilanciamento fra l'esigenza di affermare la verità biologica, anche in considerazione delle avanzate acquisizioni scientifiche nel campo della genetica e dell'elevatissimo grado di attendibilità dei risultati delle indagini stesse, con l'interesse alla stabilità dei rapporti famigliari, nell'ambito di una sempre maggiore considerazione del diritto all'identità non necessariamente correlato alla verità biologica, ma ai legami affettivi e personali sviluppatisi all'interno di una famiglia».

Osservazioni

La decisione in commento anticipa i principi messi successivamente in luce dalla Corte di Cassazione precisando che il quadro normativo attuale, come interpretato dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalente, impone un bilanciamento tra l'esigenza di affermare la verità biologica e l'interesse del minore alla stabilità dei rapporti familiari.

Tale bilanciamento, poi, che mira ad attuare l'interesse superiore del minore, non può essere certo il risultato di una valutazione astratta ma deve essere un accertamento in concreto dell'interesse del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all'esigenza di uno sviluppo armonico del punto di vista piscologico, affettivo, educativo e sociale.

Nella sentenza in commento viene evidenziato come non sussista allo stato l'interesse del minore al richiesto disconoscimento di paternità dal momento che il minore vive da quando è nato con Caio e con la sua famiglia. Nulla è dato sapere sul padre biologico mentre si sa che il minore ha sporadici rapporti con la mamma. L'acquisizione delle relazioni redatte dal Servizio Tutela minori incaricato ha permesso di accertare che il minore considera la famiglia del signor Caio la sua famiglia e, soprattutto, che il mantenimento di queste relazioni è strettamente funzionale al suo benessere.

Diventa, quindi, necessario, nei procedimenti introdotti per far disconoscere la paternità di un minore, accertare le condizioni di vita del minore stesso nel contesto familiare nel quale è inserito ed il suo stato di salute psicologica e, soprattutto, verificare se l'eventuale allontanamento del bambino da tale possa pregiudicare la sua serenità e i suoi equilibri psicologici.

Laddove la situazione personale del minore provi il profondo legame instaurato tra lo stesso e colui che lo ha riconosciuto, che considera a tutti gli effetti “padre”, e che l'eventuale allontanamento del minore dal contesto familiare possa pregiudicarlo, il superiore interesse del minore va, dunque, considerato preminente rispetto all'esigenza di tutela della paternità biologica e l'azione promossa dal curatore speciale dichiarata inammissibile.