Quando la parte civile ha interesse a partecipare al giudizio di legittimità?
24 Novembre 2017
Quando la parte civile ha interesse a partecipare al giudizio di legittimità? La Cassazione penale, Sez. II, sent. n. 52549, depositata il 17 novembre 2017, ha risposto al quesito affermando il seguente principio di diritto: «Sussiste l'interesse della parte civile alla partecipazione al giudizio di legittimità instaurato a seguito di ricorso del procuratore generale finalizzato a ottenere una diversa qualificazione giuridica, in pejus, del fatto-reato accertato, poiché da quest'ultima può derivare una differente quantificazione del danno morale da reato da risarcire, cui si perviene tenendo conto anche della gravità del reato, suscettibile di acuire i turbamenti psichici e dell'entità del patema d'animo sofferto dalla vittima (fattispecie riguardante la qualificazione come riciclaggio di reati qualificati in appello come ricettazione)». Questa è l'unica ipotesi in cui la parte civile può avere un interesse a impugnare ai fini civili la sentenza di condanna in punto di definizione giuridica.
Precedentemente la Cassazione ha ritenuto sussistere l'interesse a impugnare in capo alla parte civile avverso la sentenza che non ha riconosciuto l'aggravante del metodo mafioso di cui all'art. 7 d.l. 152/1991 conv. l. 203/1992, in quanto dalla sussistenza di quest'ultima può derivare una differente quantificazione del danno morale da reato da risarcire. La quantificazione del danno da risarcire dipende infatti dalla gravità del reato – suscettibile di acuire i turbamenti psichici – e dall'entità del patema d'animo sofferto dalla vittima, la quale può essere maggiormente intimidita da una condotta posta in essere con l'utilizzo del metodo mafioso o con finalità di agevolazione mafiosa (Cass. pen. Sez. II, 21 ottobre 2014, n. 49038). Per le stesse ragioni è stata individuato l'interesse in capo alla parte civile a partecipare al giudizio di legittimità attivato dall'imputato in ordine alla ravvisabilità delle circostanze attenuanti: tale giudizio infatti può incidere sulla liquidazione del danno da risarcire, cui si perviene tenendo conto anche della gravità del reato, suscettibile di acuire i turbamenti psichici e dell'entità del patema d'animo sofferto dalla vittima, che può risultare ridotto qualora il fatto sia qualificato di minore gravità. |