Ricorso in Cassazione improcedibile senza copie conformi della sentenza impugnata e della notifica della stessa ricevuta via PEC
29 Novembre 2017
Massima
È improcedibile il ricorso in Cassazione laddove non venga depositata la copia conforme della PEC contenente la sentenza notificata e la relata di notifica, ma anche la copia conforme della sentenza impugnata estratta dal fascicolo telematico del grado precedente. Il caso
La Suprema Corte interviene ancora una volta in tema di improcedibilità del ricorso per cassazione in assenza di copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta. La Cassazione nel caso di specie, non rinvenendo nel fascicolo di ufficio tale documentazione e rilevandone il mancato deposito sia da parte del ricorrente che del controricorrente dichiarava improcedibile il ricorso. La questione
È noto che, l'art. 369, comma 2, n. 2, c.c., dispone che il ricorrente debba depositare unitamente al ricorso copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta. Secondo la Corte tale onere permane anche nel caso in cui gli originali dei predetti atti siano stati formati digitalmente. Le soluzioni giuridiche
La questione è stata ormai affrontata da numerosissime pronunce della Suprema Corte, ed in particolare da Cass. civ., 15 marzo 2017, n. 6657, tutte concordi nel dichiarare improcedibili i ricorsi in mancanza di deposito della copia autentica del messaggio PEC unitamente alla sentenza e alla relazione di notificazione della stessa. Infatti, secondo la Suprema Corte, essendo la notificazione avvenuta in forma telematica, l'onere probatorio non poteva essere assolto mediante la semplice produzione di una stampa della PEC ricevuta e dei relativi allegati. Come è noto, la PEC, per mantenere inalterato il suo valore probatorio, dovrebbe essere prodotta nel suo originale informatico in formato .eml o .msg che è provvisto dei cosiddetti dati di certificazione, oltre che delle firme digitali dei gestori PEC e delle eventuali firme digitali degli allegati. La Corte, però, ricorda che in Cassazione il deposito ex art. 369 c.p.c. non può che avere ad oggetto documenti in formato cartaceo, poiché l'applicabilità della disciplina del processo telematico nel grado di legittimità è limitata alle sole comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili come da decreto ministeriale del 19 gennaio 2016, emesso ai sensi dell'art. 16, comma 10, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179. Ne consegue che secondo la Corte all'ipotesi de qua si applicherebbe l'art. 9, comma 1-bis, l. n. 53/1994 che statuisce che, «qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell'atto notificato a norma dell'articolo 3-bis, l'avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'articolo 23, comma1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82». Tuttavia, secondo gli Ermellini, tale attestazione sarebbe sufficiente ad assolvere il solo onere di deposito della notificazione della sentenza e non anche quello di deposito di copia conforme della stessa. Tale asseverazione infatti attesterebbe la conformità di una copia della copia e non di quella contenuta nel fascicolo telematico. Il difensore dunque, in caso di notifica telematica della sentenza, sarebbe soggetto ad un duplice onere di attestazione tanto della sentenza impugnata, che potrà essere estratta dal fascicolo telematico e attestata ai sensi dell'art. 16-bis, comma 9-bis, d.l. n. 179/2012, quanto della eventuale notifica telematica ricevuta ai sensi dell'art. 9, comma 1-bis, l. 53/1994. Osservazioni
La sentenza in commento come si è detto, pur uniformandosi all'ordinanza n. 6657 del 15 marzo 2017 e alle numerosissime successive pronunce della Suprema Corte (ex multis: Cass. civ., 10 ottobre 2017, n. 23668; Cass. civ., sez. III, ord., 16 ottobre 2017, n. 24292), introduce un ulteriore onere a carico della parte ricorrente di depositare anche la copia conforme della sentenza impugnata estratta dal fascicolo telematico del grado precedente e attestata ai sensi dell'art. 16-bis, comma 9-bis, d.l. n. 179/2012. Ad avviso di chi scrive, tale principio appare sicuramente fin troppo restrittivo e oneroso per l'avvocato che, in virtù di tale ultimo orientamento, si vedrà costretto a produrre una doppia copia della sentenza impugnata con un duplice onere di attestazione. Prudenzialmente sarà dunque opportuno procedere ad attestare non solo la copia del messaggio PEC e i relativi allegati (sentenza e relata di notifica), ma anche la copia della sentenza impugnata estratta dal fascicolo telematico. Non è inoltre condivisibile l'inciso della Corte laddove si sostiene che in caso di esibizione della sola copia della sentenza contenuta nella PEC costituente la notifica si depositerebbe una copia della copia. Infatti se è pur vero che ci si troverebbe in presenza di una copia della copia, non si può non osservare che tale copia sarebbe pur sempre la copia conforme di una copia conforme, in quanto la copia contenuta all'interno della PEC è stata già attestata dal notificante come conforme al medesimo provvedimento contenuto nel fascicolo telematico o comunque alla copia conforme cartacea rilasciata dalla Cancelleria. La Cassazione dunque, reputando tale copia inidonea a soddisfare il requisito di cui all'art. 369, comma 2, c.p.c., sembrerebbe implicitamente negare l'estensione del potere di attestazione di conformità di cui all'art. 9, l. n. 53/1994 all'avvocato destinatario della notificazione a mezzo PEC della sentenza. Operando tale estensione infatti la copia prodotta dall'avvocato non sarebbe una semplice copia di una copia, bensì una copia conforme cartacea di una copia conforme idonea ad essere prodotta ai sensi dell'art. 369, comma 2, c.p.c.. Sarà dunque opportuno per il ricorrente, onde evitare spiacevoli pronunce di improcedibilità, procedere secondo le prudenziali modalità fin qui indicate, nell'attesa della informatizzazione anche della Suprema Corte, e, quindi, della possibilità di depositare telematicamente il messaggio PEC costituente la notifica. A parere di chi scrive sarebbe opportuno un intervento chiarificatore da parte del Legislatore o, come auspicato dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano nel comunicato del 12 ottobre 2017, un intervento delle Sezioni Unite finalizzato a rivederne i principi di diritto enunciati nella sentenza in commento e nei precedenti summenzionati. |