Durata locazione (uso abitativo)

Ladislao Kowalsky
29 Novembre 2017

La durata delle locazioni abitative è soggetta a termini diversi. Si tratta di durate legali, in quanto imposte dalla normativa in via obbligatoria e non derogabile, e minime nel senso che le parti possono stabilire durate maggiori. Vi è anche una parte di locazioni abitative non soggette a vincolo. Alcune delle locazioni indicate sono poi soggette ad obbligatorio rinnovo alla prima scadenza. Tutte le locazioni abitative sono state assoggettate all'obbligo di forma scritta.
Inquadramento

Dire che la durata della locazione sia uno degli aspetti principali del complesso rapporto che ci occupa è, evidentemente, banale. Meno banale, al contrario e più impegnativo, è l' individuazione della, meglio è dire delle, diverse durate che, secondo le disposizioni, sono previste per le locazioni abitative nelle vaie e diverse forme delle stesse. Nella presente trattazione, quindi, faremo il punto in ordine a tutti tali tipi come disciplinanti dalle disposizioni della legge speciale, la n. 431/1998, e, in forma residuale, dalle sopravvissute disposizioni della l. n. 392/1978 e da quelle codicistiche.

Tipi di locazioni abitative

Il codice civile dettava e detta un'unica e complessiva (obblighi, doveri, durate …) disciplina per le locazioni (artt. da 1571 a 1614 c.c.). Salvo alcuni cenni, infatti, non si fa distinzione né fra uso abitativo né fra uso diverso. Viene, quindi, dettata una sola regolamentazione della durata e, più in generale, del rapporto a valere per tutti i tipi di locazioni.

Più complessa al contrario la disciplina introdotta dalla prima legge speciale la c.d. equo canone.

La stessa agli artt. 1, oggi abrogato, 27 e 42, della l.n. 392/1978, tuttora in vigore, stabiliva la durata delle locazioni abitative e di quelle ad uso diverso.

L'art. 1, come detto oggi abrogato dall'art. 14 della l.n. 431/1998, è stato sostituito per i rapporti abitativi dall'art. 2 che ha introdotto il c.d. doppio binario:

Durata delle locazioni abitative

Ordinaria

  • Ai sensi dell'art. 2, comma 1, l. n. 431/1998;
  • anni 4+4;
  • canone libero;

Concordata

  • Ai sensi dell'art. 2, commi 3 e 4,l. n. 431/1998;
  • anni 3+2;
  • canone convenzionato;

Da ricordare che i due distinti tipi di locazione sono ulteriormente caratterizzati dalla diversa disposizione in ordine al canone di locazione. Come evidenziato nello schema risulta che:

  • in quella ordinaria il canone è liberamente determinabile;
  • in quelle concordate (o, come si dice, anche convenzionate), il canone deve essere quello stabilito dalle convenzioni territoriali tra le organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative.

Il c.d. doppio binario, come introdotto dalla citata norma, tuttavia, non esaurisce le tipologie delle locazioni abitative. Nel secondo binario, infatti, sono anche ricompresi i due seguenti tipi di rapporti:

Durata delle locazioni studentesche universitarie e transitorie

Studentesche universitarie

  • Ai sensi degli artt. 4-bis e 5 l. n. 431/98 e art. 3 d.m. Infrastrutture e Trasporti del 16 gennaio 2017 (in G.U. 62 del 15 marzo 2017);
  • da 6 a 36 mesi;
  • canone convenzionato;

Transitorie

  • Ai sensi dell'art. 2 e art. 3 l. n. 431/1998;
  • da 6 a 36 mesi;
  • canone convenzionato;
Ambito di applicazione

L'art. 1 della l. n. 431/1998 elenca una serie di casi per i quali non sono applicabili le disposizioni, diciamo così vincolistiche, della legge medesima.

Locazioni non soggette alle disposizioni ex l. n. 431/1998

Art. 1 l. n. 431/1998

a) immobili vincolati ex l.1 giugno 39, n. 89, oggi 22 gennaio 2004, n. 42 «Codice dei beni culturali e del paesaggio» per gli immobili il cui interesse culturale sia già stato riconosciuto ai sensi del d.lgs. n. 24/2004 con provvedimento da trascrivere presso il Servizio di Pubblicità Immobiliare ex art. 15 stessa legge;

immobili inclusi nelle categorie A1, A8, A9 cioè classificati come abitazioni signorili, ville, castelli o palazzi. Detti immobili, a, sono soggetti alle disposizioni civilistiche di cui agli artt. 1571 ss. c.c. alvo non siano locati con contratto convenzionato ex art. 2, comma 3, l. n. 431/1998;

b) alloggi di edilizia residenziale, pubblica soggetti alla normativa di riferimento;

c) alloggi locati per finalità turistiche per i quali, il codice del turismo d.lgs.23 maggio 2011, n. 79 ha espressamente disposto l'assoggettamento alle disposizioni civilistiche;

d) contratti stipulati di enti locali quali conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio assoggettati alle disposizioni codicistiche.

A parte le espresse previsioni deve considerarsi la esclusione anche di altri tipi di locazioni non ricomprese, per la loro natura, dalle leggi speciali. Si pensi:

  • a locali ad uso deposito non collegati ad attività economiche (p.e. deposito di mobilio, arredi propri …);
  • posti auto, locali adibiti agli hobby (autorevolmente definiti, agli otia);
  • in generale, quindi, quei rapporti che non rientrano nella “protezione” della norma che prevede «I contratti di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo …».

Tra le locazioni escluse dall'assoggettamento alle disposizioni di regime, vanno annoverate, atteso il rilievo da sempre avuto, le c.d. foresterie. Di questo tipo di rapporto, che si prestava alla effettiva esclusione dagli obblighi anche nella precedente normativa, se ne è sempre fatto un uso disinvolto. Nella pratica, infatti, si è frequentemente e maliziosamente ecceduto nel considerare la fattispecie. La stessa, alla fine, dopo anni di utilizzo ancorché non essere legislativamente prevista, ha trovato una sua definizione ad opera della giurisprudenza:

Foresteria: definizione

In tema locazione di immobili, il contratto atipico di locazione ad uso di foresteria - che le parti possono, in astratto, certamente concludere, nell'esercizio della propria autonomia contrattuale, ex art. 1322, comma 2, c.c. - risponde, di norma, all'esigenza di taluni soggetti - tra i quali prevalentemente società commerciali, ma anche altre persone giuridiche o enti di fatto oppure, eccezionalmente, persone fisiche - di alloggiare temporaneamente propri dipendenti od ospiti, con la conseguenza, dunque, che la loro rotazione nell'immobile locato importa l'utilizzazione tendenzialmente continuativa del medesimo cosicché detto tipo di locazione non è abitativa, né primaria né transitoria, in quanto non è diretta a soddisfare alcuna esigenza abitativa del conduttore, bensì la diversa esigenza - che ne costituisce la causa - di destinare l'immobile locato a temporaneo alloggio di propri dipendenti od ospiti (App. Venezia 28 ottobre 2013).

- La locazione ad uso di foresteria non è una locazione abitativa, né primaria né transitoria, in quanto non è diretta a soddisfare alcuna esigenza abitativa del conduttore, bensì la diversa esigenza menzionata – che ne costituisce la causa – di destinare l'immobile locato a temporaneo alloggio di propri dipendenti od ospiti (Trib. Roma 27 settembre 2005).

Pertanto anche tali tipi di rapporto, se correttamente instaurati, rimangono esclusi dalle disposizioni protezionistiche.

La forma

A fronte della distinzione tra locazioni soggette a protezione come sopra delineata, vi è disposizione di carattere generale, sempre e solo per le locazioni abitative, in relazione all'obbligo di forma scritta del contratto. Ciò a seguito del fatto che la l. n. 431/1998 è dedicata esclusivamente a tali tipi di rapporti e non si estende a quelli ad uso diverso fortemente ancorati alla oramai consolidata l. n. 392/1978. Dopo iniziali incertezze interpretative, infatti, che oscillavano tra il ritenere l'obbligo a sola probationem e non ad substantiam, è definitivamente prevalso tale ultimo aspetto (da ultimo, v. Cass. civ., sez. un., 17 settembre 2015, n. 18214). Ne consegue, che in mancanza di rispetto del documento scritto nel quale consacrare il rapporto locativo, lo stesso è inesistente sotto ogni profilo. Ciò determina una importante serie di conseguenze in tema di: occupazione dell'immobile; pagamento del corrispettivo; procedure per il rilascio ed altro.

Rinnovo alla prima scadenza

Così determinato il regime temporale nella durata delle locazioni abitative, si deve affrontare altro importante aspetto della medesima normativa che riguarda il c.d. diniego di rinnovo (da distinguersi, atteso il suo più complesso contenuto, dalla semplice disdetta) alla prima scadenza ed il conseguente protrarsi del rapporto.

Si tratta, all'evidenza, di una tutela che il legislatore ha inteso attribuire alle parti conduttrici per garantire loro la stabilità della locazione.

L'istituto è, sostanzialmente, mutuato dalla disciplina delle locazioni ad uso diverso ove sin dalla originaria disciplina (artt. 27, 28 e 29 l. n. 392/1978) ed a tutela dell'impresa, si è introdotto l'obbligatorio rinnovo alla prima scadenza.

In questo caso, evidentemente, si mira, come detto, a garantire la stabilità dell'impresa. Nelle abitazioni, invece, il fine perseguito è la stabilità del diritto all'abitare.

Gli artt. 2 e 3 della l. n. 431/1998 introducono la disciplina a cui facciamo riferimento. La stessa può essere riassunta nel seguente schema tenendo distinte le locazioni del primo binario, 4+4, da quelle del secondo binario, 3+2 (ancorché trattasi di norma che, come autorevolmente affermato «… è tutt'altro che un modello di chiarezza»).

Diniego di rinnovo alla prima scadenza contrattuale

Contratti 4+4, artt. 2 e 3, comma 1, l. n. 431/1998

a) quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;

b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;

c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;

d) quando l'immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;

e) quando l'immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l'integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all'ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell'immobile stesso;

f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l'immobile senza giustificato motivo;

g) quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.

Il conduttore è libero di disdettare la locazione alla prima scadenza quadriennale;

- alla seconda scadenza il contrato si rinnoverà tacitamente salva disdetta (art. 2 c. 1 ultima parte).

Contratti 3+2, art. 2, commi 3 e 5, l. n. 431/1998

Alla prima scadenza di anni 3, o la maggiore eventualmente concordata, il solo locatore potrà far cessare il contratto per i motivi di cui alle lett. da a fino a g dell'art. 3 (vedi schema sopra);

- ambedue le parti potranno richiedere la rinnovazione e in caso di mancato accordo il contratto si prorogherà di anni due;

- se le parti non intavoleranno trattative e in mancanza di diniego di rinnovo del solo locatore, il contratto cesserà (v. succ. punto 6);

- il contratto, salvo quanto sopra, alla scadenza del periodo di prova biennale, si rinnoverà tacitamente in mancanza di disdetta (art. 2, ex comma 5, ultima parte).

Gravi motivi

Si ricorda che, ai sensi dell'art. 3, comma 6,della l. n. 431/1998 il solo conduttore può sempre recedere dal contratto, in qualsiasi momento, con preavviso di 6 mesi per gravi motivi. Il solo conduttore potrà, inoltre, essere autorizzato a recedere dal contratto in qualsiasi momento. Ciò, tuttavia, deve prevedere l'espresso accordo contrattuale.

In relazione ai motivi di diniego, sopra elencati, non si approfondiranno le singole fattispecie (da lett. a sino a g) dato che ciò giustificherebbe una apposita trattazione. Ci limitiamo, pertanto, a considerare gli effetti per il caso di violazione dei medesimi. Le disposizioni sono contenute nel citato art. 3, commi 3, 4 e 5, l. 431/98 e dettano la disciplina sanzionatoria per l'eventuale mancata destinazione dell'alloggio, liberato a seguito del diniego di rinnovo alla prima scadenza, all'uso o alle finalità proposte.

Sanzione per mancata destinazionea

Ipotesi

  • l'aver ottenuto la disponibilità dell'alloggio «... a seguito dell'illegittimo esercizio della facoltà di disdetta (meglio sarebbe, diniego) …»;
  • l'aver ottenuto anche giudizialmente, l'alloggio se nel termine di 12 mesi dal riacquisto l'immobile non sia adibito agli usi richiesti.

Sanzioni a favore del conduttore

  • o ripristino della locazione alle medesime precedenti condizioni;
  • oppure risarcimento dei canni nella misura non inferiore a 36 mensilità del canone locatizio.

Le severe disposizioni, di evidente natura sanzionatoria e prima ancora dissuasive, trovano una qualche forma di attenuazione nell'ipotesi in cui l'eventuale mancata destinazione, utilizzo o finalità, risulti giustificata da situazioni «non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore» (così Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2016, n. 1050).

Per esempio: quando il conduttore instaura un giudizio che, ancorché non fondato, determini la impossibilità di rispetto della destinazione (Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2016, n. 1050; Cass. civ., sez. III, 15 aprile 2010, n. 9043).

Il diritto al risarcimento del danno come previsto, inoltre, verrà meno in caso di assoluta mancanza del medesimo. Ciò, pertanto e per esempio:

nel caso in cui il conduttore rilasci l'immobile in data antecedente alla scadenza e per motivi che escludono un nesso causale tra l'abbandono e il diniego di rinnovo.

In evidenza

Esempio: nel caso in cui il conduttore abbia acquistato un alloggio e rilasci l'immobile prima della scadenza (Trib. Salerno 30 gennaio 2013; Trib. Piacenza 13 ottobre 2009; Trib. Monza 6 giugno 2012).

La particolare disciplina dei contratti 3+2

Abbiamo già precisato, in tema di durata, quella prevista per i rapporti stipulati sulla base dei «tipi di contratto» di cui al combinato disposto degli artt. 2 comma 3 e 5 e art. 4 bis della legge. Gli stessi sono caratterizzati dalla durata, nella misura minima, di anni 3 più 2. Sono assoggettati al canone di cui alle convenzioni territoriali e, come detto, sulla base dei tipi di contratti predisposto a livello nazionale.

La durata e, particolarmente, la scadenza, la prosecuzione ed il rinnovo di tali rapporti, hanno dato origine a differenti interpretazioni.

La questione investe due distinti motivi di interesse: quello squisitamente civilistico in relazione, appunto, alla durata e scadenza contrattuale ma anche l'altrettanto importante aspetto fiscale. Sul notorio presupposto, infatti, che le valutazioni civilistiche spesso divergono da quelle tributarie, ancorché tale dualismo risulta essere una sostanziale distonia del sistema, l'argomento è stato variamente considerato.

In un recente studio della sede UPPI di Trieste, a firma di Manuela Marinelli, infatti, l'autrice oltre ad una propria valutazione del problema, ha raccolto i vari indirizzi rispettati dai singoli uffici dalle Agenzie delle Entrate. Il risultato è stato particolarmente singolare. Si riportano, per città in ordine alfabetico, i risultati dell'indagini medesima:

Indagini

ASCOLI PICENO

Pur non entrando nel merito della durata del rinnovo, applicano la proroga triennale dopo il biennio

AVEZZANO

Proroga di 3+2+3+2 e così via

BOLOGNA

Proroga triennale dopo il biennio

CAGLIARI

Proroga biennale, considerando eccezionale la durata iniziale di 3 anni

CREMONA

Proroga triennale dopo il biennio

FIRENZE

Proroga triennale dopo il biennio

GENOVA

Proroga triennale dopo il biennio

GORIZIA

Proroga di 3+2+3+2 e così via.

GROSSETO

Proroga triennale dopo il biennio

ORISTANO

(vedi Cagliari)

MANTOVA

Proroga triennale dopo il biennio

MASSA CARRARA

Proroga triennale dopo il biennio

MESSINA

Proroga triennale dopo il biennio, avendo inserito apposita clausola nel contratto di locazione

PISTOIA

Proroga biennale: 3+2+2+2 e così via.

RAVENNA

Proroga triennale dopo il biennio

REGGIO CALABRIA

Proroga di 3+2+3+2 e così via; tuttavia l'AE non ha mai contestato chi ha applicato solamente la proroga biennale (3+2+2+2) o quella triennale (3+2+3+3), purché nei vari modelli (Mod. 69 prima e RLI adesso) sia stata indicata la durata di proroga stessa, biennale o triennale che sia.

SAVONA

Proroga biennale dopo il quinquennio; tuttavia la proroga triennale indicata nelle registrazioni telematiche non è contestata.

SPEZIA

Proroga triennale dopo il biennio.

SPOLETO

Proroga triennale dopo il biennio.

TORINO

Proroga di 3+2+3+2 e così via.

TRIESTE

Proroga biennale dopo il primo quinquennio.

UDINE

Proroga triennale dopo il biennio.

VENEZIA1 e 2

Proroga di 3+2+3+2 e così via.

VICENZA

Proroga biennale dopo il primo quinquennio.

Sull'argomento, tuttavia, che anche in sede civilista ha dato origine a diverse interpretazioni, è calato l'orientamento giurisprudenziale espresso da Cass. civ., sez. III, 4 agosto 2016, n. 16279. L'arresto citato ha dato, al problema, una soluzione meno considerata e prevista.

Si è valorizzato in quella decisione e con analisi letterale rigorosa, il testo del «tipo di contratto», c.d. 3+2 il quale recita:

«Il contratto è stipulato per la durata di ……………….. anni, dal ……………………….. al ………………………, e alla prima scadenza, ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, il contratto è prorogato di diritto di due anni, fatta salva la facoltà di disdetta da parte del locatore che intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3 della legge n. 431/1998, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al citato articolo 3. Alla scadenza del periodo di proroga biennale ciascuna parte ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni ovvero per la rinuncia del rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza della comunicazione, il contratto è rinnovato tacitamente alle stese condizioni, Nel caso in cui il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio alla prima scadenza e non lo adibisca, nel termine di dodici mesi dalla data in cui ha riacquistato tale disponibilità, agli usi per i quali ha esercitato la facoltà di disdetta, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle stesse condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, ad un risarcimento pari a trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione corrisposto».

Dalla lettura fatta, il Supremo Collegio ha sentenziato (Cass. civ., sez. III, 4 agosto 2016, 16279): «Il secondo inciso dell'art. 2, comma 5, della l. n. 431/1998 deve interpretarsi nel senso che la locazione si intende prorogata di un biennio alla scadenza del triennio di durata previsto dalla legge, sempre che il locatore non abbia in relazione a essa dato la prevista disdetta motivata, soltanto qualora il conduttore abbia anteriormente manifestato l'intenzione di rimanere nell'immobile e, quindi, se egli abbia proposto la conclusione di un rinnovo ed essa sia stata rifiutata dal locatore oppure se una simile proposta l'abbia fatta il locatore al conduttore sempre anteriormente e questi l'abbia rifiutata. In mancanza di una di tali eventualità, cioè sostanzialmente se non sia intervenuta una trattativa per il rinnovo non perfezionatasi, la locazione si deve, invece, intendere automaticamente cessata alla scadenza del triennio senza necessità di disdetta da parte dello stesso conduttore, trovando applicazione la disciplina del primo comma dell'art. 1596 c.c. (fine della locazione per lo spirare del termine, ndr). Naturalmente, qualora si sia verificato l'operare della fattispecie dell'art. 1596 c.c. ne deriverà anche l'eventuale operare del primo e del secondo comma dell'art. 1597 c.c. (rinnovazione tacita del contratto, ndr) e correlativamente dell'art. 1574, n. 1) e 2), c.c. (locazione senza determinazione di tempo, case senza arredo … camere o appartamenti mobiliati …, ndr)»

Affermata, quindi, la scadenza triennale, la Corte prevede ulteriormente, peraltro senza approfondire l'argomento, che a quel rapporto, cessato allo scadere dei primi tre anni, vanno applicati gli artt. 1597 e 1574 nn. 1) e 2), c.c.

Pertanto - cessato il rapporto in applicazione dell'art. 1596 c.c. (per lo spirare del termine) a seguito del fatto che si è ritenuto il termine triennale quale naturale scadenza – non opera alcun meccanismo di rinnovo e la locazione si dovrà ritenere cessata ad ogni effetto. Ne consegue il diritto del locatore di licenziare il conduttore riottenendo, in questo modo, la disponibilità dei locali.

Tuttavia, precisa la sentenza, nel caso di protrazione nell'occupazione dell'immobile ex 1597 c.c. (rinnovazione tacita del contratto che si verifica quando «… il conduttore rimane ed è lasciato nella detenzione della cosa locata …»), la locazione medesima dovrà intendersi rinnovata.

Considerato, che il comma due del citato articolo fa riferimento ad una rinnovazione alle medesime precedenti condizioni, si dovrà ritenere una nuova durata di 3 anni + 2 secondo la disciplina sopra riportata. Evidente, che nel caso, non dovrebbe operare l'ultima parte del comma secondo del citato art. 1597.

Lo stesso prevede la durata nella misura di cui all'art. 1574 c.c. e, quindi («un anno o la durata corrispondente all'unità di tempo a cui è commisurato il canone», nn. 1 e 2 art.1574 c.c.). Le durate delle locazioni abitative, infatti, sono state disciplinate per legge con disposizioni inderogabili che sostituiscono, quindi, di diritto quelle di cui al codice civile. Ciò ai sensi dell'art. 1339 c.c. (inserzione automatica di clausole).

Tale soluzione, tuttavia, pone, se risolta nel seno della cessazione della locazione, qualche problema in tema di rinnovo tacito. Si ricorda, infatti e sullo specifico punto, quanto in precedenza detto sub n. 4 in tema di forma scritta per le locazioni abitative.

Sull'argomento il citato arresto tace. Sarebbe, al contrario, stato opportuno chiarire come possibile che una locazione cessata per scadenza del termine, soggetta a forma scritta ad substantiam, possa rinnovarsi senza il rispetto di tale formalità.

Con la riserva appena espressa consegue, dal citato orientamento giurisprudenziale, che i contratti convenzionati:

  • scadono, ai primi tre anni o la diversa maggiore durata che le parti avessero concordata, in mancanza: di diniego di rinnovo motivato da parte del solo locatore oppure in mancanza di trattativa per la rinnovazione;
  • se manifestato il diniego di rinnovo alla prima scadenza, da parte del solo locatore, sulla base di motivo legittimo (art. 3 lett. da a a g l. n. 431/1998), il contratto scade ai tre anni;
  • se proposta, da una delle parti, richieste di trattativa per la rinnovazione alla pima scadenza contrattuale e qualora, ovviamente, non si sia giunti all'accordo, solo in quel caso scatterà la proroga biennale;
  • alla scadenza quinquennale (o la maggiore se le parti avessero stabilito una prima durata maggiore dei tre anni minimi) il contratto si rinnoverà, mancando la disdetta, alle medesime prevedenti condizioni (art. 2,comma 5, l. n. 431/1998).
Conclusioni

In ordine alla durata delle locazioni abitative ci si riporta a quanto è stato dedotto nel presente articolo qui sintetizzati i termini nel seguente modo:

  • durata ordinaria anni 4+4;
  • durata contratti convenzionati 3+2.

Con le alternative ipotesi di cui al precedente punto 6;

  • durata da 6 mesi a 36 per le locazioni studentesche universitarie;
  • durata fino a 18 mesi per i contratti transitori.

Libertà di durata per le locazioni ancorché abitative, ma non rientranti nelle disposizioni della legge speciale.

Guida all'approfondimento

Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, II, Padova, 2005, 475;

Lazzaro - Di Marzio, Le locazioni per uso abitativo, Milano, 2007, 162;

Cuffaro - Padovini, Codice commentato degli immobili urbani, Torino, 2017, 1182;

Marinelli, La proroga del contratto di locazione non è uguale per tutti, in Rivista UPPI, n. 1/16, 11.

Sommario