Quando la comunicazione telematica di Cancelleria del provvedimento fa decorrere il termine breve di impugnazione

Andrea Ricuperati
04 Dicembre 2017

Nell'ambito dei procedimenti contenziosi regolati dal rito ex l. n. 92/2012, la comunicazione telematica di cancelleria di una sentenza, quando essa contenga il testo integrale del provvedimento privo di firma digitale del cancelliere, è idonea a far decorrere il termine “breve” per la proposizione del ricorso per cassazione?
Massima

Nei procedimenti contenziosi disciplinati dal c.d. rito Fornero la comunicazione telematica del testo integrale della sentenza di appello fa decorrere il termine di 60 giorni per la proposizione del ricorso per cassazione.

Il caso

Tizio proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Potenza aveva parzialmente disatteso le sue doglianze relative alla decisione di primo grado resa sull'impugnazione del licenziamento disciplinare intimatogli dall'ente pubblico datore di lavoro.

Il resistente eccepiva l'inammissibilità del gravame, in quanto notificato dopo la scadenza del termine – previsto dall'art. 1, comma 62, della l. 28 giugno 2012, n. 92 (cd. Legge Fornero) - di 60 giorni dalla comunicazione della sentenza d'appello (avvenuta nella fattispecie mediante biglietto di cancelleria contenente il testo integrale del provvedimento, a norma del capoverso dell'art. 133 c.p.c.).

Il ricorrente replicava asserendo l'inidoneità della comunicazione telematica a produrre la decorrenza del cd. termine breve di impugnazione, a causa dell'assenza di firma digitale del Cancelliere sulla sentenza d'appello (pur ricevuta in forma integrale dal difensore destinatario).

La questione

La questione sottoposta all'esame del Supremo Collegio attiene all'idoneità – o meno – della comunicazione telematica di cancelleria di una sentenza, quando essa contenga il testo integrale del provvedimento privo di firma digitale del Cancelliere, a far decorrere il termine “breve” per la proposizione del ricorso per cassazione, nell'àmbito dei procedimenti contenziosi regolati dal rito di cui alla c.d. Legge Fornero.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, dopo aver ritenuto applicabile la l. 28 giugno 2012, n. 92, al settore del pubblico impiego contrattualizzato (nel cui novero si inscrive il rapporto di lavoro in discussione), ha dato risposta affermativa al quesito, osservando che:

  • l'art. 1, comma 62, l. n. 92/2012, là ove sancisce che «Il ricorso per cassazione contro la sentenza deve essere proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione della stessa, o dalla notificazione se anteriore», deroga validamente al principio secondo il quale «La comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325» (art. 133, comma 2, c.p.c.), trattandosi di norma speciale (ancorché anteriore) a quella generale appena ricordata;
  • la mancanza della firma digitale del funzionario di Cancelleria sulla copia informatica (integrale) della sentenza allegata alla relativa comunicazione non inficia quest'ultima, giacché «Le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest'ultimo, presenti nei fascicoli informatici dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all'originale anche se prive della firma digitale del Cancelliere» (art. 16-bis, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221), a nulla rilevando la circostanza che all'epoca dell'introduzione del giudizio di secondo grado il testé menzionato art. 16-bis, d.l. n. 179/2012, non trovasse applicazione ai procedimenti dinanzi alle Corti di Appello.

Ne è discesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso per tardività del medesimo, con ogni corollario.

Osservazioni

La pronuncia in commento si pone in consapevole adesione rispetto alle opinioni espresse dalla giurisprudenza di legittimità formatasi in materia, con riguardo all'apparente contrasto fra il tenore dell'ultimo periodo dell'art. 133, comma 2, c.p.c. (introdotto dall'art. 45, comma 1, lett. b, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 114) e le norme – per lo più di epoca anteriore alla novella del citato art. 133 c.p.c. – che ancorano alla mera comunicazione del provvedimento il dies a quo “breve” per l'impugnazione (si pensi in via esemplificativa all'art. 47 c.p.c. in tema di regolamento di competenza; al penultimo alinea dell'art. 72 c.p.c. in tema di impugnazioni del PM; agli artt. 178, comma 3, 630, comma 3, e 669-terdecies, comma 1, c.p.c., relativi rispettivamente ai reclami contro le ordinanze di estinzione nei procedimenti di cognizione ed esecutivi ed a quelli di natura cautelare; agli artt. 739 e 740 c.p.c., concernenti i reclami avverso i provvedimenti in camera di consiglio; l'art. 348-ter, comma 3,c.p.c., in tema di ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado nell'ipotesi di ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348-bis c.p.c., etc.).

Come acutamente rilevato da Cass. civ., sez. VI-3, ord., 5 novembre 2014, n. 23526 (la prima, a quanto consta, ad aver affrontato la problematica), il legislatore – nello specificare che «La comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c.», ha inteso chiarire che la generalizzazione dell'uso della posta elettronica certificata quale modalità ordinaria di messa a conoscenza della parte (ad opera della cancelleria) del documento incorporante il testo integrale del provvedimento, non intendeva scardinare una delle regole-cardine dell'ordinamento processuale: quella della duplicità dei termini di impugnazione (“breve” e “lungo”) e della ontologica diversità della comunicazione (di competenza dell'ufficio) rispetto alla notifica (atto ad impulso di parte).

Ma, se questa è la ragion d'essere della novella dell'art. 133 c.p.c., nessuna abrogazione può da essa inferirsi delle numerose disposizioni speciali che a quel regime ordinario – facendo decorrere il termine “breve” non dalla notifica, bensì dalla comunicazione - avevano apportato deroga con evidenti scopi acceleratori.

Tale tesi appare convincente ed ha ricevuto l'autorevole avallo delle Sezioni Unite (Cass. civ., S.U., 15 dicembre 2015, n. 25208), dopodiché essa è stata recepita in numerose successive pronunce, tra cui Cass. civ., 28 settembre 2016, n. 19177 e quella oggi in commento.

La giurisprudenza più recente si è spinta ancora più in là, giungendo ad affermare che «la notifica del testo integrale della sentenza reiettiva del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, effettuata ai sensi dell'art. 18, comma 13, l.fall., dal Cancelliere mediante posta elettronica certificata (PEC), ex art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012, conv., con modif., dalla l. n. 221/2012, è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione in Cassazione ex art. 18, comma 14, l.fall., non ostandovi il nuovo testo dell'art. 133, comma 2, c.p.c., come novellato dal d.l. 24 giugno 2014, n. 90, conv., con modif., dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del Cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c.» (Cass. civ., sez. I, 20 aprile 2017, n. 9974; nello stesso senso cfr. pure Cass. civ., sez. I, 30 maggio 2017, n. 13529, nonché Cass. n. 2315/2017 e Cass. n. 10525/2016); in tale ipotesi, nella quale la decorrenza risulta per legge ancorata all'atto della cancelleria, «la distinzione tra comunicazione e notificazione è sostanzialmente evaporata, perdendo valenza normativa sostanziale (ibidem)».

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