Reato permanente
13 Dicembre 2017
Inquadramento
Il reato permanente rappresenta una creazione giurisprudenziale, riscontrabile in quelle situazioni in cui l'offesa al bene giuridico tutelato dall'ordinamento, si protrae nel tempo in virtù di una condotta persistente e volontaria. Nonostante il Legislatore faccia numerosi riferimenti a questa figura di reato (art. 158 c.p., artt. 8 e 382 c.p.p.), manca una definizione univoca dello stesso ed una elencazione dei suoi elementi strutturali. È possibile affermare che si tratta di un reato c.d. di durata, caratterizzato dal fatto che l'evento lesivo e la sua consumazione perdurano nel tempo. L'offesa, pertanto, dovrà essere rivolta nei confronti di un bene che non sia suscettibile di una distruzione definitiva bensì solo di una compressione temporanea come ad esempio la libertà personale nell'ipotesi del reato di sequestro di persona ex art. 605 c.p. I reati permanenti ricomprendono sia quelle fattispecie rivolte verso beni immateriali (es. onore o libertà) sia quelle lesive di beni materiali, purché ovviamente suscettibili di compressione e non di distruzione definitiva. Il reato sarà considerato permanente qualora una condotta, per sua stessa natura, non potrà esaurirsi in un unico momento. La Cassazione ha definito come reato permanente quale quella particolare ipotesi delittuosa «per la cui esistenza la legge richiede che l'offesa al bene giuridico si protragga nel tempo per una durata che è legata alla persistente condotta volontaria del soggetto agente» (Cass. pen., Sez. unite, 13 luglio 1998, n. 11021). Il reato permanente, per essere definito tale, richiede quindi la simultanea sussistenza dei seguenti requisiti:
Infine, il tempus commissi delicti del reato permanente è quello in cui si pone in essere l'ultimo atto della condotta permanente. Le fasi del reato permanente e la concezione unitaria
Secondo la teoria “bifasica”, oggi ampiamente superata, il reato permanente viene considerato come la somma di due fasi differenti: la fase iniziale e quella c.d. della continuazione. La prima fase si sostanzia in quel momento in cui il soggetto agente pone in essere tuttii fatti generatori del fatto illecito, mentre la seconda, quella della continuazione, integrante la permanenza, si identifica nella persistenza della condotta e quindi nella mancata rimozione dell'evento posto in essere, in violazione del c.d. dovere di contro-agire. Tale teoria prevedeva quindi, la prima fase, c.d. dell'instaurazione, come fattispecie di azione e, la seconda, c.d. del mantenimento, come fattispecie omissiva. Ad esempio, nell'ipotesi del sequestro di persona ex art. 605 c.p., la prima fase consiste in tutti quegli atti posti in essere dal soggetto agente per privare della la vittima della libertà, la seconda, invece, in tutti quegli altri atti compiuti per far perdurare lo stato di privazione della libertà. La concezione unitaria, adottata dalla giurisprudenza contemporanea, considera invece la punibilità del reato permanente basata su un'unica norma incriminatrice e provvista di peculiarità strutturale. Infatti, il dovere di contro-agire di cui sopra, secondo tale orientamento, sussisterebbe in ogni fattispecie ad evento di danno e, inoltre, a superamento dell'orientamento precedente, la incriminazione di una omessa condotta si porrebbe in aperto contrasto sia con il principio di tassatività che con quello di tipicità della norma penale. Differenza reato istantaneo e reato permanente
Nei reati istantanei la realizzazione del fatto tipico, attraverso la condotta illecita, integra ed esaurisce l'offesa al bene giuridico tutelato, poiché è impossibile che l'offesa persista nel tempo: ad es. nell'omicidio la lesione si esaurisce nel momento in cui viene cagionata la morte della vittima. In questo tipo di reati non occorre distinguere tra perfezione e consumazione in quanto il semplice verificarsi dei requisiti minimi per l'integrazione della fattispecie (perfezione) genera la lesione del bene giuridico tutelato (consumazione). Nei reati permanenti, invece, l'azione delittuosa comprime il bene giuridico (es. libertà personale nel sequestro di persona); quindi l'agente, non solo ha il potere di instaurare la situazione delittuosa, ma ha anche la facoltà di rimuoverla riespandendo, in tal modo, il bene giuridico compresso; il protrarsi dell'offesa dipende dalla volontà dell'agente. Si è a lungo dibattuto circa la configurabilità, quale reato permanente piuttosto che istantaneo, del reato omissivo proprio. Secondo una radicata prassi applicativa, il reato omissivo sarebbe permanente tutte le volte in cui, per l'adempimento dell'azione doverosa, sia previsto un termine ordinatorio, per cui, la permanenza durerebbe fino a quando il soggetto non ponga in essere il comportamento richiesto. Il reato omissivo sarebbe, invece, istantaneo qualora sia previsto un termine perentorio per attivarsi, il quale, una volta decorso, renderebbe impossibile per il soggetto far cessare lo stato di antigiuridicità.
Il reato istantaneo ad effetti permanenti ed il reato eventualmente permanente
Non devono essere confusi, con i reati permanenti, i reati istantanei c.d. a effetti permanenti, i quali consistono in quelle fattispecie di reato istantaneo le cui conseguenze lesive assumono carattere durevole: es. il furto(si consuma istantaneamente con l'impossessamento della cosa altrui ma, gli effetti dello spossessamento, per la vittima del reato, si protraggono nel tempo) o il reato di lesioni personali(nell'ipotesi in cui dall'evento lesione consegua un'invalidità per la vittima). I reati a effetti eventualmente permanenti sono rappresentati da quelle fattispecie che, esclusivamente in via astratta, si configurano come non permanenti, non essendo necessaria la protrazione nel tempo della condotta incriminata per realizzare l'offesa al bene giuridico tutelato. Tuttavia, in alcune ipotesi, è possibile che nella concreta realizzazione del fatto di reato, il soggetto reiteri la condotta ponendo in essere una modalità permanente di realizzazione di un reato di per sé non permanente: es. l'ingiuria(ai fini dell'integrazione dei presupposti di questo tipo di reato è sufficiente una sola azione ingiuriosa ma, eventualmente, tale comportamento potrebbe anche protrarsi per un apprezzabile lasso temporale, attraverso la ripetizione delle espressioni offensive). La prescrizione dei reati permanenti
Nell'ipotesi di reato permanente, che ha una struttura unitaria non scomponibile in una pluralità di reati, anteriori o posteriori ad una data compresa nel periodo di permanenza, il giudice, al fine dell'applicazione di una causa di estinzione, non si limiterà a considerare solo la data di inizio della condotta antigiuridica ma dovrà accertare la data di cessazione della permanenza. Ai sensi dell'art. 158 c.p., la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui è cessata la permanenza. Essendo la prescrizione una causa estintiva del reato, lo spostamento in avanti del termine dal quale inizia a decorrere, è giustificato dall'esigenza di evitare che, il protrarsi nel tempo di una condotta delittuosa, estingua il reato privando di tutela la vittima dello stesso. Nell'ipotesi in cui in un reato permanente la condotta venga interrotta, la prescrizione inizierà a decorrere da questo momento ma, se l'attività delittuosa dovesse riprendere con il medesimo disegno criminoso, il termine prescrizionale si sposterà alla cessazione o all'interruzione del nuovo comportamento. In questo modo, ad esempio nell'ipotesi di contestazione del reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti iniziata sotto il vigore dell'art. 75, l. 22 dicembre 1975, n. 685 che sia proseguita anche dopo l'entrata in vigore della corrispondente fattispecie di cui all'art. 74, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sussisterà un unico reato permanente e si applicherà la disciplina sanzionatoria in vigore al momento in cui la condotta associativa è venuta a cessare. E ancora, nell'ipotesi del reato di natura urbanistica ex art. 44 d.P.R. 380 del 2001, il dissequestro dell'opera abusivamente realizzata implica una protrazione della condotta illecita, con conseguente spostamento del dies a quo per il calcolo della prescrizione, solo se l'avente diritto rientra nella disponibilità effettiva del bene e vengono eseguiti nuovi lavori, qualora ciò non avvenga, invece, l'illecito penale dovrà considerarsi consumato alla data di apposizione dei sigilli in occasione del sequestro originario.
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